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La Stampa-Corriere della Sera Rassegna Stampa
03.04.2017 La minaccia nordcoreana e l'avvertimento di Donald Trump
Cronaca di Paolo Mastrolilli, commento di Guido Olimpio

Testata:La Stampa-Corriere della Sera
Autore: Paolo Mastrolilli - Guido Olimpio
Titolo: «Corea, Trump avverte la Cina: 'Fermatela o lo faremo noi' - Dai raid alla guerra: le opzioni in campo»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 03/04/2017, a pag. 14, con il titolo "Corea, Trump avverte la Cina: 'Fermatela o lo faremo noi' ", la cronaca di Paolo Mastrolilli; dal CORRIERE della SERA, a pag. 11, con il titolo "Dai raid alla guerra: le opzioni in campo", il commento di Guido Olimpio.

Ecco gli articoli:

LA STAMPA - Paolo Mastrolilli: "Corea, Trump avverte la Cina: 'Fermatela o lo faremo noi' "

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Paolo Mastrolilli

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«Se la Cina non risolverà con la Corea del Nord, lo faremo noi». È l’avvertimento che il presidente Trump ha lanciato al collega di Pechino Xi, che riceverà giovedì in Florida, attraverso un’intervista con il Financial Times in cui ha attenuato anche le critiche dell’Unione europea: «Subito dopo il voto per la Brexit pensavo che altri Paesi sarebbero usciti. Ora non lo credo più. La Ue ha aggiustato le cose, e il suo centro sta tenendo».
Il capo della Casa Bianca considera Pyongyang la minaccia più grave, da quando il suo predecessore Obama gli ha spiegato i progressi fatti dal regime di Kim nel realizzare bombe atomiche e razzi per lanciarle verso l’America. «La Cina - ha spiegato Trump - ha grande influenza sulla Corea del Nord. Dovrà decidere se aiutarci, o no. Se lo farà, sarà una cosa molto buona per la Cina; se non lo farà, non sarà buona per nessuno». Il Presidente non ha rivelato se è disposto a fare un accordo complessivo con la Repubblica popolare sulla sicurezza regionale, ad esempio ritirando le truppe dal Sud se Pechino convincerà il Nord a rinunciare al programma nucleare. Però ha chiarito che «se la Cina non risolverà il problema, lo faremo noi». Alla domanda se ritiene che Washington possa gestire da sola la crisi con Pyongyang, lui ha risposto così: «Totalmente». Non è entrato nei dettagli, ma una escalation potrebbe cominciare con le sanzioni secondarie verso chi aiuta Kim, cioè la Repubblica popolare, e includere anche azioni segrete di sabotaggio digitale o sul terreno, e attacchi preventivi, vista la maggior latitudine che il Pentagono sta ottenendo su tutti i fronti. Trump ha detto che non prevede di scatenare una guerra commerciale con Pechino, e spera che l’incontro di giovedì e venerdì aiuti a risolvere le differenze.

Sul futuro dell’Europa ha cambiato posizione: «Quando la Brexit era avvenuta pensavo che altri l’avrebbero seguita. Se mi aveste chiesto come finiva dopo il referendum, avrei detto che sì, comincerà a cadere a pezzi. Ora però credo che la Ue stia davvero aggiustando le cose, ha fatto un buon lavoro. La Brexit alla fine potrebbe essere una cosa molto buona per entrambi». Trump ha evitato di prendere posizione sulle elezioni francesi, notando come «stanno avvenendo cose esterne che potrebbero cambiare il corso della competizione». Quindi ha aggiunto che «credo nelle alleanze, ma non sono sempre state positive per gli Stati Uniti». Da qui la sua retorica che alcuni considerano abrasiva, e minacciosa per l’ordine liberale globale, ma lui non la rinnega: «Non è solo un esercizio negoziale. Gli Usa hanno parlato a lungo, e questo non ci ha portato da nessuna parte». Il Presidente non rimpiange neanche i tweet più controversi, perché «mi consentono di raggiungere il pubblico senza passare dai media falsi». E’ convinto che riuscirà a fare la riforma fiscale, e se i repubblicani conservatori non accetteranno quella sanitaria, la realizzerà comunque accordandosi con i democratici.

