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Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


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La Stampa-Corriere della Sera Rassegna Stampa
29.08.2015 Il Bibi-Pensiero nell'incontro con Renzi
Commento di Maurizio Molinari, cronaca (economica!) di Elisabetta Soglio

Testata:La Stampa-Corriere della Sera
Autore: Maurizio Molinari-Elisabetta Soglio
Titolo: «Iran più pericoloso dell'Isis. Europa e Usa non s'illudano»

Riprendiamo da STAMPA e CORRIERE della SERA di oggi, 29/08/2015, l'articolo di Maurizio Molinari a pag. 9 e quello di Elisabetta Soglio a pag. 15.

La Stampa-Maurizio Molinari: " Iran più pericoloso dell'Isis. Europa e Usa non 'illudano"

Dal pezzo di Molinari, riprendiamo la soluzione del problema mediorientale di Netanyahu, in poche righe spiega come uscirne. Se solo i palestinesi lo volessero. Eccola:
«Con un gruppo simile Abu Mazen non accetterebbe mai nulla», spiega un collaboratore del premier, secondo il quale la formula per arrivare ad un'intesa con i palestinesi è «due Stati-nazione, ognuno dei quali assorbe i suoi profughi, con quello palestinese smilitarizzato».
Una posizione elaborata nei dettagli: «Il nodo non sono gli insediamenti o i confini ma cosa vi sarà dentro, chiediamo il riconoscimento di Israele come Stato ebraico per scongiurare il ritorno dei profughi palestinesi che ci distruggerebbe, noi abbiamo assorbito 800 mila ebrei fuggiti dai Paesi arabi, tocca ad Abu Mazen fare altrettanto con i suoi profughi». Immaginare un ritiro totale di Israele dalla Cisgiordania «è improponibile perché lo abbiamo fatto a Gaza e ci siamo ritrovati sotto i missili di Hamas» senza contare che «anche con il ritiro completo Abu Mazen non accetterebbe Israele come Stato ebraico perché vuole far tornare i profughi a Haifa e Jaffa».
C'è tutto, da ritagliare e tenere a portata di mano.

Ecco l'articolo:

Maurizio Molinari

Bibi con Renzi

L'Iran punta a dominare il mondo e si infiltra anche in Libia, Isis può essere battuto solo con truppe di terra, Abu Mazen non vuole l'accordo di pace e l'Africa può essere terreno di cooperazione: sono i messaggi che Benjamin Netanyahu porta oggi a Matteo Renzi, accompagnati da una previsione sull'accordo di Losanna sul nucleare di Teheran, ovvero che ad affossarlo sarà il successore di Obama. A descrivere idee e contenuti del premier di Gerusalemme sono i suoi più stretti collaboratori che lo accompagnano nella visita. «Isis minaccia tutti - esordisce uno di loro -e può essere battuto ma serve l'intervento di terra ed al momento non c'è una leadership internazionale per guidarlo». Isis si affaccia sull'Italia dalla Libia «a cui Israele guarda per l'impatto che ha sull'Egitto» e fra le constatazioni c'è «la presenza di gruppi sostenuti dall'Iran che operano, si infiltrano».
D'altra parte, aggiunge un altro funzionario, «Qassem Soleimani, capo della Forza Al Qods dei pasdaran, ha minacciato la Giordania».
II disegno di Teheran
Sono le conferme del «disegno dell'Iran di conquistare la nostra regione e dominare il mondo» con un progetto su più binari: «La corsa all'arma nucleare, la realizzazione di missili intercontinentali, il sostegno a gruppi come gli houthi in Yemen e gli Hezbollah in Libano per destabilizzare i Paesi, cellule terroristiche in 32 Paesi, attacchi cibernetici e un'industria bellica con 60 mila dipendenti per realizzare dai satelliti ai sottomarini». Visti da Gerusalemme, lo Stato Islamico del Califfo e la Repubblica Islamica di Ali Khamenei sono «due volti della stessa minaccia» e la richiesta all'Europa è di «combatterle entrambe» tenendo però presente che «Teheran corre verso l'atomica mentre Isis si muove sui pick-up»
e dunque è l'Iran il pericolo maggiore. «L'accordo di Losanna offre a Teheran più strade per l'atomica - aggiungono le fonti israeliane - e gli consente da subito di avere maggiori risorse per perseguire le aggressioni contro i vicini, costruire missili che minacciano l'Europa del Sud e presto minacceranno gli Usa». Da qui la necessità di battersi contro l'intesa sul nucleare «molti Paesi della regione, dall'Arabia Saudita agli Emirati fino all'Egitto, chiedono a noi di premere su Washington». La battaglia al Congresso sulla risoluzione anti-accordo terminerà con il voto in settembre e la previsione è che passerà nella prima votazione ma poi Obama metterà il veto e «potrebbe non esserci la maggioranza qualificata per annullarlo». La battaglia però continuerà «perché non è un Trattato ma un atto esecutivo del Presidente che potrà essere rovesciato dal successore». Israele dunque guarda al dopo-Obama sull'Iran: se Netanyahu si batte con tanta determinazione è perché scommette sul nuovo presidente Usa, in carica dal 20 gennaio 2017. Ciò contiene un messaggio per le aziende italiane che corrono a Teheran: «Avranno guadagni facili nel breve termine, ma nel lungo termine sarà contro-producente».
I dubbi sulla strategia Usa
La tesi dell'amministrazione Usa sulla possibilità di innescare una rivoluzione in Iran non convince: «II successo della repressione dipende dal numero delle persone che si uccidono e in Iran sono tante». Dunque «sebbene in Iran la maggioranza della popolazione guardi con favore all'Occidente a governare resterà il regime di Ali Khamenei» che «adopera Rouhani e Zarif come dei portavoce». Sul fronte del negoziato di pace, l'incontro con Renzi serve per chiedere all'Italia di non seguire la Francia nell'«International Support Group» ovvero la creazione di un gruppo di nazioni per favorire la ripresa dei negoziati fra Israele e palestinesi. «Con un gruppo simile Abu Ma-zen non accetterebbe mai nulla», spiega un collaboratore del premier, secondo il quale la formula per arrivare ad un'intesa con i palestinesi è «due Stati-nazione, ognuno dei quali assorbe i suoi profughi, con quello palestinese smilitarizzato».
Una posizione elaborata nei dettagli: «Il nodo non sono gli insediamenti o i confini ma cosa vi sarà dentro, chiediamo il riconoscimento di Israele come Stato ebraico per scongiurare il ritorno dei profughi palestinesi che ci distruggerebbe, noi abbiamo assorbito 800 mila ebrei fuggiti dai Paesi arabi, tocca ad Abu Mazen fare altrettanto con i suoi profughi». Immaginare un ritiro totale di Israele dalla Cisgiordania «è improponibile perché lo abbiamo fatto a Gaza e ci siamo ritrovati sotto i missili di Hamas» senza contare che «anche con il ritiro completo Abu Mazen non accetterebbe Israele come Stato ebraico perché vuole far tornare i profughi a Haifa e Jaffa».
«Italia ponte con l'Europa»
In tale quadro Israele guarda all'Italia come ad un «ponte con l'Europa» con cui promuovere «sicurezza e prosperità nel Mediterraneo» cooperando anche in Africa - a cominciare dal Sahel - per creare sviluppo al fine di battere la povertà, fermare l'esodo di popolazioni e tagliare le radici al jihadismo.

