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La Stampa - Libero Rassegna Stampa
26.09.2018 Donald Trump all'Onu: le parole che servono su immigrazione, Iran e multiculturalismo
Cronache faziose di Paolo Mastrolilli e Francesco Semprini, corretta di Mirko Molteni

Testata:La Stampa - Libero
Autore: Paolo Mastrolilli - Francesco Semprini - Mirko Molteni
Titolo: «Immigrazione, Iran e multilateralismo. Duello all’Onu fra Trump e Macron - Rohani schiva l’incontro con il nemico Donald: vuole rovesciare la Rivoluzione khomeinista - Show di Trump all'Onu: 'Siamo più forti'»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 26/09/2018, a pag.8, con il titolo "Immigrazione, Iran e multilateralismo. Duello all’Onu fra Trump e Macron" la cronaca di Paolo Mastrolilli; con il titolo "Rohani schiva l’incontro con il nemico Donald: vuole rovesciare la Rivoluzione khomeinista", la cronaca di Francesco Semprini; da LIBERO, a pag. 11, la cronaca di Mirko Molteni dal titolo "Show di Trump all'Onu: 'Siamo più forti' ".

A destra: Donald Trump ieri all'Onu

Gli articoli di Mastrolilli e Semprini sono chiaramente schierati contro Donald Trump. La realtà che descrivono è frutto di una semplificazione (lo stesso Mastrolilli lo ammette all'inizio del proprio articolo, ma non ne tiene poi conto) che serve solo a demonizzare il modello nuovo introdotto dalla Amministrazione Trump. I due giornalisti della Stampa, di fatto, strizzano l'occhio al modello Macron, all'insegna del multiculturalismo e dell'appeasement con la teocrazia iraniana. Corretto, invece, il pezzo di Mirko Molteni su Libero, che ha il pregio di chiamare le cose con il proprio nome.

Ecco gli articoli:

LA STAMPA - Paolo Mastrolilli: "Immigrazione, Iran e multilateralismo. Duello all’Onu fra Trump e Macron"

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Paolo Mastrolilli

Il mondo è ormai arrivato ad un bivio. Semplificando, da una parte c’è la visione sovranista di Trump, e dall’altra quella multilaterale di Macron. Ieri la sfida si è giocata sulla tribuna dell’Assemblea Generale dell’Onu, durante i discorsi dei presidenti americano e francese; tra novembre e maggio si replicherà alle urne, nelle elezioni midterm americane e in quelle europee. Nel giro di pochi mesi, dunque, gli elettori dovranno decidere se vogliono conservare l’ordine internazionale creato dopo la Seconda Guerra Mondiale, che ha molti difetti ma anche il pregio di aver garantito pace e prosperità per oltre settant’anni, oppure sostituirlo con un ritorno al nazionalismo.

Seguire l’esempio degli Usa
Trump ha chiarito subito la sua posizione: «Noi non cederemo mai la sovranità americana ad una burocrazia globale non eletta e non responsabile verso nessuno. Rigettiamo l’ideologia del globalismo, e abbracciamo la dottrina del patriottismo». Per la verità stavolta l’Assemblea Generale non si è fatta cogliere di sorpresa, e quando il capo della Casa Bianca ha detto che la sua amministrazione ha ottenuto più risultati nella storia americana, in sala si è sentita una risata: «Non mi aspettavo questa reazione - ha detto lui - ma va bene».

Quindi ha proseguito sulla linea tracciata dagli autori del discorso, cioè il consigliere Miller, alleato di Steve Bannon quando era alla Casa Bianca, e John Bolton, che quando era ambasciatore all’Onu aveva detto che se fossero crollati dieci piani del Palazzo di Vetro nessuno avrebbe notato la differenza.
Trump ha affermato che «le nazioni sovrane e indipendenti sono l’unico veicolo con cui la libertà è sopravvissuta, la democrazia è durata, e la pace ha prosperato». Perciò ha sollecitato tutti i Paesi a seguire l’esempio dell’America, realizzando le proprie potenzialità secondo i criteri nazionalistici.

Le pagelle di Donald
Il presidente non ha parlato solo di teoria, ma ha fatto esempi, stilando in pratica la pagella dei buoni e dei cattivi. Tra i primi ha elencato l’India, una democrazia di un miliardo di persone che sta sconfiggendo la povertà; l’Arabia Saudita, che si sta riformando sotto il nuovo re Salman; Israele, unico paese davvero democratico del Medio Oriente; la Polonia, che sfida l’Unione Europa col suo sovranismo; e la Corea del Nord, che sta avviando il disarmo.

