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La Stampa-Il Giornale Rassegna Stampa
28.02.2015 Palestina in Parlamento (2): un auspicio non è un riconoscimento
Cronaca, delusi & soddisfatti, l'opinione di Fiano, Gramellini in totale confusione

Testata:La Stampa-Il Giornale
Autore: Ilario Lombardo-Laura Cesaretti-Massimo Gramellini
Titolo: «Niente riconoscimento per la Palestina, solo auspici-Il dem ebreo minimizza 'Compromesso accettabile, evitarlo un errore fatale-Mozione e rimozione»

Voto in Parlamento 2:
Riprendiamo dalla STAMPA la cronaca di Ilario Lombardo a pag.8. Dal GIORNALE l'intervista di Laura Cesaretti a Emanuele Fiano a pag.4. Dalla STAMPA il commento di Massimo Gramellini a pag.1.
Su tutti il nostro commento.

La Stampa-Ilario Lombardo: "Niente riconoscimento per la Palestina, solo auspici"

Non era facile riassumere quanto è avvenuto del dibattito parlamentare ieri. Lombardo lo racconta con continui slalom, obbligatori. Per i nostri lettori spieghiamo che la siglia Ap-Sc indica i gruppi degli alleati di centro del governo. Da notare l'assenza del centro destra. Possibile che non ci sia stato nessun intervento ?

Con una mossa da equilibrista, il parlamento italiano è riuscito nel capolavoro di mettere d'accordo israeliani e palestinesi, perlomeno nella loro rappresentanza diplomatica: «Grazie Italia. II Parlamento italiano ha votato a favore del riconoscimento dello Stato di Palestina», esulta l'ambasciata palestinese. «Accogliamo positivamente la scelta del Parlamento italiano di non riconoscere lo Stato palestinese e di aver preferito sostenere il negoziato diretto», esulta l'ambasciata israeliana. Sembra incredibile, ma è tutto vero: una contraddizione che cristallizza quanto è accaduto nel suk parlamentare che ha votato una mozione bicefala, un'approvazione «si, ma» che ha scatenato l'ennesima lacerazione in seno al Pd. Le cose sono andate così: dopo un complicato dibattito, scivolosi veti e posizioni opposte, la Carnera ha approvato due testi differenti, su cui il governo, rappresentato in aula dal ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, si è espresso indistintamente a favore. Da una parte la mozione del Pd che aveva trovato la quadra tra le diverse anime del partito con una formulazione che suona più che altro come un auspicio: in quanto «sulla base del reciproco riconoscimento» impegna il governo a conseguire l'«obiettivo» (questa è la parola cardine) di «promuovere il riconoscimento della Palestina quale Stato democratico e sovrano entro i confini del 1967 e con Gerusalemme quale capitale condivisa». Dall'altra la mozione degli alleati Ap-Sc che senza prevedere l'esplicito riconoscimento, lo subordina al raggiungimento «di un'intesa politica tra il gruppo islamico Hamas e il suo antagonista laico le e alla fine delle violenze per mano del gruppo islamista. Interpretazioni post voto Una contorsione semantico-politica che ha subito scatenato una rissa interpretativa e accuse di scelte pilatesche contro il governo, con piccoli ordinari ammutinamenti: 63 deputati della minoranza Pd non votano la mozione centrista; una decina vota invece quella, meno sfumata, di Sel, poi bocciata; a sua volta. Sel converge sul documento del Pd, il più votato con 345 si, compresi quelli dei centristi. E così, al netto delle fiondate del M5S, la situazione si ingarbuglia in dichiarazioni di esultanza e delusione. Emanuele Fiano, Pd, ex consigliere Ucei, gioisce per l'esito che «evita estremismi ideologici». Arturo Scotto, capogruppo Sel, parla di «giornata storica» ma ammette «l'ambiguità di un governo che ha due maggioranze». Stefano Fassina definisce «ridicolo» il sostegno a due documenti «in contraddizione». Tesi non condivisa da Enzo Amendola, responsabile esteri del Pd, e autore con Roberto Speranza del testo, per il quale «l'importante è il risultato finale: la nostra mozione è prevalente, nessun contrasto». Peccato che Fabrizio Cicchitto, Ap, precisi che non è un «riconoscimento sic et simpliciter» e «il senso è chiarito nella mozione di Ap e Sc». Chi ha ragione e chi ha torto? Una domanda che lo stesso ministro Gentiloni fuori dall'aula ha evitato, sviando i cronisti in una nuvola che pareva di imbarazzo. In questo garbuglio parlamentare il documento dei centristi, da regolamento, sarebbe una semplice integrazione, ma il punto è tutto politico: senza questa concessione non avrebbero votato la mozione del Pd e la maggioranza si sarebbe spaccata.

 Il Giornale-Laura Cesaretti:" Il dem ebreo minimizza 'Compromesso accettabile, evitarlo un errore fatale "

L'intervista a Emanuele Fiano è interessante, perché conferma la delusione di quanti volevano una votazione che spiazzasse Israele. Delusi i vecchi dell'ex PCI, deluse le sinistre estreme, ne è venuto fuori il meno peggio. Se guardiamo agli altri parlamenti europei, l'Italia rappresenta una contro-tendenza positiva.

