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Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 15/03/2017, a pag. 4, con il titolo "Erdogan alza il tiro contro L'Aja: 'Colpevole della strage di Srebrenica' ", la cronaca di Marta Ottaviani; dal CORRIERE della SERA, a pag. 28, con il titolo "Il genocidio di Srebrenica, una verità scomoda e il cinismo di Erdogan", il commento di Massimo Nava. Le responsabilità dell'Onu e dei caschi blu olandesi nella strage di Srebrenica sono indubbie. Ma le parole di Erdogan sono strumentali. Se ne ricorda solo ora perchè gli fa comodo. Il dittatore turco, inoltre, dimentica un altro genocidio, quello armeno, che la Turchia continua a negare. Ecco gli articoli: LA STAMPA - Marta Ottaviani: "Erdogan alza il tiro contro L'Aja: 'Colpevole della strage di Srebrenica' "
Un Recep Tayyip Erdogan così furioso non lo si era visto nemmeno contro il presidente siriano Bashar Al-Assad. Ieri il capo di Stato turco ha alzato ancora di più i toni dello scontro politico con l’Olanda, ma guardando anche all’altra parte del Mediterraneo. CORRIERE della SERA - Massimo Nava: "Il genocidio di Srebrenica, una verità scomoda e il cinismo di Erdogan"
Il presidente Erdogan rievoca fantasmi di Srebrenica per denigrare l’Olanda. Dopo l’accusa di simpatie naziste, ecco il carico, la complicità nel genocidio dell’enclave bosniaca che costò la vita a ottomila musulmani. La polemica è strumentale, sgradevole e dettata dalla disperata necessità del sultano di galvanizzare il consenso interno. Ma ben venga a fare uscire le cose dagli armadi della memoria, chiusi a doppia mandata, proprio perché certe verità più sono terribili, più sono scomode. Per tutti: a cominciare dallo stesso Erdogan, che ha sempre ostacolato il riconoscimento del genocidio armeno, che avrebbe semplificato il cammino della Turchia verso l’Europa, venendo meno, appunto, un argomento di facile strumentalità. Verrebbe dunque da chiedersi da quale pulpito, ma — «grazie» a Erdogan — non buttiamo l’occasione di parlarne. Tanto più che la strage di Srebrenica, dopo 21 anni, continua ad avere contorni oscuri e, fino ad oggi, due soli colpevoli riconosciuti e condannati: i serbo-bosniaci Radko Mladic e Radovan Karadzic. È vero che un Tribunale olandese ha condannato lo Stato a risarcire alcune famiglie bosniache, così come è vero (ed è questa una differenza con la Turchia) che l’opinione pubblica e il governo hanno espresso sentimenti di vergogna, imbarazzo e condanna per il comportamento dei propri soldati, quel battaglione di caschi blu che si voltarono dall’altra parte, in attesa di ordini che non arrivarono mai. Tuttavia, nessuno ha più riesumato responsabilità di altri attori, non solo olandesi — il comando francese dei caschi blu, il governo di Belgrado, il governo musulmano-bosniaco di Sarajevo —, in sintesi quel cinico contesto politico diplomatico (da Washington, a Parigi, a Londra) che aveva ritenuto il sacrificio di Srebrenica necessario alla spartizione territoriale e agli accordi di Dayton. Furono sacrificati anche foreign fighters islamici e per loro non pianse nessuno. Per inviare la propria opinione ai quotidiani, telefonare: direttore@lastampa.it lettere@corriere.it |
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