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Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


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Il Manifesto - Avvenire Rassegna Stampa
13.10.2017 Accordo Hamas-Fatah: durerà?
La disinformazione di Michele Giorgio, Avvenire

Testata:Il Manifesto - Avvenire
Autore: Michele Giorgio - B.U.
Titolo: «E' accordo tra Hamas e Fatah, Anp a Gaza e governo di unità - Patto Hamas-Fatah anche sulla sicurezza. Il no degli israeliani»

Riprendiamo dal MANIFESTO di oggi, 13/10/2017, a pag. 9, con il titolo "E' accordo tra Hamas e Fatah, Anp a Gaza e governo di unità", il commento di Michele Giorgio; da AVVENIRE , a pag. 7, con il titolo "Patto Hamas-Fatah anche sulla sicurezza. Il no degli israeliani", il commento a firma B.U.

Il quotidiano comunista e quello cattolico festeggiano l'apparente avvicinamento tra Hamas e Fatah. Vedremo se e quanto durerà. Come già nei giorni scorsi, Giorgio definisce i terroristi di Hamas "impiegati", che hanno bisogno di essere "ricollocati". Avvenire, da parte sua, non definisce terroristi gli assassini di Hamas.

Ecco gli articoli:

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Adunata di "impiegati" di Hamas a Gaza... almeno, secondo Michele Giorgio

IL MANIFESTO - Michele Giorgio: "E' accordo tra Hamas e Fatah, Anp a Gaza e governo di unità"

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Michele Giorgio

Dal primo dicembre il governo dell'Autorità nazionale palestinese tornerà ad avere il controllo pieno di Gaza e 3mila uomini della guardia presidenziale saranno dispiegati nelle strade della Striscia e ai valichi con l'Egitto e Israele.

SONO QUESTI ALCUNI dei punti principali dell'accordo, mediato dagli egiziani, firmato ieri al Cairo dal numero due di Hamas Saleh al Aruri e dal capodelegazione di Fatah Azzam al Ahmad. Accordo che ha posto fine a una ferita, rimasta aperta per oltre 10 anni, dalle conseguenze devastanti non solo sul piano politico. L'intesa è stata seguita da manifestazioni di gioia nelle strade di Gaza con migliaia di persone. La speranza della gente di Gaza è che la ritrovata unità nazionale serva a dare un nuovo impulso alla ricostruzione della Striscia, ancora a pezzi dopo l'offensiva israeliana «Margine Protettivo» del 2014 e colpita più di recente dalle misure punitive varate dal presidente dell'Anp Abu Mazen proprio per costringere gli islamisti a rinunciare al controllo di Gaza. Ieri si festeggiava anche ai vertici di Israele. Non certo per la riconciliazione Fatah-Hamas. In Israele è stata accolta come una vittoria la decisione annunciata dal Dipartimento di Stato che gli Stati uniti usciranno nel 2018 dall'Unesco per protestare contro un presunto atteggiamento filo-palestinese e anti-israeliano dell'agenzia Onu. «C'è un prezzo da pagare per la discriminazione contro Israele, è una nuova era all'Onu. La decisione rappresenta un punto di svolta», ha commentato l'ambasciatore israeliano all'Onu, Danny Danon. Simili le dichiarazioni di altri esponenti politici israeliani, tra i quali l'ex ministra degli esteri Tzipi Livni che via Twitter ha applaudito al passo fatto da Washington.

ABU MAZEN, ORA PRONTO ad annullare le sue misure punitive che hanno colpito soprattutto i civili, dovrebbe tornare a Gaza, perla prima volta in 10 anni, entro tre o quattro settimane. Almeno così dicono le indiscrezioni, manca ancora l'ufficialità. Ieri il presidente palestinese per la prima volta si è mostrato soddisfatto. Ha dato il benvenuto al «risultato raggiunto da Fatah e Hamas con la mediazione egiziana al Cairo» e ha sottolineato che «l'accordo rafforza e accelera i passi per porre fine alla divisione e ripristinare l'unità del popolo palestinese, del suo territorio e delle istituzioni palestinesi».

HA ESORTATO IL GOVERNO e tutti gli apparati e le istituzioni a lavorare per attuare quanto contenuto nell'intesa e per realizzare «ciò a cui mira il popolo, ossia ritrovare l'unità». In base all'accordo il governo del premier Rami Hamdallah prenderà il controllo dei settori civili e di sicurezza interna.

È PREVISTA anche la formazione di un governo di unità nazionale - nelle prossime due settimane tutte le forze politiche, non solo Fatah e Hamas, si riuniranno per creare il nuovo esecutivo -, l'organizzazione di elezioni politiche e presidenziali, la formazione di una commissione congiunta per decidere il futuro degli impiegati assunti da Hamas negli istituzioni pubbliche (circa 45mila persone tra civili e militari).

