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Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 03/04/2017, a pag. 14, con il titolo "Corea, Trump avverte la Cina: 'Fermatela o lo faremo noi' ", la cronaca di Paolo Mastrolilli; dal CORRIERE della SERA, a pag. 11, con il titolo "Dai raid alla guerra: le opzioni in campo", il commento di Guido Olimpio. Ecco gli articoli: LA STAMPA - Paolo Mastrolilli: "Corea, Trump avverte la Cina: 'Fermatela o lo faremo noi' "
«Se la Cina non risolverà con la Corea del Nord, lo faremo noi». È l’avvertimento che il presidente Trump ha lanciato al collega di Pechino Xi, che riceverà giovedì in Florida, attraverso un’intervista con il Financial Times in cui ha attenuato anche le critiche dell’Unione europea: «Subito dopo il voto per la Brexit pensavo che altri Paesi sarebbero usciti. Ora non lo credo più. La Ue ha aggiustato le cose, e il suo centro sta tenendo». CORRIERE della SERA - Guido Olimpio: "Dai raid alla guerra: le opzioni in campo"
Quello di Donald Trump è il secondo avvertimento alla Corea del Nord. Prima di lui fonti diverse hanno parlato di tutte le opzioni sul tavolo e il segretario di Stato Rex Tillerson ha evocato la possibilità di un attacco preventivo. Parole seguite, in queste settimane, da molti scenari formulati dagli esperti che seguono la crisi sempre molto dinamica. Infatti ci si attende una nuova prova nucleare nordcoreana entro pochi giorni. La difesa Il Pentagono ha potenziato lo scudo militare, ha spostato nel settore un super radar galleggiante dalle Hawaii e la portaerei Vinson, ha schierato il sistema antimissile Thaad, ha fatto arrivare caccia, droni armati, unità speciali. Per parare eventuali colpi a sorpresa e rassicurare gli alleati. Diversi analisti ritengono che prima di qualsiasi passo sia necessario accrescere gli apparati di difesa, incrementando i reparti missilistici e marcando in modo stretto il nemico. Una sorveglianza affidata a satelliti spia, velivoli senza pilota, ricognitori Poseidon. In movimento anche reparti meccanizzati come la Prima Brigata Stryker (parte dei 28 mila soldati statunitensi presenti nel Sud), prevista infine una rotazione di un reparto di elicotteri d’attacco Apaches. Le sanzioni Tre giorni fa Washington ha reso note sanzioni contro 11 personaggi nordcoreani attivi all’estero, dalla Cina a Cuba. Si tratta di elementi che aiutano il regime a violare le sanzioni, a procurare tecnologia e risorse. Da anni il Nord conduce attività clandestine con un reticolo di compagnie o di «uomini d’affari», molto abili nel muoversi. Uno studio ha identificato quasi 500 entità (società, navi, persone) che fanno parte di un network, emerso di recente anche in Malaysia. Negli Usa molti invocano una maggiore stretta, dunque altre misure. Il problema è che questo tipo di punizione funziona solo se esiste una collaborazione internazionale. A parole c’è la volontà anche di altri protagonisti della diplomazia, nei fatti esistono mille scappatoie e furbizie. È infatti evidente l’irritazione della Casa Bianca verso alcuni Paesi, a cominciare dalla Cina, accusata di far troppo poco. Da qui il monito dell’America con il «faremo da soli» rivolto a Pechino. La risposta militare Sono ancora gli osservatori a ipotizzare le risposte possibili da parte dei generali. Un crescendo di opzioni. 1) Distruzione dei siti missilistici, usati nei test ma anche come basi nel caso di un confronto totale. Gli americani hanno i mezzi necessari, ma non è detto che basti: molti ordigni nordcoreani sono piazzati su semoventi, dunque possono essere spostati e nascosti. 2) Azione per eliminare impianti nucleari, fabbriche di armi: target da colpire con armi convenzionali, incursioni di guerra cibernetica e missioni affidate ai commandos. Lo scopo è quello di infliggere una lezione al dittatore e di ritardare i suoi ambiziosi programmi bellici. 3) Un conflitto aperto, con il rischio di una crisi che si allarga all’intera regione. La sfida in atto coinvolge, oltre agli Usa e alle due Coree, i cinesi, i russi e i giapponesi. E il tutto in un quadrante regionale agitato dalle contese territoriali. Pensate alla progressiva militarizzazione degli atolli da parte di Pechino. Le ritorsioni Il Regno rosso si sta preparando da decenni al confronto, non va sottovalutata la capacità di risposta. A cominciare da una pioggia di bombe che i suoi pezzi d’artiglieria, ben protetti in bunker, possono rovesciare sugli abitanti di Seul o di qualche isola del Sud. Le foto di molte esercitazioni svolte dal Nord hanno mostrato come la satrapia abbia addestrato i propri soldati ad un intenso uso di cannoni. Poi possiede una serie di missili terra-terra. Di nuovo, non vincerà la guerra però provocherà danni pesanti. Non è neppure escluso che Kim faccia ricorso ad armi proibite, come i gas velenosi. L’uccisione del fratellastro Kim Jong-nam a Kuala Lumpur con una sostanza tossica è stato interpretato come un doppio segnale: spazzo via chiunque io ritenga ostile, sono pronto a impiegare qualsiasi cosa. Per inviare la propria opinione ai quotidiani, telefonare: direttore@lastampa.it lettere@corriere.it |
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