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Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


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La Stampa - La Repubblica - Libero Rassegna Stampa
20.02.2019 Francia, antisemitismo dilagante: tombe ebraiche con le svastiche a Strasburgo, i gilet gialli, l'odio islamista
Cronaca di Leonardo Martinelli, Anais Ginori intervista Alain Finkielkraut, commento di Mauro Zanon, Marek Halter paragona antisemitismo e 'islamofobia'

Testata:La Stampa - La Repubblica - Libero
Autore: Leonardo Martinelli - Anais Ginori - Mauro Zanon
Titolo: «Svastiche sulle tombe a Strasburgo. Profanato il cimitero ebraico - 'I gilet gialli e il nuovo odio antisemita che lega banlieue e Islam' - Islamici fra i gilet gialli. Ora lo sa anche Macron»
Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 20/02/2019, a pag. 9, con il titolo "Svastiche sulle tombe a Strasburgo. Profanato il cimitero ebraico", la cronaca di Leonardo Martinelli; dalla REPUBBLICA, a pag. 10, con il titolo 'I gilet gialli e il nuovo odio antisemita che lega banlieue e Islam', l'intervista di Anais Ginori a Alain Finkielkraut; da LIBERO, a pag. 12, con il titolo "Islamici fra i gilet gialli. Ora lo sa anche Macron", il commento di Mauro Zanon.

A destra: Alain Finkielkraut aggredito dai Gilet jaunes

Ecco gli articoli:

LA STAMPA - Leonardo Martinelli: "Svastiche sulle tombe a Strasburgo. Profanato il cimitero ebraico"

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Leonardo Martinelli

Doveva essere la giornata del riscatto, della reazione della Francia repubblicana all’antisemitismo che ritorna e dilaga. E la giornata di ieri lo è stata, con una settantina di manifestazioni in tutta la Francia per dire no a quella brutta bestia e un fiume di persone (politici e pure tanta gente comune) che ha invaso la piazza della République a Parigi. Ma non è stato solo quello: nella mattina gli 800 abitanti di Quatzenheim, un villaggio a una ventina di km a Ovest di Strasburgo, hanno trovato 96 tombe profanate, nel loro antico cimitero ebraico, che risale al 1795.
Sì, una serie di svastiche disseminate qui e là. Emmanuel Macron ha deciso subito di lasciare la capitale e di recarsi sul posto. Con la kippah sulla testa, si è raccolto davanti a quei sepolcri. Ma ha anche pronunciato frasi forti: «Coloro che l’hanno fatto non sono degni della Repubblica. E questa li punirà». E ancora: «Agiremo, ci saranno leggi e puniremo». Intanto il premier Edouard Philippe, dinanzi all’Assemblea nazionale, evocava la possibilità «prima della fine dell’anno» di varare nuove norme che puniscano «i social netwok che ospitano e non rimuovono frasi antisemite». Un gruppo di deputati sta addirittura chiedendo di riconoscere come reato l’antisionismo ma il Governo non è d’accordo e su questo ha espresso il suo dissenso anche Macron, che in serata ha raggiunto il memoriale della Shoah a Parigi.
Prima le svastiche apparse sulle vetrine di alcuni negozi a Parigi. Poi, sempre nella capitale, sabato scorso, gli insulti lanciati contro il filosofo Alain Finkielkraut, ai margini di un corteo di gilet gialli. Ecco, l’antisemitismo è di ritorno in Francia, dove vivono 470 mila ebrei, la comunità più grande d’Europa. Secondo gli ultimi dati del ministero degli Interni, si è passati da 311 atti antisemiti nel 2017 (aggressioni verbali e fisiche denunciate alla giustizia) a 541 l’anno scorso. Chi c’è dietro al ritorno di queste antiche minacce? Uno strano miscuglio tra antisemitismo a matrice islamista, quello tipico dell’estrema destra e uno atavico e latente. Nel cimitero di Quatzenheim è stata trovata una scritta, in tedesco, «Lupi neri alsaziani», gruppo autonomista e di estrema destra che prosperava alla fine degli Anni Settanta: «gente normale», compresi diversi commercianti, poi condannati.
Ieri da Israele è intervenuto il premier Benyamin Netanyahu. «Oggi qualcosa di scioccante è avvenuto in Francia», ha detto, riferendosi alla profanazione del cimitero. «Faccio appello ai leader di Francia ed Europa - ha aggiunto - perché mettano in atto una forte azione contro l’antisemitismo». Poco prima Yoav Galant, ministro dell’Immigrazione, aveva lanciato un appello agli ebrei di Francia: «Rientrate a casa, immigrate in Israele!». Tra il 2006 e il 2016 l’aliyah, il ritorno degli ebrei della diaspora verso Israele, ha già riguardato 45 mila francesi. Intanto, ieri sera, alla manifestazione in piazza della République erano presenti Philippe e più della metà dei componenti del Governo, oltre agli ex presidenti François Hollande e Nicolas Sarkozy. Marine Le Pen, invece, per evitare polemiche, ha preferito rendere omaggio nella periferia parigina a Ilan Halimi, giovane ebreo massacrato nel 2006 da una gang di delinquenti. Altro tragico episodio di questo ritorno agli spettri di un tempo.

