venerdi 03 maggio 2024
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


Clicca qui






Il Manifesto - L'Osservatore Romano Rassegna Stampa
24.01.2018 Michele Giorgio e Osservatore Romano contro Usa, Israele
Commentando il viaggio di Mike Pence a Gerusalemme

Testata:Il Manifesto - L'Osservatore Romano
Autore: Michele Giorgio
Titolo: «Pence lascia Gerusalemme e sposa tesi cristiano-sioniste - Pence alla Knesset»

Riprendiamo dal MANIFESTO di oggi, 24/01/2018, a pag. 8, con il titolo "Pence lascia Gerusalemme e sposa tesi cristiano-sioniste", il commento di Michele Giorgio; dall'OSSERVATORE ROMANO, a pag. 1, la breve "Pence alla Knesset".

Michele Giorgio attacca nuovamente l'Amministrazione Trump e Israele, sostenendo che gli Usa starebbero applicando in Medio Oriente tesi "cristiano-sioniste", frutto di estremismo religioso evangelico. Non una parola sul pragmatismo di Donald Trump e Mike Pence, mentre viene lasciato ampio spazio alle opinioni di estremisti arabi palestinesi. Lo stesso avviene nella velina pubblicata da OR, in cui viene data voce addirittura alla "Organizzazione per la liberazione della Palestina" senza alcun contraddittorio.

Ecco gli articoli:

Immagine correlata
Mike Pence alla Knesset

IL MANIFESTO - Michele Giorgio: "Pence lascia Gerusalemme e sposa tesi cristiano-sioniste"

Immagine correlata
Michele Giorgio

Lubna Bandak proprio non riesce ad accettare il discorso, carico di riferimenti religiosi, pronunciato dal vicepresidente americano Mike Pence lunedì alla Knesset. «Pence ha stravolto la storia e manipolato la fede cristiana - ci dice - Noi (palestinesi) cristiani apparteniamo a questa terra, la terra dove è nata la nostra fede, e siamo parte integrante del popolo palestinese». La parola di Cristo, spiega, «vuol dire giustizia e uguaglianza per tutti gli esseri umani e per tutti i popoli, non il dominio dell'uno sull'altro». Insegnante, parte di una famiglia ortodossa tra le più antiche di Betlemme, Bandak è una dei tanti cristiani palestinesi che hanno ascoltato con sgomento le parole di Pence quando, di fatto a nome del mondo cristiano, ha riconosciuto a Israele il diritto esclusivo al controllo di Gerusalemme e della Terra Santa. «Persone come Pence non riescono a capire che i cristiani palestinesi sono arabi, come arabi sono i musulmani palestinesi e insieme reclamiamo i nostri diritti», aggiunge perentoria. Anche il sindaco di Betlemme, Anton Salman, un cattolico, condanna l'Amministrazione Usa. «Le affermazioni di Pence non aiutano - ha protestato - il vicepresidente americano deve sapere che i cristiani palestinesi sono parte della gente di questa terra e deve sostenere il loro diritto all'indipendenza, alla libertà e Gerusalemme est come capitale del loro Stato». Il fervore religioso con il quale Pence - che ieri ha concluso la sua visita a Gerusalemme - ha motivato l'alleanza, ad ogni livello, tra gli Usa e Israele, ha approfondito il solco esistente tra la comunità palestinese cristiana e la sempre più corposa galassia cristiana sionista, un tempo confinata negli Usa e ora diffusa in tutto il pianeta, anche in Italia. I cristiani in Terra Santa affermano che la parola di Cristo significa libertà e diritti per tutti, anche per i palestinesi e non sostegno alle politiche di occupazione attuate da Israele. Aggiungono, facendo riferimento a quanto dichiarato in queste settimane dai leader di varie chiese cristiane, che Gerusalemme non può essere la capitale solo di Israele, in ragione della sua storia e della sua importanza per le tre fedi monoteistiche. Al contrario per i cristiani sionisti, in gran parte ma non più soltanto evangelici, Pence ha dimostrato coraggio dichiarando in modo esplicito ciò in cui loro credono: lo Stato di Israele è la prova che Dio mantiene le sue promesse e il controllo di tutta la biblica Eretz Israel (la Palestina storica) ora nelle mani del popolo ebraico è un passo decisivo verso la seconda venuta di Cristo. L'anno scorso parlando all'assemblea dell'organizzazione guidata dal pastore texano John Hagee - noto per la sua viscerale avversione all'Islam, che descrive come l'Anticristo, quindi da distruggere - Pence sostenne che «sebbene Israele sia stato costruito da mani umane, è impossibile non sentire che nella sua storia c'è la mano del cielo». David Parsons, portavoce della cosiddetta Ambasciata cristiana internazionale di Gerusalemme, "sede diplomatica" sin dagli anni Ottanta dei cristiani sionisti, dice che Pence, un tempo cattolico e ora evangelico, deve essere considerato «uno di noi». Che il cristianesimo sionista sia in costante crescita lo conferma, tra le altre cose, la partecipazione sempre più numerosa alla marcia annuale nelle strade di Gerusalemme per la festività ebraica del Succot alla quale prendono parte molte migliaia di persone di ogni continente. Un appuntamento che vuole afferma il controllo esclusivo di Israele sulla Terra Santa. Sono un indicatore importante anche i 65 milioni di copie vendute, non solo negli Usa, dei libri del reverendo Tim LaHaye (morto due anni fa) coautore con Jerry Jenkins della serie di bestseller apocalittici Left Behind: 16 romanzi basati sui libri di Isaia, Ezechiele e dell'Apocalisse, molto apprezzati dai cristiani sionisti. Da parte loro. i leader politici israeliani raccolgono a piene mani questo sostegno, sor volando su un punto, non insignificante, delle teorie dei cristiani sionisti: tra gli ebrei in Eretz Israel si salveranno solo quelli che abbracceranno Gesù Cristo.

L'OSSERVATORE ROMANO: "Pence alla Knesset"


Immagine correlata
Donald Trump

Il vicepresidente degli Stati Uniti, Mike Pence, è intervenuto ieri alla Knesset, il parlamento israeliano, per confermare le linee guida dell’azione politica della Casa Bianca in Vicino oriente. Pence ha ribadito la decisione del presidente Donald Trump di riconoscere Gerusalemme quale capitale dello stato di Israele, dove verrà trasferita l'ambasciata entro il 2019. In un altro passaggio, Pence ha criticato l'accordo sul dossier nucleare iraniano definendolo «disastroso». Il vice presidente è stato più volte interrotto dalle proteste in aula dei deputati arabo-israeliani. Dure critiche sono giunte dall'Organizzazione per la liberazione della Palestina secondo cui il discorso di Pence «servirà come regalo agli estremisti nella regione». Proteste e scontri sono stati segnalati a Nablus e in diverse altre città della Cisgiordania. Mentre Pence pronunciava il suo discorso, il presidente palestinese, Mahmoud Abbas, è volato a Bruxelles per chiedere ai ministri degli esteri Ue di riconoscere lo stato palestinese. Il passo «incoraggerebbe i palestinesi, aiutandoli ad avere speranza nella pace» ha detto Abbas, che ha incontrato l'alto rappresentante Ue per la politica estera, Federica Mogherini. Quest'ultima ha ribadito «il fermo impegno dell'Unione europea nella soluzione dei due stati, con Gerusalemme come capitale condivisa».

Per inviare la propria opinione ai quotidiani, telefonare:
Il Manifesto 06/689191
L'Osservatore Romano 06/69883461

Oppure cliccare sulle e-mail sottostanti


redazione@ilmanifesto.it
ornet@ossrom.va

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT