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Libero - Il Sole 24 Ore Rassegna Stampa
27.11.2017 Iran: la minaccia arriva ai Paesi europei
Commento di Mirko Molteni, Enrico Netti difende gli accordi delle aziende italiane

Testata:Libero - Il Sole 24 Ore
Autore: Mirko Molteni - Enrico Netti
Titolo: «L'Iran minaccia i Paesi europei: 'Costruiremo razzi per colpirli' - Italia-Iran, il nodo banche ostacola le esportazioni»
Riprendiamo da LIBERO di oggi, 27/11/2017 a pag. 10, con il titolo "L'Iran minaccia i Paesi europei: 'Costruiremo razzi per colpirli' ", il commento di Mirko Molteni; dal SOLE 24 ORE, a pag. 25, con il titolo "Italia-Iran, il nodo banche ostacola le esportazioni", il commento di Enrico Netti, preceduto dal nostro commento.

Ecco gli articoli:

LIBERO - Mirko Molteni: "L'Iran minaccia i Paesi europei: 'Costruiremo razzi per colpirli' "

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Mirko Molteni

L'ultima provocazione dei pasdaran, le guardie rivoluzionarie che costituiscono la truppa d'elite del regime iraniano, è diretta verso l'Europa, Italia compresa. Presto potremmo ricadere nel mirino dei missili persiani. E ciò si iscrive nel recente aumento di tensione nel Golfo Persico fra Iran e Arabia Saudita. Gli iraniani lanciano strali agli europei avendo in mente soprattutto la Francia del presidente Francois Macron, alleato dei sauditi che ha visitato poche settimane fa Riad ospitando poi a Parigi l'ex-primo ministro libanese filosaudita Saad Hariri, dimessosi a inizio novembre per paura di attentati come quello che nel 2005 uccise suo padre Rafik. Paiono così più chiare le minacce pronunciate ieri dal vicecomandante dei pasdaran, il generale Hossein Salami: «Abbiamo mantenuto la gittata massima dei nostri missili balistici entro 2000 chilometri per una scelta strategica, non significa che non saremmo capaci di estenderne il raggio d'azione. Finora non abbiamo mai percepito l'Europa come un pericolo per l'Iran, ma se l'Europa intendesse trasformarsi in una minaccia per noi, aumenteremmo la portata dei nostri vettori».

RAGGIO D'AZIONE Salami ha inoltre spiegato che il raggio d'azione dei missili iraniani è «proporzionale al livello dei pericoli da noi percepiti» e che «il programma missilistico dell'Iran non è negoziabile». Infatti l'accordo internazionale siglato nel 2015 dal precedente presidente americano Barack Obama, e criticato dall'attuale Donald Trump, limita l'arricchimento dell'uranio da parte iraniana per 15 anni, inibendo la possibilità di dotarsi di testate nucleari, ma non parla di missili balistici, ossia le anni che, in attesa di un'atomica iraniana scaglierebbero lontano testate chimiche o batteriologiche. Il generale Salami ha inoltre lanciato accuse ai «servizi segreti di USA, Israele ed Emirati Arabi Uniti di aver creato l'Isis per rovesciare il governo siriano», accuse con cui Teheran giustifica la presenza di truppe speciali pasdaran, nonché dei loro alleati sciiti libanesi Hezbollah in Siria, ad affiancare i governativi di Assad e i russi nella devastante guerra contro l'Isis e gli altri jihadisti locali.

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NERVI TESI Che tirare in ballo l'Europa sia un sintomo del vento che sta cambiando, in peggio, pare avvalorato dal fatto che meno di un mese fa il diretto superiore di Salami, il capo dei pasdaran generale Mohammed Ali Jafari aveva detto il contrario, che cioè l'Iran non aveva intenzione di realizzare razzi a maggiore gittata. Era il 31 ottobre quando Jafari aveva sentenziato: «Le sanzioni al nostro paese non faranno che spingerci ad aumentare il numero e la precisione dei nostri missili balistici, ma non abbiamo bisogno di incrementarne la gittata di 2000 chilometri, poiché essa è già sufficiente a colpire tutte le forze americane di base in Medio Oriente». Ma dopo alcune settimane, ecco ambizioni a colpire assai più lontano. In Iran la forza missilistica strategica è sotto la diretta competenza dei pasdaran, che oltre a formare la "crema" delle forze armate del paese, sono anche quelli che più garantiscono la tenuta ideologica della teocrazia islamica degli ayatollah.

TECNICHE La fabbricazione locale di missili è partita dalla riprogettazione di vettori nordcoreani Nodong comprati dal regime di Pyongyang e ha dato vita a una pletora di tipi poco conosciuti in Occidente complice la pletora di nomi con cui gli iraniani hanno alimentato ad arte la confusione. Il principale missile iraniano resta lo Shahab 3, che da una gittata originaria di 1200 chilometri è stato portato a 1900 chilometri, ma un altro missile, il Ghadr 110, avrebbe già un raggio superiore ai 2000 chilometri, forse 2500. In questo modo potrebbe raggiungere la Grecia e forse la Puglia. Secondo alcuni è un nuovo modello, per altri uno Shahab migliorato a cui è stato dato tutt'altro nome per confondere le carte. Poco si sa anche del Fajir-3, anch'esso sui 2000 chilometri, che avrebbe capacità MIRV, ossia di imbarcare nell' ogiva più testate, almeno tre, a bersagli indipendenti, consentendo a un singolo missile di colpire tre luoghi distanti fra loro. Le intelligence americana e israeliana sono al lavoro per cercare di capirci di più.

