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La Nazione - Italia Oggi Rassegna Stampa
23.05.2017 Trump a Gerusalemme: gli Usa al fianco di Israele a 50 anni dall'unificazione della città
Due servizi di Roberto Giardina

Testata:La Nazione - Italia Oggi
Autore: Roberto Giardina
Titolo: «A 50 anni dalla guerra dei sei giorni. Quel gesto simbolico di Donald - 50 anni dalla guerra dei sei giorni»

Riprendiamo dalla NAZIONE/CARLINO/GIORNO di oggi, 23/05/2017, a pag. 7, da ITALIA OGGI, a pag. 14, con i titoli "A 50 anni dalla guerra dei sei giorni. Quel gesto simbolico di Donald", "50 anni dalla guerra dei sei giorni ", due servizi di Roberto Giardina.

Ecco gli articoli:

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Roberto Giardina

 

NAZIONE/CARLINO/GIORNO: "A 50 anni dalla guerra dei sei giorni. Quel gesto simbolico di Donald"

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Gerusalemme

DONALD TRUMP ha svuotato Gerusalemme. Per motivi di sicurezza si è chiusa la città vecchia, anche ai pedoni. I negozi degli arabi hanno abbassato le saracinesche in tutti i quartieri per protesta contro il presidente americano che promette troppo agli ebrei. La visita è giunta durante i festeggiamenti per i 50 anni della guerra dei sei giorni. ll cinque giugno del 1967 (il calendario ebraico è in anticipo di due settimane) gli eserciti di tutti i paesi confinanti, Siria, Libano, Egitto, Giordania, attaccarono il piccolo Israele. Gli ebrei sarebbero stati cancellati in poche ore? Guidati da Moshe Dayan gli israeliani vinsero su tutti i fronti, ricacciarono indietro il nemico, conquistarono territori strategici, come te alture di Golan?

UNA FOTO STORICA mostra Moshe Dayan che a fianco di Rabin passa a piedi per la Porta dei Leoni: anche Gerusalemme, tagliata finora in due, era stata riconquistata e riunificata. Ieri, per la prima volta un presidente americano si è recato con la kippa in testa a pregare al Muro del Pianto. Un gesto altamente simbolico, e che ha scatenato la reazione degli arabi. Una provocazione. Ma Trump si è rimangiato, o ha finto di dimenticare, la promessa di portare la sua ambasciata da Tel Aviv a Gerusalemme. Il trasloco era stato deciso già nel lontano 1995, ma era stato rinviato di anno in anno. Anche se non lo dichiarano ad alta voce, anche gli israeliani tirano un sospiro di sollievo: il gesto avrebbe provocato reazioni pericolose. Perché rischiare per un atto simbolico? Da Trump, dopo gli anni disastrosi di Obama, si attendono un appoggio concreto. Ed è piaciuto come si è comportato a Riad, dove è riuscito a compattare per la prima volta i sunniti contro l'Iran. Ha promesso anche armi all'Arabia Saudita, ma gli israeliani lo accettano come una decisione pragmatica, una concessione inevitabile, e del resto in precedenza anche Hillary Clinton aveva ceduto armi ai sauditi.

E GERUSALEMME? "Non l'abbiamo occupata, l'abbiamo liberata", ha dichiarato il primo ministro Netanyahu. In giro per la citta, ti indicano dove si trovavano i bunker giordani, e dove erano appostati i cecchini che tenevano sotto tiro anche gli studenti del campus universitario. Si combatté strada per strada. A tutte le religioni è stata garantita la libertà di culto, nelle forme che vogliono, senza limiti. Ma gli ebrei non lasceranno mai la loro Gerusalemme. E non è possibile tornare ai confini del 1967 senza mettere in pericolo la propria sicurezza. È passato mezzo secolo da una guerra veloce e disperata, e ancora si vive in una situazione provvisoria. Secondo chi giudica da lontano. La realtà dei luoghi e degli uomini, perfino il paesaggio sono invece cambiati per sempre.

