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Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


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Corriere della Sera - La Repubblica - Il Fatto Quotidiano Rassegna Stampa
14.07.2014 Esodo della popolazione a Gaza: rassegna di falsità e omissioni
di Abeer Ayoub, Fabio Scuto, Cosimo Caridi

Testata:Corriere della Sera - La Repubblica - Il Fatto Quotidiano
Autore: la redazione - Abeer Ayoub -Fabio Scuto - Cosimo Caridi
Titolo: «Le prime tensioni e l’escalation - Le notti insonni attaccata alla radio Poi di giorno sfido l’incubo là fuori -Bombardata Gaza, migliaia in fuga. L'Onu chiede la tregua - Fuga da Gaza. Hamas: 'Non lasciate le case'»
Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi 14/07/2014, a pag. 2 il breve articolo riassuntivo dal titolo "Le prime tensioni e l’escalation", da pag. 3 l'articolo di Abeer Ayyoub dal titolo "Le notti insonni attaccata alla radio. Poi di giorno sfido l'incupo là fuori", da REPUBBLICA a pagg. 1-3, l'articolo di Fabio Scuto dal titolo  "Bombardata Gaza, migliaia in fuga. L'Onu chiede la tregua", dal FATTO QUOTIDIANO,  a pag. 3, l'articolo di Cosimo Caridi dal titolo "Fuga da Gaza. Hamas: 'Non lasciate le case' " .

L'articolo esplicativo pubblicato dal CORRIERE della SERA fornisce informazioni errate: contrariamente a quanto vi si legge, infatti,  i  lanci terroristici di razzi da parte di Hamas hanno preceduto il rapimento dei tre ragazzi israeliani e si sono intensificati ben prima dell'omicidio del ragazzo arabo.
Sempre sul CORRIERE, l'articolo di Abeer Ayyoub nega un fatto noto, cioé l'uso dei civili di Gaza come scudi umani da parte di Hamas, e sostiene che l'aggressione di Hamas dipenderebbe dai controlli che Israele effettua alle frontiere di Gaza, che invece sono resi necessari proprio dal fatto che la Striscia è controllata da un'organizzazione terroristica che vuole distruggere lo Stato ebraico.
Ci chiediamo come il CORRIERE abbia ritenuto di pubblicare un articolo che afferma il falso. Si può forse essere equidistanti tra chi riferisce della verità dei fatti e chi propaga falsità ?
Fabio Scuto su REPUBBLICA riferisce dell'esodo dalle zone di Gaza bombardate da Israele, ma non degli arsenali di Hamas che vi sono accumulati, informazione presente persino sul FATTO QUOTIDIANO, giornale la cui informazione su Israele è spesso scorretta. In questo caso,  il titolo è scorretto: Hamas non cerca di "frenare la fuga dalle bombe", ma di tenere la popolazione in ostaggio. Inoltre, l'articolo non denuncia la strategia degli "scudi uman" di Hamas e riporta acriticamente i dati di fonte palestinese sulle vittime a Gaza.


Lancio di razzi dalla Striscia di Gaza

Di seguito, gli articoli:

CORRIERE della SERA - la redazione: "Le prime tensioni e l’escalation "  



In seguito agli omicidi del giovane palestinese e dei tre ragazzi israeliani le tensioni tra Israele e Hamas sono andate aumentando. Razzi provenienti da Gaza hanno iniziato a colpire le città israeliane mentre i bombardamenti israeliani si sono intensificati

CORRIERE della SERA - Abeer Ayoub: "Le notti insonni attaccata alla radio Poi di giorno sfido l’incubo là fuori"


