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Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


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Libero - Il Foglio - Corriere della Sera Rassegna Stampa
05.07.2011 Il nuovo Egitto dopo Mubarak e la favola della 'primavera araba'
Commenti di Andrea Morigi, Marco Pedersini, cronaca di Cecilia Zecchinelli

Testata:Libero - Il Foglio - Corriere della Sera
Autore: Andrea Morigi - Marco Pedersini - Cecilia Zecchinelli
Titolo: «La primavera in Egitto non c’è mai stata - Chi vuole fare saltare il gasdotto egiziano che rifornisce Israele? - Il 'topo islamico' di Sawiris scatena la furia degli integralisti»

Riportiamo da LIBERO di oggi, 05/07/2011, a pag. 19, l'articolo di Andrea Morigi dal titolo " La primavera in Egitto non c’è mai stata ". Dal FOGLIO, a pag. 1-4, l'articolo di Marco Pedersini dal titolo " Chi vuole fare saltare il gasdotto egiziano che rifornisce Israele? ". Dal CORRIERE della SERA, a pag. 19, l'articolo di Cecilia Zecchinelli dal titolo " Il 'topo islamico' di Sawiris scatena la furia degli integralisti" .
Ecco i pezzi:

LIBERO - Andrea Morigi : " La primavera in Egitto non c’è mai stata "


Andrea Morigi

Salta in aria nella notte il gasdotto che dall’Egitto porta gas naturale verso Israele e la Giordania. L’esplosione, la terza dopo quelle del febbraio scorso e del 27 aprile, è avvenuta a una stazione di pompaggio nel nord della penisola del Sinai. Non c’è stato nemmeno il tempo di stampare l’editorialedi MohamedHabib, in cui l’ex vicepresidente dei Fratelli Musulmani egiziani, sul quotidiano Al Dostour, accusava il regime di Mubarak di aver venduto gas all’entità sionista. Suona quasi come una rivendicazione, tanto per chiarire chi davvero detiene il potere nel Paese durante la lunga transizione: sono i fondamentalisti, con l’aiuto di una branca dei Fratelli Musulmani in Palestina, Hamas.
Sarebbe proprio questo movimento, indicato come gruppo terroristico dagli Stati Uniti e dall’Europa, ad aver agito con un’autobomba attivata a distanza, per ritorsione contro il blocco della flottiglia che dovrebbe portare aiuti umanitari a Gaza. Debkafile sostiene che l’ultimo attentato - come i precedenti - è opera di una speciale unità di Hamas, che lavora con terroristi vicini ad Al Qaeda. Formalmente, gli accordi con Gerusalemme, che coprono il 45 per cento del fabbisogno israeliano, rimangono in vigore. Dopo il secondo attentato, le forniture di gas naturale a Israele erano gradualmente riprese il 10 giugno. Alla fine di marzo era inoltre fallito un altro tentativo di far saltare la linea del gasdotto che va verso la Giordania.
Oltre che a livello militare, i Fratelli Musulmani, appaiono come il gruppo più organizzato anche a livello politico, benché il loro protagonismo pubblico abbia fatto emergere le profonde spaccature interne al movimento. È ormai «diviso in cinque» partiti, secondo l’edizione settimanale in lingua inglese del giornale governativo Al Ahram. Accanto a “Libertà e Giustizia”, nato il 6 giugno scorso e guidato da tre excomponenti dell’Ufficio di Guida dei Fratelli Musulmani, sono nate altre quattro formazioni: Al Nahda (Rinascimento); Al Riyada (Pioniere); Haraket al Salam Wal Tanmiya (Movimento per la Pace e lo Sviluppo) e infine Al Tayar Al Masri (Corrente egiziana), fondato dai giovani. Mentre il primo ha ottenuto l’approvazione, gli altri sono ancora alle prese con le pratiche di riconoscimento stabilite dalla giunta militare nel febbraio scorso, che richiedono alcuni requisiti come l’adesione di 5mila sostenitori in un numero minimo di 10 governatorati. Il clima di divisione nel Paese sembraormai aver prevalso sull’apparente unità creata all’inizio della rivoluzione.
Lo indica anche la ripresa delle proteste, a cui nella serata di domenica in piazza Tahrir, al Cairo, hanno fatto seguito violenti scontri, proseguiti per ore e terminati con un bilancio di decine di feriti. Alcuni cosiddetti «venditori ambulanti», secondo le prime ricostruzioni, avrebbero attaccato con coltelli, bastoni e pietre, appiccando fuoco alle tende piantate dai manifestanti, molti dei quali famigliari delle vittime della “rivoluzione del 25 gennaio”. Secondo il quotidiano Al Masry al Youm, alcuni ambulanti avrebbero ammesso di aver preso denaro per causare disordini e attaccare i manifestanti, mentre alcuni poliziotti in borghese sono stati visti insieme ai venditori. Molti avvertono dell’esistenza di un complotto volto a far fallire la rivoluzione, riporta il quotidiano Al Akhbar, attribuendo a numerosi gruppi rivoluzionari la denuncia di trame interne ed esterne che intendono creare un confronto fra la polizia «sfruttando il sangue dei martiri per radunare gente a piazza Tahrir». Gli unici in grado dibeneficiarne politicamente appaiono coloro che sono stati sdoganati con la benedizione del Dipartimento di Stato americano, i Fratelli Musulmani che, fino alle prossime elezioni di settembre, lavoreranno divisi per raccogliere uniti il consenso dalle urne .

