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Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


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Il Giornale - La Repubblica - Il Foglio Rassegna Stampa
24.07.2014 Analisi della situazione militare
di Gian Micalessin, Naor Gilon, Robi Regev, Fabio Scuto, Rolla Scolari

Testata:Il Giornale - La Repubblica - Il Foglio
Autore: Gian Micalessin - Fabio Scuto - Rolla Scolari
Titolo: «'Con i tunnel di Gaza rischiamo un 11 settembre' - Deif, il miliziano senza volto: ecco il leader che Israele vuole eliminare - 'Vittoria', dice Hamas e detta le condizioni per la tregua»
Riprendiamo dal GIORNALE di oggi, 24/07/2014,  a pag. 15, l'articolo di Gian Micalessin dal titolo 'Con i tunnel di Gaza rischiamo un 11 settembre' , una cronaca dell'incontro all'Ambasciata d'Israele del 23/07/2014, con l'ambasciatore Naor Gilon e l'addetto militare Robi Regev.
Da REPUBBLICA, a pagg. 14-15, riprendiamo l'articolo di Fabio Scuto dal titolo " Deif, il miliziano senza volto: ecco il leader che Israele vuole eliminare "
Dal FOGLIO, a pag. 1, riprendiamo l'articolo di Rolla Scolari dal titolo " 'Vittoria', dice Hamas e detta le condizioni per la tregua".

Di seguito, gli articoli:



Il GIORNALE - Gian Micalessin:  "'Con i tunnel di Gaza rischiamo un 11 settembre' "



Gian Micalessin


«I tunnel scoperti a Gaza rappresentano ormai una vera minaccia esistenziale... attraverso quelle gallerie possono entrare a centinaia nei nostri villaggi... In Israele rischiamo qualcosa di simile a un 11 settembre. Per eliminare quei tunnel siamo pronti a tutto, anche a riprenderci Gaza. Oggi il 95 per cento della popolazione israeliana sta con il governo. Qualsiasi decisione venga presa gli israeliani l'accetteranno». L'ambasciatore israeliano Naor Gilon parla a Il Giornale poche ore prima dell'annuncio arrivato ieri sera di un possibile, imminente cessate il fuoco. Che però potrebbe durare assai poco se Hamas non accetterà un disarmo incondizionato.
Almeno a giudicare dai toni e dagli argomenti esibiti dall'ambasciatore e dall'addetto militare Robi Regev durante l'incontro di ieri pomeriggio all'ambasciata d'Israele, durante il quale i due diplomatici parlano per oltre un'ora, proiettano filmati, spiegano perché quei tunnel capaci di traghettare i miliziani fondamentalisti nel cuore d'Israele siano una minaccia non più tollerabile. Una minaccia da cancellare a tutti i costi. Anche al costo di tornare sui propri passi, cancellare il ritiro da Gaza voluto da Ariel Sharon nel 2005 e tornare a riassumersi la responsabilità dei quasi due milioni di palestinesi della Striscia. Anche a costo di continuare a combattere per mesi e veder centinaia di soldati subire lo stesso destino degli oltre 30 già caduti dall'inizio dell'offensiva di terra.
Per spiegartelo il Colonnello Kobi Regev, un ex pilota di F16, fa partire un filmato girato da un drone lunedì mattina. A prima vista la telecamera sembra seguire un gruppo di soldati israeliani diretto verso un centro abitato intorno a Gaza. Ma la realtà, spiega il colonnello Regev, è ben diversa. «Anche una nostra unità li ha scambiati per soldati israeliani. Avevano delle divise perfette, l'unica differenza erano i kalashnikov. Grazie a quel trucco sono riusciti a sbucare da un tunnel, muoversi liberamente per oltre un'ora sul nostro territorio e uccidere quattro nostri soldati che non si erano accorti di loro. Per fortuna siamo riusciti a trovarli e neutralizzarli poco prima che riuscissero ad entrare in un kibbutz».
Quella documentata drammaticamente nel filmato è almeno la terza infiltrazione subita nel giro di pochi giorni da Israele. E proprio la temeraria pericolosità di questi raid rende Israele sempre più irremovibile. Per il governo di Gerusalemme e i suoi generali, quelle gallerie scavate nel sottosuolo di Gaza sono ormai incubo. Un incubo pericoloso quanto i missili perché capace di mettere a repentaglio l'incolumità di migliaia di Israeliani.
Per questo, fanno capire l'Ambasciatore e l'addetto militare, l'operazione Margine Difensivo s'interromperà solo se e quando i mediatori internazionali riusciranno a convincere Hamas a distruggere tutti i tunnel e consegnare i missili.
Altrimenti Israele continuerà a combattere fino all'eliminazione totale di quelle due minacce. Anche a rischio di perdere decine o centinaia si soldati. «Per noi questa è una guerra obbligata - spiega l'ambasciatore - non possiamo accettare di vivere a Tel Aviv mentre i missili piovono sulle nostre teste. Qui non è più questione di prezzo. Qui è in gioco la difesa di Israele, se non saremo pronti a tutto pur di garantirla domani ne sconteremo le conseguenze. E pagheremo un prezzo ancora più alto. Per questo la maggioranza degli israeliani chiede al governo di esser ancora più duro con chi ci minaccia».

