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Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


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Il Giornale - Libero Rassegna Stampa
25.10.2017 A 100 anni dalla tragedia della Rivoluzione d'Ottobre
Commenti di Luigi Mascheroni, Roberto Coaloa

Testata:Il Giornale - Libero
Autore: Luigi Mascheroni - Roberto Coaloa
Titolo: «Se il Pd rimpiange la rivoluzione d'ottobre - Quando la Rivoluzione russa ammazzò la cultura»

Riprendiamo dal GIORNALE di oggi, 25/10/2017, a pag.1-16, con il titolo "Se il Pd rimpiange la rivoluzione d'ottobre", il commento di Luigi Mascheroni; da LIBERO, a pag. 25, con il titolo "Quando la Rivoluzione russa ammazzò la cultura", il commento di Roberto Coaloa.

Ecco gli articoli:

IL GIORNALE - Luigi Mascheroni: "Se il Pd rimpiange la rivoluzione d'ottobre"

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Luigi Mascheroni

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Marx, Engels, Lenin, Stalin

Hai voglia a dire che la Sinistra di oggi è «un'altra cosa» rispetto al più nostalgico comunismo. Mentre il Politburo del Partito democratico si affanna in cambiamenti di direzione, rottamazioni, superamenti al centro - svolte blariane, svolte renziane, svolte macroniane - i vecchi compagni di lotta e di protesta non ce la fanno a non guardare indietro. A volte gli sembra di risentire l'Inno nazionale della gloriosa Unione sovietica cantato dal coro dell'Armata rossa. Le camicie bianche dei giovani leader e le divise rosse dei bolscevichi di ritorno. Ieri, tra gli scranni democratici del Senato della Repubblica, il compagno Mario Tronti - militante di ferro del Pci, fondatore dell'operaismo teorico, autore d'un influentissimo Operai e capitale, una sorta di Manifesto di Marx ai tempi del Sessantotto, e oggi nostalgico senatore del Pd - ha gloriosamente esaltato i cento anni dalla Rivoluzione d'ottobre. Neppure a Mosca, in questi giorni, festeggiano il centenario. Commemorazioni sì, celebrazioni no. Eppure Mario Tronti ha preso la parola e - pur in termini di alta cultura e sapienza - sconcertando più di un collega, visibilmente emozionato ha inneggiato alla Rivoluzione di ottobre come «rivendicazione della pace, del pane e della terra», «una rivoluzione accerchiata e combattuta», accennando minimamente ai crimini commessi dai soviet e rivendicando «il valore liberatorio di quell'atto rivoluzionario». Definendosi, con orgoglio, «figlio di quella Storia». Fiero dei cento milioni di morti del comunismo nato dalla rivoluzione. Il 1917 fu l'anno che mise fine a un impero secolare, generò una rivoluzione, inaugurò l'era del comunismo, cambiò - e non così in meglio come vogliono illudersi i compagni leninisti - il mondo intero. Le rivoluzioni, e quella rivoluzione in particolare, portano violenze, deviazioni, errori e crimini commessi nel nome di idee sbandierate sempre come superiori agli uomini. «I figli di quella rivoluzione sono gli sterminatori alla Pol Pot», ha fatto notare un esponente del centrodestra, forse semplificando, forse centrando la provocazione. Certo è che - di fronte alle date di nascita delle grandi ideologie del Novecento, foriere di speranze e generatrici di orrori - il ricordo è una cosa legittima. I festeggiamenti fuori luogo. Soprattutto nell'Aula più alta della democrazia. L'anniversario è lungo. Seguirà dibattito (dentro il Pd).

 

LIBERO - Roberto Coaloa: "Quando la Rivoluzione russa ammazzò la cultura"

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Roberto Coaloa

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La copertina (Garzanti ed.)