 

Corriere della Sera-Elisabetta Soglio: "Italiani, pagate troppe tasse: il grafico di Bibi"

Chissà se qualcuno del nostro governo leggerà e imparerà a memoria la teoria di Laffer come l'ha spiegata Bibi ? Il segreto del successo dell'economia israeliana non poi così segreto !

 
Elisabetta Soglio

Ecco il tovagliolo di carta sul quale Netanyahu ha evidenziato la teoria di Laffer applicata in Israele

Prima ha sgranato gli occhi: «What?!». Poi ha chiesto una penna e, disegnando un grafico sul retro del foglio con il menù della cena, Benjamin Netanyahu ha improvvisato la lezione di fiscalità. Suo interlocutore, nella saletta riservata del ristorante di Palazzo Italia, il commissario unico di Expo Giuseppe Sala. Proviamo a ricostruire la scena. Siamo, giovedi sera, al termine della visita (blindatissima) di Netanyahu all'Expo: padiglione di Israele, poi Cina, Stati Uniti e infine lo spazio italiano. Tutto bellissimo, «un grande successo», ripete lui davanti ai microfoni e in separate sedi. Al tavolo del ristorante gestito da Peck siedono anche la moglie del premier israeliano, Sara, e il commissario del Padiglione Italia Diana Bracco. Si parla ancora di Expo, «un'organizzazione davvero incredibile per un evento con così tante complessità», si complimenta.
Poi la politica intema: «Ho sentito che il vostro primo ministro Matteo Renzi sta avviando una manovra per abbattere le tasse», è lo spunto. Ed ecco la domanda a Sala: «Ma lei quanto paga di tasse?». «Mah, circa il 50 per cento. Stupore di Netanyahu: «Come?!». Il premier scuote la testa e chiede a Sala una penna. La discussione si anima e interviene anche Diana Bracco, che è imprenditrice ed è stata ai vertici dell'associazione degli industriali: «Per le aziende è peggio, la tassazione in Italia è altissima». Arriva il cameriere con la penna e Netanyahu illustra il principio della curva di Laffer su un asse c'è il «tax rate», l'aliquota fiscale e sull'altro le «tax revenues», le entrate fiscali. Se tu tieni al massimo di 100 o al minimo di 0 (zero, ndr) le tasse, quello che incassi è sempre zero. Se tracci però la curva che incrocia i due dati, trovi un punto di equilibrio e verifichi che risali questa curva solo diminuendo le tasse. «Noi abbiamo fatto così — garantisce il premier israeliano — e ha funzionato. Siamo riusciti a tagliare l'aliquota fiscale dal 36 al 25 per cento e gli introiti fiscali sono cresciuti». Netanyahu, che fino al 2005 è stato ministro delle Finanze, garantisce che la teoria funzioni. Sala e Bracco ascoltano e memorizzano la curva di Lasser. La cena, dopo il risotto alla milanese, prosegue con il «branzino all'amo arrostito in foglie di lattuga, bottarga e vellutata di zucchine in fiore». Sala piega il foglio dove, dietro agli elaborati nomi dei piatti serviti, c'è la ricetta per pagare meno tasse garantendo più entrate allo Stato: «Posso conservarlo? chiede a Netanyahu. «Certo, non è un segreto».

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