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Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


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Il Foglio - Informazione Corretta - Adnkronos - Il Sole 24 Ore Rassegna Stampa
17.02.2011 Egitto, l'estremismo dei Fratelli Musulmani non va sottovalutato
Cronache e commenti di Redazione del Foglio, Piera Prister, Ugo Tramballi, Ahmed Rashid, Redazione di Adnkronos

Testata:Il Foglio - Informazione Corretta - Adnkronos - Il Sole 24 Ore
Autore: La redazione del Foglio - La redazione di Adnkronos - Ugo Tramballi - Ahmed Rashid
Titolo: «Egitto: Provera (Lega), no a partenariato senza sicurezza Israele - Israeliani cauti su Piazza Tahrir - Al-Qaeda alla campagna d'Egitto»

Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 17/02/2011, in prima pagina, l'articolo dal titolo " Al Qaida è defilata, ma ha il modo di dirottare la transizione d’Egitto ". Dal SOLE 24 ORE, a pag. 12, l'articolo di Ugo Tramballi dal titolo "Israeliani cauti su Piazza Tahrir" , preceduto dal nostro commento, a pag. 18, l'articolo di Ahmed Rashid dal titolo " Al-Qaeda alla campagna d'Egitto ", preceduto dal nostro commento. Pubblichiamo il lancio ADNKRONOS dal titolo "  Egitto: Provera (Lega), no a partenariato senza sicurezza Israele  ".
Pubblichiamo il commento di Piera Prister dal titolo " Al Cairo, violenza di gruppo ai danni di una giornalista di CBS  ".
Ecco i pezzi:

Il FOGLIO - "  Al Qaida è defilata, ma ha il modo di dirottare la transizione d’Egitto"


al Zawahiri

Roma. Tutti aspettano un comunicato di Ayman al Zawahiri, l’egiziano che ha scalato l’organigramma della guerra santa sino ad arrivare a sedersi al fianco di Osama bin Laden. Fonti di intelligence ogni giorno dicono che è questione di ore, la destabilizzazione in Egitto e dintorni è troppo ghiotta per lasciarsela sfuggire, ma per il momento il medico-ideologo non commenta quel che sta succedendo nel suo paese d’origine e in tutta la regione mediorientale. Il suo silenzio è ancor più curioso se si pensa che le forze sciite, Hezbollah e la leadership iraniana, hanno sostenuto la piazza fin da subito, con discorsi continui e offerte di aiuto, contribuendo in paesi come il Bahrein ad aizzare le rivolte. Come ha ricordato Brian Fishman su Foreign Policy, alcune sigle legate ad al Qaida hanno rilasciato dichiarazioni, chiedendo in sostanza a tunisini ed egiziani di non lasciare il lavoro incompiuto, cioè di mandare a casa i dittatori e poi lavorare per l’instaurazione di uno stato islamico: non c’è nessuna rivoluzione, se poi non vige la sharia. Come ha dichiarato al Qaida in Iraq, la dittatura non va sostituita con “un secolarismo vile, con una democrazia infedele o con un nazionalismo pagano”. Ma in Egitto i Fratelli musulmani non stanno lavorando in questo senso: essendo infiltrati in tutta la società egiziana – e nella commissione che si occupa della transizione dai militari alla democrazia – vogliono portare avanti la loro campagna islamista all’interno del sistema istituzionale. La strategia è talmente detestata da al Qaida – che predilige gli attacchi spettacolari e pensa che i Fratelli musulmani si siano venduti all’occidente – che secondo l’esperto Ahmed Rashid il gruppo di Zawahiri potrebbe iniziare a uccidere sistematicamente membri della Fratellanza. Al Qaida ha già dimostrato più volte di saper colpire dentro l’Egitto, come ha ricordato all’inizio dell’anno con l’attacco ai copti ad Alessandria (anche se il regime ha avuto una fretta sospetta nell’accusare cellule di al Qaida entrate dal valico di Rafah): la creazione di fratture interreligiose è una delle strategie predilette dal gruppo islamista. Al Qaida ha certamente una base privilegiata da cui osservare e agire. Nonostante i blitz dell’ex rais Hosni Mubarak, il gruppo di Bin Laden ha ormai basi solide nella Striscia di Gaza e nel Sinai: secondo l’intelligence israeliana, Hamas e i terroristi di al Qaida stanno approfittando di queste settimane di caos per entrare in Israele. Gerusalemme è in allerta da tempo, alcuni esperti dicono che il silenzio è l’ennesimo segnale della debolezza di al Qaida, ma sottovalutare il terrorismo wahabita resta molto pericoloso: l’estremismo ha ancora la possibilità di dirottare la transizione in Egitto.

