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Il Giornale-Informazione Corretta Rassegna Stampa
06.09.2012 Obama e gli ebrei, una Convention tra dimenticanze e propaganda
Commenti di Fiamma Nirenstein, Piera Prister

Testata:Il Giornale-Informazione Corretta
Autore: Fiamma Nirenstein-Piera Prister
Titolo: «Così Obama snobba il voto ebraico- Convenzione democratica, tra propaganda e dimenticanze»

Sul GIORNALE di oggi, 06/09/2012, a pag.13, Fiamma Nirenstein commenta l'intervento di Obama alla Convenzione democratica, Piera Prister, analizza gli Usa dopo i 4 anni di presidenza Obama.
Ecco lgli articoli

Barack Obama                                    Fiamma Nirenstein

Il Giornale-Fiamma Nirenstein: " Così Obama snobba il voto ebraico "

Obama non ha certo un punto forte nel Medio Oriente, i suoi strateghi non funzionano: lo ha provato per­dendo tutti gli amici che aveva pri­ma delle rivoluzioni senza riuscire a farsene altri. L'atteggiamento os­sequioso ver­so l'islam non ha eleva­to di un millimetro la considerazio­ne verso gli Usa, rimasti il vecchio nemico imperialista. L'unico ami­co rimasto vicino agli Usa, non per interesse, ma per ispirazione de­mocratica, l'unico piccolo Hans ri­masto col d­ito nella minacciosa fal­la della diga mediorentale, Obama se lo sta giocando vertiginosamen­te. E così forse Obama addirittura ri­schia la rielezione sull'altare dell' invincibile antipatia verso Israele. Un sentimento incontenibile, che invano il presidente ha cercato di li­mitare alla critica politica. La criti­ca è divenuta astio, ed ormai perico­losa anche per gli Stati Uniti, per il suo prestigio internazionale.
L'ultimo episodio dimostra che Obama, nonostante gli ebrei ameri­cani abbiano votato per lui per il 78 per cento, non capisce, non sa, an­zi scansa il cuore ebraico: esso si chiama in primis «Gerusalemme»; gli ebrei, unica religione, pregano voltati da quella parte, la menzio­nano tutti i giorni nella preghiera; quando si sposano invece di giura­re fede­ltà all'amato la giurano a Ge­rusalemme. Ma la piattaforma del partito presentata martedì duran­te la convention fa capire che Oba­ma immagina come assai realisti­ca la divisione di Gerusalemme, da­to che attualmente non riconosce Gerusalemme unita come capitale di Israele, un punto vitale per la vita e la cultura stessa del mondo ebrai­co, ma rimanda la sua definizione secondo i desiderata del mondo arabo. Obama sembra ignorare che una città divisa diventerebbe un campo di battaglia peggiore di Belfast, che la paura diventerebbe padrona di un città invece oggi bel­la, curata, turistica, ricca di struttu­re economiche e culturali, e che i
luoghi santi, ora aperti a tutte le reli­gioni, sarebbero regolati chissà co­me.
La piattaforma del partito demo­cratico, che però menziona la fedel­tà degli Usa alla sicurezza di Israele e la speranza di pace, non menzio­na
neppure una volta Gerusa­lemme, e ha cancellato la formula del 2008 per cui i democratici si im­pegnava perchè «Gerusalemme sia e rimanga la capitale di Israele». Lasciando così aperta la porta alle continue rivendicazioni arabe e al­la possibile divisione.
Una differen­za troppo grande con la piattafor­ma di Romney, che attacca infatti Obama. Essa dice: «Noi sostenia­mo il dir­itto di Israele ad esistere co­me Stato Ebraico con confini sicuri e difendibili e auspichiamo due sta­ti democratici...
Israele con Gerusa­lemme come capitale e i palestine­si che vivano in pace e sicurezza». La piattaforma democratica del 2008 chiedeva anche l'«isolamen­to di Hamas finché l'organizzazio­ne non rinunci al terrorismo e ac­cetti gli impegni di pace »; insisteva che «ogni accordo per la questione dei profughi in un accordo finale faccia del futuro stato palestinese e non di Israele, la meta dei palestine­si » e notava che «non è realistico che il risultato di qualsiasi negozia­to si­a il ritorno totale alle linee armi­stiziali del 1949». Tutto questo è sparito. Punti vitali per Israele che non esistono più nella carta. Tutto questo avviene dopo che la discus­sione sull'Iran ha preso fuoco nei giorni scorsi: proprio nelle ore in cui l'Aiea, l'organizzazione per l'energia atomica, testimoniava l'impennarsi della produzione di uranio arricchito nella struttura ira­niana di Fordo, il generale Martin Dempsey, capo di Stato Maggiore, dichiarava che gli Usa non sarebbe­ro mai stati «complici» (ha usato proprio questa parola) di un attac­co israeliano all'Iran. Nel frattem­po gli americani restringevano il numero dei loro soldati previsti per un'esercitazione comune con l'esercito israeliano, e anche dei tecnici in grado di manovrare il si­stema antimissile Patriot e il radar piazzato nel Negev che annuncia a Israele se qualcosa si alza dal cielo in Iran. Come se non bastasse, uno scoop ha suggerito (difficile verifi­carlo) che gli americani tramite due nazioni europee avevano pro­posto all'Iran un patto: noi non aiu­tiamo gli israeliani, voi non colpite comunque le strutture americane in Medio Oriente. La reazione di Israele è quella espressa da Netan­yahu nei giorni scorsi, dopo le di­chiarazioni di Dempsey: «Vi occu­pate di più di bloccare Israele che di impedire l’atomica iraniana».Ie­ri Shimon Peres ha detto al nostro ministro degli Esteri Giulio Terzi, le cui dichiarazioni sull'Iran e il cui benvenuto di Israele fa dell'Italia un amico fra i primi della fila, che or­mai siamo quasi fuori tempo massi­mo. Ovvero, anche se le sanzioni so­no l'ipotesi più facile, l'attacco non è da escludere. In questo caso, Oba­ma sarà molto arrabbiato con Israe­le. Come, non lo è già adesso? E per motivi poco americani?

