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La Stampa-Corriere della Sera- Rassegna Stampa
08.04.2017 Attacco alla Siria: come è nata la decisione. La dinastia degli Assad
Cronaca e commenti di Paolo Mastrolilli, Davide Frattini

Testata:La Stampa-Corriere della Sera-
Autore: Paolo Mastrolilli-Davide Frattini
Titolo: «Siria, così Donald sceglie il blitz-E' la fine per Assad?»

Riprendiamo dalla STAMPA e dal CORRIERE della SERA di oggi, 08/04/2017, i servizi di Paolo Mastrolilli e Davide Frattini sull'intervento americano contro la Siria.

La Stampa-Paolo Mastrolilli: "Siria, così Donald sceglie il blitz"

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Paolo Mastrolilli     Donald Trump

NEW YORK- La Russia è stata complice di un crimine di guerra? Dopo il raid di giovedl notte in Siria, questa pesante domanda incombe su Donald Trump e potrebbe costringerlo a cambiare strategia, provocando una pericolosa escalation. In principio, i missili lanciati sulla base di al Shayrat - di cui Washington aveva avvertito in anticipo gli alleati, Italia compresa - avevano tre scopi: punire Assad per l'attacco chimico di Khan Sheikoun; costringerlo a cambiare atteggiamento militare sul terreno; convicere lui e i suoi sostenitori, come la Russia e l'Iran, a prendere sul serio il processo negoziale gestito dall'Onu a Ginevra, per trovare finalmente una soluzione politica al conflitto. Un quarto obiettivo indiretto era quello di lanciare un segnale al mondo, sulla determinazione con cui la nuova amministrazione intende rispondere alle minacce, spingendo ad esempio il presidente cinese Xi invitato a Mar-a-Lago a fare più pressione sulla Corea del Nord per fermare il suo programma nucleare. II segretario di Stato Tillerson e il consigliere per la sicurezza nazionale McMaster hanno confermato tale linea, in un briefing tenuto ieri mattina. «La nostra politica sulla Siria - ha assicurato Tillerson - non è cambiata». Con questo intendeva dire che l'obiettivo principale resta sradicare i terroristi dell'Isis, e non avviare un'invasione di terra per rovesciare Assad, come era disastrosamente accaduto con Saddam Hussein nel 2003. Lo scopo dei missili, in sostanza, non era «cambiare il regime, ma il comportamento di Damasco».

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Nikki Haley all'Onu

L'ambasciatrice all'Onu Nikki Haley ha confermato questo concetto, spingendolo un po' oltre: «Abbiamo preso una iniziativa limitata, e speriamo che basti. Riteniamo che la soluzione del conflitto stia nel processo politico». Nello stesso tempo, però, ha aggiunto una minaccia: «Se necessario, siamo pronti a fare altro». I russi hanno risposto che con l'attacco ad Assad gli americani stanno facendo il gioco dei terroristi, confermando almeno indirettamente la teoria secondo cui l'attacco chimico sarebbe stato lanciato dagli oppositori, per screditare il leader di Damasco proprio mentre stava vincendo sul terreno, e mentre Washington dichiarava che rimuoverlo non era più la priorità. In queste condizioni favorevoli, che interesse aveva Bashar a complicarsi la vita? I ribelli quindi avrebbero teso una trappola, e Trump ci sarebbe caduto dentro. Il presidente avrebbe ceduto ai suoi impulsi emotivi, dopo aver visto le immagini dei bambini colpiti, invertendo in 48 ore la linea politica stabilita tanto verso Assad, quanto verso Putin. Il problema con questa teoria sono le informazioni raccolte dall'intelligence americana I servizi Usa hanno visto gli aerei che decollavano dalla base di al Shayrat, e li hanno seguiti fmo a quando hanno sganciato le bombe chimiche su Khan Sheikoun. I militari russi erano nella base, e quindi o erano cosl incompetenti da non capire cosa stava succedendo, oppure erano complici. La questione è più complessa di una semplice speculazione, perché dopo l'attacco chimico l'intelligence americana ha notato un drone che sorvolava l'ospedale dove erano state portate le vittime. Ad un certo punto il drone si è ritirato, e un aereo è arrivato per bombardare l'ospedale con ordigni convenzionali, probabilmente allo scopo di cancellare le prove dell'uso delle armi vietate. Il caccia impiegato era di fabbricazione russa, come molti degli apparecchi siriani, ma il Pentagono vuole chiarire chi lo stava pilotando. Il sospetto, infatti, è che si trattasse di un militare di Mosca. Se cosl fosse, i soldati del Cremlino non si sarebbero limitati a chiudere un occhio su quanto accadeva nella base di al Shayrat, ma avrebbero partecipato all'attacco chimico, rendendosi complici di un crimine di guerra. Questo renderebbe molto difficile sedersi di nuovo con i russi al tavolo negoziale di Ginevra, e aprirebbe la porta al rischio di una pericolosa escalation militare

Corriere della Sera- Davide Frattini: "E' la fine per Assad?"