LA REPUBBLICA - Fabio Scuto:  " Deif, il miliziano senza volto: ecco il leader che Israele vuole eliminare "




GERUSALEMME
Gli specialisti della cyberwar dell’Unità 8200 captano ogni singola conversazione telefonica nella Striscia, milioni di telefonate sono passate al setaccio così come il traffico Internet. A Gaza le decine di spie e di collaboratori dello “shabak” — il nome che gli arabi danno allo Shin Bet israeliano — e dell’Aman, i servizi segreti di Tsahal, scrutano, guardano, ascoltano. La loro missione è una soltanto, cogliere un riferimento, una mezza parola, uno spostamento strano, che li porti al bersaglio numero 1 perché la sua uccisione cambierebbe l’esito della guerra. Il suo nome è Mohammed Deif, il comandante e lo stratega delle Brigate Ezzedin al Qassam, il braccio armato di Hamas. Deif è un mito a Gaza, nessuno lo nomina mai, si dice “Lui” e basta. Non c’è bisogno di altre parole. “Lui” ha trasformato in questi anni le Brigate da gruppo terrorista a milizia organizzata, ben addestrata e armata, con strutture e reti di comando efficienti.
È lo stratega dei “tunnel” per colpire oltreconfine, dei bunker scavati sotto Gaza City e Khan Younis. E nel vuoto politico in cui trova l’ala politica di Hamas, alla fine è lui che comanda nella Striscia, dove però da anni nessuno lo vede, nessuno conosce il suo viso. Ha imparato a non fidarsi nemmeno dei suoi compagni dello stato maggiore di Hamas, nessuno sa mai dove sia adesso né dove sarà tra poco. Si muove per le gallerie e per i tunnel noti solo alla sua piccola cerchia di fedelissimi. I servizi segreti israeliano lo chiamano “The Shadow”, l’ombra, perché anche per loro è un uomo senza volto, le foto e le immagini di satelliti spia di cui dispone l’intelligence israeliana sono vecchie di 10 anni.
Eppure identificare L’Ombra sembrerebbe facile. È un uomo bloccato su una sedia a rotelle dopo aver perso un braccio e una gamba durante una fallita “eliminazione mirata” con un caccia F-16 israeliano che ha centrato la casa dove si nascondeva nel 2006, e l’occhio sinistro nel 2002 mentre era a bordo di una macchina — nel quartiere Sheikh Radwan di Gaza City — ridotta a una carcassa da un missile lanciato da un elicottero Apache. Ma le menomazioni fisiche non hanno intaccato la sua capacità di comandare l’apparato militare di Hamas, per i ventimila miliziani è una leggenda, un modello. Rispondono ai suoi ordini qualunque essi siano, dalla missione kamikaze all’attacco alle fattorie, andando spesso davanti alla morte certa. «È astuto come una vol- pe, è un esperto nel suo campo. Sa calcolare bene le sue mosse e si muove nel segreto assoluto», dice Israel Hasson, ex vice-comandante dello Shin Bet, «ma questo certo non lo aiuterà, morirà della morte che si addice a un terrorista ». I commenti di Hasson riflettono la frustrazione dell’apparato dell’intelligence israeliana, nessun capo delle Brigate al Qassam è rimasto in vita più a lungo di lui prima di incontrare un missile “Hellfire” sulla sua strada.
Mohammed Deif è nato nel campo profughi di Khan Younis, ha quasi cinquant’anni ed è il dominus delle Brigate da quasi 12 anni, da quando nel luglio del 2002 venne “eliminato” l’allora comandante Salah Shehada, colpito da un missile col suo nome in una casa dove si svolgeva un vertice di Hamas. L’informazione ricevuta dalle spie era giusta e tempestiva: Shehada morì con altri 14 “senior members”. Deif che ne era il vice venne promosso dallo sceicco Ahmad Yassin, il fondatore di Hamas che verrà ucciso anche lui da un missile nel 2004. Si era fatto strada con il terrorismo sia a Gaza che in Cisgiordania, tra cui il rapimento di un soldato israeliano nel 1994 e due kamikaze che aveva mandato a farsi esplodere su due autobus a Gerusalemme, a febbraio e marzo del 1996.
La sua ultima foto nelle mani dell’intelligence israeliana risale all’ultimo dei tre tentativi di ucciderlo. Ritrae un uomo ferito che striscia sui gomiti fuori dalla carcassa di un’auto in fiamme, con i vestiti coperti di polvere, cenere e sangue. Dopo quell’attacco Deif, di cui gli israeliani non sanno ancora spiegarsi come sia sopravvissuto, è entrato in una clandestinità totale, è diventato L’Ombra. È rimasto paralizzato ma la sua “mente” è rimasta intatta. Per due cicli di interventi chirurgici è andato clandestinamente in Egitto — passando per i tunnel che i suoi desert rats hanno scavato ovunque a Gaza — e il timone delle Brigate Al Qassam passò operativamente al suo vice Ahmad Jabari, colpito da un missile col suo nome nel novembre 2012. Quella morte ha “costretto” Deif a tornare alla guida operativa. Sette giorni dopo la morte di Jabari, la tv di Hamas a Gaza trasmise un suo video-messaggio. La kefia rossa nascondeva il volto, la voce profonda e cavernosa prometteva la guerra fin dentro Israele. L’ha fatto. Perché, come sa bene l’intelligence israeliana, L’Ombra non parla mai a vanvera. Eliminarlo ora è il “colpo” che può cambiare da subito gli equilibri in questa guerra a Gaza.

