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Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


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La Stampa-Il Foglio-L'Unità Rassegna Stampa
25.06.2011 Gilad Shalit, domani manifestazioni in tutta Italia
Articoli di Aldo Baquis, Redazione del Foglio, UDG

Testata:La Stampa-Il Foglio-L'Unità
Autore: Aldo Baquis-Redazione del Foglio-Umberto De Giovannangeli
Titolo: «Il caporale Shalit, da 5 anni disperso nel ventre di Gaza-La grande trattativa per salvare il soldato Gilad Shalit-Da 5 anni nelle mani di Hamas, l'odissea del caporale Shalit»

Domani, domenica 26 giugno, si svolgeranno in tutta Italia molte manifestazioni per la liberazione di Gilad Shalit.
IC invita i suoi lettori a informarsi sul sito della Federazione delle Associazioni Italia-Israele http://www.federazioneitaliaisraele.it/IT/HomePage
e, dalla mattina di domani, domenica, presso la più vicina Comunità ebraica.

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 25/06/2011, a pag.17, l'accurato articolo di Aldo Baquis. Dal FOGLIO, a cura della redazione, dall'UNITA', un servizio corretto di Udg, a proposito del quale, ci chiediamo come mai gran parte degli 'ordini del giorno' approvati nelle città ad amministrazione centro sinistra, non solo sia stato sempre trascurato il dramma di Gilad Shalit, ma siano stati redatti e firmati a valanghe odg nei quali era Israele ad essere messo sotto accusa. La città di Torino, come molte altre altre, è addirittura gemellata con Gaza. Udg potrà risponderci cosa c'entra lui, ebbene c'entra, perchè scrive sull'UNITA', che, malgrado l'escamotage del traferimento di proprietà ad altro editore, è e resta il giornale di riferimento del partito di Bersani.
Ecco gli articoli:

La Stampa-Aldo Baquis: " Il caporale Shalit, da 5 anni disperso nel ventre di Gaza"

Nella villa bucolica di Cesarea, dove trascorre pacati week-end addolciti dalla brezza del mare, il premier israeliano Benjamin Netanyahu torna oggi necessariamente a riprendere in mano il Dossier Shalit. All’imbrunire davanti ai suoi cancelli si raduneranno, come tutte le settimane, gruppi di dimostranti che invocano lo scambio del caporale catturato da Hamas il 25 giugno 2006 con mille detenuti palestinesi fra i quali vanno annoverati i più pericolosi stragisti che hanno insanguinato Israele nei primi anni di Intifada.

In giorni come questi, probabilmente, Netanyahu maledice il momento in cui ha deciso di darsi alla politica. Fosse rimasto negli affari, nulla avrebbe turbato il suo week-end ai bordi della piscina. Invece non può fingere di non aver letto il sofferto editoriale pubblicato ieri da Tami Arad, la moglie (o, più probabilmente, la vedova) del navigatore israeliano Ron Arad, caduto con il suo Phantom in Libano nel 1986.

Da 25 anni la donna attende un brandello di notizia sulla sua sorte. Ma tutto tace. E adesso Tami Arad dice agli israeliani che devono scuotersi dal torpore, che Ghilad Shalit va liberato a tutti i costi, perché non diventi un altro Ron. Ieri anche il presidente americano Obama e il segretario generale dell’Onu Ban Ki-Moon sono tornati a chiedere la «liberazione immediata» del militare israeliano. Certo, il prezzo imposto da Hamas è esoso: ma si può esigere dal sergente e dalla sua famiglia di pagare il prezzo della sicurezza di Israele ? D’altra parte nelle informative dello Shin Bet (il servizio di sicurezza) Netanyahu trova prospettive funeree, qualora decidesse di spalancare i cancelli del carcere per i dirigenti del braccio armato di Hamas condannati a decine di ergastoli. Cosa ne sarebbe, delle forze pragmatiche dell’Anp, alla luce della vittoria di Hamas ?

Mentre le trattative per lo scambio dei prigionieri vanno a rilento, Israele non resta però con le mani in mano. Fonti militari precisano che dei rapitori di Shalit, almeno otto sono stati uccisi. Uno è stato rapito ma un altro - Muhammed Abu Shimala, comandante di Hamas nella regione militare meridionale di Gaza - resta operativo. La settimana scorsa uomini col volto coperto hanno cercato di prelevare il suo braccio destro, Raed Atar. Ma un suo particolare sesto senso lo ha assistito: all’ultimo momento ha cambiato i piani e si è salvato.