Informazione Corretta-Piera Prister: " Convenzione democratica, tra propaganda e dimenticanze"


Barack Obama                                            Piera Prister

Tra una folla plaudente, martedi’ 4 settembre a Charlotte North Carolina, s’e’ aperta in uno stadio, la Convenzione del Partito Democratico.
Non e’ l’oratoria dei discorsi che manca e che ancora incanta, non mancano le belle parole, manca totalmente da parte degli oratori l’aderenza alla realta’ nell’ignorare il fatto che l’America non cresce piu’, che non prospera, che sta retrocedendo, e per capire, basta guardare le immagini di lunghe file di disoccupati ad una Job Fair -dove la domanda di lavoro si incontra con l’offerta- che pazientemente aspettano il loro turno per avere un’intervista.
Gli interventi, per quanto appassionanti come quelli della First Lady Michelle e del sindaco Julian Castro di Sant’Antonio Texas, che dalle loro umili origini, hanno realizzato il loro sogno americano, sono distanti dalla gente (they are out of touch) mancano di sensibilita’ verso i loro connazionali che pagano la politica sperperona e dilapidatoria dei favoritismi del pork barrel del governo di Obama, dello stimulus economico che ha favorito le banche e certamente non ha favorito i lavoratori, inoltre dello sfruttamento molto costoso di energie alternative e dell’aumento delle tasse.
The Obama’s approval ratings, il suo indice di gradimento e’ sceso circa al 40 per cento. E’ triste che abbia ancora tanti sostenitori come l’ex presidente Bill Clinton che sta parlando alla Convention nella serata del 5 settembre, caldeggiando la riconferma di Obama che elogia addirittura come colui “who stopped the slide of depression” che ha fermato la caduta nella depressione. Clinton parla inoltre di collaborazione, ma poi ci sembra esageratamente negativista quando afferma che i repubblicani odiano Obama.
Fa poi una retrospettiva della sua presidenza elogiando se stesso e il Partito Democratico, che nella storia avrebbero formato piu’ posti di lavoro del Partito Repubblicano. Un discorso che riguarda pero’ piu’ il passato che il presente. Gli interventi degli oratori sembrano essere in verita’ dei riempitivi, come per distogliere con uno show di intrattenimento, l’attenzione degli spettatori dagli attuali problemi crescenti del paese. Non e’ la retorica che incanta, non sono gli elogi incensatori che parlano.
Ma i numeri che accusano:
1) La disoccupazione e’ all’8.3% , nella cifra ufficiale non sono compresi i sotto-occupati, i lavoratori stagionali, quelli che non hanno un contratto e quelli che si sono stancati e rinunciano a cercare. La cifra ufficiosa raddoppia.
2) La benzina e’ arrivata al prezzo di 3.80 dollari al gallone. Gasoline 3.80 al gallone. Nessun candidato presidenziale ha mai vinto con il prezzo della benzina in ascesa. Quando Obama vinse, la benzina costava 1.85 al gallone.
3) I sussidi dello stato, 46 million Americans are on food stamps, 46 milioni di americani vivono con una misera somma data loro dallo stato, con cui sopravvivono e con la quale comprano junk food, ossia cibo non sano.
4) 16 trillioni di debito nazionale.
5) One in six Americans are living in poverty. Un americano su sei vive in poverta’.
6) Apprendiamo ora che la Democratic Convention che aveva omesso dalla sua piattaforma il tema di Gerusalemme capitale di Israele e che aveva omesso volutamente di menzionare il nome di Dio, ha emendato all’ultimo momento queste due omissioni, che offendono Israele e la sua sovranita’, e la liberta’ di religione sancita dalla costituzione di questo paese.
Sicuramente c’e’ stato un braccio di ferro tra Obama e l’American Jewish Coalition e anche tra Obama e i rappresentanti del clero delle chiese cristiane. Ma rimane l’omissione riguardo alla minaccia di un Iran atomico e ai suoi due bracci armati di Hamas ed Hezbollah.
Cosi’ i democratici smemorati, dulcis in fundo, si ricordano di Gerusalemme capitale di Israele, ma non aggiungono i due aggettivi “una ed indivisibile”. Mentre on line e’ stato appena pubblicato sul WSJ l’articolo di Elliot Abrams, un esperto del Medio Oriente intitolato: What Is Israel’s Capital? Democrats Have Trouble Saying. Qual e’ la capitale di Israele? I democratici hanno difficolta’ a dirla.

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