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Corriere della Sera - La Stampa Rassegna Stampa
12.10.2011 Scoperti terroristi iraniani in Usa
cronache di Guido Olimpio, Maurizio Molinari

Testata:Corriere della Sera - La Stampa
Autore: Guido Olimpio - Maurizio Molinari
Titolo: «Ora l'America punta a isolare gli ayatollah - Le basi in Sud America di Hezbollah e Pasdaran»

Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 12/10/2011, a pag. 16, l'articolo di Guido Olimpio dal titolo " Ora l'America punta a isolare gli ayatollah ". Dalla STAMPA, a pag. 12, l'articolo di Paolo Mastrolilli dal titolo " Le basi in Sud America di Hezbollah e Pasdaran ".
Ecco i due articoli:

CORRIERE della SERA - Guido Olimpio : " Ora l'America punta a isolare gli ayatollah "


Mahmoud Ahmadinejad Guido Olimpio

NEW YORK — «Sembra una storia uscita da una sceneggiatura di Hollywood, ma l'impatto che avrà in concreto è molto, molto reale» avverte, glaciale, il direttore dell'Fbi, Robert Muller. «Enorme», «inaudito», «rappresaglia» sono le tre parole che anno cominciato a rimbalzare da un capo all'altro di Washington dopo l'annuncio dell'attentato sventato contro l'ambasciatore saudita a Washington.

Dal Pentagono e dal Dipartimento di Stato, a caldo, sono arrivate voci di un ricorso americano al Consiglio di Sicurezza dell'Onu o anche di interventi più duri. Possibile un uso della forza, visto che l'embargo in atto da tempo non pare aver dato grandi risultati? Non pare: l'«escalation» potrebbe essere condotta cercando di trasformare, in sede diplomatica, l'embargo attuale in un boicottaggio più direttamente finalizzato a un cambio di regime in Iran, come già avvenuto per la Libia e tentato per la Siria.

Una rappresaglia dal cielo per ora non sembra sul tavolo: l'Iran non è l'Iraq di Saddam, Obama non è Bush. E il governo Usa si dice convinto di un coinvolgimento, attraverso la «Qods Force», del governo di Teheran, ma per ora non accusa esplicitamente i suoi massimi leader. Il Segretario di Stato Hillary Clinton, pur affermando che Teheran ha «superato una linea di demarcazione», per ora si è limitata a dire che gli Usa stanno consultando gli alleati e le altre potenze prima di decidere il da farsi.

Obama è impegnato da ieri in una serie di consultazioni con gli altri leader per decidere come reagire a quella che, parlando con l'ambasciatore saudita al-Jubeir, ha definito una «flagrante violazione della legge».

L'obiettivo del presidente sembra quello di rendere ancora più «blindato» l'isolamento dell'Iran e, se possibile, di far emergere spaccature nel regime di Teheran. Il quadro è, comunque, molto grave: una trama dell'Iran per assassinare, con l'aiuto di narcotrafficanti messicani, l'ambasciatore saudita negli Usa con una bomba piazzata in un ristorante che avrebbe potuto uccidere 150 cittadini americani. È la storia raccontata ieri dal ministro della Giustizia Usa Eric Holder davanti a una stampa attonita. Il governo di Teheran nega tutto, parla di montatura bambinesca dell'amministrazione Obama per cercare di coprire le sue difficoltà interne agitando un'inesistente minaccia esterna.

Ma Holder ha ricostruito in modo circostanziato il caso, per poi parlare di coinvolgimento diretto nella trama di «fazioni del governo iraniano». E, nel dire che gli Usa considerano Teheran direttamente responsabile per quanto accaduto, ha usato toni abbastanza minacciosi: «Non lasceremo che altri Paesi si servano del suolo degli Stati Uniti come loro campo di battaglia». Poco dopo il Tesoro ha annunciato una ulteriore stretta delle sanzioni economiche.

Ragionando di equilibri strategici, la sensazione che si va diffondendo è che l'Iran (o una parte del suo governo) abbia tentato di colpire l'uomo-chiave del rapporto Stati Uniti-Arabia Saudita per dare un'immagine di vulnerabilità del Paese che, con l'America che si prepara a rendere meno massiccia la sua presenza in Medio Oriente, dovrebbe diventare un gendarme della stabilità dell'area.

