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La Stampa - Il Manifesto Rassegna Stampa
08.01.2019 Benjamin Netanyahu a reti unificate parla agli israeliani
Breve della Stampa, commento di Deborah Fait, la disinformazione di Michele Giorgio

Testata:La Stampa - Il Manifesto
Autore: Deborah Fait - Michele Giorgio
Titolo: «Il premier israeliano: confronto in Tv con chi mi accusa di corruzione - Benjamin Netanyahu a reti unificate parla agli israeliani - Guai giudiziari, Netanyahu verso il voto all'attacco»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 08/01/2019, pag.14 la breve "Il premier israeliano: confronto in Tv con chi mi accusa di corruzione"; con il titolo "Benjamin Netanyahu a reti unificate parla agli israeliani", il commento di Deborah Fait; dal MANIFESTO, a pag. 8, con il titolo "Guai giudiziari, Netanyahu verso il voto all'attacco", il commento di Michele Giorgio, preceduto dal nostro.

A destra: Benjamin Netanyahu 

Ecco gli articoli:

LA STAMPA: "Il premier israeliano: confronto in Tv con chi mi accusa di corruzione"

In un intervento televisivo il premier Benyamin Netanyahu ha accusato i responsabili delle indagini su di lui di essere prevenuti e in almeno un caso di non aver richiesto la testimonianza di un funzionario di governo che confermerebbe la sua versione. «Di che cosa hanno paura? Cosa c’è da nascondere?», si è chiesto. Netanyahu ha denunciato di aver chiesto invano due volte di confrontarsi con tre collaboratori di giustizia. «Esigo di potermi misurare con loro, anche in diretta televisiva» ha esclamato. Netanyahu è sospettato di corruzione in tre casi, uno dei quali riguarda facoltosi doni da parte di ricchi sostenitori e gli altri due regolamenti amministrativi concessi in cambio di coperture favorevoli sui media.

Benjamin Netanyahu a reti unificate parla agli israeliani
Commento di Deborah Fait

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E' stato un discorso breve e molto serio. Il premier ha spiegato di aver chiesto più e più volte ai giudici un confronto con i testimoni, "un confronto pubblico perchè i cittadini devono sapere tutto" ma le sue richieste sono sempre state rifiutate. "Cosa hanno da nascondere? Cosa temono? Io non ho paura, non ho motivo di averne perciò questa sera ripeto la mia richiesta" Naturalmente, ha ribadito il premier, sia il governo che la Knesset non possono essere immuni da critiche esattamente come non può esserlo il sistema giudiziario, uno dei pilastri della nostra democrazia. Riguardo al caso 4000 (il supposto accordo con Bezeq Walla per avere dalla sua parte i media) Bibi si domanda "Di cosa stanno parlando? Io avrei pagato l'informazione in mio favore? ? Io? La persona più odiata dai media? Assurdo!" Nel suo discorso ha accusato apertamente la sinistra israeliana "Se io ripetessi il disimpegno e obbligassi gli israeliani di abbandonare Giudea e Samaria, se dividessi Gerusalemme, se non mi preoccupassi della sicurezza di Israele, le accuse contro di me cadrebbero all'istante. Ma io non lo farò mai!" Ho ascoltato anche il dibattito seguito al messaggio di Netanyahu ed è incredibile come tutti i giornalisti di sinistra siano contro di lui, "ha gridato al lupo al lupo inutilmente", hanno detto, così quando avrà davvero bisogno di aiuto non gli crederà più nessuno". Una voce forte in suo favore è quella di Miri Regev, ministro della cultura:" Le accuse contro Netanyahu sono assurde e ingiuste. Non si vede tutti i giorni che una persona investigata chieda un confronto con i propri accusatori. Questo è solo uno show in cui gli investigatori non sono interessati alla verità ma solo a quello che fa loro comodo. Io sono con Netanyahu e credo nella sua innocenza". Chi crede nell'innocenza del premier è il popolo di Israele, il Likud è sempre il primo partito che guida i sondaggi per un motivo molto semplice, con lui al governo ci si sente sicuri. Lui sa come difendere Israele senza lanciarsi in guerre inutili che comunque non potrebbero distruggere Hamas, anzi lo renderebbero ancora più forte agli occhi dei palestinesi e aumenterebbe il loro fanatismo. Guerre che avrebbero l'unico risultato di fare tante vittime e alienarci amicizie faticosamente conquistate. La capacità diplomatica di Netanyahu è leggendaria, la sa usare al meglio, con pacatezza e acuta intelligenza, senza però rinunciare a rispondere chirurgicamente, colpo su colpo, agli attacchi arabi. Il minuscolo Israele è al terzo posto nella tecnologia, nel numero di start up, dopo due giganti come USA e Cina. Pechino è addirittura il secondo partner commerciale di Israele. Nonostante il costante pericolo di guerra, le 5 guerre già vissute, il terrorismo, il boicottaggio, cose che metterebbero in ginocchio qualsiasi nazione del mondo, Israele gode di un'economia resistente, sicura e in continua crescita. La disoccupazione è minima, il Pil cresce nonostante il migliaio di razzi lanciati da Gaza nell'anno appena trascorso, nonostante i campi devastati dagli aquiloni e palloncini incendiari. Il lavoro e il dinamismo degli israeliani viene gestito al meglio da Netanyahu che ha fatto di Israele uno dei paesi più evoluti, ricchi e acculturati dell'occidente. Il miracolo israeliano non si ferma, ha in Netanyahu una grande guida, questo il popolo lo sa, lo rispetta e lo vota.

