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Il Giornale - La Stampa Rassegna Stampa
28.09.2018 Benjamin Netanyahu all'Onu: 'Ecco le prove dell'atomica segreta iraniana'
Analisi di Fiamma Nirenstein, cronaca di Giordano Stabile

Testata:Il Giornale - La Stampa
Autore: Fiamma Nirenstein - Giordano Stabile
Titolo: «Israele e la minaccia dell'Iran: 'A Teheran l'atomica segreta' - Netanyahu: 'Teheran ha un deposito atomico segreto'»
Riprendiamo oggi 28/09/2018, dal GIORNALE a pag. 13, con il titolo "Israele e la minaccia dell'Iran: 'A Teheran l'atomica segreta' " il commento di Fiamma Nirenstein; dalla STAMPA, a pag. 17, con il titolo "Netanyahu: 'Teheran ha un deposito atomico segreto' ", il commento di Giordano Stabile.

A destra: Benjamin Netanyahu ieri all'Onu

Ecco gli articoli:

Il Giornale - Fiamma Nirenstein: "Israele e la minaccia dell'Iran: 'A Teheran l'atomica segreta' "

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Fiamma Nirenstein

 

La battaglia non è finita, non finisce mai per Israele: l'Iran ancora prepara la bomba atomica e lo fa proprio a Teheran dove il Mossad ha scoperto una fabbrica zeppa di strumenti e materiali atomici, mentre, sempre da rivelazioni inedite, gli hezbollah gestiscono tre fabbriche segrete di missili di precisione attaccate all'aeroporto di Beirut. Così Netanyahu, mostrando le strutture in foto e sulle mappe di Google, nel suo discorso all'Assemblea generale dell'Onu denso di passione e di temi diversi, ha rivelato informazioni di intelligence molto drammatiche, mai trapelate prima. Ha anche affermato che materiale radioattivo, nel tentativo di celare la fabbrica di Teheran, è stata disperso dagli iraniani proprio nella capitale stessa con grande rischio della popolazione. E ha rivolto un appello all'Aiea, l'agenzia atomica, e al suo capo Yukya Amano: fate finalmente un'ispezione, ha esclamato, visto che neppure quando a febbraio vi abbiamo consegnato le informazioni sull'archivio atomico che provava la permanenza del disegno atomico vi siete mossi. Netanyahu, anche se ha disegnato un quadro molto diverso da quello per cui per tanti anni ha seguitato a denunciare valorosamente da solo, all'Onu, la pericolosità dell'Iran e ha ringraziato l'amministrazione Trump per aver ristabilito un regime di sanzioni verso il regime degli Ayatollah, pure ancora sente che per Israele questo è il primo tema strategico: un Paese che lo minaccia di sterminio ogni giorno, che insiste nel preparare una bomba atomica per questo, e che nel contempo, come il Primo Ministro israeliano ha descritto, si espande in Siria, in Iraq, in Libano, in Yemen con un disegno imperialista e di avvicinamento al confine israeliano. Netanyahu ha anche messo in guardia l'Occidente, l'ha anzi richiamato: perché questo colpevole appeasement? Non si capisce come l'Europa (e non solo, non si è scordato di dire Netanyahu, con palese riferimento alla Russia di Putin) seguiti a sostenere un regime che oltretutto la minaccia con attentati terroristi, di cui gli ultimi molto recentemente sventati. Il corpo a corpo con Abu Mazen, si può dire, nonostante i toni aspri su temi morali sostanziali non c'è stato sul terreno politico, l'asprezza inutile delle accuse di Abu Mazen intervenuto poco prima, che disegna esplicitamente Israele come un Sud Africa da distruggere in quanto indegno di esistere, hanno cassato una possibile discussione. Delegittimazione e demonizzazione, accuse di apartheid, disprezzo per la nuova costituzione che definisce Israele lo Stato del popolo ebraico, esaltazione dei «nostri martiri» gli shahid terroristi che sono l'unica costante strategica della storia palestinese hanno svuotato quell'ombra di resipiscenza che, dato il taglio di fondi dei Trump, è sembrata riabilitare il concetto di processo di pace. Ma non ha funzionato: è passato troppo tempo, troppo sangue, anche troppo logoramento di una leadership ormai alla fine. Trump il giorno prima, quando nel suo discorso all'Onu e anche nel suo incontro con Netanyahu ha cercato di spingere avanti la formula «due Stati per due popoli» ha detto che pensa che sia la migliore, anche se poi alla fine è tornato a un «decidano loro, uno Stato due Stati, quello che li fa star meglio». Ma Abu Mazen ha aperto il suo discorso dicendo «Gerusalemme non è in vendita». Un palese riferimento al trasferimento americano dell'ambasciata nella capitale. Da qui, dopo una marea di proteste, accuse, dopo la descrizione di Israele come di un mostro violatore di tutti i diritti umani, e le accuse durissime a Trump, non si capisce in realtà dove si appoggi la ripetuta assicurazione di Abu Mazen di essere disponibile alla pace.