Emanuele Fiano, parlamentare del Pd ed ebreo milanese, è nonostante tutto soddisfatto del compromesso un po' pasticciato che si è raggiunto ieri a Montecitorio con le due diverse mozioni di maggioranza sul Medio Oriente. Mozioni in cui, sottolinea, «il riconoscimento diretto dello stato di Palestina, che ora sarebbe stato un errore, non c'è». Onorevole Fiano, il suo capogruppo Roberto Speranza però ha twittato il contrario: dice che è stato approvato il riconoscimento. Come la mettiamo? «E colpa dei 140 caratteri di Twitter, mettiamola così. Speranza non poteva precisare che il riconoscimento e la linea dei due popoli-due Stati è l'obiettivo che abbiamo tutti, ma solo a valle di un mutuo riconoscimento tra palestinesi ed israeliani. D'altronde, se ci fosse stato, io non avrei potuto condividere la mozione del mio partito». Quindi non è vero c he avete votato due mozioni di maggioranza contrapposte? «Beh, certo sarebbe stata più auspicabile una mozione unica. C'è una differenza di sfumature tra i due testi, anche se come si sa le sfumature sono centrali in qualsiasi discussione sul e nel Medioriente. La cosa importante comunque è che è stato fatto un lavoro di approfondimento e mediazione molto importante dal ministro Paolo Gentiioni e dal gruppo Pd, Enzo Amendola in particolare, per produrre un testo che ricalca i fondamenti degli accordi di Oslo: solo dalla trattativatra le parti può scaturire il mutuo riconoscimento». Quindi il risultato la soddisfa, nonostante il pasticcio? «Certamente. E, come ero certo, vedo che anche l'ambasciata di Israele riconosce lo sforzo positivo che c'è stato. Io sono convinto che alla fine si debba arrivare ad uno Stato palestinese, anche se certo non mi scordo cosa c'è scritto nello statuto di Hamas, che vuole la distruzione di Israele». Perché nella sinistra è così difficile trovare una posizione equilibrata e non pregiudizialmente filo-palestinese? «E una storia lunga, che deriva dalla Guerra fredda quando l'Urss si schierò col mondo arabo. E negli anni in cui si è formata la generazione del Pd odierno i palestinesi sono stati percepiti come la parte debole con cui schierarsi, contro Israele. Con delle eccezioni, naturalmente: Napolitano, Veltroni, Fassino, Rutelli. E ora Matteo Renzi». Stefano Fassina peró dice che la linea tenuta oggi da Pd è «ridicola». «Non ricordo negli ultimi mesi una sola volta in cui Fassina sia stato d'accordo col Pd. Mi sarei stupito del contrario».

La Stampa-Massimo Gramellini:" Mozione e rimozione"


Massimo Gramellini


Chi non ha capito niente è invece Massimo Gramellini - gli succede spesso - a furia di vestire i panni del novello Montanelli, e di credere di esserne la reincarnazione, confonde Roma con Toma.
Intanto ieri l'Italia NON ha riconosciuto la Palestina, qualcuno alla Stampa lo informi, con cautela, dicono abbia un carattere piuttosto iracondo. In campo storico-geografico poi, perché non va in Israele, una buona occasione per incontrare Maurizio Molinari, che gli farà vedere un edificio a Gerusalemme che si chiama Knesset, gli dirà che è il Parlamento, dove si possono incontrare i deputati, lì a Gerusalemme e non a Tel Aviv, come invece scrive Gramellini. Un viaggio piacevole e istruttivo. Potrebbe anche suggerirglielo il direttore, se qualche nostro lettore glielo suggerisce direttore@lastampa.it


Mario Calabresi

Ecco il pezzo: 

Mozione e rimozione Ieri l'Italia ha riconosciuto la Palestina per quasi cinque minuti, il tempo intercorso tra la mozione favorevole del Pd e quella irta di distinguo dei suoi alleati di centro, entrambe approvate dalla maggioranza dei parlamentari con il sostegno entusiasta del governo. Poi uno si chiede come ci vedono all'estero. Così. Nei secoli infedeli. Adulteri esistenziali, incapaci di rispettare un patto e di fmire una guerra dalla parte in cui l'hanno incominciata. Il Paese degli inciuci e dei distinguo, delle leggi dove il secondo comma contraddice sistematicamente il primo. Di un primo ministro (Berlusconi, ma Andreotti non fu da meno) che la mattina visitava in lacrime un ospedale di Gaza e al pomeriggio abbracciava calorosamente i deputati di Tel Aviv. In Italia, diceva Flaiano, la linea più breve tra due punti è l'arabesco. Alla schiena dritta si preferiscono le evoluzioni dei dervisci e alle mosse rigide delle torri quella del cavallo, un passo avanti e due di lato, ma solo per tornare a farne uno indietro. Gli esperti sapranno sicuramente spiegarci le sfumature di questo ridicolo o forse geniale pateracchio che ha rassicurato gli israeliani e illuso i palestinesi senza deluderli del tutto, lasciando una porta aperta, per quanto spalancata sul vuoto. Tanto vale rassegnarsi. Accettare il talento cialtrone che il mondo intero ci riconosce. Sorriderne, magari. E continuare a esercitarlo con la professionalità che, almeno in questo campo, non ci è mai venuta meno

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