 

 

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Deborah Fait

IL MANIFESTO - Michele Giorgio: "Guai giudiziari, Netanyahu verso il voto all'attacco"

Quello di Michele Giorgio è l'ennesimo articolo contro Israele e contro Benjamin Netanyahu. Giorgio prende a pretesto quelli che definisce "guai giudiziari" di Netanyahu per demonizzarne l'operato, ma non può fare a meno di constatare che i sondaggi lo danno saldamente in testa. Giorgio, non contento, definisce "padre della patria" David Ben Gurion, utilizzando le virgolette per sminuire la figura di uno dei fondatori di Israele.
Tranne Stampa e Manfesto, la notizia è stata ignorata dagli altri giornali.

Ecco il pezzo:

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Michele Giorgio

Benyamin Netanyahu porta le sue vicende giudiziarie nella campagna elettorale. Con l'obiettivo di non dare le dimissioni nel caso in cui il procuratore generale Avichai Mandelblit, come ha rivelato il quotidiano Haaretz, il mese prossimo deciderà, con ogni probabilità, di rinviarlo a giudizio per corruzione in tre distinte inchieste. Deludendo le attese di chi, per alcune ore, ieri è rimasto in allerta dopo l'annuncio che avrebbe fatto una «dichiarazione clamorosa» al tg principale della sera, il leader del partito Likud e capo del governo di destra radicale al potere in Israele, ha detto di volere un confronto in diretta televisiva con i testimoni dell'accusa. «Oggi vi svelo che durante le indagini ho chiesto un confronto diretto con la pubblica accusa, ma mi è stato negato. Ho chiesto di nuovo. Mi è stato nuovamente negato», ha detto con il volto segnato dalla tensione. Un colpo di teatro per passare agli occhi dell'opinione pubblica non come un primo ministro sospettato di corruzione bensì come un semplice cittadino vittima di una macchina giudiziaria crudele, pronta a condannarlo in ogni caso. «Netanyahu fa solo propaganda elettorale», ha commentato con un tweet Ayman Odeh, leader della Lista unita araba. Netanyahu ha le carte in regola per riconfermarsi alla guida di Israele quando il prossimo 9 aprile il paese andrà al voto. Le prossime decisioni del procuratore Mandelblit però gli tolgono il sonno. Il suo entourage protesta, si proclama sorpreso, anzi sconvolto, dalla presunta velocità del procedimento in corso e teorizza complotti politici. II leader israeliano avrebbe voluto la decisione di Mandelblit dopo le elezioni. In quel caso, rafforzato dall'esito del voto popolare, avrebbe il consenso necessario per affrontare un eventuale processo senza doversi dimettere. Al contrario, se l'incriminazione dovesse arrivare prima del voto, il 51% degli israeliani, secondo un sondaggio, vuole che si dimetta subito. I guai giudiziari sono l'unico ostacolo sulla strada dell'ennesima vittoria elettorale di Netanyahu che punta a diventare il premier israeliano politicamente più longevo, persino più del «padre della patria» David Ben Gurion. I rivali nella coalizione di destra al potere e i leader dell'opposizione non appaiono in grado di impensierirlo e di sfidare il Likud, attuale forza di maggioranza relativa. La Nuova destra, il partito appena nato capeggiato dai ministri nazionalisti religiosi, Naftali Bennett e Ayelet Shaked, è solo piccola spina nel fianco del Likud: con i suoi 11 seggi indicati dai sondaggi è ben lontano dai 30 attribuiti al partito di Netanyahu. Anche il «bello» della politica israeliana, il giornalista televisivo Yair Lapid, capo del partito centrista Yesh Atid, che molti vedono come un futuro primo ministro, nei sondaggi è distante da Netanyahu. A picco i laburisti che, se si votasse oggi, passerebbero da 24 a otto seggi. Un crollo dovuto anche alla scelta del leader Avi Gabbai di cacciare dalla lista Unione sionista (laburisti e centristi di Hatnua insieme) l'ex ministra degli Esteri Tzipi Livni.

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