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La Repubblica - Il Foglio Rassegna Stampa
17.05.2016 Iran: ecco il Paese del terrore
Analisi di Vanna Vannuccini, editoriale del Foglio

Testata:La Repubblica - Il Foglio
Autore: Vanna Vannuccini
Titolo: «Iran, l'ira dei falchi per le foto senza velo, arrestate le modelle - Via le sanzioni all'Iran. Il risultato si vede»

Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 17/05/2016, a pag. 16, con il titolo "Iran, l'ira dei falchi per le foto senza velo, arrestate le modelle", l'analisi di Vanna Vannuccini; dal FOGLIO, a pag. 3, l'editoriale "Via le sanzioni all'Iran. Il risultato si vede".

Iran: ecco il Paese del terrore che molti, però, considerano "moderato". Nonostante sia sufficiente per una donna mostrarsi a capo scoperto per essere arrestata sotto gli ayatollah, l'Occidente ha da pochi mesi siglato un accordo che apre al regime estremista sciita nonostante i crimini che ogni giorno compie: la corsa al nucleare e le minacce di distruggere Israele, la persecuzione di oppositori politici e omosessuali, l'inferiorità a cui è condannata la donna, le condanne a morte in continua crescita, il sostegno esplicito al terrorismo in tutto il Medio Oriente, il negazionismo di Stato che - come racconta l'editoriale del Foglio - si esprime regolarmente in un concorso di vignette contro ebrei e Israele.

Ecco gli articoli:

LA REPUBBLICA - Vanna Vannuccini: "Iran, l'ira dei falchi per le foto senza velo, arrestate le modelle"

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Vanna Vannuccini

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Un'immagine della condizione delle donne in Iran

I FALCHI esultano, ricordano agli iraniani che loro l’avevano sempre detto: l’accordo sul nucleare non avrebbe mai portato benefici al paese perché gli americani non avrebbero mai tolto le sanzioni, come sta accadendo. E mentre sperano che un Rouhani screditato da un’economia ancora bloccata non venga rieletto l’anno prossimo, lasciando la presidenza libera a uno di loro, raddoppiano gli sforzi per fermare con ogni mezzo quel cambiamento culturale che la presidenza Rouhani aveva fatto sognare agli iraniani. L’ultimo attacco ha centrato Instagram, ed è una conferma di quanto potenti siano ancora gli ultraconservatori in Iran a dispetto del governo moderato di Rouhani. Instagram è uno dei pochi social media al quale ancora gli iraniani possono accedere. Twitter e Facebook sono stati da tempo vietati, e anche se è facile accedervi ricorrendo ai vpn (sistema che cela la provenienza dei dati) facile da scaricare sul proprio computer, gli arresti sempre più frequenti e le pene sempre più dure comminate dai tribunali in mano agli ultraconservatori fanno sì che gran parte degli iraniani vi abbiano rinunciato. Instagram era ancora in quel limbo tra il tollerato e il vietato.

Ma ieri la tv di Stato (anche questa dominio dei fondamentalisti come i tribunali e la polizia) ha reso noto che otto modelle sono state arrestate e condannate a pene severe per aver postato su Instagram, con la testa scoperta o quasi, una nuova collezione di abiti. E il reportage televisivo è andato oltre: ha mostrato, come ai tempi più duri della persecuzione dei dissidenti, una confessione pubblica: la modella più nota in Iran, Elham Arab, conosciuta per i suoi ritratti in abiti da sposa con i capelli biondi che fuoriuscivano dal foulard, è apparsa alla tv mentre davanti al pubblico ministero Abbas Jafari Dowlatabadi, chiusa da capo ai piedi in un chador nero, faceva ammenda: «Tutti amano la bellezza e la fama — ha detto — e tutti perciò vorrebbero essere visti; ma è importante che sappiano quale prezzo dovranno pagare».

La Tv non ha detto di quali reati Elham Arab fosse incolpata né se le fosse stato permesso di prendere un avvocato. Ma ha riferito che in questa operazione, denominata Ragno 2, la polizia aveva identificato tramite i social media 170 persone che avevano a che vedere col mondo della moda tra cui 58 modelle e altrettanti fotografi e truccatori, e che tutti i loro studi o centri estetici erano stati immediatamente chiusi. Il mondo della moda aveva visto un’improvvisa fioritura negli ultimi due anni con sfilate a Teheran di “vestiti islamici” — in realtà abiti che si potrebbero vedere indosso a qualsiasi “fashionista” occidentale — dai tacchi ai leggings — con l’aggiunta di un sofisticato foulard che copriva i capelli. Ormai non solo a Teheran ma in tutte le grandi città le ragazze portano il foulard appena appoggiato sulla testa spesso senza nemmeno legarlo sotto il collo. Gli ultraconservatori hanno sempre osteggiato l’accordo nucleare, e oggi si augurano che non funzioni, perché hanno paura che apra le porte a quel cambiamento di costumi e i codici di vestiario che loro temono più di ogni altra cosa, perché considerano quei codici l’ultimo pilastro del loro potere prima che tutto si sfasci.