Un disegno del quale, a caldo, ha parlato un personaggio apparentemente «laterale», ma di peso: Mike Rogers, il deputato (repubblicano) che preside il Comitato Intelligence della Camera. Rogers (che riceve informative «top secret») ha fatto capire che il governo iraniano è coinvolto al massimo livello. Va, quindi, incalzato con grande durezza. «Quello che è accaduto — ha detto — è enorme. Siamo ad una svolta. Lo devono capire i nostri amici in Europa, ma soprattutto Mosca e Pechino. Questo è un problema di tutti».

La STAMPA - Paolo Mastrolilli : " Le basi in Sud America di Hezbollah e Pasdaran"


Hezbollah                  Pasdaran                          Maurizio Molinari

Dietro il tentativo di assassinio dell’ambasciatore saudita negli Stati Uniti c’è il «Piano Orizzonte», ovvero il tentativo delle Guardie rivoluzione iraniane e degli Hezbollah libanesi alleati di Teheran di insediarsi nell’emisfero occidentale per poter colpire con più facilità gli interessi di Washington.

«Afaq» (Orizzonte) è il nome di un piano d’azione redatto da Hassan Nasrallah, sceicco degli Hezbollah a Beirut, per creare delle centrali operative in Messico, Cuba e Venezuela dove far confluire agenti, reclutare localmente nelle comunità sciite ed accumulare informazioni su possibili obiettivi avversari al fine di consentire alla «Forza Al Quds», emanazione all’estero delle Guardia della rivoluzione iraniana che risponde agli ordini della Guida Suprema Alì Khamenei, di poter realizzare azioni spettacolari. Disporre di un tale «network» punta a consentire a Teheran di poter minacciare rappresaglie dirette contro il territorio degli Stati Uniti in caso di un crisi militare nel Golfo Persico.

A svelare l’esistenza del «Piano Orizzonte» sono documenti di servizi di intelligence occidentali che «La Stampa» ha potuto visionare, relativi all’allarme per l’imminente arrivo in America Latina di un imprecisato numero di «inviati» degli Hezbollah in coincidenza con la festa musulmana di «Id al-Adha», dal 6 al 9 novembre, che consente di giustificare arrivi e partenze con la cooperazione religiosa a favore di numerose moschee sciite in più nazioni. Il network si basa su tre tasselli: ambasciate iraniane, agenti di Hezbollah in arrivo dal Medio Oriente e moschee sciite che li attendono per svolgere attività apparentemente di tipo religioso. Al centro del tentativo di insediamento nell’emisfero occidentale c’è il Messico e in particolare la città di Tijuana, alle porte degli Stati Uniti, dove la struttura degli Hezbollah ruoterebbe attorno ad un designer grafico di nome Ali Jamil Nasser, di circa 30 anni, che avrebbe ricevuto negli ultimi mesi messaggi e comunicazioni direttamente da Mustafa Badr al-Din, il capo delle operazioni all’estero di Hezbollah che ha sostituito in questo incarico il super-terrorista Imad Mughniyah dopo la sua uccisione a Damasco. Nel 2010 l’intelligence messicana, in cooperazione con altri servizi occidentali, era riuscita a smantellare una rete informativa degli Hezbollah che operava proprio nella regione di Tijuana, ed ora la volontà di tornare a renderla operativa in tempi così stretti coincide con le rivelazioni del dipartimento di Giustizia americano sul fatto che il complotto per assassinare l’ambasciatore saudita a Washington è passato proprio attraverso il Messico.

I servizi di intelligence occidentali ritengono che la «piattaforma messicana» sia stata identificata da Hezbollah e Forza Al Quds come un indispensabile canale logistico per spostare velocemente uomini, informazioni e materiali fra l’America del Nord e del Sud, rendendo possibili operazioni su entrambi i fronti. Ad alimentare la piattaforma messicana, secondo i documenti, è il «ramo caraibico» di «Piano Orizzonte», ovvero i progetti per insediare in più località dell’isola di Cuba elementi di un’unità degli Hezbollah dipendente direttamente da Badr al-Din e dal suo stretto collaboratore Talal Hamia. Lo schema immaginato prevede che la base cubana divenga il posto dove gli agenti in arrivo dal Medio Oriente possono fare tappa per essere riforniti di valuta dei Paesi dove andranno ad operare e dei relativi documenti di identità,vvero passaporti brasiliani, argentini, colombiani e paraguaiani, ma anche, se necessario, di Paesi europei. L’ultimo tassello è il Venezuela di Hugo Chavez - dove i cittadini iraniani possono entrare senza visto -, identificato come la base di partenza delle operazioni degli inviati Hezbollah in America del Sud ed anche come possibile luogo di rifugio per gli agenti bisognosi di protezione dopo aver realizzato azioni contro gli interessi americani.

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