Abeer Ayoub

Non appena ho saputo che un istituto per disabili era stato colpito dall’aviazione israeliana a Beit Lahia, nella zona nord della Striscia di Gaza, mi sono recata sul posto assieme ad alcuni colleghi giornalisti. Un paio di minuti prima del nostro arrivo, abbiamo sentito grosse esplosioni lungo la stessa strada che stavamo percorrendo. Urlando per la paura, abbiamo invertito la rotta e fatto rientro a Gaza senza il nostro servizio.
Diretti in ufficio, siamo passati accanto all’ospedale Al-Shifa, il più importante di Gaza, e siamo scesi per andare a vedere se vi fossero state vittime nell’ultimo bombardamento aereo. Le ambulanze arrivavano da ogni dove. «All’obitorio, all’obitorio», gridava un dottore indicando i corpi delle vittime.
Ci siamo recati all’obitorio, dove avevano portato i morti del raid aereo: si trattava di un paio di persone che camminavano lungo la strada quando erano state centrate da un ordigno. All’obitorio, abbiamo visto una scena che resterà impressa nella mia memoria finché vivrò: un corpo carbonizzato privo di testa! Ho provato a superare lo shock con tutte le mie forze, ma mi sono sentita sopraffatta.
Tutto questo si è svolto in una sola ora, dei sei giorni di raid aerei in cui la violenza non ha conosciuto pause. I morti sono oltre 150, per la maggior parte civili. E sono stati colpiti mentre erano barricati in casa.
Questa è la terza guerra della mia vita, e ogni volta è la stessa orribile esperienza. Ma stavolta è diverso, perché l’attacco coincide con il mese santo del Ramadan. Invece di raccoglierci in preghiera e spezzare il pane insieme a colazione e al tramonto del sole, con la celebrazione del suhoor , veniamo colpiti nelle nostre case, mentre siamo seduti davanti alla televisione ad assistere a scene di sangue e devastazione.
Dei miei familiari, nessuno osa uscire di casa, tranne la sottoscritta, per dovere professionale. Pochissima gente esce per strada, e solo per procurarsi il necessario per la famiglia, eppure anche costoro sono stati colpiti dai bombardamenti e dalle esplosioni.
Per tutti e sei i giorni, né io né le mie sorelle ci siamo potute concedere una notte di risposo. Passiamo le ore notturne a seguire le notizie alla radio e sui social media. Quando mi sforzo di dormire per poter essere in grado di lavorare il giorno dopo, chiudo gli occhi e precipito sempre nello stesso incubo, di essere uccisa o di perdere uno dei miei cari.
È una pazzia. I tagli di energia elettrica aggravano la situazione, manca la luce e si è costretti a lavorare in un caldo torrido.
Per la terza volta, Israele ha scatenato un’offensiva militare contro il milione e mezzo di abitanti di Gaza con il medesimo obiettivo, sempre perseguito e mai raggiunto: distruggere Hamas e metter fine al lancio di razzi da Gaza contro le città israeliane. Israele sostiene che Hamas si serve dei palestinesi di Gaza come scudi umani, ma nulla è più lontano dalla realtà.
Per metter fine ai lanci missilistici da Gaza, Israele deve rinunciare all’aggressione e all’oppressione della popolazione palestinese, aprendo i confini in modo che possa rifornirsi delle materie prime indispensabili per lavorare e produrre; consentire alla gente di entrare e uscire da Gaza; e smettere di sparare sui pescatori e sui contadini occupati a svolgere il loro lavoro. Solo allora gli abitanti di Gaza potranno vivere come tutti gli altri esseri umani.
(Traduzione di Rita Baldassarre)

LA REPUBBLICA - Fabio Scuto: " Bombardata Gaza, migliaia in fuga. L'Onu chiede la tregua"


