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Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


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La Stampa - Il Giornale Rassegna Stampa
26.05.2014 Antisemitismo: si cerca il terrorista di Bruxelles, aggressione a Parigi
Cronaca di Marco Zatterin, intervista di Maurizio Molinari a Moshe Kantor, analisi di Fiamma Nirenstein

Testata:La Stampa - Il Giornale
Autore: Marco Zatterin - Maurizio Molinari - la redazione - Fiamma Nirenstein
Titolo: «Strage al museo ebraico. C'è un video del killer - Europa sotto minaccia per colpa degli estremisti - Choc a Parigi: fratelli ebrei pestati fuori dalla sinagoga - Lo spettro del razzismo fa fuggire gli ebrei: l'esodo cresce del 73%»
Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 26/05/2014, a pag. 16, l'articolo di Marco Zatterin dal titolo "Strage al museo ebraico. C'è un video del killer", l'intervista di Maurizio Molinari a Moshe Kantor, presidente del Congresso ebraico europeo, dal titolo "Europa sotto minaccia per colpa degli estremisti" e l'articolo dal titolo "Choc a Parigi: fratelli ebrei pestati fuori dalla sinagoga", dal GIORNALE  a pag. 16 l'articolo di Fiamma Nirenstein dal titolo " Lo spettro del razzismo fa fuggire gli ebrei: l'esodo cresce del 73%".

Ecco gli articoli:


Il museo ebraico di Bruxelles dopo l'attentato

LA STAMPA - Marco Zatterin -  Strage al museo ebraico. C'è un video del killer


Marco Zatterin

L’uomo entra nell’atrio del Museo ebraico con passo sicuro e determinato. È giovane, ha un cappello da baseball grigio, un giubbotto azzurro e due sacche nere dalle quali estrae un Kalashnikov col quale spara un paio di raffiche. È rapido nel riporre l’arma e nell’affrettarsi verso Rue de Minimes, mentre la telecamera filma tutto, ma non il suo viso. Arrivato sul marciapiede rallenta ed esce come nulla fosse, prima di allontanarsi nelle strette vie della vecchia Bruxelles. La polizia lo cerca senza sosta. E, sino alla tarda sera di ieri, senza risultati.

Per tutta la giornata i bruxellesi hanno continuato a deporre fiori all’ingresso del Museo ebraico del Belgio, al 21 della Minimes, nel pieno centro storico della capitale europea, a due passi dai frequentatissimi bar del Sablon. C’è silenzio, ma la tranquillità è solo apparente. La città, e l’intero Paese, sono sotto choc. Sabato poco prima delle quattro uno sconosciuto ha aperto il fuoco e colpito al torace e al volto quattro persone, due uomini e due donne. Tre vittime sono morte sul colpo, una quarta se n’è andata all’alba di ieri. Erano una coppia di israeliani sulla cinquantina, una turista francese e un giovane impiegato del museo, Alexandre, 25 anni, assunto da pochi mesi.

Il primo ministro Elio di Rupo e tutto il suo governo, impegnato a seguire una supergiornata elettorale davvero cruciale per il Belgio, si sono tenuti in contatto permanente con le autorità giudiziarie. Il leader socialista ha chiamato il premier israeliano Benjamin Netanyahu, per il quale l’attentato di Bruxelles «è il risultato dell’incitamento all’odio permanente contro gli ebrei e contro Israele». «Fuori di dubbio il carattere antisemita dell’attacco», ha commentato il presidente francese, François Hollande. «Addolorato» il pontefice Francesco che ha espresso «piena deplorazione» per quanto accaduto. La comunità ebraica di Roma, guidata dal presidente Riccardo Pacifici, sarà domani in missione a Bruxelles.
La polizia ha diffuso ieri pomeriggio un identikit e i crudi filmati dell’attentato. L’uomo dell’Audi fermato sabato pomeriggio è stato trasformato in testimone, vuol dire che passava di lì per caso. Cercano un uomo solo, hanno motivo di credere che fosse ben addestrato per la sua missione sanguinaria. È scappato nei Marolles, quartiere dalle vie strette e dalle strade in pietra, ricco di porte e antri nascosti. Non ci sono telecamere, laggiù. Gli spazi sono angusti. Ritrovarlo «per noi è la priorità fra le priorità», ha tuonato il ministro dell’Interno, Joëlle Milquet. Se l’assassino è ben coperto, sarà un’impresa davvero difficile.