Il FOGLIO - Rolla Scolari:  " 'Vittoria', dice Hamas e detta le condizioni per la tregua "


Rolla Scolari

Milano. All’alba di domenica, secondo giorno dell’operazione di terra di Israele a Gaza, nel rione orientale di Shejaiya si è combattuta una terribile battaglia – che ancora continua – in cui sono morti almeno 72 palestinesi, tra cui decine di civili, e 13 soldati israeliani. Gli scontri avvengono in un quartiere densamente popolato, tra viuzze e case, in un terreno conosciuto metro per metro dai miliziani di Hamas, accusati da Israele e dalla comunità internazionale di nascondere le infrastrutture, gli imbocchi delle gallerie sotterranee, arsenali e postazioni di lancio dei razzi nel denso tessuto urbano civile del piccolo territorio costiero. Tredici era il numero complessivo dei morti dell’esercito israeliano nel 2009, al termine della lunga e più invasiva operazione Piombo fuso. Per Tsahal è un bilancio che dimostra le aumentate capacità militari di Hamas. I combattimenti continuano, i colpi di artiglieria assieme ai raid aerei israeliani vanno avanti, non smette il lancio di razzi palestinesi su Gaza.
E’ stato colpito dagli israeliani un ospedale – vuoto da una settimana, ha raccontato un medico a Haaretz – usato secondo Tsahal come postazione di lancio di razzi. La diplomazia è al lavoro: il segretario di stato americano John Kerry – arrivato in Israele e nei Territori – e un funzionario dell’Anp hanno parlato ieri pomeriggio separatamente di progressi nei tentativi di raggiungere una tregua, e in serata il leader di Hamas a Doha, in Qatar, ha fatto un lungo discorso in cui ha dichiarato la superiorità di Hamas sull’esercito israeliano e ha detto di essere pronto ad accettare una tregua umanitaria, ma per il cessate il fuoco Israele deve rispettare le condizioni dei palestinesi (l’apertura dei valichi). Navi Pillay, capo del Consiglio dei diritti umani dell’Onu, dice che Israele potrebbe avere commesso crimini di guerra. Molte persone sono rimaste uccise a Khuzaa, vicino a Khan Younes, nel sud della Striscia: secondo fonti di intelligence alcune strade erano state minate da Hamas e fatte poi esplodere all’arrivo dei blindati. Il numero delle vittime è salito a oltre 690, ed è di 32 il numero di soldati israeliani uccisi.
Con l’aumentare delle vittime tra le truppe sul campo, i vertici militari israeliani si rendono conto di aver davanti un movimento la cui ala militare è più strutturata rispetto ai conflitti degli ultimi anni. Lo hanno rivelato al corrispondente militare di Haaretz, Anshel Pfeffer, diversi ufficiali intervistati sul confine con la Striscia. “Sono stato a Shejaiya prima e non l’ho mai vista così, e neppure Hamas. I loro equipaggiamenti e le loro tattiche sono come quelle di Hezbollah”, ha spiegato un veterano delle guerre di Gaza riferendosi alle milizie sciite libanesi.