LA REPUBBLICA - Anais Ginori: 'I gilet gialli e il nuovo odio antisemita che lega banlieue e Islam'

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Anais Ginori

Una casa piena di libri nel quartiere tra Montparnasse e Luxembourg. Alain Finkielkraut ci accoglie con un’aria vagamente frastornata. «Non immaginavo quest’improvvisa notorietà. Un intellettuale come me di solito parla dei suoi libri, non di fatti di cronaca di cui è protagonista».

Partiamo dall’inizio. Sabato pomeriggio, corteo dei gilet gialli. Si aspettava di finire in mezzo alla manifestazione? «Avevo appena riaccompagnato mia suocera dopo un pranzo. Ero in rue Campagne Première e stavo rincasando. Pensavo che il corteo dei gilet gialli fosse sugli Champs-Elysées e invece mi sono trovato di fronte ai manifestanti».

Nelle immagini appare all’inizio sorridente, quasi incuriosito dalla folla. «Alcuni manifestanti si sono avvicinati per propormi di entrare nel corteo e indossare il gilet giallo, non so se fossero sinceri o ironici, comunque non erano ostili».

Poi sono arrivati gli insulti antisemiti. «Erano in tanti, urlavano forte. Ho capito solo che era meglio andarsene perché rischiavo di essere linciato. Se non ci fossero stati i poliziotti mi avrebbero spaccato la testa. Detto questo, non mi sento né vittima né martire».

Che cosa l’ha più colpita? «Solo dopo, rivedendo le immagini, ho ricostruito che non si sente "sporco ebreo" ma "grossa merda sionista", "razzista", "fascista". Un uomo ha urlato: "La Francia è nostra". Qualcuno penserà alla citazione del vecchio slogan nazionalista antisemita "La Francia ai francesi". Non credo. L’uomo aveva la barba, la kefiah, il governo l’ha identificato come qualcuno vicino ai salafiti. Il senso era: "La Francia è la terra dell’Islam". Questo insulto deve farci riflettere».

Il movimento dei gilet gialli non è piuttosto infiltrato dall’estrema destra? «Esiste un vecchio antisemitismo in stile anni Trenta che si ricicla oggi. Tutti continuano a ripetere la frase di Brecht: "Il ventre che ha partorito la bestia immonda è ancora fecondo". Ed è vero, ma oggi la Bestia Immonda esce anche da un altro ventre. Gli ebrei sono il primo bersaglio di una convergenza delle lotte tra la sinistra radicale antisionista e giovani di banlieue vicini all’islamismo».

Si può criticare la politica di Israele senza essere accusati di essere antisemiti o antisionisti? «Certo, anche io critico la decisione di aumentare le nuove colonie in Cisgiordania. Il problema è l’ostilità dichiarata verso una Nazione. L’anticomunismo non voleva cancellare la Russia. I nuovi antisemiti associano la stella di David alla svastica. Quindi è inutile ricordare la Shoah perché loro risponderanno: è ciò che Israele fa con i palestinesi. E dal punto di vista giudiziario siamo impotenti».