LA STAMPA - Maurizio Molinari -   Europa sotto minaccia per colpa degli estremisti

          
Maurizio Molinari       Moshe Kantor

«L’attacco antisemita di Bruxelles è un campanello d’allarme per l’Europa intera sulla malattia che la affligge, la crescita degli estremismi». Ad affermarlo è Moshe Kantor, presidente del Congresso ebraico europeo, che parla al telefono da Bruxelles al termine di una giornata di incontri con il governo locale.
Cosa sappiamo dell’attentato al museo ebraico?
«Ho incontrato il premier, il ministro degli Interni e quello della Giustizia. C’è consenso sul fatto che l’autore è un fanatico professionista. Ha agito a piedi, in pochi minuti, conoscendo bene i tempi del museo, riuscendo a dileguarsi. Potrebbe voler uccidere altri ebrei. Cerca il suicidio ma prima vuole uccidere ancora».
Alcuni esperti di sicurezza israeliani tracciano un paragone con l’attacco del 2012 alla scuola ebraica di Tolosa da parte di un estremista islamico. È una pista verosimile?
«Potrebbe esserlo. In effetti ci sono molte coincidenze ma le indagini sono in corso mentre le vittime sono salite a quattro».
Lei ha incontrato anche le Comunità locali. Che idea si è fatto dei pericoli che incombono sugli ebrei in Belgio?
«Vi sono due indagini separate, una dell’Unione europea e un’altra di una ong, che sottolineano l’aumento dell’antisemitismo in Belgio».
Quali sono i Paesi europei dove gli ebrei rischiano di più di essere attaccati?
«Sono le statistiche degli attacchi annuali a dirlo. Il primo è la Francia, il secondo l’Ungheria e il terzo il Belgio».
Quale è la genesi di tale fenomeno?
«Per capirlo bisogna tener presente che stiamo assistendo ad una forte crescita di partiti neonazisti nei Paesi Baltici, in Grecia, Svezia, Polonia e Ucraina. È un fenomeno europeo ma in Francia, Ungheria e Belgio si coniuga a una maggiore presenza ebraica. Da qui gli attacchi antisemiti. A cui spesso partecipano anche gruppi di estrema sinistra».
È un fenomeno arginabile?
«Certo, basti guardare alla Gran Bretagna. Anche lì vi sono gruppi neonazisti ed antisemiti ma le autorità locali applicano le leggi esistenti con grande efficacia. E i risultati si vedono».
Da dove viene la crescita dell’estrema destra?
«Da due fattori convergenti: l’Europa sta perdendo la memoria della Shoà e l’Europa rischia di diventare teatro di una guerra civile fra estremisti islamici e chi gli si oppone. Gli ebrei si trovano nel bel mezzo di tali tensioni, considerati nemici dai neonazisti come dai loro avversari».
È per questo che il numero delle emigrazioni verso Israele, da Paesi come la Francia, è in netto aumento?
«Oggi gli ebrei hanno, per fortuna, un’alternativa in Israele. Se la situazione diventa insopportabile vanno via. L’Europa dovrebbe discutere seriamente questo fenomeno perché, ancorché i numeri degli ebrei europei siano minimi, è la cartina tornasole della malattia dell’intero Continente».
Di che malattia si tratta?
«Della somma fra estrema destra, estrema sinistra e movimenti di violenta protesta euroscettica. Dalle elezioni europee rischiano di raggiungere complessivamente almeno il 20 per cento dei seggi. È il sintomo di una malattia da curare in fretta. Anche perché è frutto della bassa affluenza ai seggi in molti Paesi. La somma fra distacco dalla politica e crescita degli estremisti è la più grave minaccia per l’Europa. L’attacco di Bruxelles contro il museo ebraico richiede risposte politiche su scala europea».

LA STAMPA  -  Choc a Parigi fratelli ebrei pestati fuori dalla sinagoga

Nuovo agguato antisemita, questa volta in Francia. Ieri due giovani ebrei, due fratelli di 19 e 21 anni, sono stati aggrediti nei pressi della sinagoga di Creteil, banlieue ovest di Parigi, e malmenati con un tirapugni «solo per aver indossato una kippah».
«Stavamo camminando insieme a degli amici - ha raccontato il più giovane ancora sotto choc (a differenza del fratello, lui è già stato dimesso dall’ospedale) - quando due sconosciuti ci hanno raggiunto alle spalle e ci hanno aggredito. Prima hanno attaccato mio fratello, colpendolo al volto con un tirapugni, poi se la sono presa con me. Si incitavano gridando “colpisci più forte, colpisci più forte”. Dicevano che eravamo in tenuta tradizionale ma non è vero, avevamo vestiti normali». Il ragazzo ora è preoccupato per il fratello maggiore, ancora ricoverato con ampi ematomi al viso: il ragazzo ha rischiato di perdere un occhio e avrà probabilmente bisogno di un intervento chirurgico ricostruttivo.
La violenta aggressione è stata «fermamente condannata» dal governo francese, per bocca del ministro dell’Interno Bernard Cazeneuve, che ha anche annunciato di aver «dato istruzioni a tutti i prefetti di rafforzare i dispositivi di sicurezza nei luoghi legati al culto ebraico o alla cultura ebraica». Un gesto con cui, ha aggiunto il ministro, si vuole «riaffermare la determinazione a combattere quelle e quelli che, con atti omicidi o parole nauseabonde, propagano il razzismo e l’antisemitismo, minando la coesione di cui la nostra società ha tanto bisogno». Parole di condanna sono arrivate anche dal presidente François Hollande che, parlando con i giornalisti al suo arrivo al seggio di Tulle per il voto alle elezioni europee, ha ribadito «la volontà della Francia di fare in modo che tutti gli ebrei si sentano in tranquillità e sicurezza».
Intanto, nell’area dell’agguato continuano le indagini per individuare i due responsabili del pestaggio, fuggiti uno a piedi e uno in bicicletta.

