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La Stampa-Corriere della Sera Rassegna Stampa
31.12.2013 Terrorismo islamico scatenato in Russia
Analisi di Anna Zafesova, Guido Olimpio

Testata:La Stampa-Corriere della Sera
Autore: Anna Zafesova-Guido Olimpio
Titolo: «Pavel, il mujaheddin biondo conquistato dalla guerra santa-Il vero incubo, ostaggi come nel 2002»

Sul terrorismo che che ha colpito la Russia due volte in questi giorni, pubblichiamo le analisi di Anna Zafesova , sulla STAMPA di oggi, 31/12/2013. a pag.2 Dal CORRIERE della SERA, a pag.14, di Guido Olimpio.

La Stampa-Anna Zafesova: " Pavel, il mujaheddin biondo conquistato dalla guerra santa "

Volgograd, la stazione

Pasha, figliolo, ti prego, torna a casa. Il cane ti aspetta, lo faccio scendere io ora, mattina e sera, e anche i tuoi pesciolini ti aspettano. Puoi fare quello che vuoi, andare in moschea, pregare, leggere il Corano, ma torna, guarda quanti bravi ragazzi ci sono che vanno avanti, perché non vuoi vivere come tutti?». Papà Nikolay piange tormentando un fazzoletto, mamma Fanazia, tallieurino verde acqua e occhiale, cerca di mostrarsi più composta. Sono venuti nel Daghestan, lontana terra esotica che solo sulla carta si chiama Russia come il loro paese sul Volga, a cercare loro figlio. Pavel Pechionkin, anno di nascita 1984, paramedico diplomato, sparito nel nulla nel 2012 dopo essere andato a cercare fortuna a Mosca. «Ci dicevi che guadagnavi laggiù, disintossicavi a domicilio gli ubriachi, torna a casa, e fai tornare anche gli altri ragazzi». Il video è stato registrato nell’agosto 2013, quando qualcuno dei servizi russi ha pensato di utilizzare i disperati Pechionkin per richiamare dalle montagne i mujaheddin intenti alla jihad. Sei mesi dopo la faccia tonda di Pavel campeggia sui teleschermi russi. A quanto pare, è stato lui ad attivare la bomba alla stazione di Volgograd. Maprima ha risposto ai genitori, in un video propagandistico prodotto dal «velayat Daghestan», una delle sigle islamiste del Caucaso, con rudimentali effetti speciali come muri che crollano e una musica da blockbuster hollywoodiano in sottofondo. Fascia verde sui capelli biondi e un russo molto più fluente della parlata contadina dei suoi genitori, non riesce a nascondere un sorrisetto ironico, di superiorità verso quei due «vecchi» di provincia rispetto ai quali si sente un eroe. Si presenta come Ansar al-Rusi, parla di Allah, cita a sproposito sure del Corano, e continua a ridacchiare. Pavel è il nuovo incubo russo, un orrore nuovo in quello ormai abituale del terrorismo. Dopo l’ondata di odio xenofobo sollevata domenica dalla prima bomba a Volgograd, con i social network che si riempivano di appelli ad «ammazzare i caucasici», si scopre che il terrorista è un bravo ragazzo della porta accanto. E che non è il solo. A organizzare la strage precedente a Volgograd, il 21 ottobre scorso, fu Dmitry Sokolov, russo convertito da sua moglie Naida Asiyalova, che si è fatta esplodere su un autobus. A sostituire il «Leone di Allah », comandante ucciso nel Daghestan ad agosto, è stato il 25enne Alexei Pashinzev, di Belgorod.Ei servizi ora stanno cercando altri 9 ragazzi russi, gli «al-Rusi» come si fanno chiamare in un riadattamento degli usi arabi, che sono «saliti in montagna », o «andati nella foresta». Cosa ha portato questi mujaheddin biondi a suicidarsi in nome della jihad nelle stazioni di casa loro (Pavel veniva da Volzhsk, non lontano da Volgograd), resta un mistero. Forse un sentimento di ribellione giovanile, che avrebbe potuto spingere Pavel in una setta come in un gruppo punk, la fuga dallo squallore della provincia. O forse quella rabbia che alimenta già da anni il fondamentalismo nel Caucaso, dove la reazione alla corruzione e all’assenza di prospettive per i giovani è la guerriglia. Sicuramente Pavel si sarà sentito molto più eroe a fare parte del Dzhamaat, della comunità di ribelli, che a disintossicare ubriaconi in una Mosca piena di tentazioni per lui irraggiungibili. Del resto, da anni il rigore islamista sta contendendo nelle carceri russe il potere alla vecchia «legge » dei ladri russi, un nuovo codice d’onore transnazionale. Dieci anni fa la paura dellamammadi Pavel sarebbe stata quella di vederlo arruolato come soldato in Cecenia. Oggi, che la guerra è finita, sembra che i ribelli trovino più reclute tra gli ex nemici che in casa.