Nel centenario dello scoppio della Rivoluzione, il 25 ottobre 1917 (la data dell'insurrezione a Pietrogrado, la capitale russa, secondo il calendario giuliano in uso nell'Impero dello Zar,il 7 novembre per il nostro calendario), gli storici dibattono su quella che fu una vera tragedia per il popolo russo. Inutile è celebrare una rivoluzione eroica. Meglio, a cento anni dall'evento, riflettere sulle ripercussioni che la Rivoluzione russa ha avuto nella storia moderna. A seguito di questo evento drammatico, la dottrina comunista, sull'esempio delle grandi religioni del passato, si è diffusa e ha influenzato lo svolgersi della vita politica in numerosi Stati, sia perché è stata rivendicata dai detentori del potere, sia perché è stata indicata come il principale nemico da combattere. Queste riflessioni sono presentate per la prima volta al lettore italiano dal libro testamento di un maestro di libertà: Tzvetan Todorov (1939-2017), L'arte nella tempesta. L'avventura di poeti, scrittori e pittori nella rivoluzione russa (Traduzione di Emanuele Lana, Garzanti, pp. 256, euro 22). Todorov narra uno degli aspetti del regime totalitario nato dall'Ottobre, ovvero i rapporti ideologici che si stabilirono tra i “creatori” nei diversi ambiti artistici (letteratura, pittura, musica, teatro, cinema) e i dirigenti del nuovo Stato sovietico.

Todorov abbraccia un arco temporale ampio: gli anni che precedono il 1917 fino al 1941. Così, il volume racconta anche la storia della Rivoluzione dai suoi primi vagiti,le premesse promettenti (gli intellettuali russi la sentirono come una apocalisse, una palingenesi con la nascita di una nuova società) al caos organizzato proprio di una macchina totalitaria (si vedano i casi di disillusione,in toni differenti, dei poeti Aleksandr Blok e Majakovskij). Il rapporto dei “creatori” con l'Ottobre si stabilisce in due tempi:il primo è anteriore al 1917 e si tratta dell'atteggiamento che assumono gli artisti rispetto all' idea di rivoluzione prima del suo inizio. Il loro ruolo in questo caso è attivo: elaborano un'immagine che, a sua volta, influenzerà la rivoluzione nascente. Il secondo tempo riguarda il rapporto che s'instaura tra gli artisti e i rappresentanti del potere una volta che la rivoluzione è avvenuta. Questo periodo, ben analizzato nel volume di Todorov, avrebbe potuto assumere il titolo di «Rivoluzione tradita». La Rivoluzione fa nascere uno Stato, quello di Lenin e Stalin,che deluderà i“creatori” (è il caso esemplare del pittore Kazimir Malevic). Prima del 1917, in Russia, gioca un ruolo importante una forma di creazione artistica, l'avanguardia, che fa tabula rasa delle tradizioni del passato. In Russia ne fanno parte Kandinskij, Larionov e molti altri, che si considerano rivoluzionari, ciascuno nel proprio ambito, e provano una forte simpatia per la rivoluzione sociale e politica, anche se non vi prendono parte.

Per quanto riguarda la pittura, dopo il 1917,occorre notare che le avanguardie saranno completamente ignorate nella Russia totalitaria. Il regime impone l'arte figurativa. Da qui la delusione degli artisti che si consideravano avanguardisti e rivoluzionari. Lenin e Stalin, però, non si limitarono a bloccare i fermenti artistici, diventando i soli architetti della società sovietica:i dittatori comunisti uccisero gli artisti che non riuscivano a controllare. Trockij dopo l'Ottobre chiese pene più severe per gli intellettuali, ma si andò oltre: è il caso del poeta Nikolaj Gumilëv, uno spirito indipendente,accusato di aver preso parte a un complotto antibolscevico, di cui non è mai stata dimostrata l'esistenza. Il poeta fu arrestato e condannato a morte nel 1921. Todorov poi ci racconta altre esperienze tragiche, tra le quali quelle di Bulgakov, Babel', Cvetaeva, Mandel'štam e Mejerchol'd.

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