«Bisogna combattere con ogni mezzo le azioni del nemico in quest’area. La nostra offensiva continuerà», aveva detto il procuratore Dowlatabadi nella stessa trasmissione. L’offensiva precedente, in aprile, denominata ragno 1, si era concentrata proprio sull’hijab, il velo che difende agli occhi dei fondamentalisti la donna dalla concupiscenza maschile. Dopo che alcuni giovani avevano escogitato una app (40 milioni su 80 milioni di iraniani accedono regolarmente a internet) per avvertire i loro coetanei della presenza in strada dei basiji (i guardiani della rivoluzione) che fermano le automobili per guardare se le donne sono coperte, la polizia aveva risposto con 7.000 poliziotti in borghese. E se due anni fa il gruppetto di ragazzi e ragazze a capo scoperto che ballava al ritmo di “Happy” sui tetti di Teheran erano stati arrestati e condannati a sei mesi e 91 frustate, ma dopo pochi giorni rilasciati, ora le pene diventano di anni. E ieri è stato arrestato anche il manager di “persianblog”, un servizio di blogging in persiano, Madi Boutorabi.

IL FOGLIO: "Via le sanzioni all'Iran. Il risultato si vede"

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Una vignetta negazionista e antisemita

Il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha attaccato la mostra di caricature antiisraeliane organizzata dall’Iran, accusandola di “negare” e “ridicolizzare” la Shoah e di preparare così il terreno per “una nuova Shoah”. La mostra internazionale si è aperta domenica a Teheran: centocinquanta vignette provenienti da cinquanta paesi per denunciare la politica israeliana in medio oriente. “Alla fine della settimana si è aperta in Iran una competizione speciale di caricature sulla negazione della Shoah”, ha detto Netanyahu aprendo il Consiglio dei ministri. “Occorre comprendere che il nostro problema con l’Iran non è solo la sua politica di destabilizzazione e aggressione regionale, ma anche una questione di valori: quel paese nega la Shoah, ridicolizza la Shoah e prepara una nuova Shoah”, ha aggiunto Netanyahu.

Varie caricature esposte alla mostra dipingono il premier israeliano come un terrorista e un disegno raffigura una cartina del medio oriente con una bara al posto di Israele, su cui è scritto “olocausto”, che schiaccia dei palestinesi. Spiccano tre aspetti in questa nuova competizione indetta dagli ayatollah. Il primo è economico: quest’anno il montepremi è di 50 mila dollari, contro i 12 mila della scorsa edizione. Il motivo? La recente fine delle sanzioni e il fiume di denaro che il regime ha adesso a disposizione per promuovere terrorismo e negazionismo. Il secondo aspetto è legato alla leadership: nel 2006 fu il presidente iraniano Ahmadinejad a organizzare la prima di queste sceneggiate orrende e allora l’Europa si indignò attaccando il “falco” iraniano, il “pazzo” vicino alle Guardie della rivoluzione.

Adesso che un simile concorso viene indetto sotto la guida dei “moderati” Rohani e Zarif la risposta europea è un penoso silenzio, quando dovrebbe essere di condanna, come ha chiesto Netanyahu. Il terzo aspetto è sui partecipanti: dopo l’Iran, ovviamente, il paese che ha fornito il maggior numero di vignettisti e artisti è niente meno che la Francia, paese ad altissimo tasso di antisemitismo da cui gli ebrei stanno fuggendo ormai da anni e in numeri altissimi (40 mila partenze in vent’anni), il paese delle vignette “blasfeme” su Maometto punite con l’uccisione dei giornalisti di Charlie Hebdo. Eppure l’Iran sa come gettare ponti nella fragile e cattiva coscienza europea: quanti nell’opinione pubblica del Vecchio continente ormai credono che Israele usi la Shoah per giustificare la propria politica? Modernissimi e malefici ayatollah.

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