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Libero-l'Unità Rassegna Stampa
04.02.2012 Leggere Fiamma Nirenstein e tenersi alla larga dalla coppia Vauro/Ovadia
Un invito a leggere il suo libro e un consiglio a Peppino Caldarola

Testata:Libero-l'Unità
Autore: Paolo Bianchi-Peppino Caldarola
Titolo: «Per le strade di Gerusalemme, la città che dà coraggio-Caro Ovadia su Vauro sbagli»

Riprendiamo da LIBERO di oggi, 04/02/2012, a pag. 28, la recensione di Paolo Bianchi al libro di Fiamma Nirenstein " A Gerusalemme", un ritratto della capitale di Israele che consigliamo a tutti i nostri lettori. Segue un articolo di Peppino Caldarola, a pag.21 dell'UNITA', che pubblichiamo in questa pagina unicamente perchè coinvolge Fiamma Nirenstein. Preceduto da un nostro commento.
Ecco gli articoli:

Libero-Paolo Bianchi: " Per le strade di Gerusalemme, la città che dà coraggio"


la copertina del nuovo libro di Fiamma Nirenstein

È un libro al contempo bello e terribile questo A Gerusalemme (Rizzoli, pp. 214, euro 18), soprattutto perché è scritto da una giornalista come Fiamma Nirenstein, figlia di uno dei primi «ebrei pionieri», giunto nel nascente Stato di Israele dalla Polonia nel 1936, e da molti anni commentatrice delle vicende del Vicino Oriente per i quotidiani La StampaeIl Giornale. Il volume che ha confezionato con minuziosa cura storica, cronachistica e autobiografica è un addentrarsi tra le pieghe oscure della città santa per eccellenza, capitale dei tre monoteismi, ebraismo, cristianesimo e islamismo e cuore pulsante di una ventina di loro derivazioni. Se il primo approccio turistico è sempre quello con la Città Vecchia, e specialmente con la porta di Giaffa, la più frequentata delle sette (ne esistono anche altre quattro, ma chiuse o murate), se le prime occhiate possono quasi far pensare a un variegato parco a tema, anzi a «un luna park turistico e commerciale», il rischio è quello di «imbrancarsi mentalmente con le truppe appena scese dai pullman». La realtà è ben più complessa, drammatica diciamo pure. Quei cumuli di pietre gialle e rosate celano confini invalicabili, circondano territori rivendicati a partire da tremila anni fa. Il Quartiere Musulmano arriva fino alla Spianata del Tempio, a fianco del Quartiere Ebraico. Accanto alla Tomba di Davide c’è anche la sala dell’ultima cena di Gesù e, a fianco, una moschea. Perché «tutto è vero, guai a metterlo in discussione, e tutto è falso, basta chiedere agli archeologi. Molto a Gerusalemme è fatto così. Ma sul vero e sul falso resta sempre aperta la finestra della fantasia e di una fede che mostra i denti». Conoscere la storia di Gerusalemme significa addentrarsi in un gomitolo aggrovigliato di verità e di supposizioni. Ma la mescolanza e la sovrapposizione, per quanto suggestive, hanno anche significati non del tutto rassicuranti. Nel luglio 2000, alla presenza di Bill Clinton, Arafat sostenne placidamente che a Gerusalemme non era mai esistitoun Tempiodi Salomone, cioè un Tempio degli Ebrei. Un esempio di negazionismo raccapricciante. E nel marzo dello stesso anno, quando Giovanni Paolo II aveva appena cominciato a parlare alla folla, il richiamo del muezzin si levò fortissimo a coprire la sua voce. C’è la Gerusalemme delle divisioni eterne e dell’eterna violenza. «Affacciarsi sul futuro è molto difficile», spiega Nirenstein, «ormai la questione di Gerusalemme è una delle più irrisolvibili del mondo, e lo dimostrano molti episodi degli anni recenti: ogni processo di pace discute la questione di Gerusalemme solo per trovarla impossibile». Eppure, che gli ebrei non demordano è specificato in una frase che non lascia spazio a dubbi. Proclama l’autrice: «Che errore hanno fatto con me i terroristi islamici: se volevano convincermi ad andarmene, hanno invece reso più bello il volto di questa città, mi hanno affondato nei secoli indietro, mi hanno fatto conoscere re Davide».

