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Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 18/12/2015, a pag. 16, con il titolo "Blacklist di ebrei sul web, la Procura apre un'inchiesta", la cronaca di Francesca Paci; dalla REPUBBLICA, a pag. 1-46, con il titolo "I nazi-jihadisti e la vergogna degli elenchi contro gli ebrei", il commento di Carlo Bonini. A destra: l'islamismo è il nuovo antisemitismo nazista Ecco gli articoli: LA STAMPA - Francesca Paci: "Blacklist di ebrei sul web, la Procura apre un'inchiesta"
Da almeno quattro anni circola in Rete l’agghiacciante «Lista degli ebrei influenti italiani, il monopolio ebraico nei mass media in Italia». Un elenco di nomi e ruoli di intellettuali, imprenditori, giornalisti: quelli che secondo l’antisemitismo militante controllerebbero il Paese. Diffuso per la prima volta nel 2011 dal Radio Islam - sito di un gruppo paranoico fascio-integralista attivo da una trentina d’anni - il documento era stato già segnalato, ma ha continuato a vivere nei bassifondi di internet tornando a galla ciclicamente con la sempre sorprendente adattabilità dei pregiudizi immortali. Lo stile è quello delle blacklist dell’odio antisemita moltiplicate online da forum neonazisti come Stormfront, fondato da un ex del Ku Klux Klan, e il tono ricalca la narrativa delirante del suprematismo bianco, la messa all’indice di immigrati, gay, ebrei.
In un micidiale cocktail di immondizia neonazista e antisemitismo “religioso” che si professa musulmano, in Rete torna ad affacciarsi l’infame lista di proscrizione degli “Ebrei influenti in Italia”, già pubblicata nel 2009 dal sito “Stormfront” (da tempo oscurato). Questa volta, sotto la testata “Radio Islam”, incubatore di istigazione all’odio razziale in 33 lingue fondato nel lontano 1996 da Ahmed Rami, ex ufficiale golpista dell’esercito marocchino riparato in Svezia. La sortita di “Radio Islam” arriva infatti due settimane dopo il post in Rete di un video di 14 minuti in cui le stragi di Parigi (130 morti), in un montaggio grottesco nella sua grossolana manipolazione della realtà, venivano declassate a «ridicola farsa» orchestrata da «coloro che hanno creato a tavolino prima Al Qaeda e poi l’Is». Il copyright, in quel caso, era stato del sito “La scienza del Corano” e del suo fondatore. Un altro marocchino. Tale Anass Abu Jaffar, ventisettenne a lungo residente nel bellunese, legato a foreign fighters partiti per la jihad in Siria, ed espulso nel maggio scorso dal nostro Paese per poi riparare a Casablanca. Un altro campione di antisemitismo (come si evince dai post del suo profilo Facebook) e dal significativo seguito di guardoni (100 mila follower). È insomma l’effetto emulativo e seriale di una propaganda “nazi-islamista” (per dirla con le parole di Bernard-Henry Lévy) la questione che pone il velenoso ciarpame messo in circolo in queste settimane e già manifestatosi all’indomani di Charlie Hebdo. E non tanto, o non soltanto, per la potenziale capacità di contagio di quella propaganda su teste matte o fragili (pure non trascurabile). Ma per la sua oggettiva forza di provocazione e di moltiplicatore della barbarie delle parole (prima ancora che dei comportamenti), in ossequio a un’antica equazione per cui, appunto, “odio chiama odio”. La posta in gioco, ancora una volta, è infatti la desertificazione di ogni spazio di tolleranza. In una logica in cui l’uso dell’antisemitismo diventa strumento “naturale” e “virale”, in Occidente, come nelle periferie mediorientali del Califfato, per annichilire la moderazione delle opinioni pubbliche cristiane e musulmane. Unico antidoto all’odio e dunque suo principale nemico. La “lista” di Radio Islam, i deliri della “Scienza del Corano”, sono benzina gettata su un falò che per bruciare ha continuamente bisogno di carburante. Che quando non è sangue è, appunto, il culto verbale dell’annientamento. Religioso o razziale che sia. Per inviare la propria opinione ai quotidiani, telefonare: lettere@lastampa.it rubrica.lettere@repubblica.it |
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