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Corriere della Sera - Italia Oggi Rassegna Stampa
18.05.2018 Gaza: la marcia dei terroristi
Commenti di Franco Venturini, Federico Punzi

Testata:Corriere della Sera - Italia Oggi
Autore: Franco Venturini - Federico Punzi
Titolo: «Le mosse di Putin, che suggerisce al Cairo di fermare Hamas - Gaza, i pacifici erano terroristi»
Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 18/05/2018, a pag. 29, con il titolo "Le mosse di Putin, che suggerisce al Cairo di fermare Hamas", l'analisi di Franco Venturini; da ITALIA OGGI, a pag. 11, il commento "Gaza, i pacifici erano terroristi" di Federico Punzi.

Ecco gli articoli:

CORRIERE della SERA - Franco Venturini: "Le mosse di Putin, che suggerisce al Cairo di fermare Hamas"


Franco Venturini

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Quando Vladimir Putin parla poco come ha fatto ultimamente, gli altri si preoccupano. Eppure per capire i giochi del Cremlino basterebbe ricordare la parata della Vittoria dello scorso 9 maggio. Mentre sfilavano truppe e mezzi, chi c’era in tribuna a poca distanza da Putin? Il premier israeliano Benjamin Netanyahu. Il quale, poco dopo, ha affiancato Putin nel rendere il tradizionale omaggio floreale alla tomba del milite ignoto, e poi alle tombe di caduti illustri. È vero che Netanyahu si trovava a Mosca. Ma certe presenze sottolineate parlano da sole. Passano due giorni, e Mosca annuncia che non venderà più alla Siria i micidiali missili antiaerei S-300. L’equazione è semplice: se l’avesse fatto, le incursioni aeree israeliane per colpire strutture iraniane in Siria oppure convogli di armi destinate a Hezbollah sarebbero diventate molto più complicate. Bravo Netanyahu, si dirà. Certo, ma dietro alla sua improvvisa arrendevolezza Putin ha una strategia: garantire per quanto può la sicurezza di Israele per allontanare la prospettiva di una guerra contro l’Iran cui si starebbero preparando Trump, l’Arabia Saudita e in caso di necessità lo stesso Israele. Secondo fonti diplomatiche attendibili nella notte tra il 14 e il 15 maggio scorsi, subito dopo la strage al confine con Gaza, è stato Putin a «suggerire» al presidente egiziano Al-Sisi, suo amico e alleato, di intimare ad Hamas il ritiro dei manifestanti dalla rete confinaria. Cosa che è puntualmente avvenuta, evitando un nuovo bagno di sangue. E non basta. Il Cremlino non auspica apertamente la divisione della Siria, ma la creazione delle «zone di de-escalation», una idea russa, viene vista da molti come un primo passo. Putin intenderebbe ora rimescolare le carte tra alleati in modo che le milizie di Teheran non siano tanto vicine da colpire, nemmeno con i razzi, il territorio israeliano. Golan Compreso. I rapporti tra Israele e Russia sono da tempo migliorati. Putin afferma volentieri di «avere dei doveri» perché la popolazione israeliana è in parte russofona (un sesto del totale). Ma il Medio Oriente di oggi non è posto per sentimentalismi. Piuttosto, conta per Mosca che Israele non si senta isolato e dunque spinto tra le braccia di Trump, e conta che l’Iran moderi le sue ambizioni. Comprese quelle nucleari, se le sanzioni Usa affonderanno il tentativo europeo di salvare il patto del 2015.

ITALIA OGGI - Federico Punzi: "Gaza, i pacifici erano terroristi"

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Mentre l'Europa piange la morte di una sessantina di «pacifici manifestanti» uccisi dall'esercito israeliano durante gli scontri al confine tra la Striscia di Gaza e lo Stato ebraico, un alto dirigente di Hamas, Salah Al Bardawil, ammette, anzi rivendica in tv che «se 62 persone sono state uccise, 50 erano militanti di Hamas», un'organizzazione terroristica sostenuta dal regime iraniano. E la povera bimba uccisa dagli effetti dei gas lacrimogeni, così ci ha raccontato il ministero della salute della Striscia, ripreso dai media occidentali? No, è morta per motivi di salute pre esistenti, afferma un medico di Gaza all'Associated Press. Per l'Idf, le forze armate israeliane, sono 53 i membri noti di gruppi terroristici (Hamas e Jihad islamica) uccisi negli scontri. E tra di essi, tutti gli otto componenti di una cellula armata di Hamas, uccisi in uno scontro a fuoco mentre cercavano di penetrare il confine. Sono le parole della stessa Hamas a smascherare il pregiudizio anti-israeliano di praticamente tutte le prime pagine dei giornali e i servizi televisivi dei media mainstream europei, che hanno riportato notizie e bilancio degli scontri come se si fosse trattato della repressione militare di una manifestazione pacifica. Eppure, non era difficile porsi qualche domanda, esercitare un minimo di spirito critico. Anche se lo spostamento dell'ambasciata Usa non è stato ben accolto (almeno ufficialmente) dalle capitali arabe, nessuna violenza si è registrata nelle cosiddette Arab Street. Nessuna violenza in Giordania, paese pieno di profughi palestinesi. Nessuna violenza nemmeno in Cisgiordania. Solo dalla Striscia di Gaza, guarda caso sotto il controllo di Hamas. Migliaia di persone spinte a ridosso del confine, la maggior parte combattenti in cerca di martirio, con bombe molotov, pistole e coltelli; campi dati alle fiamme; cellule armate con lo scopo di penetrare in territorio israeliano e assaltare i primi villaggi. Come avrebbe dovuto rispondere Israele di fronte ad un vero e proprio tentativo di invasione violenta organizzato da un gruppo terroristico che si rifiuta di riconoscere lo Stato ebraico e anzi ha come obiettivo conclamato la sua distruzione? «Hamas è dietro queste rivolte, e rappresentarle come proteste pacifiche non potrebbe essere più lontano dal vero», ha dichiarato il portavoce dell'Idf. Le proteste erano così «spontanee» che negli ultimi due giorni, a seguito delle pressioni del governo del Cairo su Hamas, si sono fermate. Uno dei capi dell'intelligence egiziana infatti, secondo Gerusalemme, avrebbe avvertito il leader Haniyeh, durante la sua ultima visita in Egitto, che il Cairo «sa e ha le prove» che Hamas sta «alimentando le proteste» e «mandando la gente alle barriere di confine come munizioni umane, donne e bambini al posto di proiettili e missili». Il funzionario di intelligence egiziano avrebbe «inequivocabilmente chiarito» ad Haniyeh che Israele «avrebbe risposto e assunto misure più dure», e che «l'Egitto sarebbe rimasto fermo e non avrebbe aiutato». Solo in Europa non abbiamo capito nulla di quanto stava accadendo.

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