LA STAMPA - Giordano Stabile: "Netanyahu: 'Teheran ha un deposito atomico segreto' "

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Giordano Stabile

L’Iran ha un deposito segreto nel cuore di Teheran dove «nasconde materiale radioattivo e lo spalma in tutta la città come Nutella». Il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha tenuto un altro dei suoi discorsi a effetto all’Assemblea generale dell’Onu, ieri sera, e l’obiettivo era di nuovo la Repubblica islamica e il suo programma nucleare che, secondo l’Intelligence dello Stato ebraico, non si è mai fermato. Dopo le rivelazioni sui documenti rubati dal Mossad nella capitale iraniana lo scorso febbraio questa volta Netanyahu ha indicato un luogo preciso e invitato gli ispettori dell’Aiea ad andare a controllare «immediatamente».

La sfida a Rohani
Una sfida diretta al presidente iraniano Hassan Rohani, che all’Onu ha ribadito che l’Iran ha rispettato l’accordo firmato nel 2015 e che è invece l’America di Donald Trump a essere fuori dal diritto internazionale. Ma il leader israeliano ha rivelato che nel deposito segreto ci sono almeno «300 tonnellate di materiale radioattivo» e che «15 chili sono stati spostati lo scorso mese» per altre destinazioni. «Ho un messaggio per i tiranni di Teheran - ha continuato -: Israele sa che cosa state facendo». E lo Stato ebraico «continuerà ad agire contro l’Iran in Siria e anche in Iraq». Un riferimento ai raid compiuti negli ultimi cinque anni contro installazioni militari gestite dai Pasdaran e convogli di missili diretti all’Hezbollah libanese. Raid che potrebbero estendersi anche al vicino Iraq dove, sempre secondo l’Intelligence israeliana, i Guardiani della rivoluzione islamica avrebbero spostato missili e rampe di lancio.
Una offensiva a tutto campo, che ha toccato pure il Libano dove, nelle parole del premier israeliano, «Hezbollah usa gli abitanti di Beirut come scudi umani» e avrebbe nascosto i suoi missili anche «sotto lo stadio». Netanyahu ha parlato subito dopo l’intervento del presidente palestinese Abu Mazen. Il raiss ha ribadito che «Gerusalemme non è in vendita» e ha attaccato Israele e la nuova legge fondamentale dello Stato-nazione, definita «razzista». Netanyahu ha replicato che l’Autorità palestinese «uccide chi vende la terra a un ebreo: non è razzismo questo?». Ma il duro scambio non ha chiuso le porte a una ripresa dei colloqui di pace. Dopo che Trump ha per la prima volta sostenuto di preferire la soluzione «due popoli, due Stati», quella prospettata a Oslo venticinque anni fa, anche il premier israeliano si è detto favorevole al fatto che «i palestinesi possano governare se stessi purché non facciano del male a noi». Di fatto un’apertura a uno Stato palestinese, per la prima volta dal 2009.

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