L'Unità-Peppino Caldarola:" Caro Ovadia su Vauro sbagli"

Peppino Caldarola è stato protagonista di una disavventura - la condanna a risarcire Vauro con 25.000 euro per diffamazione - IC ne ha scritto più volte a a lungo. Moni Ovadia ha difeso Vauro, contro Fiamma Nirenstein, confermandosi pronto come sempre a stare dalla parte di chi, realmente, diffama il prossimo.
Caldarola è invece una persona per bene, che ha fin troppa fiducia nel prossimo, forse, nel caso di Ovadia, gli ha fatto velo il fatto che sia ebreo, eppure, anche per la sua lunga esperienza politico-giornalistica, dovrebbe sapere che l'essere ebreo non mette al riparo nessuno. Ovadia compreso.
Caldarole dovrebbe quindi riflettere su questi eroi dell'antibavaglio, chi siano in realtà. Nostalgici del Partito Unico, il loro beninteso, e tutti quelli che non
la pensano come loro, in galera. Altro che 'caro Ovadia',  è della stessa pasta di Vauro, caro Peppino.
Ecco l'articolo:


Peppino Caldarola

Vorrei provare a discutere con Moni Ovadia e, se è possibile, addirittura con Vauro. Sono abituato a non perdere mai di vista il filo del dialogo anche, come in questo caso, nella contrapposizione più netta. Vauro ha fatto una vignetta che secondo Moni Ovadia appartiene al suo stile «giustamente feroce». Io ho replicato con un pezzo, di chiaro sapore satirico, altrettanto «giustamente feroce». Non ho scritto che Vauro è un antisemita, ho interpretato l’effetto che la sua vignetta ha fatto su di me, e sulle comunità ebraiche del mondo, dicendo che mi faceva venire alla mente l’insulto sulla «sporca ebrea». Vauro ha querelato, il pubblico ministero mi voleva assolvere, il giudice mi ha condannato imponendo una provvisionale che si applica solitamente ai delitti di sangue, agli omicidi ad esempio, e agli stupri. Vedo tre diritti violati dalla sentenza. Il primo è il mio diritto di criticare satiricamente Vauro. Se lui può essere «giustamente feroce» perché io no? Poi c’è un altro diritto che appartiene a una sensibilità che sicuramente Ovadia ha. Ho difeso Fiamma Nirenstein dallo stereotipo che la raffigurava, nella vignetta, con la stella di David cucita sull’abito e il naso adunco. Ovadia sa chi l’ha usato e perché. Dice Ovadia che Fiamma sta con la destra. E che c’entra? Per la prima volta si sancisce che un cittadino italiano possa essere caratterizzato antropologicamente per le sue opinioni politiche. I cittadini italiani di religione ebraica o di famiglia ebraica votano per chi vogliono. Io se li vedo offesi, reagisco indipendentemente dal consenso o no sul loro credo politico. Fiamma è stata ritratta con una mostrificazione sgradevole sia per le sue connotazioni, diciamo così etniche, sia per l’immagine sfigurata del suo essere donna. È giusto farlo? Se sì, è giusto criticare riassumendo, con una frase «giustamente feroce», quel che quelle immagini provocano in chi legge e guarda? La faccenda è tutta qui. Personalmente non credo di dover chiedere a un cittadino italiano di religione o di famiglia ebraica per chi vota. Non credo che a un cittadino italiano, diciamo ariano, verrebbe affibbiata una connotazione etnica se si schiera in un campo opposto alla sinistra. Perché invece con Fiamma, donna e ebrea, si può fare? In questi mesi si è molto detto e combattuto contro il bavaglio alla stampa. Per questa ragione, Ovadia dovrebbe ricordarlo, Fiamma non ha querelato Vauro pur essendone stata offesa. Perché un sostenitore dell’anti-bavaglio e il suo mondo di riferimento, invece, pretendono che sia io a mettermi il bavaglio? Le comunità ebraiche di tutta Italia hanno deciso di raccogliere il denaro necessario a pagare la provvisionale a Vauro. Io ho detto, e ripeto, che preferisco il carcere. Sto ponendo una questione di principio, anzi più d’una. Compreso il diritto di stare con Fiamma e con tanti altri dalla parte di Israele. Il giudice di Roma ha invece sancito che chi ha un diverbio politico con un cittadino ebreo ha il diritto di raffigurarlo secondo stereotipi razziali e che chi critica possa essere querelato e condannato. Credevo che queste cose si potessero fare nell’Ungheria di oggi non in Italia nel 2012. È su queste cose che vorrei invitare Moni Ovadia a ragionare.

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