CORRIERE della SERA - Guido Olimpio: "Dai raid alla guerra: le opzioni in campo"

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Guido Olimpio

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Quello di Donald Trump è il secondo avvertimento alla Corea del Nord. Prima di lui fonti diverse hanno parlato di tutte le opzioni sul tavolo e il segretario di Stato Rex Tillerson ha evocato la possibilità di un attacco preventivo. Parole seguite, in queste settimane, da molti scenari formulati dagli esperti che seguono la crisi sempre molto dinamica. Infatti ci si attende una nuova prova nucleare nordcoreana entro pochi giorni.

La difesa Il Pentagono ha potenziato lo scudo militare, ha spostato nel settore un super radar galleggiante dalle Hawaii e la portaerei Vinson, ha schierato il sistema antimissile Thaad, ha fatto arrivare caccia, droni armati, unità speciali. Per parare eventuali colpi a sorpresa e rassicurare gli alleati. Diversi analisti ritengono che prima di qualsiasi passo sia necessario accrescere gli apparati di difesa, incrementando i reparti missilistici e marcando in modo stretto il nemico. Una sorveglianza affidata a satelliti spia, velivoli senza pilota, ricognitori Poseidon. In movimento anche reparti meccanizzati come la Prima Brigata Stryker (parte dei 28 mila soldati statunitensi presenti nel Sud), prevista infine una rotazione di un reparto di elicotteri d’attacco Apaches.

Le sanzioni Tre giorni fa Washington ha reso note sanzioni contro 11 personaggi nordcoreani attivi all’estero, dalla Cina a Cuba. Si tratta di elementi che aiutano il regime a violare le sanzioni, a procurare tecnologia e risorse. Da anni il Nord conduce attività clandestine con un reticolo di compagnie o di «uomini d’affari», molto abili nel muoversi. Uno studio ha identificato quasi 500 entità (società, navi, persone) che fanno parte di un network, emerso di recente anche in Malaysia. Negli Usa molti invocano una maggiore stretta, dunque altre misure. Il problema è che questo tipo di punizione funziona solo se esiste una collaborazione internazionale. A parole c’è la volontà anche di altri protagonisti della diplomazia, nei fatti esistono mille scappatoie e furbizie. È infatti evidente l’irritazione della Casa Bianca verso alcuni Paesi, a cominciare dalla Cina, accusata di far troppo poco. Da qui il monito dell’America con il «faremo da soli» rivolto a Pechino.

La risposta militare Sono ancora gli osservatori a ipotizzare le risposte possibili da parte dei generali. Un crescendo di opzioni. 1) Distruzione dei siti missilistici, usati nei test ma anche come basi nel caso di un confronto totale. Gli americani hanno i mezzi necessari, ma non è detto che basti: molti ordigni nordcoreani sono piazzati su semoventi, dunque possono essere spostati e nascosti. 2) Azione per eliminare impianti nucleari, fabbriche di armi: target da colpire con armi convenzionali, incursioni di guerra cibernetica e missioni affidate ai commandos. Lo scopo è quello di infliggere una lezione al dittatore e di ritardare i suoi ambiziosi programmi bellici. 3) Un conflitto aperto, con il rischio di una crisi che si allarga all’intera regione. La sfida in atto coinvolge, oltre agli Usa e alle due Coree, i cinesi, i russi e i giapponesi. E il tutto in un quadrante regionale agitato dalle contese territoriali. Pensate alla progressiva militarizzazione degli atolli da parte di Pechino.

Le ritorsioni Il Regno rosso si sta preparando da decenni al confronto, non va sottovalutata la capacità di risposta. A cominciare da una pioggia di bombe che i suoi pezzi d’artiglieria, ben protetti in bunker, possono rovesciare sugli abitanti di Seul o di qualche isola del Sud. Le foto di molte esercitazioni svolte dal Nord hanno mostrato come la satrapia abbia addestrato i propri soldati ad un intenso uso di cannoni. Poi possiede una serie di missili terra-terra. Di nuovo, non vincerà la guerra però provocherà danni pesanti. Non è neppure escluso che Kim faccia ricorso ad armi proibite, come i gas velenosi. L’uccisione del fratellastro Kim Jong-nam a Kuala Lumpur con una sostanza tossica è stato interpretato come un doppio segnale: spazzo via chiunque io ritenga ostile, sono pronto a impiegare qualsiasi cosa.

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