L’ambasciata spostata
Ha rivendicato la decisione di spostare l’ambasciata Usa a Gerusalemme, dicendo che «riconoscere la realtà dei fatti aiuta la pace, non la ostacola».
Tra i cattivi ha messo l’Iran, i cui leader «seminano caos, morte e distruzione. Non possiamo permettere al principale sponsor mondiale del terrorismo di possedere le armi più pericolose del pianeta». Quindi ha annunciato nuove sanzioni contro Teheran e il Venezuela, che viola i diritti del suo popolo per affermare il modello fallito del socialismo. Poi ha criticato i Paesi dell’Opec, che «taglieggiano tutti alzando il prezzo del petrolio»; la Cina, che ha meritato i dazi con le sue pratiche commerciali ingiuste; e anche la Germania, per la sua dipendenza dall’energia russa. Invece Mosca, a parte questo riferimento, è rimasta fuori dal discorso.

Il modello opposto francese
Macron ha risposto proponendo il modello opposto: «Io non accetto l’erosione del multilateralismo, e la demolizione della nostra storia. Il nazionalismo porta sempre alla sconfitta. I nostri figli ci guardano».
Ha difeso un’idea dell’immigrazione opposta ai muri di Trump, criticando pure la linea italiana. Anche il presidente francese, che ha ribadito la richiesta di tenere le elezioni in Libia a dicembre, ha fatto esempi: «Cosa può portare a una soluzione in Iran? La legge del più forte? La pressione unilaterale? No. Noi sappiamo che l’Iran era sulla strada delle armi nucleari, ma cosa l’ha fermato? L’accordo di Vienna del 2015. Cosa può risolvere la crisi tra Israele e Palestina? Non le iniziative unilaterali, o calpestare i legittimi diritti dei palestinesi. Non c’è alternativa credibile alla soluzione dei sue stati».

La gente, ha ammesso Macron, «può essere stanca del multilateralismo, ma l’isolazionismo è dannoso per la pace e la prosperità». A breve, gli elettori sceglieranno quale delle due strade preferiscono.

LA STAMPA - Francesco Semprini: "Rohani schiva l’incontro con il nemico Donald: vuole rovesciare la Rivoluzione khomeinista"

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Francesco Semprini

Hassan Rohani sbarca alle Nazioni Unite, fa sponda con l’Europa sul nucleare, declina inviti «a tu per tu» con Donald Trump e accusa gli Stati Uniti di terrorismo economico. Nonostante le voci e i dubbi circa la sua presenza alla 73esima Assemblea generale, il presidente iraniano non ha mancato l’appuntamento al Palazzo di vetro determinato a raccogliere la sfida lanciata da Trump con le sanzioni e l’uscita dal Joint Comprehensive Plan of Action (Jcpoa) l’accordo sul nucleare di Teheran. «È terrorismo economico», tuona Rohani dallo scranno più alto dell’Onu accusando l’amministrazione Trump di voler rovesciare la leadership del suo Paese.
Allarga l’accusa quindi al tentativo del presidente Usa di voler screditare le istituzioni internazionali per avere mano libera sullo scacchiere globale. «Alcuni Paesi non rispettano le istituzioni internazionali e ne minano l’esistenza», esordisce il presidente della Repubblica islamica, il quale torna a denunciare il ritiro Usa dall’accordo sul nucleare iraniano, definendola «una violazione delle leggi internazionali».
I toni di Rohani non sembrano lasciare margini a ipotesi di convergenza tra Teheran e Washington, anzi è lo stesso presidente iraniano a spazzare via ogni dubbio quando dice che la Repubblica islamica prenderà in considerazione nuovi negoziati con Washington solo se gli Usa faranno marcia indietro sul nucleare. Ovvero mai, almeno finché c’è Trump. Proprio per questo il presidente iraniano ha negato, nel corso di un’intervista alla Cnn, di aver mai avanzato richieste di incontrare il collega americano, come quest’ultimo ha affermato in un tweet. Rohani sostiene invece di aver ricevuto otto richieste da parte americane per un incontro.
Secondo fonti diplomatiche l’inquilino della Casa Bianca, attraverso gli emissari, ha fatto di tutto per avere anche solo un primo «contatto», un fugace saluto, una stretta di mano nei corridoi del Palazzo di Vetro». Si dovrà accontentare di dargli la parola durante il Consiglio di sicurezza sulla non proliferazione presieduto oggi da Trump (gli Usa sono «chair» di turno), a cui non è escluso che possa partecipare Rohani in persona. In ogni caso, dinanzi all’impossibilità del contatto esplorativo, Trump ha prontamente puntualizzato prima di salire sullo scranno dell’Assemblea: «Non vedo l’ora di avere grandi relazioni con l’Iran, ma non accadrà ora». Una sponda solida al Palazzo di vetro l’Iran l’ha trovata in Bruxelles, con l’Alto Rappresentante degli Affari Esteri per l’Ue, Federica Mogherini, che prima della riunione dei 5+1 di lunedì sera ha assicurato come «la piena attuazione dell’intesa interessa tutti, incluso l’Iran».
Una dichiarazione a cui ha fatto seguito un passo operativo, quello di «individuare e sviluppare» canali di pagamento paralleli, uno «Special Purpose Vehicle», per facilitare trasferimenti in denaro relativi alle esportazioni dell’Iran», compreso il petrolio, «e alle importazioni». Stratagemmi per eludere sanzioni e vincoli internazionali imposti dagli Usa, come quello di voler escludere l’Iran dallo Swift, network con base in Belgio utilizzato per i pagamenti bancari di tutto il mondo. «Un modo - ha spiegato Mogherini assieme al ministro degli Esteri iraniano Mohammad Javad Zarif - per assistere gli operatori economici che perseguono affari legittimi con Teheran, visto l’impegno del Paese alla piena attuazione dell’accordo nucleare».

