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Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 11/12/2014, a pag. 19, con il titolo "Colpito negli scontri muore un ministro palestinese e sale la tensione", la cronaca di Fabio Scuto; dal CORRIERE della SERA, a pag. 21, con il titolo "Si accascia dopo gli scontri: muore ministro palestinese", la cronaca di Lorenzo Cremonesi.
LA REPUBBLICA - Fabio Scuto: "Colpito negli scontri muore un ministro palestinese e sale la tensione" Fabio Scuto non perde occasione per scrivere articoli apertamente sbilanciati che contengono sempre e comunque la condanna di Israele. Ecco l'articolo:
«I can't breathe», «non respiro», le sue ultime parole prima di crollare sul prato verde e soleggiato della valle di Turmusaya. E' morto così Ziad Abu Ein, il ministro palestinese per gli insediamenti, stroncato da un infarto dopo essere stato colpito con un casco al petto e preso per la collottola da un soldato israeliano mentre con i duecento contadini che lo seguivano voleva piantare degli ulivi in quella terra confiscata agli agricoltori palestinesi, per consentire l'ampliamento dell'insediamento colonico di Adei Ad. Era una delle tante manifestazioni di protesta che si svolgono ogni giorno nei Territori palestinesi occupati, per la distruzione di una fattoria, per l'acqua tagliata, per i frutteti distrutti, per la terra rubata. Proteste che finiscono invariabilmente per essere disperse dai venefici gas sparati dall'Esercito, granate assordanti e dalle pallottole di gomma. Proteste spontanee e quotidiane che segnalano il degrado della situazione in Cisgiordania, la continua erosione per mille motivi diversi, ma sempre giudicati validi dalle autorità israeliane, delle terre oggetto del negoziato di pace, quelle oltre la Linea Verde dove vivono ormai oltre 500 mila israeliani. E in questi insediamenti — nonostante le critiche interne e quelle internazionali — si continua a costruire creando una frizione continua con la popolazione araba residente. ll timore adesso è che la morte del ministro palestinese inneschi un circuito di violenze in tutti i Territori occupati. Ziad Abu Ein è morto di infarto, probabilmente indotto dallo stress e dal pestaggio subito, come testimoniano le foto e le riprese della tv presente sul posto. L'esercito israeliano ha annunciato una sua inchiesta sull'accaduto ma non basta per calmare gli animi. All'autopsia del ministro nell'ospedale di Ramallah dove è stato trasferito parteciperà anche un patologo israeliano e altri esperti forensi stanno arrivando dalla Giordania. Nella capitale de facto della Palestina la tensione è altissima. Il presidente Abu Mazen è rimasto profondamente colpito dall'accaduto — Abu Ein era un dirigente di vecchia data di Fatah — ed ha proclamato tre giorni di lutto nazionale. «Questa barbarie non può essere accettata», ha detto. Il presidente palestinese ha anche annunciato il blocco di tutti i contatti e del coordinamento di sicurezza con Israele. Dall'altra parte, l'esercito israeliano è stato messo in stato d'allerta per possibili manifestazioni e proteste anche a Gerusalemme. Sul tavolo del premier uscente Benjamin Netanyahu, che sta combattendo per la sua sopravvivenza politica alle elezioni anticipate di marzo, sono piovute le richieste di Stati Uniti, Onu e dell'Ue di fare subito chiarezza sulle circostanze della morte del ministro palestinese. A loro si è unita anche l'Italia per voce del ministro degli Esteri Paolo Gentiloni. Netanyahu ha anche un incontro con il capo della diplomazia Usa Kerry domenica a Roma, sul tavolo la prossima richiesta palestinese di riconoscimento al Consiglio di sicurezza Onu e la fine dell'occupazione della Cisgiordania entro il 2016. CORRIERE della SERA - Lorenzo Cremonesi: "Si accascia dopo gli scontri: muore ministro palestinese" L'articolo di Lorenzo Cremonesi non è fazioso come quello di Fabio Scuto. Al contrario, nella prima parte Cremonesi delinea un ritratto puntuale sia di chi ha già trasformato Ziad Abu Ein in un "martire" della guerra santa contro Israele, sia del ministro palestinese, di cui viene riportata la sanguinosa attività terroristica. Ecco l'articolo:
Sono circa le due del pomeriggio quando la notizia della morte di Ziad Abu Ein negli scontri con i soldati israeliani si diffonde nel campus di Bir Zeit, che con i suoi oltre 11 mila studenti costituisce la più grande università palestinese della Cisgiordania. Arrivano via Twitter le prime foto della vittima stesa a terra tra gli ulivi. Gli attivisti del Fatah assieme ai gruppi della sinistra radicale sfilano per un breve corteo. Rilanciano l'ordine della sciopero generale «per i prossimi tre giorni» appena promulgato dall'ufficio del presidente Abu Mazen. «Sarebbe il momento di tornare alla mobilitazione popolare che ispirò la prima intifada nel 1987», commenta il ventenne Walid Kabana. Quelli del «Blocco Islamico» legato ai radicali di Hamas restano un poco in disparte. «La nostra battaglia è più decisa. Vogliamo scacciare tutti gli ebrei dal nostro Paese», dice il diciannovenne Abduk Rachman Hamdan, iscritto alla facoltà di ingegneria. L'incidente è grave, va ben oltre l'orizzonte dei movimenti universitari. Ziad Abu Ein, 55 anni, è un personaggio noto. Militante di Fatah sin da ragazzino, nel 1979 venne condannato alla pena capitale, poi commutata in ergastolo, per aver partecipato all'attentato che causò la morte di due giovani israeliani. Negli anni Ottanta fu parte degli accordi che portarono Israele a liberare migliaia di detenuti in cambio di alcuni suoi soldati prigionieri e i resti di quelli uccisi in Libano. Più di recente era diventato ministro del gabinetto Abu Mazen incaricato della lotta contro le colonie ebraiche. La dinamica della sua morte resta controversa. Ciò che è certo è che lui stava marciando con circa 200 persone per cercare di bloccare le requisizioni di terre nei pressi della colonia di Shilo, non lontano dalla città araba di Nablus. Per fermarli i soldati israeliani hanno cominciato a tirare lacrimogeni. Lui è caduto a terra svenuto ed è deceduto nell'ambulanza prima di raggiungere l'ospedale di Ramallah, circa sette chilometri da Bir Zeit. Il motivo? Secondo i palestinesi sarebbe stato percosso e centrato da un candelotto al petto. Un fotografo della Reuters ha diffuso il filmato di un soldato che lo colpisce al collo. Israele ha aperto un'inchiesta, ma intanto i suoi portavoce avanzano la tesi che la vittima soffrisse di cuore, tanto da morire di infarto. L'incidente getta benzina sul fuoco. Nel pomeriggio sono riprese manifestazioni violente. Un arabo dodicenne è ferito grave. La comunità intemazionale chiede di mantenere la calma. Federica Mogherini, nella veste di responsabile Esteri europea, parla preoccupata di «uso eccessivo della forza» da parte israeliana e invoca «un'inchiesta indipendente». Per inviare la propria opinione a Repubblica e al Corriere della Sera, telefonare: rubrica.lettere@repubblica.it lettere@corriere.it |
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