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Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


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Corriere della Sera - Il Foglio Rassegna Stampa
10.04.2018 Criticare Soros significa essere antisemiti?
Cronaca di Paolo Valentino, commento di David Carretta

Testata:Corriere della Sera - Il Foglio
Autore: Paolo Valentino - David Carretta
Titolo: «Orbán inizia dalla legge anti Soros .Tasse alle Ong che aiutano i migranti - L’effetto Orbán sulla destra europea»

Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 10/04/2018, a pag.12, con il titolo "Orbán inizia dalla legge anti Soros .Tasse alle Ong che aiutano i migranti" la cronaca di Paolo Valentino; dal FOGLIO, a pag. 1, con il titolo "L’effetto Orbán sulla destra europea", il commento di David Carretta.

David Carretta, a proposito di Orban, scrive di una "demonizzazione con accenti antisemiti del finanziere-filantropo George Soros". Carretta dimentica però che criticare Soros per le ingerenze di cui è protagonista nelle politiche di molti Paesi non è antisemitismo. Lo stesso governo israeliano ha espresso in questi anni una posizione di contrarietà alle scelte di Soros, ma non per questo è ovviamente antisemita.

Le prime iniziative di Orban, riportate da Paolo Valentino, non ci sembrano "illiberali". Seguiremo e valuteremo con attenzione quanto succederà in Ungheria.

Ecco gli articoli:

CORRIERE della SERA - Paolo Valentino: "Orbán inizia dalla legge anti Soros .Tasse alle Ong che aiutano i migranti"

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Victor Orban

Non perde tempo, Viktor Orbán. Il giorno dopo la schiacciante vittoria nelle elezioni ungheresi, con una maggioranza di due terzi che gli consente di varare modifiche costituzionali, il premier magiaro segnala di voler dar seguito a una delle sue promesse più controverse. Un portavoce di Fidesz, il partito di Orbán, ha annunciato che già in maggio, dopo l’insediamento, «il nuovo Parlamento comincerà a lavorare, nell’interesse del Paese, alla legge stop-Soros». Il provvedimento è parte della campagna di Orbán contro il finanziere e filantropo Usa di origine ungherese, George Soros, accusato di essere l’architetto di un «grande piano» segreto per favorire l’arrivo in Ungheria e in Europa di milioni di islamici. Se fosse approvata, la legge imporrebbe una tassa del 25% sulle donazioni straniere alle Ong presenti in Ungheria favorevoli all’immigrazione. La loro attività dovrebbe essere autorizzata dal ministro dell’Interno, che potrebbe dichiararle fuorilegge se ritenute un «rischio alla sicurezza nazionale». Secondo i risultati provvisori, quelli definitivi saranno resi noti fra qualche giorno, nella nuova Assemblea nazionale Fidesz avrà 134 seggi su 199. Il secondo gruppo, con 25 deputati, sarà quello di Jobbik, il partito nazionalista di estrema destra, il cui leader, Gabor Vona, si è dimesso la sera stessa del voto. Venti seggi andranno all’alleanza rosso-verde tra i socialisti di Mszp e gli ecologisti di Dialogo per l’Ungheria. A Orbán sono giunte le felicitazioni di molti leader europei, fra i quali Angela Merkel, che però ha sottolineato le divergenze sul tema delle migrazioni. Il presidente della Commissione Ue, Jean Claude Juncker, nelle sue congratulazioni ha ricordato come la difesa della democrazia sia dovere comune per tutti i Paesi membri senza eccezione.

IL FOGLIO - David Carretta: "L’effetto Orbán sulla destra europea"

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David Carretta

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"Non lasciamo a George Soros l'ultima risata": antisemitismo? o piuttosto un chiaro messaggio contro i suoi finanziamenti alle Ong ungheresi  pro arrivo indiscriminato dei migranti?