Perché non ha sporto denuncia dopo l’aggressione? «Non spetta a me mandare in prigione queste persone. Posso contribuire all’analisi del problema, dicendo ad esempio che la soluzione non è la contrapposizione tra un’Europa progressista aperta e un’Europa chiusa, populista e nazionalista. L’ho anche detto a Macron quando mi ha chiamato sabato».

Qual è stata la risposta di Macron? «Abbiamo avuto una lunga conversazione privata. Posso solo dire che con me non ha usato la solita retorica benpensante e progressista. Mi sembra lucido sul pericolo che abbiano davanti. Mi auguro che agisca di conseguenza».

Quando parla di governi populisti pensa anche all’Italia? «Non conosco abbastanza bene la situazione in Italia, ma sono convinto che bisogna rispettare la libertà e la saggezza dei popoli europei quando rifiutano di aderire a una visione multiculturale della società. Liquidare l’attuale governo italiano con il termine "lebbra nazionalista" è stato un grave errore di Macron».

Assolve i populisti? «Il populismo è inquietante, ma è una reazione patologica al fenomeno di trasformazione demografica che i governi non vogliono affrontare. Se non ci fosse stata nel 2015 la decisione di Angela Merkel di accogliere un milione di migranti con il suo "Wir schaffen das" (ce la faremo, ndr) non avremmo avuto la Brexit».

Eppure lei, figlio di immigrati polacchi, è l’esempio di una società che sa integrare. «Purtroppo il sistema scolastico francese che ha permesso la mia integrazione è ormai crollato e oggi l’ideologia dominante mette tutto sullo stesso piano, la grande letteratura vale quanto il rap».

All’inizio era piuttosto favorevole ai gilet gialli. Pentito? «No, penso ancora che ci sia qualcosa di positivo. Grazie alla casacca fluorescente è diventata visibile la Francia rurale, delle periferie lontane. Sono i perdenti della globalizzazione e dello Stato sociale. Purtroppo il movimento è stato corrotto dal successo mediatico. Alcuni esponenti si sono montati la testa, diventando arroganti. Quel che mi allontana oggi dal movimento non è l’antisemitismo, che è marginale, ma un egualitarismo pericoloso, in cui uno vale uno, l’intelligenza e le competenze non vengono più rispettate».

È fiducioso che qualcosa cambierà nella lotta contro l’antisemitismo? «C’è un risveglio delle coscienze, sono commosso dai tanti messaggi di solidarietà che ho ricevuto. Ma quando vedo che alla manifestazione contro l’antisemitismo non è stata invitata Marine Le Pen, nonostante abbia preso le distanze da suo padre, mentre è presente la sinistra radicale che ha messo tutti i problemi dell’islamismo nelle banlieue sotto al tappeto, mi dico che c’è ancora molta strada da fare».

LIBERO - Mauro Zanon: "Islamici fra i gilet gialli. Ora lo sa anche Macron"