Il FOGLIO - Marco Pedersini : "  Chi vuole fare saltare il gasdotto egiziano che rifornisce Israele?"

Roma. Nelle prime ore di ieri, il gasdotto che collega l’Egitto a Giordania e Israele è stato attaccato. Un gruppo di miliziani armati, col volto coperto, ha sfondato le barriere di sicurezza di un impianto intermedio a Bir Abd, un villaggio nella penisola del Sinai, 60 chilometri a est del canale di Suez, lasciando una bomba lungo la condotta. La fiammata, arrivata a 20 metri d’altezza, è stata domata in mattinata. E’ il terzo attacco da quel 25 gennaio in cui l’Egitto è sceso in piazza per liberarsi dal regime di Hosni Mubarak. La dinamica è sempre la stessa, per quanto non sempre efficace – in un attacco a marzo la carica non era esplosa. Gli assalti precedenti avevano costretto a sospendere le forniture a Israele e Giordania per più di un mese. Questa volta, dicono le autorità israeliane, il flusso potrà riprendere in giornata, perché l’esplosione ha danneggiato una condotta di smistamento, risparmiando il gasdotto principale. Fonti d’intelligence israeliane dicono all’agenzia France Press di essere all’erta, da una decina di giorni, per il rischio di un attentato jihadista ai gasdotti del Sinai. Al momento manca una rivendicazione, ma i servizi dicono di sapere chi ha voluto l’attacco: le esplosioni precedenti erano state opera dei beduini del Sinai, decisi ad approfittare delle sollevazioni della primavera araba; il commando di lunedì mattina, nonostante la strategia pressoché invariata, sarebbe partito dalla Striscia di Gaza. La strategia jihadista, però, si intreccia con una contesa essenzialmente politica. Durante la presidenza Mubarak, Israele ha sempre comprato forniture energetiche a un prezzo di favore. La cifra non è nota – è un segreto commerciale – ma si crede che sia al di sotto del prezzo di mercato: le previsioni dei media egiziani oscillano tra i 70 centesimi e un dollaro e mezzo per milione di unità termali britanniche (Btu, l’unità standard di riferimento), quelle israeliane tra 2,5 e 4 dollari – ben al di sotto della media mondiale, tra i sei e i sette dollari per milione di Btu. Ufficialmente il governo egiziano non vende gas ai paesi vicini, ma alla Eastern Mediterranean Gas (Emg), che a sua volta trattava con le autorità di Amman e Gerusalemme. Il filtro rispondeva a una chiara logica di profitto: la Emg – che tra i principali azionisti ha Hussein Salem, fedelissimo di Mubarak, e Yossi Meiman, manager vicino alla formazione dell’ex presidente Ariel Sharon – comprava gas dal governo egiziano a un prezzo irrisorio, per poi rivenderlo a Israele e Giordania a una cifra vantaggiosa ma non stracciata, che ha permesso all’Emg margini di profitto esorbitanti, attorno al cinquanta per cento. Ora che Mubarak è sotto processo e la fuga di Hussein Salem è stata bloccata in Spagna, la giunta militare non ha più intenzione di mantenere relazioni di favore, tantomeno nei confronti dei vicini israeliani. Il ministro del Petrolio, Abdullah Ghorab, ha già rinegoziato i prezzi delle forniture alla Giordania, avvertendo che “è soltanto l’inizio, ora passeremo in rassegna gli altri paesi” – oltre a Israele, l’Egitto fornisce gas anche a Francia, Italia, Spagna e Siria. La rivalsa egiziana costringerà Israele a trattare sul gasdotto da cui dipende per quasi metà del fabbisogno elettrico nazionale. Al momento l’unico rimedio a un gasdotto affidabile a singhiozzo è ricorrere al carbone per alimentare le centrali. Ma il quadro è in evoluzione: come ha detto nei giorni scorsi l’amministratore delegato di Eni, Paolo Scaroni, grazie ai giacimenti scoperti al largo delle sue coste “Israele diventerà presto una potenza energetica, in grado addirittura di esportare gas”.

