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Il Giornale-La Stampa Rassegna Stampa
23.03.2019 Golan: l'informazione che informa
Commenti di Fiamma Nirenstein, Giordano Stabile

Testata:Il Giornale-La Stampa
Autore: Fiamma Nirenstein-Giordano Stabile
Titolo: «Golan a Israele:Trump twitta, scoppia l'ira di Siria,Iran e Russia-Golan, prudenza dei Paesi arabi sulla decisione di Washington»

Riprendiamo oggi, 23/03/2019, dal GIORNALE a pag.16 e dalla STAMPA a pag.18 i commenti di Fiamma Nirenstein e Giordano Stabile, quali esempi di correttezza nell'informazione

Il Giornale-Fiamma Nirenstein:" Golan a Israele:Trump twitta, scoppia l'ira di Siria,Iran e Russia"

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Gerusalemme- Il Golan è una terrazza sul Medioriente, una montagna di basalto alta mille metri da cui puoi minacciare tutta Israele in un colpo solo, è uno stato d'animo di continua avventura e insicurezza oggi trasformato in una zona di coltivazioni e natura per circa 25mila fra isrealiani e drusi in una quarantina di comunità. La capitale, Katzrin, è nei testi che parlano del Secondo Tempio. Ma per i siriani odierni, la memoria storica è quella del Villayet nell'impero Ottomano, e poi del protettorato francese degli anni '20 e '30. Solito Medioriente. Un passato conteso, un presente di scontro. Da tempo il Golan israeliano è pastorale: è un terrapieno di pascoli, antiche rovine, nuove cittadine, vigne in cui Israele produce fra i vini migliori del mondo. Ma, se in mano nemiche, sarebbe in gioco tutto il Medioriente nel rischio di un'invasione iraniana e di hezbollah sostenuta da Assad, contemplata da lontano da Putin. Probabilmente è questa la considerazione strategica che ha spinto Donald Trump a dichiarare che deve appartenere a Israele. Perché sulla parte siriana del Golan, Iran e Hezbollah stanno stabilendo le roccaforti di un attacco strategico al nemico più odiato. Questo, visto dagli Usa, distrugge anche ogni eventualità che la conclusione del conflitto siriano si trasformi in una situazione di equilibrio. Dalla parte israeliana, quella che Israele occupò durante la Guerra dei 6 Giorni nel 1967 difendendosi dall'attacco siriano concertato con Nasser, il confine contiene l'ammassarsi del più pericoloso fra tutti i rischi conosciuti insieme all'Isis ormai sconfitto: l'imperialismo sciita condito dalla dittatura siriana. Dunque il presidente americano nel suo stile bizzarro e controverso (si dice che Mike Pompeo, in visita in Israele, sia stato preso di sorpresa) ha twittato la sua intenzione di riconoscere il Golan come parte d'Israele. Una decisione presa alla vigilia del viaggio di Netanyahu, in piena campagna elettorale, che domenica vola negli Stati Uniti per un discorso all'Aipac, la maggiore organizzazione della massa potente e divisa degli ebrei americani. Ricorda il generale Avigdor Kahalani, un eroe della guerra del Kippur del 1973 in cui Israele fu presa di sorpresa, come il Golan fu la piattaforma critica su cui all'improvviso si avventarono 470 tank siriani, che vennero respinti con la forza della disperazione dai 150 carrarmati israeliani, a prezzo però della strage di centinaia di soldati. Nel '67, quando la zona fu conquistata, Kahalani era già di stanza sul Golan, e ricorda come anche allora l'attacco fu siriano. Chi scrive, ragazzina volontaria al IGbbutz Neot Mordechai in alta Galilea, ricorda come i Mig spuntavano per bombardare da dietro le alture. I residenti della zona oggi sono rassicurati da una legge dell'81 per annettere il Golan e impedisce di abbandonarlo se non con un referendum. Adesso le reazioni sono svariate e tutte molto prevedibili: i siriani respingono con sdegno, i russi sperano che la cosa resti a livello di un tweet, Erdogan, al solito promette fuoco e fiamme, le altre capitali mediorientali reagiscono molto debolmente ormai abituate alla rassicurante presenza israeliana, e la Mogherini con l'Unione europea non perde un'occasione per schierarsi contro Israele in nome della superviolata le v: e internazionale. Che l'abbia violata Assad o l'Iran di stanza in Siria non sembra importare molto all'Ue. Eppure lo sa anche lei che sotto le alture del Golan si accalcano i feriti, gli esuli, le famiglie cacciate da Assad sperando che una delle pattuglie di Israele, come fa, li raccolga nottetempo e li porti per curarli e assisterli, dalla sua parte.

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La Stampa-Giordano Stabile:"Golan, prudenza dei Paesi arabi sulla decisione di Washington"

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Paesi arabi quasi in silenzio, l'Iran che non alza la voce più di tanto e soltanto la Turchia a difendere con decisione «l'integrità territoriale» della Siria dopo la decisione di Donald Trump di riconoscere la sovranità israeliana sul Golan. Damasco ha reagito con moderazione, ha condannato il «pregiudizio» americano a favore di Israele, ribadito che le Alture resteranno «siriane e arabe». La realtà è diversa. Anche se la riconquista dell'altipiano è stata la bandiera nazionalista degli ultimi 52 anni, in questo momento i problemi principali sono la ricostruzione, le forniture di carburante, il recupero degli altri territori che ancora sfuggono al governo. Il Golan può attendere, anche per gli Stati arabi. La Lega Araba ha condannato il gesto di Trump come «illegale», l'Egitto ha ribadito che le Alture «sono territorio siriano» e sulla stessa linea si è espressa la Giordania. Ma la questione non ha acceso le piazze. I media, persino quelli dei Paesi amici di Assad, hanno reagito con freddezza, mentre il Consiglio di Cooperazione si diceva «dispiaciuto» per la scelta di Trump. Damasco ha ricevuto poca solidarietà perché il suo ritorno nel consesso arabo è ancora controverso, le ferite della guerra civile, e regionale, sono ancora fresche. Turchia, Iran e Ue contrarie Il colpo di mano trumpiano, che sarà ufficializzato settimana prossima durante la visita a Washington di Benjamin Netanyahu, è quindi arrivato nel contesto favorevole. E ieri la Casa Bianca ha potuto rivendicare anche la distruzione dell'Isis in Siria, «spazzato via al 100 per cento». A preoccuparsi di più sono gli europei. Francia e Germania non accettano il riconoscimento, Parigi ha sottolineato che «viola la legge internazionale». Ma al momento gli unici alleati di Assad, oltre alla Russia, rimangono l'Iran, che ha definito il gesto «inaccettabile», e la Turchia, che avvertito come la decisione «spinge la regione sul baratro di una nuova crisi». I Paesi arabi sono prudenti. Soprattutto il Libano, dove è atterrato ieri il segretario di Stato Mike Pompeo. Anche il Paese dei Cedri rivendica un pezzetto di Golan, le cosiddette fattorie di Shebaa, ma teme molto di più un'altra controversia territoriale, quella sulle acque al confine con Israele, sopra promettenti giacimenti di gas. Pompeo ha offerto la sua mediazione ma ha avvertito che "Hezbollah ruba al popolo libanese le sue risorse e i suoi sogni" e quindi va allontanato dal governo.

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