In questi giorni Israele si dice che forse conviene attendere, che il prezzo potrebbe abbassarsi, viste le brutte acque in cui versano i vertici politici di Hamas, mentre Damasco è investita dalla bufera politica. C’è la speranza che il leader politico di Hamas, Khaled Meshal, abbia perso la propria baldanza. Forse adesso potrebbe accettare quanto finora ha respinto: ossia che, dopo la scarcerazione, siano confinati a Gaza o in un Paese arabo quei responsabili del braccio armato di Hamas condannati per aver perpetrato le stragi peggiori.

L’osso duro delle trattative - mediate a fasi alterne da Egitto e Germania sembra essere Ahmed Jaabri, il comandante del braccio armato di Hamas. Con lui solo poche persone sanno dov’è custodito il prigioniero. Sotto Gaza c’è una città sotterranea, un dedalo di cunicoli e di bunker. Shalit potrebbe essere ovunque.

Finora Jaabri ha saputo incutere timore, dal palestinese della strada fino al capo dell’esecutivo di Hamas, Ismail Haniyeh. Adesso forse qualcosa si è incrinata. Nei giorni scorsi su YouTube mani ignote hanno messo un cartone animato che lo mostra come un bambino impegnato a trastullarsi con il suo balocco-Shalit. I genitori lo sgridano ma lui fa spallucce: «No, non ve lo dò». Chi c’è dietro il filmato ? I servizi israeliani ? O forse esponenti di al-Fatah, impegnati a mettere Hamas in cattiva luce di fronte alle famiglie dei detenuti ? Di certo, per Jaabri, Shalit non è solo un balocco: è in primo luogo una preziosa polizza per la sua vita.

Il Foglio- " La grande trattativa per salvare il soldato Gilad Shalit "