Corriere della Sera-Guido Olimpio: " Il vero incubo, ostaggi come nel 2002 "

Volgograd, il bus sventrato

La campagna di Sochi è solo all’inizio. Ed è possibile che i terroristi abbiano pianificato altre sorprese. I militanti dell’Emirato del Caucaso dovranno mantenere la pressione fino all’apertura dei giochi invernali combinando due tattiche sperimentate da anni.
La prima è quella che ha fatto strage nella stazione e sul bus di Volgograd. Cariche esplosive dai 4 ai 10 chilogrammi con l’aggiunta di biglie in ferro e chiodi che ne aumentano gli effetti. Le immagini del pullman sventrato rivelano tutta la potenza dell’ordigno. Due onde lo squassano. Una in senso orizzontale, l’altra in verticale. I «proiettili» fanno il resto. Altrettanto evidente la presenza in città di una rete di supporto, con case sicure dove lasciare gli zainetti-bomba o le fasce da kamikaze. Di solito l’attentatore si muove con una «guida», una persona che lo accompagna fino al punto finale. Altri che lo curano per evitare ripensamenti sempre possibili. Per questo servono un buon numero di complici.
La seconda tattica è di nuovo una «operazione senza ritorno», ossia non prevede che gli autori restino vivi. Ma è più lunga ed ha un maggiore impatto propagandistico. Parliamo dell’assalto ad un hotel o ad edificio pubblico, con una presa di ostaggi e il rilancio del ricatto verso le autorità. I separatisti ceceni lo hanno fatto in passato con esiti terrificanti. La scuola di Beslan e il teatro Dubrovka ne sono la prova. Alcuni analisti russi non sono convinti che Doku Umarov, l’attuale leader dell’Emirato del Caucaso, e i suoi luogotenenti non abbiano queste capacità «militari». Serve un grande coordinamento, elementi addestrati non alla guerriglia ma al combattimento urbano. Un giudizio negativo quello legato anche ai cronici contrasti tra i dirigenti del movimento. Valutazioni fondate, anche se i terroristi si sono avvicinati all’appuntamento per tappe, raccogliendo militanti, studiando il contesto e ottenendo magari rinforzi da quei fratelli che sono andati a combattere in Medio Oriente. L’azione «a sciame» del resto è un marchio di fabbrica per i gruppi di ispirazione qaedista, da Mumbai a Kabul.
Quanto sta avvenendo dimostra che gli estremisti sono riusciti comunque a pianificare e condurre la serie di attacchi. Colpi portati malgrado le contromisure varate dai servizi di sicurezza. Che, conoscendo bene i loro avversari, hanno svolto in novembre una grande esercitazione dove il tema era l’occupazione di un ospedale da parte di un commando terroristico. Scenario non casuale ma legato all’esperienza: nel giugno del 1995 dozzine di estremisti assaltarono quello di Budyonnovsk. Ben 140 le vittime dopo quattro giorni di assedio.
L’altro aspetto è l’ampiezza del fronte. Ora l’attenzione è concentrata su Volgograd e Sochi, con intelligence, polizia e anti-terrorismo concentrati su questo quadrante. Ma non possiamo escludere che i terroristi sfruttino la situazione per mettere le bombe altrove. Manovre diversive che costringono gli investigatori a disperdere le loro forze.

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