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Corriere della Sera - La Stampa Rassegna Stampa
10.10.2014 A Patrick Modiano il Nobel per la Letteratura 2014
Articoli di Paolo Salom - Gabriella Bosco

Testata:Corriere della Sera - La Stampa
Autore: Paolo Salom - Gabriella Bosco
Titolo: «A Parigi dalla Toscana, via Salonicco - Un Nobel alla ricerca del tempo introvabile»

Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 10/10/2014, a pag. 48, con il titolo "A Parigi dalla Toscana, via Salonicco", l'articolo di Paolo Salom; dalla STAMPA, a pagg. 1 e 28, con il titolo "Un Nobel alla ricerca del tempo introvabile", l'articolo di Gabriella Bosco.
Per chi non lo conoscesse ancora, consigliamo di iniziare con "Dora Bruder".


Patrick Modiano, premio Nobel per la Letteratura 2014


Alcuni dei libri di Modiano

CORRIERE della SERA - Paolo Salom: "A Parigi dalla Toscana, via Salonicco"


Paolo Salom

Francesca Modiano sta consultando un volume che si intitola The Genealogical Story of the Modiano Family (Storia genealogica della famiglia Modiano) alla ricerca della pagina che possa confermare una connessione tra i suoi avi e quelli di Patrick, Premio Nobel che certo aggiunge lustro a una famiglia antica, prestigiosa (e numerosa: sono almeno 1.700). «Il libro — spiega Francesca, 51 anni, al telefono dalla sua casa milanese — è stato scritto da un Mario Modiano, in Grecia. È in inglese per permettere a tutti noi che portiamo questo cognome di conoscere i nostri avi, le nostre connessioni nei secoli: i Modiano sono sparsi ovunque». Francesca ha un fratello che si chiama Patrick, come il Premio Nobel per la letteratura. «Da ieri — conferma Francesca al “Corriere” — riceviamo messaggini di congratulazioni, su Facebook s i sprecano le battute. In verità io non so se e quando la famiglia dello scrittore e la nostra siano collegate. Potremmo anche avere un parente in comune, visto che la nostra storia comincia nel 1570 a Salonicco. Ma non sono in grado di confermarlo». Nel libro di Mario si racconta di come un Samuel Modillano si stabilì a Salonicco sotto il dominio Ottomano alla fine del Sedicesimo secolo. Rabbino e studioso, Samuel arrivava dall’Italia, probabilmente da Modigliana (oggi nel forlivese, nel ‘500 appartenente alla Toscana). Per via delle differenti grafie il cognome divenne Modiano. Molti continuarono a registrarsi presso i consolati del Granducato prima e dell’Italia poi per non perdere la cittadinanza. Altri si legarono a differenti nazionalità e si sparsero per il Vecchio e il Nuovo mondo. Un discendente di uno dei tanti rami italiani, Albert, padre del futuro Premio Nobel, nacque a Parigi nel 1912. Verso la fine della Seconda guerra mondiale si legò a Louisa Colpijn, attrice fiamminga non ebrea che nel 1945 diede alla luce Patrick. Albert Modiano sfuggì alle persecuzioni naziste non senza ambiguità. Suo figlio ne sarebbe stato per sempre influenzato.

 
LA STAMPA - Gabriella Bosco: "Un Nobel alla ricerca del tempo introvabile"

