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Riprendiamo dal GIORNALE, di oggi 01/02/2018, a pag. 13, con il titolo "In aula l'America di Trump. Che convince anche i rivali", l'analisi di Paolo Guzzanti; dalla REPUBBLICA, a pag. 12, con il titolo "Trump 'il conciliatore' stavolta piace all’America", il commento di Federico Rampini, preceduto dal nostro commento.
Ecco gli articoli:
IL GIORNALE - Paolo Guzzanti: "In aula l'America di Trump. Che convince anche i rivali"
Il discorso è piaciuto al settanta per cento degli americani e tuttavia l'America risulta più spaccata di prima. Donald Trump ha portato sul podio del Congresso tutte le sue figure retoriche e gli uomini simbolo mentre i democratici («un partito di piagnoni», lo ha definito lo stesso presidente) hanno schierato le loro, a cominciare dalla boss Nancy Pelosi con cadaverica faccia di pietra, subito imitata dall'intero gruppo. I testimonial del presidente sono persone che rappresentano le paure o l'orgoglio americano. Il nemico nordcoreano è in prima linea: ecco dunque il profugo Ji Seong-ho che fuggì dall'orribile patria senza un braccio e senza una gamba e che è stato poi ricostruito con arti bionici e una identità americana. Ji Seong-ho ha levato in aria le sue storiche stampelle agitandole come bandiere. Poi Trump ha reso omaggio ai genitori di due ragazzi assassinati dalla gang centroamericana MS-13 e ai genitori dello studente dell'Ohio Otto Warmbier, tornato in coma profondo dal Nord Corea dove fu torturato. Poi tocca all'agente che ha speso una vita combattendo criminali di ogni etnia e infine il patriota Preston Sharp di soli 12 anni con l'hobby di piantare bandiere sulle tombe dei veterani. Trump ha puntato moltissimo sul patriottismo militare (i deputati del suo partito indossavano coccarde bianche rosse e blu) e sulla resistenza all'immigrazione clandestina: è disponibile ad accogliere i famosi dreamers (gli illegali del sogno americano) ma vuole il muro di frontiera col Messico, la fine della lotteria per la green-card e controllo assoluto sulle sacche di criminalità. Anche gli americani hanno diritto ad essere dreamers, ha detto. I democratici hanno schierato le loro congressiste vestite di nero secondo l'ultima luttuosa retorica dell'intero genere femminile violentato dall'intero genere maschile e hanno schierato i neri del «Congressional Black Caucus» con la stola africana rossa e oro detta kente cloth in polemica con Trump che avrebbe definito «cessi di merda» alcuni Paesi del continente nero. Il colpo d'occhio coglieva la teatralità delle due Americhe. Il discorso sullo Stato dell'Unione è la celebrazione dell'unità ritrovata dopo le lacerazioni elettorali ed ideologiche (nel passato era soltanto un discorso scritto inviato al Congresso) perché l'ideologia dei padri fondatori vorrebbe una festa di conciliazione per un Paese con una sola anima, un solo cuore, una sola memoria. Il Presidente ci ha provato. Si è profuso con insolito calore bipartisan per invocare l'unità ritrovata. Ma i sondaggi dicono che l'America non è ancora cicatrizzata e che il presidente pur registrando un successo popolare - resta al punto più basso dei consensi rispetto ai predecessori con la stessa anzianità. Risultato: l'unione è ancora fratturata benché il taglio delle tasse abbia dato risultati clamorosi, la borsa voli, le aziende assumano e l'America abbia ritrovato il suo orgoglio nei miti sacri di Superman (lui stesso, The Donald) e nella Superwoman Melania, tornata in azione festeggiata dai media. La disunione resta insanabile nella politica sull'emigrazione: come da noi, la sinistra vorrebbe frontiere aperte e accoglienza a braccia aperte mentre Trump vorrebbe che America fosse the land of opportunities, ma per immigrati possibilmente norvegesi, scozzesi o danesi, anziché per latinos e disperati di ogni colore. Reclama controllo, legge e ordine col pugno di ferro e questo divide l'Unione in modo verticale creando di fatto due Americhe che non vogliono più fare pace. LA REPUBBLICA - Federico Rampini: "Trump 'il conciliatore' stavolta piace all’America" Federico Rampini scopre che il 70% degli americani è d'accordo con la linea di Donald Trump. Speriamo lo ricordi quando scriverà il prossimo articolo su Trump... Ecco il pezzo:
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