|
| ||
|
||
Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 28/01/2016, a pag. 1-23, con il titolo "Le trappole della diplomazia degli affari", il commento di Andrea Montanino; dal CORRIERE della SERA, a pag. 11, con il titolo "Io, 'svelata' alla cena con i leader di Teheran", il commento di Farian Sabahi, entrambi preceduti dai nostri commenti. A destra: l'Iran vuole la pace... Ecco gli articoli: LA STAMPA - Andrea Montanino: "Le trappole della diplomazia degli affari" Andrea Montanino, ex esecutivo dell'Fmi per l'Italia, considera l'accordo con il regime degli ayatollah una "buona notizia". Sconcertanti sono le argomentazioni di una simile posizione, ovvero che, in questo modo, "non c'è più la minaccia nucleare". Montanino non deve avere letto il testo degli accordi di Vienna, in cui l'Iran non si impegna a non proseguire la corsa al nucleare e a non arricchire l'uranio in nuovi impianti, ma soltanto a consentire i controlli su alcuni impianti già esistenti in un lasso limitato di tempo, riservandosi la libertà di costruirne di nuovi, questi totalmente segreti, nessun controllo internazionale sarà possibile. Tradotto vuol dire 'abbiamo dei siti dove costruiremo l'arma nucleare'. Ecco il pezzo:
La fine delle sanzioni relative al programma nucleare dell’Iran è certamente una buona notizia. Per molte ragioni. In primo luogo, si riconosce che non c’è più la minaccia nucleare, e questo rende il mondo un po’ più sicuro. In secondo luogo, facilita il reinserimento dell’Iran nella comunità internazionale assegnandogli un ruolo in un’area attraversata da molte tensioni e dove è importante avere più alleati possibile. È anche una buona notizia perché faciliterà la ripresa economica del Paese, riducendo le tensioni sociali interne e quindi favorendo una maggiore stabilità: è noto che laddove l’economia non tira e aumenta la disoccupazione, aumentano anche le tensioni, che possono sfociare in terrorismo. Non è un caso che a seguito della grande recessione sia sorto l’Isis, che paga un salario a manodopera (possiamo chiamarla così?) altrimenti non occupata. CORRIERE della SERA - Farian Sabahi: "Io, 'svelata' alla cena con i leader di Teheran" Farian Sabahi quando collaborava con La Stampa manipolò un'intervista a Abraham B. Yehoshua, il quale smentì con una lettera pubblicata sul quotidiano torinese. In quella circostanza Sabahi fu allontanata dalla Stampa. Ecco il pezzo:
Tacchi altissimi, nasini rifatti, sopracciglia tatuate, labbra sensuali. Belle donne, artiste in erba, studiose universitarie, una ragazzina al comando della sua sedia a rotelle. È il foulard il comune denominatore alla cena romana riservata ai vip iraniani in Italia. Velo declinato in modo diversi: la signora non più giovane lo indossa di un rosso vistoso, la ribelle preferisce una sorta di berretto da sci, le funzionarie della delegazione scelgono la seta con il fermaglio di Swarovski. Sono l’unica a capo scoperto. Pantaloni neri e scarpe basse, giacca lunga e dritta sopra al ginocchio. Due-tre signore mi fanno notare che sull’invito c’è scritto che dobbiamo indossare il velo. Padre iraniano e mamma italiana, sono cresciuta in Piemonte. Parlo un po’ di persiano ma lo leggo a fatica: dell’invito avevo decifrato luogo, data e orario, tralasciando il resto. E comunque siamo in Italia, non vedo perché devo velarmi dovendolo già fare – per legge – a Teheran. Di fatto, nessuno mi impedisce di entrare nella sala a capo scoperto. Nessuno chiede a mio padre Taher, seduto al mio tavolo, di farmi coprire. Vengo invitata ad appoggiare la sciarpa di cotone leggero sui capelli solo quando mi avvicino al tavolo d’onore per consegnare il mio libro We, the Women of Teheran (sui diritti negati alle donne) al presidente Rouhani e al ministro degli Esteri Zarif. Dopotutto, anche dal Papa dovrei andare a capo coperto, lo prevede il cerimoniale. In prima battuta non ero stata invitata alla cena, le voci troppo critiche non sono apprezzate. Insistere con l’ufficio stampa dell’ambasciata è servito. Trecento invitati, i governativi si riconoscono: a un tavolo gli uomini in giacca e camicia alla coreana, in un altro le donne con il velo che non lascia capelli scoperti. Menù concordato dall’hotel Parco dei Principi, ai Parioli, con l’ambasciata: risotto allo zafferano, tortelli cacio e pepe aromatizzati al tartufo, gamberoni e filetto di spigola in crosta di zucchine, funghi e tortino di patate. Dopo il dolce - millefoglie con crema chantilly e gocce di cioccolata - il presidente Rouhani si ritira. Protagonista della serata diventa Zarif, conteso da uomini e donne per i selfie. Elargisce sorrisi: per gli iraniani è l’eroe che ha fatto uscire la Repubblica islamica da un isolamento durato troppo a lungo. Per inviare la propria opinione ai quotidiani, telefonare: lettere@lastampa.it lettere@corriere.it |
Condividi sui social network: |
|
Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui |