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La Stampa - Il Giornale Rassegna Stampa
04.01.2018 Iran: le donne schiave e i veli di Boldrini, Mogherini, Bonino & co.
Commenti di Linda Laura Sabbadini, Riccardo Pelliccetti

Testata:La Stampa - Il Giornale
Autore: Linda Laura Sabbadini - Riccardo Pelliccetti
Titolo: «Iran, difendiamo la libertà delle donne - La ragazza di Teheran umilia i veli di Boldrini e compagne»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 04/01/2018, a pag. 23, con il titolo "Iran, difendiamo la libertà delle donne", il commento di Linda Laura Sabbadini; dal GIORNALE, a pag. 11, con il titolo "La ragazza di Teheran umilia i veli di Boldrini e compagne", il commento di Riccardo Pelliccetti.

Ecco gli articoli:

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LA STAMPA - Linda Laura Sabbadini: "Iran, difendiamo la libertà delle donne"

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Linda Laura Sabbadini

La rivolta in Iran nasce da grave disagio economico che colpisce la classe operaia, ma anche tantissimi giovani che non trovano lavoro, e non possono permettersi un appartamento per i prezzi troppo alti. Ma c’è qualcosa in più che sta cambiando nel profondo tra i giovani e le donne, un cambiamento culturale nella vita di tutti i giorni, che viene da lontano.

A causa degli alti livelli di fecondità negli Anni 80 (6,6 figli per donna), l’Iran è ora un Paese giovane. Metà della popolazione è sotto i 30 anni. Se i giovani diventano agenti di cambiamento e in particolare le giovani, l’Iran non potrà che cambiare, perché sono tanti e tante. Questi giovani, queste giovani sono molto più istruiti che 10 o 20 o 30 anni fa e molto più aperti culturalmente. E le donne sono state protagoniste di grandi cambiamenti. Il loro tasso di analfabetismo era al momento della vittoria di Khomeini al 65% e ora a poco più del 10%. Il 59% degli studenti universitari sono donne. Sono maggioranza anche tra i laureati. E si iscrivono anche a facoltà tradizionalmente maschili. Il tasso di iscrizione femminile alle scuole superiori è arrivato all’89,4% e all’università al 67,6% della classe di età interessata. Ma solo l’11,8% delle donne lavora, il tasso di disoccupazione femminile è il doppio di quello maschile, e quello delle giovani arriva al 44%. Investono in istruzione ma sono bloccate nell’accesso al lavoro. In Parlamento solo il 3,1% dei parlamentari è donna. Senza considerare le leggi che limitano la libertà femminile nel vestirsi e anche nel rapporto di coppia. Gli uomini possono determinare il luogo di residenza, controllare i viaggi della moglie e porre il veto, condizionarne formazione e lavoro. Ma quanto può durare tutto ciò per donne sempre più istruite? Che cosa dovrebbero fare le donne diplomate o laureate, che magari accedono a internet, dopo aver studiato, rinchiudersi a casa ed ubbidire al marito, secondo le leggi in vigore discriminatorie?

La pratica di vita delle giovani e dei giovani sta de facto giorno dopo giorno costruendo una sorta di vita parallela a quella «ufficiale» del Paese, lontano dai diktat di regime. Ci si sposa di meno, ci si sposa più tardi (28,4 età media al matrimonio), si fanno meno figli che in passato, si usano anticoncezionali anche moderni, si permane più a lungo nella famiglia di origine. Ormai il numero di figli per donna è 1,7, al di sotto del livello di sostituzione, il più basso livello dell’area mediorientale e dell’Asia del Sud. Calano i matrimoni e crescono i white marriage, i matrimoni bianchi, le convivenze che sostituiscono il matrimonio. Nel 2016 Seyed Reza Salehi Amir consigliere del presidente Rohani affermava che «il declino dei matrimoni è una seria minaccia e sfortunatamente molti giovani si rivolgono ai ‘matrimoni bianchi’ che rappresentano una nuova malattia per la famiglia». È un modo per le donne di convivere senza perdere i propri diritti.

In una indagine condotta nelle scuole superiori dal ministero dell’Istruzione iraniano l’80% delle ragazze intervistate ha dichiarato di aver avuto rapporti con i ragazzi. In un altro studio del ministero degli Affari giovanili iraniano condotto sulla popolazione di Teheran da 18 a 40 anni la maggioranza dei maschi evidenziava crisi economica e basso reddito come maggiori cause di rinvio del matrimonio, mentre la maggioranza delle donne la volontà di proseguire e concludere gli studi. In un altro studio condotto dall’Università di Teheran il 90% dei giovani sosteneva che un uomo deve sposarsi quando ha consolidato il suo reddito, ma il 50% che una donna dovrebbe farlo dopo aver finito l’università e acquisito una indipendenza economica. In un Paese in cui il voto alle donne è arrivato solo nel 1963 e che è quartultimo nella classifica del World Economic Forum su Global Gender Gap su 144 Paesi, questo dato è di un valore straordinario, la crescita del livello di istruzione delle donne, la pressione sul mercato del lavoro senza sbocco, e l’adozione di strategie di rinvio del matrimonio e di riduzione della fecondità si scontrano oggettivamente con una ideologia e un potere che vuole imbrigliare autonomia e libertà femminile emergente. Ha a che fare tutto ciò con le rivolte? Non possiamo dirlo. Certo è che le donne stanno rivoluzionando silenziosamente l’Iran.