LIBERO - Mirko Molteni: "Show di Trump all'Onu: 'Siamo più forti' "

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Mirko Molteni

Era il Trump-pensiero a tutto tondo quello andato in scena ieri a New York, alla 73° Assemblea Generale dell'Onu. II presidente Donald Trump è salito sul podio e ha esordito così: «Oggi sono qui davanti a voi per parlarvi degli straordinari successi fatti dall'America: la mia amministrazione ha ottenuto più di ogni altra amministrazione nella storia». Dalla platea è partita qualche risata e Donald ha ribattuto, sorridendo: «Non mi aspettavo una reazione del genere»; reazione dettata da fairplay che ha provocato un fragoroso applauso da parte della platea. «Oggi l'America», ha proseguito Trump, «è più forte, più ricca, più sicura. La Borsa è ad un massimo storico e la disoccupazione al minimo da 15 anni». Il presidente ha poi ribadito: «Gli Stati Uniti sceglieranno sempre l'indipendenza e la cooperazione rispetto a governance globale, controllo e dominazione».

STOP AI CLANDESTINI Lo preoccupa il cosiddetto Global Compact for Migration, accordo internazionale sulle migrazioni che sarà discusso da dicembre all'Onu con l'intento di stabilire obblighi comuni nella gestione dei migranti. Trump lo rigetta, sapendo di avere dalla sua molti Paesi europei che rivendicano il diritto di decidere chi entra dai propri confini e chino: «Riconosciamo il diritto di tutte le nazioni in quest'aula di determinare le loro politiche migratorie in linea con i loro interessi nazionali così come chiediamo ad altri Paesi di rispettare il nostro diritto di fare altrettanto. Per questo gli Usa non parteciperanno nel nuovo Global Compact sull'immigrazione. Il problema non dovrebbe essere gestito da un organismo internazionale. Bisogna aiutare le persone a costruire un futuro migliore a casa loro». Né più, né meno che il messaggio lanciato in Europa da Orban, Salvini, Kurz, Le Pen. Ma che lo ripeta il presidente di un Paese, gli Stati Uniti, che dagli anni Sessanta è stato la culla di quel globalismo di marca liberal e radical chic, scaturito da università «progressiste» e coccolato da tante sceneggiature di Hollywood, allora può voler dire che siamo alla vigilia della fine di un ciclo storico. Così, Trump, dà la stura a un libero gioco geopolitico in cui i fatti contano più dei preconcetti. Può perfino lodare la Corea del Nord e bacchettare un alleato Nato come la Germania. Infatti, incensa il comunista Kim Jong-un per i sorrisi del 12 giugno a Singapore: «Vorrei ringraziare il presidente Kim per il suo coraggio e per i passi che ha compiuto».

SCONTRO CON L'UE Che la stretta di mano sia stata storica è un fatto, punto. Come è un fatto che la Germania, col nuovo gasdotto North Stream 2 nel Baltico, manda in fumo i sogni di smercio di gas americano trasportato via nave in Europa. Al che si spiegano i suoi strali contro la cancelliera Merkel: «La Germania diverrà totalmente dipendente dall'energia della Russia se non cambia rotta». Ecco perché avverte che «garantiremo sostegno solo a chi ci rispetta e si dimostra nostro amico, ci aspettiamo che altri Paesi paghino quanto devono per la loro difesa». Reagendo poi all'annuncio della rappresentante Esteri Ue Federica Mogherini, che evoca un ente europeo per aggirare le sanzioni finanziarie americane all'Iran, sbotta: «I leader iraniani si appropriano delle risorse per arricchirsi e creare il caos nel Medioriente. Siamo pronti a nuove sanzioni». Ma Trump apre perfino a una svolta nei rapporti Washington-Teheran simile a quella con la Corea del Nord, ma reputa l'ex-Persia non ancora «cotta» al punto giusto.

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