INFORMAZIONE CORRETTA - Piera Prister : "Al Cairo, violenza di gruppo ai danni di una giornalista di CBS "


Piera Prister                  Lara Logan

L’hanno riportato solo oggi mercoledi’ 16/02/11 il  Washington Post e il New York Post, e le molte stazioni radiofoniche, ma il fatto e’ avvenuto venerdi’ 11, il giorno in cui Mubarak aveva appena annunciato le sue dimissioni. Invece in piazza Tahir, l’odio contro le donne, contro l’America e contro Israele non s’era ancora chetato. Solo oggi e’ stato rivelato il suo nome, si chiama Lara Logan, ha 39 anni ed e’ capo reporter di “60 Minutes” una popolarissima trasmissione di CBS e si trova ora ricoverata  in ospedale a Washington. Ha subito la sorte di altre giornaliste che hanno taciuto per vergogna, perche’ di aggressioni dall’inizio dell’anno ce ne sonno state tante da parte di musulmani, lei invece ha raccontato tutto. Una teppaglia di 200 uomini al grido di “Jew! Jew!” –ebrea, ebrea- (ma la Logan non risulta essere ebrea) l’hanno circondata isolandola dai colleghi,  l’hanno picchiata selvaggiamente e l’hanno violentata a turno. Sarebbe intervenuto poi un gruppo di donne con dei soldati, in sua difesa richiamati dalle grida, che l’hanno portata in salvo. La stessa giornalista aveva comunicato il giorno prima che lei e la sua troupe erano stati molestati dai soldati egiziani e accusati d’essere spie israeliane. Ora c’e’ chi mette in dubbio la sua testimonianza e quella degli altri suoi colleghi.

Che squallore! E’ questa la rivoluzione democratica cosi’ tanto elogiata e magnificata dal presidente Obama di cui i media, dominati dalle elites, all’unisono, dicono un gran bene, tanto che viene presentato come il salvatore, colui che con il suo carisma avrebbe ispirato tutte le rivoluzioni democratiche in atto nel mondo islamico?

Ma Barack Obama, non e’ quello che meno di due anni fa, aveva promesso proprio al Cairo, che avrebbe difeso il diritto delle donne musulmane di portare il velo? No e’ quello che ha scelto come suo consigliere Dalia Mogahed, una donna  velata? E non e’ proprio lui che ha nominato Susan Rice, ambasciatrice degli Stati  Uniti all’ONU, che non era presente in aula per opporre il suo veto, quel fatidico giorno in cui l’Iran e’ entrato per acclamazione, a far parte della “Commission on Women’s Status”? Ci viene il sospetto che il presidente americano sia lui stesso un misogino, ma poi non tanto velato, se lo si osserva bene, se ha anche convinto sua moglie Michael -che fisicamente e’ una wonder-woman, capace di stendere a terra un potenziale aggressore- a scomparire umiliata dentro  una giacca e pantaloni oversize, senza colore, con  un pesante fazzolettone in testa, quando recentemente si sono incontrati con le autorita’ politiche indonesiane. Mentre lui stesso era immancabilmente in nero e cravatta.

 Qui, fatta eccezione delle radio repubblicane, di Fox News, di Brigitte Gabriel che coraggiosa,  ancora una volta sfidando i regimi islamici misogini,  antisemiti e omofobi, ha espresso alla radio solidarieta’ alla vittima, non c’e stata una personalita’ donna, del mondo politico americano, o del mondo della cultura, o di Hollywood che abbia detto una  parola di condanna di quello che sta accadendo contro le donne nel mondo musulmano. Dove sono andate a finire le femministe?

ADNKRONOS - " Egitto: Provera (Lega), no a partenariato senza sicurezza Israele "


Fiorello Provera

Bruxelles, 16 feb. (Adnkronos/Aki) - «La caduta di Mubarak apre
la strada alla democrazia e a straordinarie opportunità di riscatto
per il popolo egiziano, ma l'Unione europea dovrà far capire
chiaramente, al futuro governo del Cairo, che per ottenere una nuova e
più generosa politica di partnership sono imprescindibili la
sicurezza della regione e la pace con Israele». È la posizione
espressa dal vicepresidente per gli affari esteri del Parlamento
europeo, l'eurodeputato della Lega Nord Fiorello Provera, a
Strasburgo.