 Tutti i tentativi per liberare il caporale. All’alba di domenica 25 giugno 2006, quando si seppe a Gerusalemme del rapimento del caporale Gilad Shalit sul passo di Kerem Shalom, si comprese subito che era accaduto un fatto nuovo. Altri militari israeliani erano stati attaccati e rapiti, ma l’azione di Kerem Shalom era diversa. Non più improvvisazione e approssimazione, come in tutte le azioni di Hamas, ma una raffinata tecnica militare sviluppata con precisione chirurgica: erano evidenti le tracce di una regia e di un addestramento iraniani, con una preparazione di almeno sei mesi. I rapitori sbucarono da un tunnel lungo tre chilometri, tirarono una granata contro un tank israeliano in sosta, uccisero i due militari nell’abitacolo e ferirono Shalit che era al cannone; lo prelevarono e affrontarono uno scontro a fuoco con una pattuglia israeliana, ferirono due soldati, persero due mujaheddin, ma riuscirono a tornare nel tunnel, con Shalit. Il tutto in una manciata di minuti. L’operazione fu replicata il 12 luglio 2006 da Hezbollah: un fitto lancio di Katiuscia colpì i villaggi israeliani a ridosso del confine col Libano, un commando passò la frontiera, uccise tre soldati e ferì i sergenti Ehud Goldwasser ed Eldad Regev. Rapiti e portati in Libano i due morirono subito. La replica non lasciò dubbi a Israele sulla volontà di escalation degli oltranzisti né sull’esistenza di un comando unico Hamas-Hezbollah, con supervisione dei pasdaran iraniani. Iniziò così la seconda guerra del Libano. Per liberare Shalit, Israele il 28 giugno invase Gaza con l’operazione “Pioggia d’estate”, dirigendo i suoi tank verso il campo di Khan Younis 200 i morti ma nessun risultato. Attraverso la Nunziatura apostolica di Gerusalemme, Israele iniziò trattative segrete con Hamas. Fallite. Il 30 aprile 2007 il presidente di Hamas, Khaled Meshaal, uscì allo scoperto e in spregio al diritto internazionale chiese la liberazione di mille palestinesi detenuti. L’Egitto, attraverso il capo del Mukhabarat Omar Suleiman, continuò poi la mediazione, ma, secondo al Jazeera, questa saltò a metà 2008 a causa degli ostacoli posti dalla Anp, contraria al fatto che i palestinesi liberati sarebbero stati membri soltanto di Hamas. Appena eletto, Nicolas Sarkozy si mosse per ottenere la liberazione di Shalit, che è anche cittadino francese: senza risultati. Le trattative ripresero nel 2009, grazie a una mediazione tedesca, ma fallirono per il rifiuto di Hamas di depennare 250 prigionieri responsabili di gravi fatti di sangue. Benedetto XVI, che ne ha a più riprese chiesto la liberazione, nel 2009 incontrò in Israele i genitori di Shalit. Il 25 aprile 2010 Hamas ha pubblicato un video con grafica computerizzata che mostra il padre di Shalit che invecchia mentre il figlio non gli verrà mai restituito. Hezbollah e Hamas, come nel 2006. Hezbollah si sta organizzando, perché deve difendere il suo alleato siriano dalle pressioni della piazza e dal solito “complotto” internazionale. Hezbollah si sta organizorganizzando perché a Teheran c’è uno scontro di potere tra gli ayatollah, il presidente, Mahmoud Ahmadinejad, e i pasdaran, e gli uomini sul campo devono cercare di capire come schierarsi. A Gaza – che si prepara all’arrivo di una flottiglia contro l’embargo di Israele, per i primi di luglio – l’accordo, l’ennesimo, tra Fatah e Hamas è già collassato, i lanciarazzi spuntano e poi scompaiono, i Qassam volano sul Negev. Come nell’estate del 2006, quando Shalit fu rapito, i due fronti si compattano quando c’è da attaccare Israele, e il momento sembra di quelli giusti. Sul Golan sono già state organizzate parecchie offensive da parte della Siria, ma secondo alcuni dispacci dell’intelligence israeliana, il grosso del lavoro ora sarebbe nelle mani di Hezbollah. Dopo aver chiuso la partita politica a Beirut, con un governo che è totalmente nelle mani del partito sciita (tanto che il leader dell’opposizione Saad Hariri è costretto a vivere fuori dal paese, a Riad per lo più), il leader Hassan Nasrallah è tornato a commentare gli esiti della primavera araba. Ha criticato la decisione del Bahrein di condannare all’ergastolo dieci attivisti delle proteste delle settimane scorse, in linea con le difese delle piazze in Egitto e in Tunisia fatte nei mesi scorsi In Siria è tutto diverso. Secondo una fonte vicina al movimento citata dalla Reuters, “Hezbollah non interverrà in Siria, quella è una questione interna di Bashar el Assad. Ma se vede che l’occidente vuole buttare giù il presidente siriano, non starà a guardare E’ una battaglia per la sopravvivenza, questa, ed è il momento che Hezbollah restituisca il favore del sostegno in passato della Siria. Lo farà distogliendo un po’ di pressione internazionale da Damasco”. Cioè aprendo un altro fronte: con Israele. A Gaza è sfumato lo “storico accordo” tra Hamas e Fatah, patrocinato dal nuovo Egitto guidato ad interim dalla giunta militare. Al primo scoglio, le tensioni tra i due gruppi palestinesi sono tornate fortissime. La campagna di Hamas contro i membri di Fatah è da anni feroce. Lo stallo del dialogo, le frizioni tra Gerusalemme e Washington e la battaglia di Abu Mazen all’Onu per il riconoscimento unilaterale dello stato palestinese hanno complicato il processo di pace, a tutto vantaggio di Hamas, che fa ostruzionismo contro Fatah e pretende di essere un interlocutore internazionale nella formazione dello stato palestinese. Mentre si moltiplicano le notizie sulla costruzione di nuovi tunnel dalla Striscia di Gaza, la riapertura del valico di Rafah, voluta dal Cairo, ha consentito la ripresa del traffico di armi e soldi a vantaggio di Hamas. Se alla crisi di Damasco e alle tensioni tra i palestinesi si aggiunge che, nei primi dieci giorni di luglio, è stata annunciata la pubblicazione delle sentenze del Tribunale dell’Onu che indaga sull’omicidio dell’ex premier libanese Rafiq Hariri (l’inchiesta porta dritta a Hezbollah e al regime di Assad), è chiaro che il momento è giusto per deviare l’attenzione internazionale. Come nel 2006, alla faccia della risoluzione dell’Onu 1.701 che impose il disarmo del partito sciita e la liberazione di Shalit. L’esercitazione da fine del mondo. Alle undici del mattino, mercoledì, le sirene hanno suonato in tutto Israele, per l’esercitazione nazionale Turning Point 5. Sono tornate a strepitare alle sette di sera, quando chi aveva ordinatamente seguito il suo compito nelle esercitazioni al lavoro o a scuola si preparava a ripetere le procedure, a casa, prima di cena. Il Parlamento ha sospeso i lavori per dieci minuti, tempo di prepararsi a raggiungere un bunker costruito da poco nelle montagne, in una località segreta. Da tre giorni le Forze armate israeliane avevano affrontato gli scenari più disparati: attacchi chimici a Nazareth, Haifa, in una zona industriale del Negev e a Rishon Lezion, vicino a Tel Aviv, dove l’ospedale ha soccorso centinaia di falsi intossicati; edifici pericolanti con decine di civili intrappolati, da evacuare; un attacco informatico che isola una centrale elettrica fuori Hadera, nel nord, tagliando di un terzo l’energia disponibile in tutto il paese; centri urbani presi di mira da attacchi missilistici da Siria, Libano, Iran e dalla Striscia di Gaza. Si è provata anche la reazione a un attacco chimico, in una zona in cui i civili sono sprovvisti di maschere antigas – “ne dispone ancora soltanto metà della popolazione”, è stata la critica surreale del quotidiano Haaretz. E’ la quinta volta che Israele si allena a rispondere al suo “turning point” (momento critico). Succede ogni anno, dalla guerra contro Hezbollah, nel 2006. Scuole, caserme, edifici pubblici, case, centri commerciali, tutto si ferma, per simulare un attacco su larga scala all’integrità di Israele. Sono scene che non si vedevano dai tempi dell’America degli spot “Duck and Cover” (rannicchiati e copriti) con cui l’Amministrazione insegnava ai bambini, a suon di filastrocche, che cosa fare in caso di attacco. Quel terrore dell’assalto imminente, che gli Stati Uniti hanno riscoperto di colpo l’11 settembre del 2001, è lo stillicidio che accompagna da decenni, con cadenza macabra, la vita quotidiana in Israele.

