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Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


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La Stampa - Il Foglio Rassegna Stampa
11.08.2018 Gaza/Israele: ancora missili e attacchi dei terroristi di Hamas
Commenti di Francesca Paci, Rolla Scolari

Testata:La Stampa - Il Foglio
Autore: Francesca Paci - Rolla Scolari
Titolo: «Manifestazioni e scontri al confine con Israele - La tregua di Gaza è finita prima di iniziare. Chi negozia tra missili e raid»
Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 11/08/2018, a pag. 14, con il titolo "Manifestazioni e scontri al confine con Israele" la cronaca di Francesca Paci; dal FOGLIO, a pag. 3, con il titolo "La tregua di Gaza è finita prima di iniziare. Chi negozia tra missili e raid", il commento di Rolla Scolari.

Ecco gli articoli:

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Un missile pronto al lancio a Gaza

LA STAMPA - Francesca Paci: "Manifestazioni e scontri al confine con Israele"

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Francesca Paci

Resta un’atmosfera tesa da prima della pioggia al confine di Gaza, dove ieri, nonostante il formale cessate il fuoco, almeno 9 mila palestinesi hanno manifestato per la “Marcia del Ritorno” in cinque diversi punti della barriera difensiva che li separa da Israele. Il bilancio serale non lascia ben sperare circa la possibilità di un’escalation: secondo il ministero della sanità di Gaza ci sarebbero 2 morti, tra cui un medico volontario caduto a Rafah, e almeno 84 feriti. L’esercito israeliano ha fatto sapere di aver risposto ai «violenti tumulti con mezzi di dispersione e in accordo con le procedure standard operative» e di aver colpito «una postazione di Hamas». Ma oltre la coltre di fumo che amalgama spari, gomme bruciate e esplosivi, il 20esimo venerdì di protesta si lascia dietro una scia inquietante in cui l’Ue, attraverso l’alto rappresentate per la politica estera Federica Mogherini, coglie e denuncia l’allarme per una situazione «pericolosamente vicina a un nuovo conflitto».

Mesi di scontri crescenti
La giornata era inizia sotto auspici decisamente migliori, dopo che Hamas aveva parlato con la tv qatarina al Jazeera di un accordo per la sospensione delle ostilità e, nonostante la smentita delle autorità israeliane, sembrava che le acque cominciassero a rientrare negli argini. La notte tra mercoledì e giovedì aveva visto un intensificarsi delle ostilità con una pioggia di razzi contro il Negev, 3 morti a Gaza e feriti da ambo le parti, decine e decine di raid sopra la Striscia, una tensione tale da far ventilare a Gerusalemme un intervento su larga scala a Gaza, che in linguaggio militare significa un’altra guerra. Per questo ieri mattina il cessate il fuoco era stato letto come un segnale positivo soprattutto dell’Egitto, che nelle ultime settimane sta lavorando con le Nazioni Unite a una tregua di lunga durata.

Nulla da fare. Dopo mesi di scontri crescenti, iniziati il 30 marzo nel nome della “Marcia del ritorno” capitanata da Hamas e costati la vita ad almeno 160 palestinesi, torna lo spetto del 2014, l’ultimo durissimo conflitto consumatosi a Gaza, il terzo dal 2008. Il contesto però è cambiato rispetto al 2004: Trump ha sostituito Obama scegliendo un linea molto più filo-israeliana simboleggiata dallo spostamento dell’ambasciata americana a Gerusalemme. I palestinesi sono schiacciati tra il nuovo ordine mondiale, le faide interne alla leadership di Ramallah e Hamas, tentato dalla strategia della spallata popolare per recuperare il consenso perduto.