Bruxelles. La straordinaria vittoria di Viktor Orbán nelle elezioni legislative in Ungheria domenica, oltre a prefigurare un’ulteriore deriva autoritaria di Budapest, potrebbe portare a un terremoto negli assetti politici dell’Unione europea in vista del voto del maggio 2019 per il rinnovo dell’Europarlamento. Dopo una campagna scandita dalla retorica anti immigrazione ed etnonazionalista, accompagnata dalla demonizzazione con accenti antisemiti del finanziere-filantropo George Soros, il partito Fidesz di Orbán ha ottenuto quasi il 50 per cento dei voti (48,5 per cento) e quella supermaggioranza dei due terzi dei seggi in Parlamento (133 su 199) che consente al primo ministro di modificare la Costituzione ungherese a suo piacimento. Malgrado le critiche degli osservatori dell’Ocse (“spazio limitato” per il dibattito, impossibilità per gli elettori di fare una “scelta informata”, media pubblici che hanno “chiaramente favorito” il partito di governo), Fidesz ha immediatamente fatto sapere che intende completare l’opera di pulizia delle voci fuori dal coro in Ungheria. Il portavoce del governo, Zoltán Kovács, ha annunciato che la prima misura del terzo mandato consecutivo di Orbán – senza contare il primo esecutivo del 1998-2002 – sarà di “chiudere le organizzazioni che si immischiano in politica”.

La Commissione europea, che finora aveva mantenuto il basso profilo sull’Ungheria, è stata costretta a reagire lanciando un velato avvertimento. Jean-Claude Juncker si è congratulato con Orbán ed è pronto a “discutere delle sfide comuni”, ma “l’Ue è un’unione di democrazie e di valori” e “la difesa di questi princìpi è un dovere comune di tutti gli stati membri, senza eccezioni”, ha ricordato il suo portavoce, Margaritis Schinas. La procedura dell’articolo 7 del Trattato sulla violazione degli standard democratici è però un’arma spuntata. A Bruxelles c’è chi sospetta che il premier ungherese voglia mettersi alla guida di un nuovo progetto politico identitario, populista e anti Ue che trasformerebbe la sfida delle elezioni europee del 2019 in un “Orbán contro Macron”. Orbán non ha nascosto la sua intenzione di dedicare il suo terzo mandato alla politica europea. Nel frattempo i segnali di un’orbanizzazione di una parte dell’esta - blishment politico Ue, in particolare all’interno del Partito popolare europeo, stanno diventando sempre più evidenti. Il presidente del Ppe, Joseph Daul, ha apertamente fatto campagna per Fidesz, membri della famiglia. Il capogruppo all’Euro - parlamento, Manfred Weber, ha pubblicato un tweet con foto di chiesa e crocifisso per esigere di “difendere il nostro stile di vita” con “un dibattito su identità e cultura dominante”. Le congratulazioni indirizzate a Orbán da una parte dei popolari sono state tanto entusiaste quanto quelle degli eurofobi Marine Le Pen, Geert Wilders e Matteo Salvini. “Sono felice di questa vittoria elettorale, è ancora una volta una vittoria molto chiara per Vitkor Orbán”, ha detto il ministro dell’Interno tedesco e leader della Csu bavarese, Horst Seehofer, denunciando la “politica dell’arroganza e del paternalismo” dell’Ue nei confronti dell’Ungheria. In Austria, il popolare Sebastian Kurz ha vinto le elezioni ed è arrivato alla cancelleria utilizzando la stessa retorica antimigranti e identitaria di Orbán. Le idee del premier ungherese hanno contagiato anche i Républicains diretti da Laurent Wauquiez in Francia. “Con l’orbanizzazione, il Ppe sta tagliando le sue radici cristiano-democratiche europeiste, quelle di De Gasperi e Adenauer, per diventare un gruppo di nazionalisti e populisti”, spiega al Foglio una fonte dei popolari commentando lo scivolamento verso l’estrema destra. Il malessere della parte più europeista del Ppe si è visto anche nella reazione di Angela Merkel. La cancelliera ha reagito in modo molto diverso dal suo ministro dell’Interno. “E’ molto chiaro che ci sono questioni controverse nella nostra cooperazione”, ha detto il portavoce di Merkel, Steffen Seibert, indicando in particolare la risposta ungherese alla crisi dei rifugiati e il rifiuto di accettare la redistribuzione di richiedenti asilo da altri paesi Ue. L’effetto del contagio delle idee di Orbán potrebbe spingere una parte dello stesso Ppe nelle braccia di Emmanuel Macron, che nel 2019 intende creare nell’Ue una famiglia politica europeista del tutto nuova, pescando a sinistra e a destra come ha fatto in Francia con En Marche. “I conservatori dei paesi del nord, come Olanda, Svezia e Finlandia, difficilmente potrebbero restare in un Ppe egemonizzato dalla dottrina Orbán”, dice la fonte popolare. In quel caso, “la destinazione naturale dei conservatori europeisti sarebbe Macron”.

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