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Mauro Zanon

Anche Nicolas Lerner, capo della Dgse, i servizi segreti esterni francesi, ha messo in guardia la Francia da quella minaccia che la gauche continua a far finta di non vedere: il terrorismo islamico. E ha detto che il rischio di un altro attentato sul suolo francese è «elevatissimo». «Negli attacchi terroristici commessi dal 2015 in avanti, si nota una preponderanza della minaccia "endogena": la maggioranza degli individui implicati non progettava di partire nella zona siro-irakena», ha dichiarato Lerner al Parisien, precisando che «bisogna adattarsi senza sosta alla crescita umana e tecnica» dell'universo islamista, perché dal 2014 a oggi sono stati reclutati 1300 nuovi jihadisti e da qui al 2022 ne verranno "assunti" altrettanti. Nell'intervista, il boss dell'intelligence esterna esagonale ha assicurato che il possibile ritorno dei jihadisti con passaporto francese è monitorato da vicino dai suoi uomini, e che invece bisogna osservare con attenzione il fenomeno della «radicalizzazione» all'interno del movimento dei gilet gialli: radicalizzati politici, di ultradestra e ultrasinistra, ma anche radicalizzati islamici, come l'individuo che ha insultato l'accademico di Francia Alain Finlkielkraut, dandogli dello «sporco sionista». «Con i loro comportamenti, questi individui, che non confondo con le persone che prendono parte alle manifestazioni in maniera pacifica, hanno contribuito alla radicalizzazione di alcuni profili che non sono noti per la loro appartenenza ai movimenti estremisti», ha detto al Parisien il numero uno della Dgse. I manifestanti radicali sono «in proporzione» più numerosi rispetto all'inizio del movimento, poiché «il numero dei manifestanti diminuisce», afferma Lerner. GOVERNO CIECO Il problema è che il governo di Parigi, sostenuto dai partiti della gauche, sembra vedere soltanto la violenza di estrema destra. «Strano che l'identità di colui che ha proferito insulti razzisti verso Finkielkraut non sia ancora stata resa pubblica. Per il "pugile" il ministro dell'Interno era più loquace. Forse è perché il profilo di questo razzista non corrisponde a quello che il governo sperava?», ha attaccato su Twitter Thierry Mariani, ex ministro di Sarkozy, ora candidato per le europee in quota Rassemblement national. Il profilo dell'aggressore di Finkielkraut, il gilet giallo barbuto che gli ha urlato in faccia «la Francia è nostra, ti odiamo, morirai, andrai all'inferno, il popolo ti punirà, il creatore ti punirà, vattene sporco sionista di merda», è stato rivelato due giorni fa dalla rete all-news Bfm.tv: è un individuo che nel 2014 è finito sotto la lente d'ingrandimento dei servizi segreti, per la sua vicinanza al milieu dell'islamismo radicale di obbedienza salafita. I suoi dettagli anagrafici, però, a differenza di quella del pugile Christophe Dettinger, non sono ancora stati diffusi. ALLEANZA VIOLENTA «C'è un'alleanza tra l'estrema sinistra che cerca nuove truppe con i giovani musulmani di periferia contro il capitalismo e i fratelli musulmani che cercano alleati per islamizzare la Francia e abbattere ebrei e cristiani», ha spiegato Eric Zemmour, giornalista del Figaro, in diretta su Lci. Robert Redeker, filosofo costretto a vivere sotto scorta per un suo articolo critico verso l'islam, ha detto che «l'aggressione contro Finkielkraut illustra il nuovo antisemitismo islamogoscista». Ed è lo stesso accademico di Francia ad aver affermato, domenica scorsa, che siamo dinanzi a un «nuovo antisemitismo», che «non è il ritorno degli anni Trenta», perché sono persone che gridano «Palestina» e usano una «retorica islamista», non «un linguaggio di estrema destra». Ieri, ottanta tombe del cimitero ebraico di Quatzenheim, in Alsazia, sono state profanate: l'ennesimo episodio di antisemitismo. «Prenderemo provvedimenti, faremo leggi, puniremo», ha dichiarato il presidente Macron. In serata, 14 partiti politici, intellettuali rinomati, autorità religiose e personalità di spicco della società francese sono scesi in piazza assieme ai cittadini per lanciare un segnale forte contro la recrudescenza dell'antisemitismo. Unico assente il Rassemblement national di Marine Le Pen, persona non grata alla manifestazione contro l'antisemitismo. «Non vado nei posti in cui non sono ben accetta», ha dichiarato la Le Pen su Europe 1, aggiungendo che «il fondamentalismo islamista è incontestabilmente all'origine dell'attuale antisemitismo».

La REPUBBLICA, a pag. 10, riporta anvche la dichiarazione di Marek Halter. Ecco le sue parole:

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Marek Halter

"Sono i non ebrei a dovere scendere in strada, i problemi degli ebrei non toccano soltanto gli ebrei, ma l’intera popolazione. E se tocca i musulmani è lo stesso, non riguarda soltanto i musulmani. Per combattere il male non bisogna rivolgersi soltanto alle vittime".

Halter di fatto mette sullo stesso piano l'antisemitismo e l'ostilità contro i musulmani. Dimentica però che gran parte dell'antisemitismo contemporaneo è islamico, e inoltre che la parola "islamofobia" viene sempre più utilizzata per mettere a tacere le voci critiche in nome del politicamente corretto a tutti i costi. Finché Halter non chiamerà la realtà dell'antisemitismo in Francia per quella che è, rimarrà una voce del tutto priva di credito per chi davvero è interessato ad affrontare il problema dell'odio antiebraico.

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