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Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


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Il Giornale-Il Foglio Rassegna Stampa
15.10.2011 Gilad Shalit presto libero: le reazioni delle vittime del terrorismo palestinese
Le analisi di Fiamma Nirenstein, Deborah Fait,la redazione del Foglio

Testata:Il Giornale-Il Foglio
Autore: Fiamma Nirenstein-Deborah Fait-Redazione del Foglio
Titolo: «Tutti vittime per Shalit, Israele si ribella allo scambio-Gilad e Shvuel, due tragedie-Chi sono gli israeliani arrabbiati con l' »

Come ha reagito l'altra Israele, le famiglie che hanno avuto i loro cari assassinati dai criminali che adesso verranno liberati dlle prigioni dove scontavano  le pene per i loro delitti ? Il commento di Fiamma Nirenstein sul GIORNALE di oggi, 15/10/2011, a pag.16,  Deborah Fait per Informazione Corretta, sul FOGLIO, un servizio da Gerusalemme non firmato a pag.3.
Ecco gli articoli:

Il Giornale-Fiamma Nirenstein: " Tutti vittime per Shalit, Israele si ribella allo scambio"

Dunque Gilad Shalit tornerà martedì, e lo farà attraverso il Cairo cui verrà conse­gnato in un gioco opportunistico che ri­flette il distacco di Hamas dalla sua sede di Damasco ormai in fiamme, e quella del governo militare egiziano nel caos alla ri­cerca di consenso internazionale. Israele vibra nell’attesa, alla contentezza corri­spondono anche indignazione, paura, di­sperazione: il figlio superstite della fami­glia Schijveshuurder, Shvuel (un 27enne che nel 2001 ha avuto il padre, la madre e tre fratelli uccisi con altre 12 persone nel­la Pizzeria Sbarro di Gerusalemme) che da allora da segni di squilibrio, ha vanda­­lizzato il monumento a Yitzhak Rabin a Tel Aviv. Ron Kerman, padre di Tal, una ragazzina uccisasull’autobus numero 27 a Haifa nel 2003 ha attaccato Noam Sha­lit: «Per salvare tuo figlio hai vittimizzato tutta Israele». Si preparano anche manife­stazioni organizzate e ci si rivolge al Ba­gaz, l’Alta Corte, per fermare lo scambio. Il fatto è che il prezzo è micidiale, e non solo numericamente. Non solo si tratta di 1027 vite contro una. Si tratta di misurare il valore di una vita umana come noi la concepiamo, sull’accettazione del male assoluto.Qui vediamo un’autentica inon­dazione di tagliagole, di morti viventi, e si sa già per statistica che il cinquanta per cento torneranno a colpire. Fra questi as­sa­ssini di cui i palestinesi festeggiano il ri­torno ci sono: Nasser Batima, responsabi­le dell’eccidio di 30 persone al Park Hotel di Netanya, 200 feriti; Husam Bodran che ha pianificato l’attacco alla discoteca del Dolphinarium a Tel Aviv nel 2001, qualcu­no si ricorderà i corpi straziati di 21 ragaz­zini.
Sempre Bodran è responsabile del­l’uccisione dei 14 innocenti che pranzava­no ad Haifa nel 2002. Ci sono Yehie Sinwar e Jihad Amur, coinvolti nel rapi­mento del soldato Wachsman, che lo fece­ro saltare per aria con una cintura quan­do un commando cercò di liberarlo. Abd Al Gadi Gnaim che ha buttato giù da un di­rupo un autobus di linea fra Gerusa­lemme e Tel Aviv uccidendo 16 passegge­ri. Ci sono molte donne che guidando col velo hanno accompagnato i terroristi sui­cidi a uccidere centinaia di innocenti.
Ma alla cronista resta particolarmente indigeribile fra (si dice) 27 donne, la libe­razione di Mona Jaud Awana che con in­t­ernet ha attratto dalla cittadina di Ashke­lon il sedicenne Ofir Rahum. Si è avventu­rato fuori del paese per la prima volta in autobus per finire nelle mani dei compa­gni di Awana, che l’hanno fatto a pezzi in un garage di Ramallah. La cronista ha visi­tato la sua casa e il suoi genitori. Ora suo padre col cuore a pezzi e la testa confusa tuttavia si congratula con Noam Shalit perché riavrà suo figlio. Nella storia dei molti altri attentati che si srotola davanti agli occhi degli israeliani mentre gli assas­sini escono, c’è la storia di un piccolo Pae­se che è pronto a dare per la vita tutto, mentre i suoi nemici sono assassini pron­ti a tutto per la morte. E lo saranno ancora.

