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La Repubblica - Corriere della Sera Rassegna Stampa
07.11.2017 Arabia Saudita: ecco la strategia di Mohammed bin Salman
Commento di Francesca Caferri, Lorenzo Cremonesi intervista Gilles Kepel

Testata:La Repubblica - Corriere della Sera
Autore: Francesca Caferri - Lorenzo Cremonesi
Titolo: «'Quel missile è un atto di guerra': scontro totale fra Riad e Teheran - In manette Bakr Bin Laden il fratello di Osama - 'Bin Salman come Re Sole accentra il potere, sfida l'Iran'»

Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 07/11/2017, a pag. 17, con il titolo " 'Quel missile è un atto di guerra': scontro totale fra Riad e Teheran", il commento di Francesca Caferri; la breve "In  manette Bakr Bin Laden il fratello di Osama"; dal CORRIERE della SERA, a pag. 21, con il titolo 'Bin Salman come Re Sole accentra il potere, sfida l'Iran', l'intervista di Lorenzo Cremonesi a Gilles Kepel.

Ecco gli articoli:

LA REPUBBLICA - Francesca Caferri: " 'Quel missile è un atto di guerra': scontro totale fra Riad e Teheran"

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Francesca Caferri

Con il Califfato di Abu Bakr al Baghdadi scomparso dalle mappe geografiche, il Medio Oriente torna alle origini e alle tensioni che da secoli spaccano questa regione. Protagonisti di una Guerra fredda che ogni giorno che passa si scalda sempre di più sono l’Arabia Saudita e l’Iran, Stati figli di quella divisione fra sunniti e sciiti che spaccò l’Islam subito dopo la morte del profeta Maometto. Stati che oggi, facendosi scudo delle differenti interpretazioni della fede musulmana, combattono per stabilire la leadership politica e religiosa nell’area. Le tensioni fra Riad e Teheran, finite sotto traccia per qualche tempo nel nome della comune lotta allo Stato islamico, sono tornate ad emergere con prepotenza negli ultimi mesi, lungo un asse che attraversa il Libano, la Siria, il Qatar e lo Yemen. Ma mai come in questi giorni sono state acute: sabato sera un missile ha raggiunto l’aeroporto internazionale King Khalid di Riad.

 

Per il governo saudita era stato lanciato dalle milizie Houthi nello Yemen: ieri Riad ha definito l’accaduto un’aggressione militare diretta da parte dell’Iran, che può essere considerata un atto di guerra. E non sono pochi a temere che dalla retorica si passi ai fatti: «I sauditi non si fermeranno – dice una fonte americana che conosce bene Riad – l’ondata di arresti ordinata dal principe ereditario sabato scorso non è che l’inizio: Mohammed Bin Salman (MBS) punta a presentarsi come il pacificatore dell’intera regione. E non esiterà ad usare le maniere forti con il Qatar se questo servirà a piegare l’Iran». Parole che rispecchiano alla lettera quello che una fonte vicina all’erede al trono aveva detto qualche settimana fa a Riad: «Non saremo noi a provocare una guerra. Ma se l’Iran fa qualche mossa saremo pronti a intervenire nel giro di pochi minuti. Abbiamo miliardi di dollari investiti in armi a questo scopo». Un braccio di ferro che rischia di far deragliare l’intera regione e in cui Riad può contare su alleati pesanti: primo fra tutti gli Stati Uniti di Donald Trump, che hanno garantito agli Al Saud appoggio totale contro l’Iran. E poi l’Egitto e, nei fatti, Israele: Paese con cui da mesi MBS lavora a un riavvicinamento basato proprio sulla comune ostilità verso Teheran.

LIBANO Il primo ministro Saad Hariri, fedele alleato dei sauditi, si è dimesso sabato accusando l’Iran e i suoi alleati libanesi di Hezbollah di fomentare le tensioni in Libano e minacciare la sua stessa vita. Come quella di suo padre Rafiq, ex premier ucciso da un’autobomba di cui Hezbollah è ritenuto fra i responsabili. Hariri ha fatto l’annuncio da Riad: il fragile Libano, sommerso da una marea di profughi siriani, da anni teatro di scontro fra gli sciiti di Hezbollah e i sunniti di Hariri rischia ora di essere luogo di confronto diretto fra Teheran e Riad. A conferma di questo, le parole di un ministro saudita: «con gli atti commessi da Hezbollah, il Libano ci ha dichiarato guerra».

QATAR È la più urgente delle crisi, quella che rischia di far precipitare tutte le altre. A giugno l’Arabia Saudita appoggiata dagli Emirati arabi uniti e dall’Egitto ha dichiarato un embargo unilaterale contro il piccolo vicino, accusato di finanziare i Fratelli musulmani, considerati terroristi da Riad. Per controbilanciare Doha si è appoggiata a Teheran. Le offerte di dialogo lanciate da Doha e dal segretario di Stato Usa Rex Tillerson sono fallite: molti temono un’escalation militare da parte di Riad che potrebbe scatenare la reazione iraniana.

YEMEN L’Arabia Saudita ha lanciato un intervento militare nel 2015 per fermare gli Houthi, milizia accusata di essere sostenuta dall’Iran che aveva spodestato il governo yemenita al culmine di mesi di scontri. L’intervento ha fatto migliaia di morti e portato la più povera nazione della regione sull’orlo del collasso. Ieri Riad ha annunciato la chiusura dello spazio aereo e dei porti, impedendo l’arrivo degli aiuti umanitari.