ITALIA OGGI: "50 anni dalla guerra dei sei giorni"

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Donald Trump con Benjamin Netanyahu

E' un gran balagan, dicono a Gerusalemme, un gran casino, tradotto fedelmente, a causa di Trump. A me, venendo da Roma, non sembra. Traffico bloccato, ma la città vecchia è piccola, e si va a piedi. E a guardare le facce sembra che in fondo non dispiaccia. L'Hotel King David, dove l'ospite dorme in una suite da 5.700 euro a notte, è stato trasformato in un fortino inespugnabile. Migliaia di soldati pattugliano la città, ma i militari scherzano e giocano con i cellulari. Il presidente americano non gode di buona stampa in patria e all'estero, ma in Israele lo guardano con speranza, dopo i pasticci del predecessore Obama. Caso mai si teme che Donald voglia fare troppo.

Per fortuna, si commenta, si è dimenticato della promessa di spostare l'ambasciata Usa da Tel Aviv a Gerusalemme, come è stato deciso già nel lontano 1995, ma nessuno aveva mai osato compiere sul serio il trasloco. Provocherebbe solo le reazioni degli arabi, creando dei pericoli per un atto simbolico. Meglio che l'ambasciatore e i suoi colleghi continuino a fare la spola. Qualche giorno fa, dalla Casa Bianca qualcuno aveva dichiarato che il Muro del Pianto fa parte del West Bank, cioè i territori giordani occupati. Una gaffe di cui Donald era incolpevole. Ieri si è recato al Muro con la kippah in testa, ed è stata la prima volta per un presidente americano. Un gesto che è piaciuto agli ebrei.

Gerusalemme è in festa per i 50 anni della guerra dei sei giorni. Cominciò il 5 giugno del 1967, ma il calendario ebraico è in anticipo di un paio di settimane. Fu il punto di svolta. Nelle prime ore, nessuno credeva che il piccolo paese attaccato da tutti i fronti, da Siria, Giordania ed Egitto, avrebbe potuto resistere. I pochi milioni di ebrei sarebbero stati spazzati via. E invece, contrattaccarono, respinsero i nemici, e conquistarono ampi territori. E un Israele forte cominciò a perdere simpatie. Gli ebrei piacciono solo come vittime? Dopo mezzo secolo i territori occupati sono sempre contesi. Si chiede di tomare ai vecchi confini, il che è impossibile. La linea passerebbe a poco più di 5 chilometri dall'aeroporto di Tel Aviv, ma le anni moderne sono ben più micidiali, basterebbe un ragazzino a paralizzare il paese.

Nelle guerre, chi vince ha sempre ottenuto territori per garantire la sua sicurezza. La Germania ha perso enormi territori all'Est, ora diventati polacchi, e noi abbiamo perso Pola e Fiume. Perché per Israele dovrebbe essere diverso? A chi appartiene Gerusalemme? Dovrebbe rispondere la storia, ma anche la storia è un gran balagan, zeppa di fake news, e ognuno ha la sua versione. Abbiamo seguito il grande archeologo Dan Bahat nella visita dei vecchi resti. Anche le pietre mentono? Gli arabi accusano gli ebrei di distruggere le loro memorie per dimostrare che Gerusalemme appartiene solo a loro. Ma non è vero. I resti della dominazione ottomana vengono portati alla luce. Per motivi di sicurezza la città vecchia è stata chiusa anche ai pedoni per diverse ore. Gerusalemme si è svuotata, a parte i militari. Una sensazione straniante andare a piedi lungo le mura orientali, quelle ottomane, ai cui piedi si trova il cimitero arabo, e più oltre in fondo si scorgono le tombe ebraiche, sotto il Monte degli Ulivi. E si rientra per la Porta dei Leoni. Da qui passò Moshe Dayan, il generale vittorioso, a fianco di Rabin, 50 anni fa Gerusalemme tornava unita. Io non sono un esperto. Degli esperti si dovrebbe diffidare. A Gerusalemme la verità si sente, ma non si spiega.

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