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La Stampa - La Repubblica Rassegna Stampa
04.12.2018 Spagna: ecco la destra erede del franchismo
Cronaca e intervista a Javier Ortega di Francesco Olivo, Alessandro Oppes intervista Fernando Savater

Testata:La Stampa - La Repubblica
Autore: Francesco Olivo - Alessandro Oppes
Titolo: «'Basta immigrazione e femminismo'. Così i populisti Vox scalano la Spagna - 'Salvini è un esempio ma lasci i catalani' - 'Nasce come risposta reazionaria alla sfida indipendentista'»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 04/12/2018, a pag. 11 con il titolo " 'Basta immigrazione e femminismo'. Così i populisti Vox scalano la Spagna", la cronaca di Francesco Olivo; con il titolo 'Salvini è un esempio ma lasci i catalani', l'intervista a Javier Ortega; dalla REPUBBLICA, a pag. 8, con il titolo 'Nasce come risposta reazionaria alla sfida indipendentista', l'intervista di Alessandro Oppes a Fernando Savater.

Ecco gli articoli:

LA STAMPA - Francesco Olivo: " 'Basta immigrazione e femminismo'. Così i populisti Vox scalano la Spagna"

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Una manifestazione di Vox in Spagna

Nella piazza della Merced di Huelva ci sono mille persone, bandiere spagnole, cori nazionalisti e appelli alle radici profonde: «Noi siamo quelli di Isabella la Cattolica, della Reconquista contro gli arabi». La platea esulta. «In città non vedevamo folle così da tempo», commentano preoccupati alcuni impiegati pubblici in un bar a pochi metri dal palco.
L’estrema destra è arrivata anche qui, in questo angolo di Andalusia, affacciato sull’oceano Atlantico, davanti alle coste marocchine, oltre (fuor di metafora) le colonne d’Ercole. Si chiama Vox l’ultima sfida del populismo in salsa nazionalista e ha contagiato anche la Spagna, terra fino a ieri immune dal contagio sovranista. Nello storico granaio di voti dei socialisti, al potere senza interruzioni da 36 anni, per la prima volta la sinistra andrà all’opposizione. Non si tratta solo di una rivoluzione regionale, proprio perché, ecco l’altro dato inedito, nel parlamento locale debutteranno i deputati che si collocheranno alla destra del Partito Popolare. Scenario mai visto dal ritorno della democrazia, proprio nei giorni in cui si celebrano i 40 anni della costituzione. E la sconfitta in Andalusia, dove potrebbe governare il Pp appoggiato da Ciudadanos e Vox, rischia di costringere Pedro Sánchez a convocare elezioni anticipate, anche a brevissima scadenza.

Alle regionali di domenica scorsa Vox ha preso l’11%, percentuale decisiva per entrare non solo nelle aule parlamentari, ma forse anche al potere in Andalusia, la regione più grande di Spagna. La sinistra grida all’antifascismo, ma lo choc è enorme. Per rendere l’idea bastano questi dati: Vox è passata dai 18 mila voti del 2015 ai 395.000 del 2018. «Se superano il 10% in Andalusia, a Madrid possono fare molto di più» è il commento più diffuso nelle sedi dei partiti tradizionali, passata la nottata più difficile. E i prossimi appuntamenti , a maggio si vota per regionali, comunali ed europee, consentono di immaginare che quella di Siviglia sia la prima scossa di un terremoto già visto altrove.
Il fenomeno si notava da alcuni mesi, per lo meno da quando, nell’ottobre scorso, il movimento guidato dal basco Santiago Abascal, ex consigliere comunale del Partito Popolare, era riuscito a portare 10 mila tifosi nel palazzo dello Sport di Vistalegre a Madrid. Nella sede sulla calle de Diego de León due settimane fa c’era la fila di giovani: «Possiamo dare una mano?».
La campagna andalusa, il primo banco di prova per il governo Sánchez, però dava altri segnali chiari: l’entusiasmo per il nuovo movimento saliva e contagiava i tanti delusi della destra tradizionale. Le piazze si riempivano e le urne anche. Solo due settimane fa un sondaggio del Cis, l’Istat spagnolo, prevedeva: «Vox prenderà un seggio». Lo spoglio racconta ben altra realtà: i seggi sono 12. All’estero c’è chi li guarda con simpatia: Marine Le Pen ha esultato via Twitter, soddisfazione condivisa dall’ex stratega di Trump, Steve Bannon.
Il successo dell’estrema destra spagnola si basa su tre grandi temi, il primo è comune al resto d’Europa, il rifiuto dell’immigrazione, che sta toccando la Spagna come mai. Le altri due chiavi sono la reazione alle spinte indipendentiste in Catalogna (e nei Paesi Baschi) e il fastidio sempre più evidente contro le politiche di genere. Per appurarlo basta ascoltare i comizi, leggere il programma («via le autonomie regionali» è uno dei punti cardine) e analizzare le biografie dei candidati, uno fra tutti quelle del capolista andaluso, un giudice fermamente ostile alle leggi contro la violenza machista: «Hanno criminalizzato metà della popolazione (i maschi ndr), va bene proteggere mia moglie e le mie figlie, ma i miei figli maschi non devono essere travolti da accuse false», urla Abascal alla piazza di Huelva. Quello della «dittatura del femminismo», come la chiamano di Vox è un tema centrale del discorso dell’estrema destra, una sfida a un governo che ha più donne che uomini e che proprio al femminismo fa riferimento con orgoglio.
Ieri è stato il momento della festa, ma a Huelva lo sapevano già: «Con questi avremmo a che fare per molto tempo».