SIRIA L’Iran è da sempre il maggiore sponsor del presidente Bashar al Assad: con le forze aeree russe e alle milizie di Hezbollah, sono i Guardiani della rivoluzione ad aver ribaltato l’esito di una guerra che sembrava persa per Damasco. Riad ha appoggiato l’opposizione e incoraggiato la sua deriva estremista, appoggiando con soldi e armi i gruppi portatori di ideologie estremiste.

LA REPUBBLICA: "In  manette Bakr Bin Laden il fratello di Osama"

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Bakr Bin Laden, fratello di Osama

A più di quindici anni di distanza da quell’11 settembre che cambiò le sorti del mondo, il nome dei Bin Laden torna a risuonare nelle cronache saudite. A conquistare le prime pagine questa volta non è Osama, il fondatore di Al Qaeda che a più riprese aveva indicato nel regno e nella sua casa regnante nemici supremi. Ma Bakr bin Laden, 69 anni, fratello maggiore del leader terrorista. Il suo nome figura nelle liste degli arrestati nella purga anti-corruzione scattata sabato sera a Riad per ordine dell’erede al trono Mohammed Bin Salman e diffuse via Twitter (in mancanza di una lista ufficiale). Bakr bin Laden è il maggior azionista della società di costruzioni Saudi Binladin Group (Sbg), basata a Gedda, il più grande gruppo di costruzioni del regno, legato a filo doppio agli Al Saud. Bakr come il resto della famiglia aveva da tempo rinnegato Osama e si era sempre tenuto lontano dalla politica, lavorando a portare avanti l’impero edile che ha fatto la fortuna dei Bin Laden da tre generazioni a questa parte. La Sbg è impegnata in progetti quali l’ampliamento della Grande Moschea della Mecca e la costruzione dell’aeroporto King Abdul Aziz di Gedda, così come gli aeroporti del Cairo, Aden, Doha e Damasco. Il gruppo è legato anche alla Kingom Holding del principe Waleed Bin Talal, l’uomo più ricco del regno, anche egli arrestato sabato. Per Bin Talal stava costruendo a Gedda la torre più alata del mondo: progetto con tutta probabilità destinato ora a fermarsi.

CORRIERE della SERA - Lorenzo Cremonesi: "Bin Salman come Re Sole accentra il potere, sfida l'Iran"

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Lorenzo Cremonesi

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Gilles Kepel

«Siamo giunti allo scontro frontale tra Arabia Saudita e Iran. Ma il sistema di governo a Riad è troppo diviso, non organizzato per sostenere il confronto con quello centralizzato di Teheran. Da qui la mossa del principe ereditario Mohammed bin Salman, che eliminando ogni possibile concorrente tra i principi, i ministri e gli ex ministri sauditi si prende il potere assoluto». Così il politologo francese Gilles Kepel, che da anni segue da vicino le vicende della penisola arabica, spiega la rivoluzione accaduta a Riad e le evoluzioni del serrato braccio di ferro tra Arabia Saudita e Iran, rispettivamente Paesi guida dell'universo sunnita e sciita.

Come spiega la mossa di bin Salman? «Mi ricorda quella intrapresa in modo repentino da Luigi XIV quasi quattro secoli fa. Il re francese aveva la necessità di rinsaldare il proprio controllo sullo Stato, così eliminò rapidamente e fece arrestare la fronda dei grandi signori di corte. Tra le sue vittime ci fu persino un potentissimo come il Sovraintendente delle Finanze, quel Nicolas Fouquet che era anche il più grande capitalista di Francia. Una figura che oggi mi ricorda il principe Alweed bin Talal, uno degli uomini più ricchi del mondo e bin Salman ha voluto far rinchiudere».

Le conseguenze? «La nuova centralizzazione del potere a Riad. Sino ad ora il sovrano aveva dovuto continuamente mediare per comandare. Ogni principe aveva per sé un piccolo pezzo di governo, tanto che le decisioni importanti erano ogni volta pagate a suon di regalie. Il sovrano non era altro che un primus inter pares. Adesso le cose cambiano, si combatte per l'egemonia regionale, dove a Teheran sono in grado di fare scelte rapide, agili. A Riad guardano a figure guida come quella del generale iraniano Qassem Soleimani, l'uomo che tra l'altro dirige le brigate sciite in Iraq. Per i sauditi è stato traumatico osservare come un paio di settimane fa Soleimani, dopo essersi recato a Sulimaniya per i funerali del leader curdo Jalal Talabani, abbia convocato in modo perentorio i dirigenti curdi iracheni per dire loro che entro la mattina dopo dovevano assolutamente ritirare le proprie truppe dalla zona petrolifera di Kirkuk. Ordine che è stato rispettato puntualmente. Morale: la potenza iraniana oggi va dall'Iraq al Libano passando dalla Siria. I sauditi devono per forza rinnovarsi, devono vogliono creare una sorta di unione sacra al loro interno».

L'amministrazione Trump sostiene bin Salman? «È molto difficile rispondere, per il fatto che l'amministrazione Trump è nel caos, non ha linee politiche precise e condivise tra i suoi massimi artefici. Ciò che afferma il Presidente può venire smentito poco dopo dal suo Segretario di Stato e viceversa».

I sauditi hanno spinto il premier sunnita libanese Saad Hariri alle dimissioni? «Va letto nel contesto della nuova reattività saudita. Riad non accetta più che Hariri, oggi debolissimo nei confronti dell'Hezbollah (il gruppo sciita libanese legato a Teheran, ndr), giochi la parte di comparsa passiva".

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