Fabio Scuto


GERUSALEMME Hanno raccolto tutta una vita in pochi minuti, svegliato i figli che dormivano sulle brandine, zucchero e biscotti nelle buste di plastica insieme alle medicine, quattro magliette per i bambini in una sacca sformata, i documenti e le tessere alimentari delle Nazioni Unite nella borsa.
 Non c’è stato tempo né lo spazio per prendere né qualche libro di scuola né un ricordo, un oggetto caro, la foto del matrimonio o quella vecchia del nonno in uniforme egiziana, quando Gaza apparteneva a un altro mondo. Si sono trovati in strada in pochi minuti Salem Abu Halima con la moglie Farida e i due bambini. Il vecchio somarello bianco attaccato al carretto, hanno percorso i dieci chilometri per arrivare alla “Gaza Beach Primary School” dell’Onu, alla periferia della città, uniti nel destino alle altre decine di migliaia che per tutta la mattinata hanno abbandonato Beit Lahiya e Beit Hanun, le due cittadine nel nord della Striscia dove — annunciati da volantini e telefonate — i caccia F-16 israeliani hanno cominciato a bombardare a raso, con metodo, per distruggere le basi di lancio dei missili che anche ieri sono arrivati numerosi nei cieli israeliani. Tutti intercettati dall’Iron Dome, il “totem” della Difesa aerea israeliana.
«Non c’era altra scelta, abbiamo dovuto obbedire all’ordine degli israeliani di sgomberare tutta la zona. Abbiamo due figli da salvare, il resto è andato perduto. Già non eravamo niente per il mondo e adesso è come essere nessuno», racconta ancora Salem. Le strade di Beit Lahiya, settantamila abitanti, si sono svuotate dall’alba di ieri dopo una notte di violentissimi bombardamenti. Ma soprattutto dopo il lancio dei volantini che davano agli abitanti tempo fino a mezzogiorno per abbandonare l’abitato. «Ci siamo mossi all’alba, tanto con quei bombardamenti nessuno poteva dormire, uno ogni dieci minuti: è stato terrificante », dice con un filo di voce Farid che in due viaggi con la moto è riuscito a portare i sei membri della sua famiglia fino a questa scuola dell’Unrwa, dove spera non si abbatta un bombardamento. Altre migliaia in fuga hanno cercato ospitalità da parenti e amici, ma per molti la bandiera blu dell’Onu sembra il rifugio con migliori garanzie. L’Unrwa ha deciso di aprire per ora dieci — delle oltre duecento scuole che gestisce nella Striscia — per dare un rifugio a questa prima ondata di arrivi.
Oltre ventimila palestinesi in fuga da Beit Lahiya sono arrivati ieri nelle scuole dell’Onu in carretti trainati da asini o cavalli pieni di bambini, bagagli e materassi, c’è chi è arrivato su un taxi sgangherato, in macchina, in moto. I meno fortunati a piedi, trascinando i resti di una vita dentro un trolley malridotto.
Anche Mohammed Sultan ha caricato tutto quel che ha potuto sul suo carretto trainato da un cavallo, la moglie, i suoi cinque figli aggrappati alle borse a qualche masserizia messa insieme in tutta fretta. Non c’era più posto per lui e così ha camminato per chilometri assieme ad altri familiari adulti in direzione di «una scuola con la bandiera blu». Samari al-Atar viveva nel quartiere di Atatra, un’altra delle zone “calde” che è stata duramente bombardata ieri dall’aviazione israeliana. «Abbiamo cercato riparo in casa prima durante la notte, i muri tremavano e i bambini piangevano di paura. Luda, la più piccola tremava e aveva gli occhi sbarrati. È stato come scegliere tra la vita e la morte», racconta in lacrime, «e poi mentre stavamo scappando hanno ricominciato a sparare tutto intorno, non abbiamo potuto portare nulla con noi, i nostri figli sono a piedi nudi ». Nadia, la moglie descrive il terrore della fuga alle prime luci dell’alba con gli aerei israeliani che volavano in cerchio sopra le loro teste. «La gente urlava e c’erano vecchi che non ce la facevano a camminare da soli, i più giovani li aiutavano. Non c’è l’elettricità e le strade erano buie come la pece ».
I banchi sono stati messi lungo il corridoio per sgombrare le aule e dare un tetto a tutti, ma è impossibile. Giardini e palestra sono invasi da un tappeto di materassi e coperte, una tenda tirata su con un lenzuolo e quattro paletti. Altre scuole verranno aperte dell’Unrwa perché il flusso degli sfollati non si ferma. All’interno del complesso scolastico i bambini sfollati disegnano su una lavagna con il gesso rosa e giallo: elicotteri israeliani e carri armati che sparano, i razzi palestinesi che partono. Suha Zyed ha ancora tutte le sue borse chiuse, come se dovesse scappare ancora d’improvviso. «Non è la prima volta che bombardano anche le scuole, e anche gli ospedali sono stati colpiti. Di sicuro a Gaza non c’è niente. Che ne sarà di noi adesso? Abbiamo perso tutto: il nostro futuro e anche il futuro dei nostri figli».