Secondo il relatore di un rapporto sul ruolo della politica
estera europea in merito ai flussi migratori dovuti ad instabilità
politica, nell'intera area del Maghreb «la riforma delle istituzioni
consentirà un maggiore sviluppo dell'economia e la possibilità di
diffondere il benessere a tutti gli strati sociali, anche ai più
deboli», però «senza la democrazia, lo sviluppo servirà soltanto ad
arricchire poche famiglie, come sempre è stato in questi Paesi».

Per queste ragioni l'Ue dovrà «impegnarsi ad accompagnare
l'Egitto verso le riforme e aiutare il popolo egiziano a scegliere il
proprio futuro», ha concluso Provera.

Il SOLE 24 ORE - Ugo Tramballi : " Israeliani cauti su Piazza Tahrir "


Ugo Tramballi

La trasformazione di Ugo Tramballi è durata lo spazio di un mattino. Ora è tornato quello di sempre, pronto a diffondere disinformazione su Israele.
L'articolo definisce il governo Netanyahu come il " 
più conservatore, sciovinista, religioso e anti-arabo della storia d'Israele " e questo perchè di fronte alla rivoluzione in Egitto non si è precipitato a difendere le ragioni dei manifestanti ma ha preferito dare appoggio a Mubarak.
Tramballi non considera che cosa significa per Israele un Egitto instabile e magari in mano ai Fratelli Musulmani. Israele è circondato da nemici pronti ad attaccare. L'Egitto di Mubarak era un regime autocratico, ma aveva il pregio di garantire una certa stabilità alla zona. Non si sa se i futuri governi manterranno la stessa linea per quanto riguarda la politica estera. Se andranno al governo i Fratelli Musulmani, per loro stessa ammissione in diverse interviste (riportate da IC nei giorni scorsi), la linea sarà cambiata.
Ecco l'articolo:

Amram Mitzna sta pensando di tornare in politica, rifondare il centro-sinistra e candidarsi di nuovo da premier alle prossime elezioni. Non è una prospettiva eccitante. La volta precedente che aveva guidato il Labour, nel 2003 contro Ariel Sharon, alla Knesset il partito era passato da 26 a 19 seggi.

C'è il vuoto a sinistra del governo più conservatore, sciovinista, religioso e anti-arabo della storia d'Israele. Tra ridare un'identità al partito laburista uscendo da quell'esecutivo, e restare ministro della Difesa (la carica di maggior potere insieme a quella di premier), l'ex delfino di Rabin Ehud Barak è uscito dal partito. I pochi deputati laburisti sopravvissuti e dispersi, ancora devono capire cosa è accaduto. Di Tzipi Livni e di Kadima, la speranza del grande centro e di un pragmatico processo di pace con i palestinesi, si sono perse le tracce: difficile trovare una dichiarazione nelle rassegne stampa dell'ultimo anno. Però ancora ieri dominava la scena il ministro degli Esteri Avigdor Lieberman che ha importato dalla Russia il mito autoritario di Putin al quale vuole assomigliare. Alla rappresentante europea Catherine Ashton che gli proponeva di cogliere l'opportunità della rivoluzione democratica egiziana per avanzare nel processo di pace, Lieberman le ha risposto: «Il più grande problema è l'iranizzazione della regione». Fine.

Nessuno si aspettava qualcosa di diverso da lui. Ma è il silenzio degli altri che delude. Come ricorda Thomas Friedman sul New York Times, Israele e Arabia Saudita sono stati gli unici a difendere Mubarak fino all'ultimo. «Il governo ha chiarito di preferire il regime repressivo e faraonico di Mubarak e la paura che l'alternativa sarà una repubblica islamica», constata Carlo Strenger, psicanalista svizzero-israeliano di fama internazionale. «Moshe Arens, l'ex ministro della difesa del Likud (l'uomo che invase il Libano nel 1982, ingannando anche il suo primo ministro sui reali obiettivi della missione, ndr) è arrivato a scrivere che Israele può solo fare la pace con i dittatori».