Informazione Corretta-Deborah Fait: " Gilad e Shvuel, due tragedie "

la Pizzeria Sbarro dopo l'attentato

Gilad ritorna a casa. In Israele ci aspetteranno giorni di grande gioia, di esaltazione addirittura, di immensa felicita' per la liberazione del nostro ragazzo rapito cinque anni fa in Israele e portato chissa' dove a Gaza.
Cinque anni terribili per la sua famiglia, per tutta Israele e soprattutto per lui al quale , oltre alle torture fisiche, avranno inferto anche la tortura psicologica del "tutti ti hanno abbandonato".
E' il gioco crudele dei rapitori. Non tutti sono contenti in Israele, ci sono le famiglie dei superstiti, dei sopravvissuti agli anni del terrore. Ci sono quelli che non possono non pensare alle loro famiglie sterminate da assassini che saranno liberati.
Come si puo' pretendere che accolgano la notizia colla stessa gioia che provo io? Che provano tutti gli israeliani fortunatamente non colpiti dal terrorismo? Nella pagina degli esteri della Stampa del 14.10 si legge un articolo sulla profanazione del monumento a Rabin. Chi lo ha profanato? secondo chi ha scritto l'articolo, e' stato un estremista di destra, un fuori di testa, un nemico della pace. No, non e' cosi'! Non usciamo dalle proporzioni, non travolgiamo la verita', come sempre. Chi ha versato la vernice sul monumento a Rabin e' un ragazzo, il suo nome e' Shvuel Schijvershuurder, la cui famiglia, tutta la sua famiglia di cinque persone, e' stata sterminata nell'attentato da Sbarro nel 2001. Shvuel era appena un adolescente rimasto senza genitori e fratelli perche' due assassini avevano deciso di ammazzare degli ebrei che un venerdi a mezzogiorno erano andati a mangiare una pizza prima dei preparativi per lo Shabat.
I due assassini, tra cui una donna orgogliosa dell'azione compiuta tanto da dire sorridendo che lo rifarebbe, verranno liberati e saranno tra i 1027 terroristi che l'accordo per Gilad dovra' liberare. Provate a mettervi un mano sul cuore, provate a pensare se l'assassino della vostra famiglia, tutto il vostro mondo,fosse mandato libero , felice come una Pasqua per aver ammazzato degli odiati ebrei e strafelice per avere ancora un'opportunita' di poterlo rifare e poi ditemi se non potete capire il gesto di questo ragazzo che non e' un estremista ma che ha voluto richiamare l'attenzione sulla tragedia che migliaia di persone stanno vivendo in Israele.
Assistere alla liberazione degli assassini delle loro famiglie, vederli ridere, soddisfattti e orgogliosi. La TV israeliana ha mandato in onda un'intervista coll'assassina di Sbarro: e' felice, angelica, orgogliosa. L'altra, sua compagna di cella, quella che ha portato tra le mani dei terroristi Ofir, un ragazzino quindicenne di Ashdod, guardando tranquilla mentre i suoi complici lo tiravano fuori dalla macchina per sparargli raffiche di mitragliatrici e poi gettarlo sul ciglio della strada come un straccio, e' altrettanto felice.
Shvuel ha oggi 27 anni, e' amareggiato, come lui molte migliaia di israeliani sopravvissuti allo sterminio delle loro famiglie in un periodo accuratamente preparato da Arafat e soci per indebolire lo spirito di Israele colpendo solo i civili, le famiglie, la gente di Israele con decine di attentati al giorno.
Un periodo da ricordare come un incubo e chi non lo ha vissuto non puo' nemmeno immaginare quello che abbiamo passato tra terrore e disperazione. Il mondo se ne fregava, i pacifisti venivano qui a urlare contro di noi che morivamo colpiti da milioni di chiodi e biglie che uscivano col fuoco dai candelotti che i terroristi portavano addosso.
Ci urlavano contro, i maledetti. Facevano cortei per le strade d'Europa i maledetti, con le bandiere colorate, urlavano Palestina libera e islamica.
E noi morivamo. A ogni morto israeliano altri cortei, bandiere di Israele bruciate a significare lo spregio e l'odio di questi mentecatti. Sono morti migliaia di israeliani, giovani, vecchi, bambini, donne nell'indifferenza del mondo intero, anzi , peggio, sono stati assassinati per il godimento del mondo intero.
Io li leggevo i messaggi su internet "se lo meritano, ben gli sta, facciano a meno di stare la', non e' terra loro".
Fra due giorni Gilad sara' libero grazie a molti mediatori, grazie alla situazione creatasi cogli inverni arabi che qualcuno si ostina a chiamare primavere. Molti si autoloderanno, si arrogheranno il merito della liberazione di Gilad. La cosa importante e' che un figlio di Israele torni a casa.
A Ron Arad non fu concesso, ricordiamolo in questi giorni. Io mettero' un fiocco azzurro alla finestra, accanto a quello giallo per Gilad. Che Ron ci perdoni per non aver saputo fare in modo di salvarlo. Ci perdonino tutti i dispersi mai piu' tornati e morti tra le torture atroci dei nemici.
Martedi 1027 assassini saranno liberati per un ragazzo ebreo. Quanto poco valgono sti palestinesi!