Tentare di fermare il progresso è, come dice la canzone, voler arginare il mare. Prima o poi ce la faranno. Intanto, difendiamo la loro libertà. E battiamoci perché la ragazza che si è tolta il velo ed è stata arrestata il 28 dicembre in Iran sia immediatamente liberata e così tutte le altre nella stessa situazione.

IL GIORNALE - Riccardo Pelliccetti: "La ragazza di Teheran umilia i veli di Boldrini e compagne"

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Riccardo Pelliccetti

 

 

L'immagine della ragazza iraniana con i capelli sciolti e senza il velo è ormai diventata un'icona della protesta contro il governo di Teheran. Anche se in verità quel suo gesto di sfida ha anticipato le grandi manifestazioni di questi giorni e faceva parte della protesta del cosiddetto «mercoledì bianco», in cui molte donne erano scese in piazza a Teheran con il capo scoperto contro le rigide regole sull'abbigliamento in Iran. Quindi, più che una contestazione alla politica del regime era una vera e propria battaglia contro l'obbligo d'indossare il velo. Sebbene la popolazione femminile iraniana sia divisa sulla tradizione di coprire il capo, nel Paese sta crescendo comunque un forte dissenso verso queste costrizioni. Il gesto della ragazza in Avenue Enghelab, nella capitale iraniana, è stato un grido di libertà, un atto coraggioso per affermare il rifiuto della sottomissione. Coraggio che difetta a molte alte esponenti politiche occidentali. A prescindere dal protocollo iraniano, che impone regole anche le donne straniere, vedere l'Alto rappresentante della politica estera europea, Federica Mogherini, indossare il velo durante la sua visita nell'estate 2015 a Teheran cozza fortemente con le immagini delle donne iraniane che invece quel velo se lo tolgono. Probabilmente, se la Mogherini avesse rifiutato di coprirsi il capo non avrebbe potuto portare a termine la sua visita diplomatica. Ma sarebbe scoppiato un caso. E invece sembra proprio che nessuno abbia il desiderio di alzare l'attenzione sulla condizione delle donne in certi Paesi, sottomettendosi a regole che non solo sono liberticide ma demotivano anche la popolazione femminile locale. Qualcuno penserà sia paura, ma non lo è. Si tratta solo di rassegnazione, di dare per persa una battaglia prima ancora di iniziarla. D'altronde, la stessa Emma Bonino, primattrice nella lotta per la parità dei diritti, nel 2013 si era sottomessa. Quando arrivò all'aeroporto di Teheran, l'allora ministro degli Esteri fu bloccata e costretta a indossare il velo per non far saltare la visita ufficiale. Stesso discorso per Deborah Serracchiani, la governatrice Pd del Friuli Venezia Giulia, che nella sua visita istituzionale in Iran aveva sempre girato con il capo coperto. Per finire con Laura Boldrini, addirittura orgogliosa d'indossare il velo durante la sua visita alla Grande Moschea di Roma. Ma le immagini delle nostre esponenti politiche velate non solo sono in contrasto con quelle delle donne iraniane alla ricerca della libertà, ma anche con quelle di altre donne, leader di governo, che hanno invece rifiutato di indossare il velo. Parliamo ad esempio di Theresa May, premier britannico, che lo scorso aprile si è rifiutata di coprirsi il capo durante la visita ufficiale in Arabia Saudita e in Giordania. I media inglesi, in quell'occasione, hanno scritto che la sua azione era dettata dalla scelta di voler difendere simbolicamente l'emancipazione femminile nei paesi musulmani. Decisione che l'accomuna alla cancelliera Angela Merkel, la quale ha incontrato il re saudita lo scorso maggio rifiutandosi di indossare il velo. Ma le politiche britanniche e tedesche forse sono di un'altra pasta. Gli esponenti italiani non solo si sottomettono quando vanno all'estero, ma anche quando ricevono i leader stranieri. Nessuno può dimenticare la visita del presidente iraniano Rouhani ai Musei Capitolini di Roma, quando tutte le opere d'arte con qualche nudità furono coperte o nascoste. E a chiederlo era stato lo stesso leader di Teheran. Alla faccia del protocollo e della dignità.

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