I LEADER DI HAMAS E FATAH hanno evitato di toccare l'argomento, ma l'accordo annunciato ieri all'alba dal capo di Hamas Ismail Haniyeh e confermato da Abu Mazen è stato reso possibile solo per il congelamento del nodo più difficile da sciogliere: le armi di Hamas e il ruolo dei 25mila combattenti del braccio militare del movimento islamista, le Brigate Ezzedin al Qassam. La questione dovrebbe essere affrontata nei negoziati successivi al Cairo (il prossimo 21 novembre, ndr), in realtà resterà chiusa in un cassetto per evitare che comprometta l'esito finale della riconciliazione., spiegava ieri al manifesto un giornalista di Gaza, S.K., ben informato sulle decisioni che sono prese ai vertici del movimento islamista.

«LA SOLUZIONE è stata trovata, anzi imposta, dagli egiziani - ha proseguito il giornalista palestinese - In sostanza gli uomini di Ezzedin al Qassam si renderanno invisibili per lasciare nelle strade di Gaza solo le forze di sicurezza ufficiali dell'Anp. Abu Mazen alla fine ha accettato la soluzione imposta (dal Cairo) dopo aver chiesto con forza il disarmo di Hamas”. Ma chi avrà autorità sull'arsenale del movimento islamico che include razzi che nel 2014 sono stati in grado di raggiungere ogni punto di Israele? (Le armi sono di Hamas e resteranno sotto il controllo di Hamas - ha concluso S.K. - I leader del movimento islamista però hanno accettato di decidere con Fatah e le altre fazioni palestinesi se e quando usare quelle armi e impiegare la loro milizia . Una soluzione che favorisce la riconciliazione ma che rende più debole Abu Mazen agli occhi degli egiziani che inquadrano l'accordo in un processo più ampio che dovrà portare alla normalizzazione dei rapporti tra mondo arabo e Israele.

AVVENIRE - B.U.: "Patto Hamas-Fatah anche sulla sicurezza. Il no degli israeliani"

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Hamas e Fatah hanno raggiunto una nuova (fondamentale) tappa nel processo di riconciliazione coltivato da mesi al Cairo e formalmente avviato a metà settembre. Ieri i due gruppi palestinesi - che combattono su fronti diversi da dieci da anni: da quando, nel 2007, Hamas ha preso il potere nella Striscia di Gaza dopo un sanguinoso conflitto con Fatah - hanno raggiunto l'accordo su alcuni punti che ancora ostacolavano il percorso di riappacificazione: la sicurezza, il controllo del valico di Rafah (quello con l'Egitto) e il governo di unità nazionale. La questione della sicurezza è stata tra le più discusse, ma, stando a fonti vicino al negoziato, sarebbe risolta: l'Autorità nazionale palestinese (Anp, controllata da Fatah) dovrebbe dispiegare a Gaza 3.000 uomini delle sue forze di polizia. Mentre verrà affidato alla Guancia presidenziale di Abu Mazen il controllo del lato palestinese di Rafah. Quanto al governo di unità nazionale, gli egiziani hanno convocato le parti al Cairo il 21 novembre proprio per discuterne. Il primo dicembre, intanto, l'Anp assumerà il totale controllo politico di Gaza - finalmente congiunto a quello della Cisgiordania. Almeno così è stato annunciato in una conferenza stampa congiunta ieri al Cairo. Il presidente palestinese Abu Mazen, che ha espresso grande apprezzamento per l'accordo, si è già detto pronto a ritirare «al più presto» le sanzioni economiche (elettricità e stipendi) imposte da mesi ad Hamas proprio per ricondurre il movimento alla ragione. Insomma fino a qui. Ed entro un mese si recherà a Gaza: la prima visita da dieci anni. Un gesto altamente simbolico che segue quella del suo premier Rami Hamdallah, entrato a Gaza nei giorni scorsi.

Resta un ultimo, delicatissimo nodo: quello dei 25mila miliziani che costituiscono il braccio armato di Hamas. II gruppo dovrà trovare il modo di ricollocarli, facendoli rientrare in un progetto di gestione politica della Striscia e soprattutto impedendone la dispersione nelle fazioni minori che hanno sempre creato instabilità nell'enclave. Sarà il vero banco di prova. Israele ha bocciato la mossa. Secondo il premier Benjamin Netanyahu, l'accordo «rende molto più difficile raggiungere la pace in Medio Oriente» perché «riconciliarsi con assassini di massa è parte del problema e non della soluzione». Poco prima, una nota del governo sottolineava che qualsiasi processo di riavvicinamento palestinese non può prescindere dal disarmo di Hamas e dal riconoscimento di Israele.

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