CORRIERE della SERA - Cecilia Zecchinelli : " Il 'topo islamico' di Sawiris scatena la furia degli integralisti "


Naguib Sawiris

Il magnate delle telecomunicazioni Naguib Sawiris, Topolino e Minnie, l’ampia e frantumata galassia dei movimenti islamici del «nuovo Egitto» . Protagonisti— i primi tre loro malgrado — di un’assurda vicenda di cui tutti parlano al Cairo, dal sapore apparente un po’ da commedia (masrahiya dicono gli egiziani), ma in realtà sintomo serio del malessere e delle difficoltà post-rivoluzione. Tutto è nato da un disegno della celebre coppia di topi disneyani postato su Twitter dal patron di Orascom e Wind. In versione «islamica» : lui con barba, tunica e copricapo tipici dei musulmani fondamentalisti. Lei con il niqab, il velo che copre il volto tranne gli occhi (e il classico fiocco da Minnie tra le orecchie tonde). «Uno scherzo innocente» , ha spiegato l’ingegnere cristiano, l’uomo più ricco del suo Paese, che fin dall’inizio delle proteste in gennaio si era schierato contro il regime. «Un insulto e un’offesa all’Islam» , hanno risposto decine di persone sui social network, creando poi pagine Facebook dal titolo «Boicottate Sawiris» e la sua società di telefonia Mobinil. E anche se l’imprenditore ha prontamente rimosso i topi e si è più volte scusato, 14 avvocati legati al leader salafita Mahmoud Ismail l’hanno denunciato. Il procuratore generale del Cairo Abdel Meguid Mahmoud ha deciso di rinviare alla Procura il dossier, il caso andrà avanti. «È una disgrazia che Sawiris soccomba così a un gruppo di terroristi che mirano a farne cadere l’impero. Dovrebbe essere lui a denunciarli per calunnia» , scriveva ieri su Al Masry Al Youm la giornalista Mary Youssef. Altri però, come si legge sui siti, ritengono che «un conto è la libertà d’espressione, un altro è mancare di rispetto» . Soprattutto, qualcuno si chiede se «in un momento di rinnovata tensione tra copti e musulmani fosse proprio il caso di fare uno "scherzo"del genere» . Ma i guai di Sawiris, che in aprile ha fondato il partito Nuovi Egiziani («liberale e non copto, aperto a tutti» ), non si fermano qui. Senza dar troppo peso all’affaire Topolino, i Fratelli Musulmani (o meglio, uno dei partiti che si sono formati al loro interno) domenica in una conferenza stampa hanno tuonato contro l’imprenditore. L’accusa, ben più grave, è «la sua affiliazione con il vecchio regime corrotto» , «l’accumulo di ricchezza grazie ai legami speciali con l’ex Raìs» .

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