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Davide Frattini                    Assad padre e figlio

La notizia della morte di suo padre Hafez viene comunicata a Bashar Assad e allo stesso tempo intercettata dall'intelligence israeliana, che la scopre cinque ore prima del resto del mondo. Cinque ore che Ehud Barak decide di elargire al giovane erede perché possa preparare la transizione: le Peugeot bianche della polizia segreta posizionate a ogni incrocio di Damasco, gli oppositori rastrellati, gli ufficiali fedeli allo zio in esilio Rifaat messi sotto controllo, di golpe ne hanno già tentato uno. Quel io giugno del woo il primo ministro israeliano considera vitale che il Paese confinante non sprofondi nei disordini, meglio un nemico noto del caos ignoto. Undici anni dopo è ancora Barak a intromettersi nel destino del leader siriano, questa volta a parole, quando vaticina: «Ha i giorni contati». Sono passati dieci mesi dalle prime manifestazioni pacifiche per chiedere le riforme e il dittatore sembra condannato alla fine dell'egiziano Hosni Mubarak e del libico Muammar Gheddafi. Da allora il soldato più decorato della Storia di Israele ha abbandonato la politica, è andato in pensione e si è lasciato crescere la barba, il presidente è ancora al potere, porta sempre gli stessi baffetti e potrebbe rimanere in carica fino al 2021, la scadenza minima che si sono dati i russi e gli iraniani, i potenti sponsor che gli hanno permesso di sopravvivere all'insurrezione. «La Costituzione va rispettata» dicono, anche se il voto del giugno 2014 è stato considerato una farsa. Come tutte le elezioni nei quarantasei anni di dominio sulla Siria, da quando Hafez si prese lo Stato con un colpo militare. «Non abbiamo altra scelta che continuare questa guerra», proclama Assad in un'intervista pubblicata dal giornale croato Vecernji List. L'incontro è avvenuto lunedì, prima che il suo esercito fosse accusato del massacro chimico a Khan Sheikhoun, le risposte rivelano la determinazione di chi è disposto a qualunque opzione per domare quelli che considera avversari appoggiati dalle potenze straniere: «Dobbiamo vincere, altrimenti la Siria sarebbe cancellata dalle mappe. Non esiste un'opposizione moderata, sono solo fondamentalisti e con loro non possiamo raggiungere alcun accordo». Eppure nel villaggio colpito lo Stato Islamico non spadroneggia. Nella provincia di Idlib, verso il confine con la Turchia, si sono ammassati i ribelli e i profughi che hanno lasciato le città ricatturate dalle truppe governative. I monti Nusayriyah si innalzano non lontano da Khan Sheikhoun e ridiscendono verso il Mediterraneo: sono le roccaforti degli alauiti, la minoranza a cui appartiene íl clan al potere. «La cittadina è anche piazzata in mezzo all'autostrada M5 che unisce Damasco a Homs e Aleppo — commenta il quotidiano israeliano Jerusalem Post —. L'uso dei gas fa parte della strategia di pulizia etnica per spingere le popolazioni sunnite a Est di questo asse. L'interesse di Assad è evidente: governerebbe su un territorio ridimensionato ma coeso». Sono ancora i servizi segreti israeliani a lasciar trapelare che il bombardamento sarebbe stato deciso ai livelli più alti del regime. Da Damasco i generali smentiscono qualunque responsabilità e assicurano che la Siria stia rispettando *** gli accordi del 2013 quando —sotto la minaccia americana — ha promesso di smantellare i depositi e i laboratori per la produzione di armi non convenzionali. I sei anni di guerra — i morti sono oltre 5oo mila, le Nazioni Unite hanno smesso di contarli — hanno rivelato la tenacia e la ferocia di Bashar, l'oftalmologo arrivato sul trono quasi per caso (l'erede designato Basil morto in un incidente stradale, l'altro fratello Maher troppo crudele e imprevedibile) e che avrebbe preferito proseguire con la specializzazione in chirurgia oculistica «perché è molto precisa, non è quasi mai un'emergenza e si sparge poco sangue».

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