L'Unità-U.D.G: " Da 5 anni nelle mani di Hamas, l'odissea del caporale Shalit "


Pernondimenticare. Per riaffermare con forza che «gli esseri umani non sono merce di scambio». Per chiedere che quel ragazzo in divisa rapito cinque anni fa sia finalmente liberato. Per Ghilad Shalit, caporale di Tsahal, l’esercito d’Israele. Nel quinto anniversario del rapimento del soldato israeliano Ghilad Shalit da parte di Hamas, una giornata di mobilitazione è stata osservata ieri in Israele e all'estero. Ong importanti - fra cui Amnesty international, l'israeliana Betzeleme anche la palestinese Pchr-Gaza - hanno pubblicato un appello congiunto a Hamas affinchè metta fine al trattamento «disumano e crudele» riservato al prigioniero. Fin da subito, affermano, a Shalit va garantito di poter incontrare emissari della Croce Rossa internazionale e di comunicare con la famiglia. LIBERATELO In Israele manifestazioni diverse in sostegno della famiglia Shalit si svolgono tra ieri e oggi. In particolare un quotidiano ha messo a punto una cella buia dove, per 24 ore, si avvicenderanno per un'ora ciascuno esponenti della cultura e dello spettacolo «per sentire in prima persona cosa si prova quando si è tagliati fuori dal mondo». Malgrado queste attività di sostegno, nella tenda eretta a Gerusalemme dai genitori di Shalit per tenere aperta la richiesta di uno scambio di prigionieri con Hamas regna oggi un senso di scetticismo e di preoccupazione. L’altro ieri infatti Hamas ha respinto con sdegno la richiesta della Croce rossa internazionale di vedere il prigioniero. Ismail Radwan, portavoce del movimento, in un comunicato ha detto che «il Cicravrebbe dovuto piuttosto parlare delle sofferenze dei settemila palestinesi in prigione in Israele» e che «Hamas si rifiuta di rispondere a questo appello». Di conseguenza il premier Benyamin Netanyahu ha deciso di annullare alcune facilitazioni di cui finora hanno beneficiato nelle carceri israeliane i detenuti di Hamas. Hamas, da Gaza, ha replicato accusando Israele di violare precisi trattati internazionali. A quanto pare Israele è disposto a liberare, in cambio di Shalit, unmigliaio di detenuti palestinesi. Ma esige che quelli più pericolosi (perchè artefici di una lunga serie di attentati) siano inviati a Gaza anche se sono originari della Cisgiordania. Netanyahu rifiuta inoltre di liberare palestinesi residenti di Gerusalemme est. Su questi dissensi le trattative indirette sono ferme da mesi. VOCI DALLA STRISCIA Ma forse, a Gaza, qualcuno timidamente comincia a criticare il potente braccio armato di Hamas, che custodisce Shalit in una località conosciuta solo ad un pugno di persone. Su YouTube è infatti apparso nei giorni scorsi un cartone animato che mostra Ahmed Jaabri, il comandante del braccio armato di Hamas, nelle sembianze di un bambino viziato che non vuole mai lasciare il «balocco- Shalit». I genitori lo sgridanomalui, imperterrito, fa spallucce e continua a trastullarsi con giocattolo. Secondo alcuni osservatori, dietro al cartone animato (completamente anonimo) ci sarebbe un tentativo di al-Fatah di mettere Hamas in cattiva luce di fronte alla opinione pubblica di Gaza. A chiedere la «liberazione immediata» di Shalit sono, in una dichiarazione congiunta, i leader europei che hannopartecipato ieri a Bruxe alla riunione del Consiglio europeo, il forum dei capi di Stato e di governo dell’Ue.

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