Il GIORNALE - Fiamma Nirenstein - Lo spettro del razzismo fa fuggire gli ebrei: l'esodo cresce del 73%


Fiamma Nirenstein

Ascoltando il discorso di benvenuto di Shimon Peres al Papa, e la sua nobile lode del desiderio di pace del popolo ebraico e di quello dei cristiani e la condanna del razzismo che ha ispirato l'assassino di Bruxelles, e ilPapa che condanna l'antisemitismo, si staglia ancora più oscuro il suo fantasma nel mondo e in Europa, la patria della mattanza della Shoah. Si è moltiplicato, è cambiato come un orribile camaleonte, dall'attacco di Roma nel 1982 in cui fu ucciso il piccolo Stefano Tachè, alla strage di bambini di Tolosa perpetrata nel 2012 dal Mohammed Merah. Adesso, non conosciamo l'identità dell'assassino antisemita di sabato. Sappiamo che dal Belgio l'immigrazione in Israele nel 2013 era già aumentata del 46 per cento, dall'Olanda del 57, che nei primi tre mesi del 2014 dalla Francia sono emigrati 1.407 ebrei, portando la percentuale in più del 2012 al 73 per cento. E la Francia è la più grande comunità, la più forte e organizzata: 550 mila francesi sono ebrei, eppure non sanno più come fermare questo antisemitismo che li rincorre per le strade se indossano una kippà o se le donne portano una Stella di David al collo. Quasi il 30 per cento degli ebrei europei vuole lasciare il Vecchio Continente, ancora in fuga, ancora espulsi.
Nei giorni scorsi un'indagine organizzata dall'Anti Defamation League ha dimostrato che un miliardo di esseri umani sono "profondamente affetti" dall'antisemitismo. Fa sorridere che il paese meno malato sia il Laos, nemmeno l'uno per cento,mentre a Gaza e nell'Autorità Palestinese il 93 per cento di quelli che ritengono che gli ebrei siano una razza di mostri. Nel mezzo, l'Europa.
Molti hanno ovviamente messo in relazione le elezioni di ieri e la crescita dei partiti xenofobi con l'attacco antisemita, ed è vero che sia in Ungheria che in Grecia, e poi in parte in Francia e in Inghilterra, i partiti che attribuiscono all'immigrazione tutti i problemi economici e sociali, spesso uniscono l'Islam e l'Ebraismo nel loro odio fobico per chi ritengono diverso. Ma non è solo questo. Chi vuole guardare in faccia l'attuale antisemitismo deve sapere che esso è spesso negato e travestito da "legittima critica" allo stato d'Israele: le scuole europee contano ormai numerosi sulla storia della Shoah, le celebrazioni della Memoria commuovono e riuniscono tutta la comunità europea... ma un odiosottile e distruttivo si diffonde nell'aria ogni volte che in Europa si parla di Israele, a sinistra come a destra. Secondo lo storico Manfred Gerstenfeld, secondo uno studio dell'Università di Bielefeld del 2011, più del 40 per cento dei cittadini europei dai 16 anni in su pensa che "Israele conduce una guerra di sterminio contro i palestinesi". Secondo il calcolo di Gerstenfeld, 150milioni di europei adulti, se si applica la definizione dell'Unione Europea di antisemita (sparita dal sito della Fundamental Rights Agency dell'UE a dicembre), possono essere definiti tali.
 
Ma l'odio odierno per gli ebrei è percorso da capo a fondo dall'odio anti-israeliano, con la fantasia classica che gli ebrei non siano normali esseri umani ma abbiano caratteristiche orribili. Dal giornale svedese Aftonbladet che scrisse che i soldati israeliani uccidono giovani palestinesi per rubargli gli organi, a Roger Waters dei Pink Floyd per cui "gli israeliani pensano che tutti si trovino su questa terra per servirli", alle organizzazioni che ogni anno, in molte università europee e americane, organizzano "settimane contro l'apartheid" come se in Israele esistesse; le accuse di crimini contro l'umanità, il "muro" come mezzo di discriminazione e non di difesa (ha fatto calare del 98 per cento il terrorismo), David Ward deputato inglese che dichiara che "Israele non avrebbe mai dovuto essere creato", Catherine Ashton che paragona l'eccidio dei bambini di Tolosa con la tragedia mai cercata dell'uccisione di bambini a Gaza... Gli esempi dell' israelofobia, l'antisemitismo di oggi, sono infiniti, e certo l'islamismo in Europa ne è motore. Le varie NGO, le associazioni per i diritti umani negano il loro antisemitismo. Ma l'enfasi sull'antisemitismo classico neonazista e neofascista dona alla parte liberale d'Europa la possibilità di evitare il problema che invece deve fronteggiare perché oggi l'antisemitismo è israelofobia.

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