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Corriere della Sera - Il Manifesto - AdnKronos - Libero Rassegna Stampa
14.04.2015 Ma non riabilitate Günter Grass: prima nazista, poi odiatore di Israele
Commento di Pierluigi Battista; florilegio di dichiarazioni dal Manifesto, AdnKronos (Moni Ovadia), Libero

Testata:Corriere della Sera - Il Manifesto - AdnKronos - Libero
Autore: Pierluigi Battista
Titolo: «Günter Grass: sferzò la Germania e la sua vergogna, poi ammise il passato nazista: uno choc»

Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 14/04/2015, a pag. 42, con il titolo "Günter Grass: sferzò la Germania e la sua vergogna, poi ammise il passato nazista: uno choc", il commento di Pierluigi Battista; segue un florilegio di dichiarazioni dal MANIFESTO, dall'agenzia AdnKronos su Moni Ovadia, da LIBERO.

Ecco l'articolo di Battista, seguono le dichiarazioni:


Günter Grass

CORRIERE della SERA - Pierluigi Battista: "Günter Grass: sferzò la Germania e la sua vergogna, poi ammise il passato nazista: uno choc"

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Pierluigi Battista

Disse, nel 2006, che si era portato dentro «come una vergogna» per sessant’anni, con un «senso di colpa» inestinguibile, quell’inconfessato arruolamento nelle Waffen-SS, dove prestò giuramento a diciassette anni nel febbraio del ’45: non nell’esercito, ma nella milizia speciale del Reich hitleriano, «un’unità d’élite» colpevole di infiniti crimini. Era il 2006 quando Günter Grass, prima in un’intervista e poi più distesamente nel libro Sbucciando la cipolla , decise di smetterla di raccontare bugie sul suo passato giovanile e di mettere a nudo il grande «segreto» tenuto nascosto per tanti anni.

«Più venivo a conoscenza dei crimini delle Waffen-SS, più si aggravava la vergogna di averne fatto parte. Io so quali ferite il simbolo delle SS, il termine SS, riapra nella memoria di molti degli abitanti di Israele e devo accettare che la doppia S sarà per me il marchio di Caino fino alla fine dei miei giorni». Probabilmente quella confessione tardiva non avrebbe suscitato tanto scalpore se non si fosse trattato di Günter Grass. «Il sismografo spirituale della Germania», come lo ebbe a definire Gian Enrico Rusconi, l’intellettuale che invocava il «perenne castigo del popolo tedesco», il sacerdote della memoria sfregiata, il maestro collocato su un «piedistallo etico» che denunciava senza sosta «il vergognoso passato nazionale, la vera ulcera della storia tedesca» e che continuava ad essere disonorato dalla rimozione e dalla cancellazione delle responsabilità di un passato mostruoso.

Ma come Grass era lo stesso scrittore che impersonava «l’istanza morale» della Germania? L’uomo che denunciava la dimenticanza e le menzogne che i tedeschi hanno usato per autoassolversi e non fare i conti con se stessi, si trincerava dietro le stesse menzogne per nascondere il proprio, di passato? Lui, che aveva consigliato a Willy Brandt di inginocchiarsi contrito davanti alle rovine del ghetto di Varsavia stuprato dai nazisti, aveva consigliato a se stesso di addolcire il passato, di raccontare di se stessi una storia falsa ed edulcorata? Lo scrittore che si indignò nel 1985 perché durante una visita nella Repubblica Federale Tedesca l’allora presidente americano Ronald Reagan aveva reso omaggio assieme al cancelliere Kohl ai quaranta militari delle SS sepolti accanto ai soldati americani nel cimitero di Bitburg era forse lo stesso scrittore che nelle SS si era arruolato volontario quando, come sostenne Joachim Fest, ci si poteva arruolare «nella Wehrmacht per evitare di finire coscritti a forza nelle SS»?

Forse Grass non si aspettava l’uragano di polemiche che la sua confessione inevitabilmente provocò. Non si rese conto che a ad essere messa in discussione non era la confessione in sé, ma il fatto che nella sua figura di moralizzatore Grass aveva accusato la Germania della stessa mancanza di coraggio che lui aveva patito con se stesso. Pochi anni prima, con il suo Passo del gambero , Grass aveva descritto le traversie della popolazione civile tedesca che subirono nelle zone orientali la furia vendicativa dell’Armata Rossa in marcia verso Berlino. Nessuno poteva immaginare che quel libro sarebbe stato l’antefatto psicologico della sua confessione. Il «marchio di Caino» non lo avrebbe più risparmiato. «Fino alla fine dei miei giorni», aveva detto Grass. E così è stato.

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IL MANIFESTO, pag. 1, sintetizza la figura di Grass con queste righe: "E' morto a 87 anni lo scrittore tedesco Premio Nobel 1999. Intellettuale controverso, ha rappresentato una coscienza morale della Germania. Nei suoi romanzi, testi teatrali, poesie e anche sculture ha lottato contro la rimozione della memoria".
Non un cenno all'ostilità contro Israele, non un cenno ai trascorsi nazisti. Ma questa è la visione del quotidiano comunista.


Moni Ovadia

(AdnKronos) - «Con la morte di Guenter Grass se ne va un altro importante pezzo del Novecento. Con i suoi testi e con la sua storia aveva bene incarnato la nodalità della Germania nel secolo scorso, le sue tragedie e poi il suo proiettarsi verso il futuro». Lo afferma, all'Adnkronos, Moni Ovadia, drammaturgo, scrittore e compositore.
Anche in questo caso, non un cenno all'arruolamento volontario di Grass nelle SS e, come prevedibile, non un cenno all'ostilità di Grass contro Israele. In puro 'stile' Ovadia.

LIBERO, a pag. 26, scrive: "Il principale critico letterario tedesco, Marcel Reich-Ranicki,  il priù importante critico letterario del '900 in Germania, lo dipinse come 'ampiamente sopravvalutato' e si fece fotografare sulla copertina del settimanale Der Spiegel impegnato a strappare una copia del romanzo Ein weites Feld (E' una lunga storia).


Reich Ranicki strappa le pagine di un libro di Grass

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