Un Nobel per la letteratura come questo è un vero capolavoro. Per chi conosca Patrick Modiano, è inevitabile, adesso, pensare al gorgo nevrotico in cui sarà caduto nel ricevere la notizia. Del resto, nessuno da Stoccolma è riuscito a raggiungerlo prima dell’annuncio ufficiale. Questo riconoscimento è per lui il più azzeccato e il più inevitabile: Modiano è un uomo fatto di scrittura, la sua vita, il suo essere sono scrittura. Ma è una persona per la quale apparire è la sofferenza più grande. Il primo sentimento, appresa la decisione dei giurati, è di protezione nei suoi confronti. Come farà a recarsi a Stoccolma? Ci andrà? Subito dopo l’annuncio del premio, ha detto di sì, vedremo. Grandissimo romanziere, oggi sessantanovenne, ha costruito un’opera come ce ne sono poche in giro per il mondo. Da un libro all’altro, un continuo rinvio alla ricerca di un’identità perduta: quella di chi, concepito durante l’Occupazione, figlio di genitori incapaci di esserlo, da sempre torna a quegli anni, all’incubo dell’abbandono, alla fatica e insieme alla necessità di sopravvivere, allo sfuggire delle forme, al sottrarsi delle certezze. Il riconoscimento gli è stato assegnato «per l’arte della memoria con la quale ha evocato i destini umani più inafferrabili e svelato la vita reale durante l’Occupazione», spiega la motivazione della Reale Accademia. E il più inafferrabile di tutti rimane il suo, un destino segnato. Se si dovesse dare una definizione del «modianesco», termine lessicalizzato nel francese letterario contemporaneo, e che sta a indicare il suo stile inconfondibile, si dovrebbe parlare di un fraseggio secco, molto spezzato, quasi impersonale, ma trascinante nella sua asciuttezza, applicato a vicende minuziosamente scannerizzate, il cui palcoscenico è per lo più la Parigi degli anni bellici, ricostruzioni quasi maniacali nella loro precisione di fatti che però, sorprendentemente, nel loro insieme restano lacunosi, aperti, incompiuti. E sentirlo parlare, se si riesce a incontrarlo, equivale a leggerlo. I tanti romanzi di Modiano, dal primo, Place de l’Etoile , del 1968, a Villa triste o Rue des Boutiques obscures (vincitore del Goncourt nel 1978 a scapito di un altro grande libro, La vie mode d’emploi di Georges Perec) passando per Sconosciute, Dora Bruder, Bijou , e sino a Pedigree, Nel caffè della giovinezza perduta , L’orizzonte , o all’ultimo titolo, in libreria da pochi giorni, Pour que tu ne te perdes pas dans le quartier – sono come le tessere di un mosaico che racconta una sola storia, ma tessere che non si incastrano mai bene, e che noi lettori continuiamo a far girare sul tavolo per trovar loro una sistemazione, impossibile. «Sono nato il 30 luglio 1945 a Boulogne-Billaincourt, allée Marguerite 11, da un ebreo e da una fiamminga che si erano conosciuti a Parigi durante l’Occupazione», comincia Pedigree, il romanzo della svolta, quello in cui Modiano ha avuto finalmente la forza di dire «io». «Sono un cane che fa finta di avere un pedigree», scrive infatti Modiano autoironico nel mettere su pagina il suo tentativo di confessione. Il ritratto di Raymond Queneau, verso la fine, è un omaggio a chi, gratuitamente, prese per mano un Patrick ai suoi primi passi come scrittore, dopo la separazione definitiva da un padre assente e ingombrante al tempo stesso. All’origine ci sono stati infatti quei genitori «colpevoli», un padre di origine italiana implicato in loschi affari legati al mercato nero, e una madre vagamente attrice che dopo aver messo al mondo Patrick e Rudy non seppero occuparsi di loro, li sistemarono di pensionato in pensionato, soli, fino a che il trauma centrale, la morte di Rudy a soli dieci anni, scollò Patrick dalla sua vita, facendogliela vivere – da allora – come un brutto sogno. Dora Bruder, uno dei romanzi più apprezzati (in Italia fu insignito nel 2012 del premio Bottari Lattes), incentra sulla figura di un’adolescente parigina scappata di casa in un momento tragico e irrimediabile della Storia, quello che avrebbe portato allo sterminio degli ebrei e alla morte di Dora a Auschwitz, un’indagine a ritroso a partire da scarsissimi elementi: un articolo di giornale del 1941 ritrovato nell’88 che spinse l’autore e inseguire tra le vie di Parigi un’identità vaga e fluttuante, evanescente eppure percepibile in una memoria non solo individuale. Sempre, nella scrittura di Modiano, sono i luoghi a dar sostanza tattile ai personaggi. Nei suoi libri, si ha l’impressione struggente che l’autore cerchi di afferrare lacerti del passato come si fa con un sogno quando al mattino lo si sente annidato da qualche parte della mente e si cerca di fissarne in fretta le fugaci immagini su un foglio di carta, di tradurle in parole, per fare in modo che almeno così, nella forma di un racconto in quel momento inventato a partire da vaghi ricordi, sopravviva all’oblio. E sono tante le protagoniste femminili che popolano il suo universo letterario. Si chiamino Margaret, Denise, Yvonne, Louki: tutte paiono svanire, mentre la penna le rincorre, nel buio del tempo. Come la ragazza cercata in Dora Bruder. Ma il romanzo di Modiano è la veilleuse, la lampada notturna che le illumina fugacemente fermando un istante il loro disfacimento per poi lasciarle andare com’è fatale che avvenga. E proprio come in un sogno, quelle donne sono tutte immagini sovrapposte all’unica di chi le genera: l’immagine dello stesso Modiano. Cercando loro, l’autore pedina se stesso. Torna ai tempi in cui l’orizzonte gli stava davanti, descrivendo un futuro. Poi crollato ribaltandosi nel contrario, riapparendo dietro alle sue spalle ma evanescente. Desiderio un tempo, oggi ricordo. Je fais des puzzle, Faccio dei puzzle, è il titolo di uno dei testi che Modiano scrisse per François Hardy all’epoca in cui, timido chansonnier, ancora si stava inventando.

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