IL SOLE 24 ORE - Enrico Netti: "Italia-Iran, il nodo banche ostacola le esportazioni"

Il Sole 24 Ore continua a sostenere la massima apertura di contatti tra aziende italiane e Iran, ignorando completamente i crimini compiuti ogni giorno sotto il regime sciita di Teheran. L'articolo di oggi è un lamento per la difficoltà delle aziende italiane a stringere accordi con la dittatura clericale degli ayatollah.

Ecco l'articolo:

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Impiccagioni pubbliche in Iran

Su un piatto della bilancia memorandum d'intesa per oltre trenta miliardi siglati da aziende italiane con le omologhe iraniane nel corso del 2016. Sull'altro la politica internazionale e le frizioni nella regione del Golfo. Oltre all'attesa per le decisioni che il Congresso Usa dovrà prendere, su richiesta, del presidente Trump che ha inserito ancora una volta l'Iran tra i paesi considerati sponsor del terrorismo internazionale. C'è poi la contrapposizione tra l'Iran, l'Arabia Saudita e la Lega Araba, che lo accusano di politiche destabilizzatrici nella regione. A fare da sfondo al secondo «Summit Iran-Italia», organizzato da The European House - Ambrosetti che si svolge oggi a Roma ci sono tutte le tensioni mediorientali. I lavori sono riservati a ministri e vertici istituzionali dei due paesi, a presidenti e Ceo di primarie società che vedono in Teheran, provata da decenni di embargo, un ricco mercato di sbocco per iI made in Italy. L'Iran di oggi è penalizzato dal blocco delle transazioni finanziarie, mentre l'apparato industriale deve essere riqualificato e ammodernato. Qui le carte migliori sono in mano alle imprese italiane a medio-alta tecnologia C'è domanda per impianti e linee per il packaging, la ceramica, l'estrazione di minerali, la componentistica auto, le dc, la digital economy, la cosmetica La voce grandi infrastrutture spazia da quelle ferroviarie all'energia, dove l'Italia ha una presenza consolidata.

«Chiediamo al governo e al sistema finanziario di aiutare il Made in Italy a mantenere la leadership ripresa dopo l'accordo sul nucleare del 2015 e culminata con la firma di accordi per oltre 30 miliardi – dice Paolo Borzatta, senior partner The European House Ambrosetti -. II Sistema Italia si deve muovere coraggiosamente per evitare che Germania, Francia e addirittura gli Usaci superino». Da registrare che negli anni dell'embargo prodotti e forniture occidentali in Iran sono stati rimpiazzati con merci made in China e nel 2016 l'interscambio con Pechino è stato pari a 30 miliardi, controllo dell'intera Ue a 28. «L'Iran rappresenta un mercato di grande interesse per il sistema industriale italiano- aggiunge Licia Mattioli, vicepresidente per l'internazionalizzazione di Confindustria-. Stiamo sollecitando II governo ad agire per identificare una soluzione che renda finanziabili i tanti progetti sottoscritti dalle aziende italiane nel corso degli ultimi due anni». Dirimere il nodo bancario è la priorità secondo Ali Reza Arabnia, imprenditore di origine iraniana presidente e ad della Geico-Taikisha di Cinisello Balsamo. «Le opportunità per l'Italia sono moltissime e in tutti i settori - premette -. Ora serve un'apertura ufficiale e concreta perché anche dopo la caduta dell'embargo il sistema bancario continua ad evitare le operazioni di un certo rilievo con Teheran anche se non presenta una spiegazione ufficiale». Riuscire a presidiare in forze questo mercato equivale alla pole position verso i piani di sviluppo che in un'ottica di medio-lungo periodo puntano a far diventare l'Iran una nazione manifatturiera ed esportatrice. II piano quinquennale 2016-2021 prevede l'aumento di un terzo della produzione di energia elettrica per sviluppare l'industria mineraria. Gli investitori esteri trovano acqua gratis, un basso costo del lavoro, energia a buon mercato, giovani con un livello medio-alto di istruzione. Non a caso nel dopo sanzioni gli investimenti esteri hanno raggiunto i 14 miliardi di cui 3,2 dalla Spagna, 3 dalla Germania, quasi uno dalla Cina, 400 milioni da Francia e 260 dal Regno Unito. «La nostra economia è pronta ad espandere e rinsaldare gli scambi con la comunità internazionale - aggiunge Ferial Mostofi, responsabile del Centro di investimento e servizi di consulenza della Camera di commercio di Teheran e presidente del Gruppo Kdd. L'Italia come storico partner può collaborare al miglioramento di impianti industriali e infrastrutture». «Nel settore siderurgico l'Iran ha la capacità di produrre acciaio in modo competitivo e sono in costruzione diversi impianti che porteranno alla produzione di 55 milioni di tonnellate all'anno di acciaio nel 2025 - spiega Ernesto Bottone, senior vice president global sales, Metals division di Tenova -. L'area del Golfo è un mercato enorme per semilavorati come preridotti e pellet di ferro e come Tenova disponiamo di tecnologie eccellenti per produrli». Le potenzialità per esportare a Teheran queste tecnologie ci sono ma «riscontriamo un atteggiamento piuttosto diffidente del sistema finanziario italiano nei confronti del Paese - lamenta Bottone -. Le procedure per chi esporta sono impegnative e impongono onerose attività di verifica delle controparti».

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