LA STAMPA - Francesco Olivo: "Salvini è un esempio ma lasci i catalani"

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Javier Ortega

1Javier Ortega, cos’è Vox?
«Un partito che ha un solo obiettivo: non ingannare la gente. Ci siamo mobilitati attraverso i social network e WhatsApp, senza fondi e senza essere praticamente mai presenti sui mezzi di informazione tradizionale».
2Siete contro l’Europa?
«Siamo a favore dell’Europa delle nazioni, che tutela le identità».
3 Chi sono i vostri elettori? Vengono dal Partito Popolare?
«Non soltanto. Sono persone stufe dei partiti. Certo che molti dei nostri voti vengono dal Pp, che quando ha governato ha di fatto continuato le politiche di Zapatero. Ma anche quelli che avevano creduto in Ciudadanos sono arrabbiati».
4In Europa chi sono i vostri riferimenti?
«Le sfide ai globalisti che arrivano dai governi polacco e ungherese ci piacciono molto. Apprezziamo chi ha chiuso le frontiere».
5 Salvini è un esempio per voi?
«Abbiamo applaudito quando ha chiuso i porti e ha affrontato le Ong: in Europa non c’entrano tutti i migranti. Su una cosa però abbiamo grandi differenze: la Lega ha dato legittimità al secessionismo catalano. Spero che Salvini abbia capito l’errore».
6 Steve Bannon, l’ex stratega di Trump vi ha aiutato?
«Sì e lo continuerà a fare, ma la sua ricetta non è quella spagnola».
7 Lo pagate?
«No, non ce lo possiamo permettere».
8Siete franchisti?
«Non ci definiamo così, ma la Spagna ha una grande storia che il governo insulta: la cacciata degli arabi dei Re cattolici, la civilizzazione dell’America Latina, alla crociata contro il comunismo».
9Franco quindi fa parte della storia che celebrate?
«È stato un regime, ma ci sono tanti aspetti positivi, ha dato a tutti una casa e ha creato le pensioni per tutti. Successi da non rinnegare».

LA REPUBBLICA - Alessandro Oppes: 'Nasce come risposta reazionaria alla sfida indipendentista'

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Alessandro Oppes

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Fernando Savater

L’avanzata dell’ultradestra? È una «risposta alla sfida indipendentista catalana». Che negli ultimi era stata canalizzata attraverso un movimento più moderato come Ciudadanos, mentre «ora si radicalizza». Invita a evitare gli allarmismi Fernando Savater, il più noto filosofo spagnolo.

Sembrava che la Spagna fosse immune all’avanzata dell’ultradestra. Che cosa è successo? «Sono arrivati al centro dell’attenzione dell’opinione pubblica una serie di problemi che in parte condividiamo con il resto d’Europa. Il problema (o l’esagerazione del problema) dell’immigrazione unito a una questione interna come la sfida del separatismo in Catalogna. Ed è proprio qui l’origine di questa svolta: non mi preoccupa tanto l’avanzata dell’estrema destra, quanto il fatto che negli ultimi anni ci sia stata un’estrema sinistra che ha favorito con il suo atteggiamento la crescita dell’indipendentismo. Questo ha provocato una reazione che, in parte, è stata incanalata attraverso i canoni tradizionali della politica mentre con questo nuovo movimento ha finito per radicalizzarsi».

Però, dopo l’estromissione di Rajoy dal governo, il Pp guidato ora da Pablo Casado si era spostato ulteriormente verso la destra dello spettro politico. A quanto pare non è stato sufficiente a contenere gli ultranazionalisti. «Non riesco ancora a vedere l’estrema destra come un problema per la Spagna. Lo è in altri Paesi, come l’Italia dove è arrivata a conquistare posizioni di governo. La vera emergenza ancora aperta qui è quella del nazionalismo, che non è stata affrontata in maniera efficace da Rajoy. È per questo che ora c’è chi cerca altre vie d’uscita».

Ma non la preoccupa questa irruzione sulla scena di un partito xenofobo e islamofobo? «Mi sembrano cose che fanno parte della retorica dei partiti. Finora non li abbiamo visti occupare responsabilità di governo. Se un giorno ci arriveranno, vedremo. Ma ricordo anche che cosa si diceva di Podemos quando sorprese tutti con il suo exploit elettorale. C’era chi li accusava di voler applicare in Spagna la politica bolivariana di Maduro, chi sosteneva che fossero finanziati dall’Iran degli ayatollah».

A questo punto il Psoe di Pedro Sánchez si trova in una situazione molto delicata, con un governo di minoranza e l’incertezza sull’opportunità di andare a elezioni anticipate. «In realtà è quello che aveva promesso quando ottenne il sì alla sua mozione di censura contro Rajoy, che un po’ a tutti sembrava ormai bruciato dagli scandali del Pp. L’appoggio dei nazionalisti baschi e catalani si capiva bene in quel contesto e non c’era niente da obiettore. Ma Sánchez aveva promesso che poi avrebbe convocato le elezioni. Quello che molti non capiscono è che poi abbia continuato a governare con l’appoggio di forze considerate incompatibili con il Psoe».

È per questo che hanno perso in Andalusia? «Sono stati castigati per la scelta delle alleanze. Il voto in Andalusia è stata la prima occasione per l’elettorato di esprimersi da quando Sánchez è andato al governo. E la risposta è stata chiara».

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