IL FOGLIO - Rolla Scolari: "La tregua di Gaza è finita prima di iniziare. Chi negozia tra missili e raid"

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Rolla Scolari

Milano. E’ durata poche ore la tregua tra Hamas e Israele. L’esercito israeliano ha annunciato nella serata di ieri di aver colpito con l’artiglieria una postazione del movimento islamista che controlla Gaza dopo che dal confine – dove da mesi il venerdì continuano le proteste – è stato lanciato materiale esplosivo contro i soldati oltre la barriera di separazione. Negli scontri, due palestinesi, tra cui un paramedico, sono stati uccisi da colpi di arma da fuoco, oltre 240 persone sono rimaste ferite, secondo fonti mediche locali. Hamas ha chiesto ai cittadini di tornare a manifestare venerdì mattina, dopo che fonti egiziane avevano annunciato il raggiungimento di una tregua, non confermata ufficialmente dalle parti. Nella notte tra giovedì e venerdì era cessato il lancio di missili da Gaza, e i jet israeliani erano rimasti a terra, in seguito a due giorni di violenze. Da quando a marzo sono iniziate proteste e scontri settimanali tra palestinesi ed esercito israeliano lungo il confine, la situazione rischia ciclicamente di precipitare. Soltanto quando un intervento di terra israeliano sembra imminente, con trattative in corso mentre volano missili e cadono bombe, torna la calma, che dura pochi giorni o, come accaduto ieri, poche ore. Si tratta di “deterrenza reciproca”, spiega al Foglio Efraim Halevy, che è stato direttore del Mossad: “Né Hamas né Israele vogliono un conflitto totale, ma neppure mostrarsi deboli davanti all’opinione pubblica interna”, e quindi portano avanti lo scontro fino all’ultimo, quando lasciano spazio alla diplomazia. E la diplomazia ha in queste ore un nome. Nickolay Mladenov, 47 anni, ex ministro degli Esteri bulgaro, è Coordinatore speciale dell’Onu per il medio oriente. Sarebbe a lui, rivela il quotidiano israeliano Yedioth Ahronoth, che telefonano i leader di Hamas per inviare messaggi a Israele. E il governo israeliano, solitamente tiepido con i funzionari dell’Onu, organizzazione che per molti politici locali sarebbe troppo favorevole ai palestinesi, apprezza il suo operato. Israele e Hamas hanno combattuto tre guerre dal 2008, e i mediatori finora sono stati altri, come Qatar e Turchia. E’ anche in assenza di questi poteri regionali, investiti nel frattempo da crisi politiche o economiche, che si rafforza l’operato di un funzionario con abilità come Mladenov, spiega una fonte diplomatica al Foglio.

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Sderot sotto attacco

L’Egitto del rais Abdel Fattah al Sisi è al momento l’unico paese straniero con diretti interessi nella calma a Gaza: in guerra contro gruppi jihadisti nel vicino Sinai non può permettersi instabilità nella Striscia. E proprio attraverso l’operato del capo dell’intelligence del Cairo, Abbas Kamel, e dell’inviato dell’Onu, starebbero emergendo i contorni di un’intesa su Gaza da sottoporre alle parti. I giornali arabi parlano già di “accordo dei cinque anni”: durata di un ipotetico cessate il fuoco. Gli scontri di ieri però raccontano una realtà diversa. In Israele, scrive Anshel Pfeffer sul quotidiano liberal Haaretz, Benjamin Netanyahu è già – non ufficialmente – in campagna elettorale, e per lui Gaza rappresenta una debolezza. Ogni soluzione possibile porta con sé un rischio politico. Un’operazione di terra causerebbe vittime civili palestinesi e la morte di soldati israeliani. Il tentativo di mantenere lo status quo lungo la Striscia. Un possibile accordo di tregua esporrebbe Netanyahu alle critiche degli alleati-avversari della destra più radicale, che preferirebbero un atteggiamento muscolare. Lo stesso potrebbe accadere al leader di Hamas, Yahya Sinwar, che però, a differenza di suoi predecessori, spiega al Foglio Tareq Baconi, autore di Hamas Contained: The Rise and Pacification of Palestinian Resistance, è un leader con una forte credibilità all’interno sia dell’ala politica sia militare del gruppo e avrebbe il sostegno necessario per far passare un’intesa e le concessioni a essa legate.

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