Il FATTO QUOTIDIANO -  Cosimo Caridi: "Fuga da Gaza. Hamas: 'Non lasciate le case'  "




Striscia di Gaza - Un paio di cuscini e poche coperte, Mahmoud non ha caricato altro sul retro della sua moto. Moglie e due figlie si sono strette sulla sella. Non era ancora l'alba, stavano per consumare la colazione prima del lungo digiuno del Ramadan. "I vicini ci hanno bussato, hanno detto di scappare, gli israeliani stavano arrivando. Non abbiamo fatto in tempo a prendere nulla, nemmeno le scarpe delle bambine". L'Unwra, l'agenzia delle Nazioni Unite che si occupa dei rifugiati palestinesi, ha aperto le scuole per accogliere i nuovi profughi. In principio quattro, poi otto strutture. Il rovente sole di luglio non fa in tempo a scaldare le pietre bianche che gli edifici sono già pieni. A una prima conta almeno in 4 mila hanno abbandonato le loro abitazioni per essere accolti dalle Nazioni Unite. Ma questa è solo una piccola parte, molti altri hanno preferito andare a casa di parenti al centro della Striscia. In questo contesto le parole di papa Francesco - fautore della preghiera di pace in Vaticano nel giugno scorso con Abu Mazen e Simon Peres - rivolte ieri durante l'Angelus non sembrano sortire effetti: è stato "un accorato appello" quello di Bergoglio che ha esortato "le parti e tutti quanti hanno responsabilità politiche in Terrasanta "a non risparmiare la preghiera e a non risparmiare alcuno sforzo per fare cessare ogni osti-lita". A metà mattinata viene diffuso un volantino dell'Idf (esercito israeliano) in cui sono indicate specifiche aree nel nord della Striscia che verranno attaccate. "I civili hanno tempo di allontanarsi entro mezzogiorno. Chiunque trascuri le istruzioni dell'esercito metterà la vita di se stesso e della sua famiglia a rischio. Attenzione. L'operazione dell'esercito sarà breve". Un ultimatum a cui Hamas risponde immediatamente in modo opposto con questo invito: "Non lasciate le vostre case". Intanto si contano gli attacchi e i morti, 21, della notte precedente. Il raid israeliano più micidiale è stato contro una moschea: in 16 hanno perso la vita e i feriti sono almeno 50. A fine giornata il bilancio si aggraverà ancora: 183, secondo il ministero della Salute di Gaza. Nella crisi del novembre 2012 i palestinesi uccisi furono 171. I bambini sciamano per il cortile della scuola dell'Unwra di Nasser, pochi di loro hanno capito cosa sta succedendo. Ma Akram, sette anni e gli occhi azzurri, ha un piano: "Mettiamo questi banchi davanti all'ingresso cosi nessuno potrà entrare, nemmeno i soldati". La sua famiglia si è sistemata in una classe al primo piano, oltre venti persone, la quasi totalità sotto i quindici anni. Per terra qualche stuoia e in un angolo una pentola che bolle. "Perché il presidente Abu Mazen non si decide a dire qualcosa, a fare qualcosa" urla il fratello maggiore di Akram, con la rabbia che solo un adolescente sa esprimere. Intanto fuori dalla scuola continuano ad arrivare famiglie alla ricerca di un posto dove sistemarsi. Passano le 12 e tutti si aspettano l'inizio di bombardamenti israeliani, che pera non arrivano. Harnas tenta quindi di scongiurare la fuga collettiva dalle zone periferiche e per bocca di un suo portavoce dichiara: "Gli abitanti di Gaza non devono ascoltare gli ordini d'Israele di abbandonare le loro case. Ci devono restare. Questa è una guerra psicologica". A fine giornata sono oltre 10 mila i gazawi in fuga verso aree più sicure a centro della Striscia. L'esercito israeliano dovrebbe colpire le zone a nord, dalle quali partono i razzi che il movimento islamico lancia contro Tel Aviv e Gerusalemme. L'aviazione vorrebbe bonificare le aree per evitare di cadere in trappole preparate da Hamas, il passo successivo sarebbe l'invasione via terra che in realtà è già iniziata con azioni specifiche condotte da truppe d'elitè, per riuscire a colpire la dirigenza del movimento islamico. I leader di Hamas sono nascosti da tempo e cambiano con frequenza i loro rifugi. Gli attacchi aerei si basano su informazioni precise, ma sovente non riescono a colpire come previsto. Sono i civili, più spesso, a cadere al posto dei miliziani di Hamas. "Questa è casa mia e non me ne vado. Se devo morire preferisco farlo qui". Sono in pochi a restare a Beit Lahia, ma Adnan non ha intenzione di muoversi. "La mia famiglia è dovuta scappare nel '48, dopo la creazione di Israele. I miei genitori erano ancora bambini e vennero a vivere qui. Ma io sono un adulto e non voglio scappare né dalle bombe, né dall'esercito e ancor meno dalle bombe dell'esercito israeliano".

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