|
| ||
|
||
Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 08/12/2017, a pag. 1-11, con il titolo "Nei Territori scoppia la rivolta: 'L’unico che ci difende è Erdogan' ", l'analisi di Giordano Stabile; dal TEMPO, a pag. 10, con il titolo "Propaganda e bufale sullo spostamento dell'ambasciata Trump e Gerusalemme. Ecco tutte le fake news", il commento di Pietro De Leo.
LA STAMPA - Giordano Stabile: "Nei Territori scoppia la rivolta: 'L’unico che ci difende è Erdogan' "
Gli shabaab, i ragazzi, tornano indietro con i volti sbiancati dai lacrimogeni, respirano a fatica, prendono fiato nelle strade laterali, più strette, che salgono su verso la città vecchia. L’ampio viale che da Betlemme porta al campo profughi di Ayda è una trincea mobile. IL TEMPO - Pietro De Leo: "Propaganda e bufale sullo spostamento dell'ambasciata Trump e Gerusalemme. Ecco tutte le fake news" Proviamo a mettere un po' di ordine alla bagarre, mediatica politica e internettiana, che si è scatenata attorno alla decisione di Donald Trump di riconoscere Gerusalemme capitale d'Israele e di annunciare lo spostamento dell'Ambasciata da Tel Aviv. Da più parti, la mossa del Presidente è stata fotografata come un sopruso, come una mina sul processo di Pace. Andiamo con ordine. Innanzitutto, contrariamente a certe vulgate tirate per i capelli delle ultime ore, non è che sia stato Trump ad aver stabilito la capitale israeliana in Gerusalemme. Ma l'ha fatto un provvedimento della Knesset, il parlamento israeliano, nel 1980, che l'aveva proclamata «Capitale eterna». Il provvedimento veniva a tredici anni dal '67, quando Israele restituì a Egitto e Giordania i territori dove erano stati installati gli insediamenti, prendendo le alture del Golan (prima sotto Damasco) e Gerusalemme Est, che invece era nel dominio giordano. Quindi, Trump non ha fissato nulla. Peraltro, su Gerusalemme novità importanti c'erano già state ad aprile, quando una nota del ministero degli esteri russo aveva annunciato: «Consideriamo Gerusalemme Ovest come capitale dello Stato di Israele» identificando «lo status di Gerusalemme Est come capitale del futuro stato palestinese». Questo nell'ottica di due popoli e due stati. Che non è stata per nulla negata da Donald Trump, anzi. E basta andarsi a leggere le parole dell'altro giorno per capirlo. «Farò tutto ciò che è in mio potere per un accordo di pace israelo palestinese che sia accettabile per entrambe le parti - ha detto il Presidente E gli Stati Uniti continuano a sostenere la soluzione dei due Stati». Questo smonta l'altra vulgata in voga in questi ultimi giorni nel mondo liberal e progressista, e cioè che la mossa di Trump avrebbe mandato a monte il processo di pace. In realtà il dialogo israelo palestinese è piantato da molto tempo, non c'erano più colloqui, né incontri programmati. La verità è che potrebbe essere proprio la mossa di Trump a smuovere l'incaglio. E poi un'altra considerazione. Lo sdegno di gran parte del mondo dell'annuncio sullo spostamento dell'ambasciata sembra aver ignorato (volutamente) il fatto che lo stabiliva già una legge approvata al congresso 1995, presentata dal democratico Bob Dole. Il provvedimento si chiamava Jerusalem EmbassyAct, ma la sua applicazione fu sempre rimandata da ben tre presidenti: Clinton, Bush jr e Obama. E pure Trump se la piglia comoda, visto che contestualmente all'annuncio ha firmato una proroga di sei mesi per ragioni logistiche e organizzative. Peraltro, Trump aveva anche messo l'iniziativa nel suo programma elettorale. Dunque le dietrologie liberal (New York Times in prima fila) che vedono la lobby ebraica in pressing sul Presidente negli ultimi tempi vanno ridimensionate. Altra strumentalizzazione sta nella convinzione che la mossa di Trump porterà ad un acuirsi del terrorismo. Realtà come Hamas, che ha nello statuto la distruzione di Israele e la morte degli Ebrei, non hanno bisogno di pretesti, semmai di ricorrenze sì, visto che siamo a 30 anni esatti dalla prima intifada. Peraltro, ogni qualvolta ci sono stati progressi sul processo di Pace, il terrorismo si è scatenato. Dagli accordi di Oslo del '93, per i successivi tre anni, ci furono più morti tra gli israeliani che nel ventennio precedente. Per inviare la propria opinione ai quotidiani, telefonare: direttore@lastampa.it segreteria@iltempo.it |
Condividi sui social network: |
|
Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui |