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La Stampa-Corriere della Sera Rassegna Stampa
04.08.2017 I legami stretti fra Ong e scafisti vengono alla luce
Servizi di Grazia Longo, Fiorenza Sarzanini

Testata:La Stampa-Corriere della Sera
Autore: Grazia Longo-Fiorenza Sarzanini
Titolo: «I soccorsi venivno concordati al telefono con i trafficanti libici-Io, poliziotto infiltrato a bordo. Così ho filmato trafficanti e Ong»

Sempre in primo piano sui quotidiani la vicenda Ong-scafisti, con nuove rivelazioni, i cosiddetti 'soccorsi' venivano concordati tra i criminali mercanti di esseri umani e le anime belle dei 'salvatori'.
Riprendiamo oggi, 04/08/2017, dalla STAMPA a pag.2, il servizio di Grazia Longo e dal CORRIERE della SERA a pag.4 quello di Fiorenza Sarzanini.

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L'incontro tra Ong e scafisti

La Stampa-Grazia Longo: "I soccorsi venivno concordati al telefono con i trafficanti libici"

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Grazia Longo

Due volte complici. Durante le «consegne controllate». Ma anche nella preparazione di interventi programmati, concordati al telefono con i trafficanti di esseri umani. La leader del team della Iuventa, Katrin, e un ragazzo, ignari di essere intercettati in mezzo al mare «parlano del previsto inizio missione per la mezzanotte del giorno successivo». Com’è possibile che sapessero con 24 ore di anticipo che ci sarebbero stati migranti da soccorrere? La Procura di Trapani sta indagando in questa direzione, per accertare contatti telefonici tra gli scafisti e il personale della nave dell’Ong tedesca Jugend Rettet, che lunedì scorso non ha voluto firmare al Viminale il Codice di condotta. Le fotografie scattate dal poliziotto sotto copertura - è il primo caso di un infiltrato in un’operazione su una nave - testimoniano in modo inequivocabile l’intesa tra il personale della Iuventa e i trafficanti di esseri umani. Ma il sospetto è che non solo ci fosse una collaborazione per imbarcare i migranti grazie all’intesa con gli scafisti, aiutati anche a tornare verso le coste libiche. Secondo il procuratore Ambrogio Cartosio e il pm Andrea Tarondo, che coordinano le indagini della Squadra mobile di Trapani e dello Sco, l’equipaggio umanitario della Iuventa era con molta probabilità avvisato dagli scafisti. Durante il colloquio registrato tra Karin e il collaboratore emerge inoltre che «il ragazzo preferirebbe effettuare dei soccorsi senza il coordinamento di Imrcc (Centro Nazionale di Coordinamento del Soccorso Marittimo, ndr). Sembrerebbe che Imrcc abbia vietato alla Iuventa di far salire a bordo 30 persone che erano state soccorse dalla Guardia Costiera Libica». Tre gli episodi contestati dalla Procura di Trapani. Risalgono al 18 e 26 giugno scorso e al 10 settembre 2016. «Ma ve ne sono anche altri - ribadisce il procuratore Cartosio - che contribuiscono a sostenere che la condotta di consegne concordate sia abituale». La responsabilità degli illeciti è comunque individuale. Nel senso che non ci sarebbero legami tra i trafficanti e la Ong: infatti non è stata contestata l’associazione a delinquere. L’identificazione degli equipaggi dei tre episodi contestati - riportati nel decreto di sequestro preventivo della nave firmato dal gip Emanuele Cersosimo - è in via di ultimazione. Quando sarà conclusa scatteranno gli avvisi di garanzia individuali per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Intanto l’avvocato della Ong tedesca, Leonardo Marino, annuncia la richiesta di dissequestro della nave bloccata al porto di Lampedusa. Ma ieri sono stati sequestrati pc, smartphone e documenti di bordo del natante. Sviluppi, nel frattempo, sul fronte del Regolamento di condotta. Ieri lo ha firmato anche la Ong tedesca Sea Eye. Sale quindi a quattro il numero di Ong che hanno aderito alla linea definita dal Viminale: Moas, Save the Children, Proactiva Open Arms e appunto Sea Eye. Un passo in avanti importante, se si considera l’interesse e il sostegno dell’Unione europea in questa direzione. Per il commissario europeo a Migrazione e Affari interni Dimitris Avramopoulos «occorre lavorare tutti assieme per smantellare il business dei trafficanti ed evitare le morti dei migranti. Chiedo quindi nuovamente a tutte le Ong di firmare. Più ampia sarà la scala del nostro lavoro comune, migliori saranno i risultati sul terreno».

Corriere della Sera-Fiorenza Sarzanini: "Io, poliziotto infiltrato a bordo. Così ho filmato trafficanti e Ong"

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Fiorenza Sarzanini

ROMA Era un addetto alla sicurezza, imbarcato sulla Vos Hestia , la nave di «Save the children» per conto di una società privata. Nessuno immaginava che in realtà fosse un agente sotto copertura, poliziotto dello Sco, il servizio centrale operativo impegnato da quasi un anno nell’indagine sull’attività delle Ong per il salvataggio dei migranti al largo della Libia. È rimasto a bordo per quaranta giorni, «l’esperienza più impegnativa, ma anche più emozionante della mia carriera». E adesso rivendica con soddisfazione di essere riuscito a «documentare con foto e video i contatti tra l’equipaggio della Iuventa e i trafficanti». Ma anche «di aver restituito al suo papà, nigeriano che da tempo vive in Italia, una bimba di 15 mesi imbarcata su un gommone con la mamma che invece non è riuscita a terminare il viaggio». La caccia agli indizi La scelta di agire in missione segreta viene presa nel maggio scorso. Il pool investigativo guidato dal vicequestore Maria Pia Marinelli, che lavora da oltre sette mesi per verificare la fondatezza delle denunce presentate da alcuni volontari di «Save the children» per conto della procura di Trapani, ha raccolto numerosi indizi sui possibili legami tra volontari e organizzazioni criminali. Nel mirino c’è Jugend Rettet, definita dalle altre organizzazioni «temeraria» proprio perché entra in acque libiche e carica migranti che poi trasferisce su altre navi. Ma servono prove concrete, bisogna documentare gli incontri con gli scafisti, i possibili accordi. Il direttore dello Sco Alessandro Giuliano sa bene che l’unica strada è quella della «copertura», proprio come accade nelle indagini sui trafficanti di droga o di armi. Consulta il prefetto Vittorio Rizzi, direttore dell’Anticrimine. Ottiene subito il via libera. Tra gli agenti impegnati nelle verifiche, c’è Luca B., 45 anni che ha le caratteristiche giuste. È esperto di sub, tanto da avere il brevetto Divemaster oltre a una serie di abilitazioni per il soccorso medico in mare, la patente nautica. Ma è soprattutto un agente esperto. Quando gli propongono l’incarico non ha dubbi: «Felice di accettare». Il 19 maggio si imbarca. Viene alloggiato in una cabina con altre tre persone, sa che deve «stare continuamente all’erta per non essere scoperto». I cinque soccorsi La nave partecipa a numerose incursioni di fronte alle acque libiche. Effettua tre operazioni di soccorso, lui aiuta gli operatori, salva i migranti, collabora quando c’è necessità di trasferire le persone da una imbarcazione all’altra. Tiene i contatti con Roma inviando messaggi via WhatsApp. Li aggiorna su quanto accade a bordo, sulla posizione delle navi delle altre Ong. «Devo stare attento, perché si insospettiscono se faccio foto o filmati», comunica ai suoi capi. «Non abbiamo mai perso la sua posizione - conferma Marinelli - perché avevamo comunque il supporto della Guardia Costiera che ci teneva informati degli spostamenti e di eventuali emergenze». Riesce a scendere dalla nave tre volte. Incontra i colleghi in luoghi segreti, consegna aggiornamenti e informazioni utili all’inchiesta. Ma ancora non basta, bisogna continuare per dimostrare che quanto raccontato nelle denunce sia vero. Il 18 giugno arriva la svolta. Sono gli ultimi due soccorsi, quelli decisivi. «All’alba la Vos Hestia e la Iuventa si incrociano in alto mare. Pochi minuti dopo si avvicina un barchino dei trafficanti. Rimane a pochi metri da Iuventa, gli uomini parlano con i volontari. Arriva un’altro barchino che scorta un gommone carico di migranti». L’infiltrato scatta foto, gira video, documenta minuto dopo minuto l’incontro che segna la svolta per l’indagine. Tre ore dopo c’è un altro contatto e anche questa volta riesce a filmare ogni passaggio. «Ho tutto, comprese le immagini dei barchini restituiti ai trafficanti e riportati in Libia», comunica ai suoi capi. La bambina salvata La missione è compiuta, ma bisogna attendere ancora qualche giorno. Portare a termine l’incarico così come previsto dal contratto proprio per non destare sospetti. A fine giugno l’agente torna a casa. Racconta quanto ha visto, «anche quell’emozione di aver salvato tante vite». Ma il ricordo più bello lo dedica a Rejoyce, la bimba di 15 mesi che il 5 giugno hanno salvato mentre era su un gommone con altri 125 migranti. «La mamma era caduta in acqua, l’abbiamo issata a bordo, le ho fatto il massaggio cardiaco, ma purtroppo non c’è stato nulla da fare». In tasca la donna ha alcuni bigliettini con un numero di telefono italiano. L’infiltrato li comunica ai colleghi della mobile di Trapani quando, tre giorni dopo, arrivano in porto. L’utenza appartiene a un nigeriano che da tempo vive in Italia e lavora come bracciante a Salerno. L’uomo viene subito trasferito in Sicilia. Conferma che quella donna morta è sua moglie. Racconta che la stava aspettando insieme con la figlioletta. Si decide di effettuare l’esame del Dna a entrambi per avere la certezza che non menta. Il risultato è arrivato ieri e non lascia dubbi: è sua figlia. Per l’infiltrato «la missione è davvero compiuta». Ma lui è pronto a ripartire. Ai suoi capi l’ha detto con chiarezza: «Per me è stata un’esperienza bellissima. Impegnativa ma esaltante, perché ti porta a contatto con queste persone che soffrono, ti fa capire che a volte per salvarli hai soltanto pochi secondi».

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