Il Foglio-" Chi sono gli israeliani arrabbiati con l' esercito troppo morbido"

 

Gerusalemme. Il soldato israeliano Gilad Shalit sarà a casa tra pochi giorni, dopo cinque anni di prigionia: il caporale – oggi venticinquenne – rapito nel giugno del 2006 da Hamas in un raid oltre il confine della Striscia di Gaza sarà consegnato alle autorità egiziane martedì. Mercoledì sera il gabinetto del primo ministro di Gerusalemme, Benjamin Netanyahu, ha approvato i dettagli di un accordo con Hamas che prevede la liberazione di Shalit in cambio del rilascio di oltre mille prigionieri palestinesi, detenuti nelle carceri israeliane. In Israele – dove tutte le famiglie hanno un figlio o una figlia soldato e tutte le famiglie sono state vicine al dramma dei parenti del caporale – non c’è soltanto entusiasmo per la liberazione del giovane. C’è anche paura. C’è la paura che il rilascio di molti palestinesi in passato implicati in atti terroristici possa riportare il paese al tempo degli attacchi sugli autobus e nelle pizzerie (ieri è stata pubblicata parte della lista definitiva dei mille liberati, oggi ci sarà quella definitiva). I familiari delle vittime del terrorismo hanno consegnato una petizione alla Corte Suprema: chiedono di posticipare lo scambio di prigionieri e parlano di “liberazione di assassini”. La protesta ieri è diventata violenta. Un giovane 27enne che ha perso i genitori nell’attentato suicida alla pizzeria Sbarro di Gerusalemme nel 2001, ha sfregiato con pittura bianca e una bomboletta spray il monumento alla memoria dell’ex premier Yitzhak Rabin, il presidente degli accordi di Oslo, che strinse la mano a Yasser Arafat e pagò con la vita questa apertura nel 1995. “Price tag”, il prezzo da pagare, e “Yigal Amir libero”, ha scritto il giovane, poi arrestato, sulla pietra del monumento nel centro di Tel Aviv. Amir è l’uomo che ha ucciso Rabin; “Price tag”, il prezzo da pagare, è la scritta con cui i settler più religiosi ed estremisti firmano i loro attacchi contro proprietà palestinesi nella Cisgiordania sonia, solitamente in rappresaglia allo sgombero da parte delle forze di sicurezza israeliane di insediamenti illegali. Gli obiettivi sono ulivi di proprietà di residenti arabi e moschee. Il gesto isolato arriva in seguito a una serie di attacchi, della stessa tipologia, avvenuti non in Cisgiordania, ma in territorio israeliano nelle ultime settimane. Nel nord, nel villaggio arabo israeliano di Tuba Zangaria, l’incendio di una moschea (per il quale finora è stato arrestato un colono diciottenne) ha preoccupato le élite politiche israeliane. Il presidente, Shimon Peres, ha visitato il luogo e rassicurato i palestinesi e gli arabo-israeliani sulla tolleranza della società israeliana. Durante il fine settimana scorso, due cimiteri a Tel Aviv – uno musulmano e uno cristiano – sono stati vandalizzati. Su oltre venti tombe sono comparse scritte razziste e di nuovo la firma “Price tag”. Ma la gran parte dell’opinione pubblica israeliana è preoccupata per un fenomeno inedito. La rabbia dei settler, il giorno dopo uno sgombero, era