Ezzedine al Qassam, l’ala militare di Hamas, si è trasformata negli anni da gruppo terroristico a piccola organizzazione militare, spiega al Foglio Yossi Melman, esperto militare e autore del libro “Spies Against Armageddon: Inside Israel’s Secret Wars”: “Anche se l’esercito israeliano resta numericamente e tecnologicamente superiore, a Gaza ora hanno brigate, battaglioni, compagnie e unità speciali come i commando navali, i costruttori di tunnel, gli esperti di missili”. Secondo Melman, Tsahal sapeva che si sarebbe trovato davanti un movimento più addestrato di prima nella guerriglia asimmetrica di Gaza. La novità rispetto al passato è un cambio di tattica dei miliziani, che oltre ad attrarre i soldati israeliani in contesti urbani cercano ora di portare il campo di battaglia sul territorio israeliano attraverso l’utilizzo delle gallerie sotterranee. Negli ultimi giorni, ci sono già state cinque infiltrazioni, 15 uomini armati palestinesi sono stati uccisi da un raid israeliano dopo essere sbucati oltre il confine da un tunnel. Se per il generale del comando meridionale Sami Turgeman le attività sotterranee di Hamas sono cresciute nell’ultimo decennio – l’esercito ieri ha dichiarato di aver scoperto dall’inizio dell’operazione di terra 28 tunnel e 60 botole d’ingresso a gallerie – è aumentato anche l’utilizzo di razzi a lungo raggio che dall’inizio del conflitto colpiscono il centro di Israele e che hanno portato alla cancellazione di decine di voli americani ed europei diretti all’aeroporto di Tel Aviv. Hamas ha parlato ieri di una “vittoria” per il movimento.
Per anni, il governo israeliano e gli Stati Uniti hanno accusato l’Iran sciita di armare di razzi Hamas e soprattutto il Jihad islamico.
Secondo il sito al Monitor, però, sia durante gli ultimi anni della presidenza di Mubarak al Cairo sia oggi, con il regime dei militari del rais al Sisi, la tattica iraniana sarebbe cambiata. I due presidenti egiziani, entrambi ostili a Hamas perché costola di quei Fratelli musulmani mal tollerati da Mubarak e repressi da al Sisi, hanno sigillato a diverse riprese il valico di Rafah tra la Striscia e l’Egitto e arginato l’utilizzo dei tunnel tra Gaza e il Sinai. Così, invece di contrabbandare razzi e armi si è contrabbandato know-how, ovvero la capacità di costruire sul posto un arsenale missilistico.
Le forze speciali di Hamas che agiscono lungo il confine come unità di ricognizione e raccolta di informazioni, ma anche commando da combattimento – i Mourabitoun – si scontrano dall’inizio dell’offensiva con le prime linee della brigata Golani. “Devo ammettere che abbiamo affrontato buoni combattenti dall’altro lato, terroristi ma buoni combattenti”, ha detto un soldato israeliano al Wall Street Journal, da un letto di ospedale. La Golani ricopre in Israele un ruolo quasi leggendario. E’ una delle brigate più decorate dell’esercito, è la fanteria che dal 1948 è in prima linea in qualsiasi operazione militare di terra e spesso è il corpo su cui maggiormente pesa il bilancio delle vittime del conflitto: nella guerra del 2006 contro Hezbollah, nella sola battaglia di Bint Jbeil, nel sud del Libano, perse otto uomini. I suoi soldati hanno la fama di essere infaticabili – Ariel Sharon fu comandante di una compagnia di ricognizione della Golani – soprattutto quelli della sua sayeret, le forze speciali, Egoz. Shaul Oron, il militare sulle cui sorti c’è ancora poca chiarezza – catturato secondo Hamas, ucciso secondo Tsahal – ne è un membro. I 13 militari morti nella battaglia di Shejaiya facevano tutti parte della brigata Golani, tra loro anche un americano e un francese, la cui uccisione ha emozionato il pubblico israeliano, che ha partecipato a migliaia ai loro funerali.

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