stata finora diretta verso i palestinesi Nelle ultime settimane, gli atti ostili da parte di piccoli gruppi di giovani coloni radicali sono stati fatti contro i soldati dell’esercito israeliano in servizio in Cisgiordania, israeliani come gli abitanti degli insediamenti. All’origine di questi atti c’era la distruzione da parte dell’esercito di alcune case nell’outpost illegale di Migron, cinque chilometri a nord di Gerusalemme. Una base militare è stata presa d’assalto, oltre dieci veicoli dell’esercito sono stati vandalizzati; qualche giorno dopo una pattuglia di soldati di Tsahal vicino all’insediamento di Shiloh – 45 chilometri a nord di Gerusalemme – è stata accerchiata, e un militare è stato colpito in faccia da un pugno. Secondo quanto riportato dai giornali, il gruppo ha pensato che i soldati fossero lì per evacuare un vicino outpost illegale. “E’ stata sorpassata una linea rossa”, ha detto un ufficiale dell’esercito al quotidiano Haaretz, spiegando la preoccupazione tra i ranghi militari. Un altro ufficiale intervistato dal giornale ammette che ogni giorno diventa più difficile proteggere re proprio chi ti attacca. Secondo fonti della sicurezza israeliana nell’area sentita dal Foglio, l’episodio del pugno in faccia a un soldato “è una mossa molto azzardata”. La tensione è alta, ammette la fonte, ma occorre ricordare che “stiamo parlando di una piccola minoranza di abitanti della zona cui il resto della popolazione israeliana e la stampa inizia a prestare attenzione a causa di grossi incidenti come quello della moschea al nord e l’attacco alla pattuglia di qualche giorno fa. Ogni società ha la sua parte di fuorilegge che crea un certo numero di problemi”. “Penso che sia una situazione molto seria e molto pericolosa. Per l’esercito è molto difficile far fronte a questa realtà”, ha detto Zvi Bar’el, commentatore del quotidiano liberal Haaretz. Secondo il giornalista, una parte dei settler più radicali “considera la legge israeliana soltanto quando le fa comodo e sta creando una realtà che obbliga il governo a comportarsi in un certo modo”. Come dimostrano i tumultuosi retroscena sui dissapori dentro all’esecutivo di Netanyahu mentre si decideva l’accordo su Shalit, lo scontro interno è destinato ad acutizzarsi. Bar’el cita un esempio: un gruppo di leader del movimento dei settler ha presentato all’inizio di settembre la proposta per la creazione di un’autorità ebraica della Giudea e Samaria (Cisgiordania), come contrappeso all’Autorità palestinese. Dalla sua casa di Elqana, uno dei primi insediamenti della Cisgiordania, Hillel Weiss, professore di Lettere all’Università di Bar-Ilan e promotore dell’iniziativa, ammette che la proposta di un’autorità possa essere percepita come una ribellione e spiega al Foglio: “Non siamo contro il governo israeliano, ma pensiamo che non rappresenti il popolo ebraico: distrugge le loro case”. Weiss rifiuta la soluzione a due stati: “Significa che un terzo dei coloni sarà mandato via dalla terra, Hamas verrà qui e distruggerà Israele”.

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