«Non David Grossman, non Amos Oz, nessuna delle voci importanti d'Israele ha detto fino ad ora qualcosa di chiaro sulla democratizzazione egiziana», aggiunge Yitzhak Be'er, direttore esecutivo di Kesher, il Centro per la protezione della democrazia in Israele. «Sono ancora confusi, non sanno veramente cosa significhi ciò che è accaduto in piazza al-Tahrir». L'unico a dire qualcosa di sinistra è stato un uomo di destra, Nathan Sharansky, in un'intervista chilometrica al "Jerusalem Post" per festeggiare i 25 anni della liberazione dai gulag sovietici e la sua breve camminata verso la libertà sul ponte di Glienicke, Berlino: «Speravamo di avere grandi accordi di pace con quei dittatori e temevamo che poi quei dittatori sarebbero stati rimpiazzati dai Fratelli musulmani. Forse questo è il momento di porre la nostra fiducia nella libertà. Dopo tutto non abbiamo niente da perdere: gli islamici sarebbero venuti comunque se le cose non fossero cambiate. Ora, forse, abbiamo la possibilità che non vengano».

Alle parole di Sharansky è seguito il deserto. Ancora ieri Ehud Barak ripeteva che la rivoluzione egiziana dimostra quanto instabile sia la regione. «Perché siamo stanchi», dice ancora Yitzhak Be'er. «Ogni giorno alla Knesset passano leggi che minano i valori della democrazia israeliana e nessuno dice niente. Le ultime elezioni hanno chiarito che la gente va a destra e l'opposizione è scomparsa, non c'è leadership. I media hanno grandi motivazioni commerciali ad assecondare l'onda nazionalista. Mentre in Egitto scorreva una rivoluzione, i giornali si concentravano sulla solita narrativa: cosa è buono per Israele, come fossimo il centro del mondo».

Il compito principale di Keshev, una organizzazione non governativa, è analizzare quello che scrive la stampa israeliana: i suoi studi sul ritiro da Gaza del 2005 e sulla guerra del 2008 hanno detto di Israele più di ogni commento. «In realtà gli inviati israeliani in piazza al-Tahrir mandavano storie vere: è una rivoluzione democratica, dicevano, i Fratelli musulmani non c'entrano. Ma era come se la gente non volesse ascoltare, nella nostra società sotto pressione è più facile diffondere paura che vendere visioni positive. E questo è oltre le divisioni ideologiche: vale a destra come a sinistra».

Il SOLE 24 ORE - Ahmed Rashid : " Al-Qaeda alla campagna d'Egitto "


Ahmed Rashid

Nell'articolo Rashid scrive : " La società dei Fratelli musulmani non è più un portatore di estremismo ". Il fatto che i Fratelli Musulmani vogliano la sharia non è sufficiente a connotarli come fondamentalisti ?
Sono in rotta con al Qaeda, questo non li rende meno pericolosi nè meno estremisti. Basta leggere le dichiarazioni che hanno rilasciato in questi giorni per accorgersi che il loro piano è trasformare l'Egitto in una teocrazia stile Iran. E il fatto che Hamas e gli ayatollah abbiano preso le parti dei manifestanti contro Mubarak non lascia presagire che i Fratelli Musulmani siano stati estranei alle manifestazioni.
Ecco il pezzo:

Nonostante la vittoria delle forze democratiche in Egitto, l'instabilità attuale può ancora dare ad al-Qaeda e ad altri gruppi islamici estremisti la possibilità di estendere la propria influenza. L'Egitto ha bisogno immediato di aiuti internazionali per garantire l'accelerazione delle riforme e scongiurare il rischio che gli estremisti mettano radici.

Per secoli l'Egitto è stato il cuore del mondo arabo: centro di idee capace di dettare le tendenze. Ma è anche la patria del fondamentalismo islamico del XX secolo e del più moderno estremismo islamico. Al-Qaeda, così come altri gruppi egiziani estremisti, è fortemente contraria all'insediamento della democrazia, perché il "contagio" della democrazia potrebbe estendersi a tutto il mondo islamico, minando le basi del suo messaggio estremista.

Al-Qaeda aveva lanciato un segnale appena tre settimane prima che scoppiasse la rivoluzione in atto, con la bomba del 1° gennaio in una chiesa coopta di Alessandria, che ha ucciso 21 fedeli. Si è trattato di un tentativo di creare tensioni tra musulmani e cristiani. Durante la rivolta recente i siti web di al-Qaeda hanno esortato i seguaci a praticare la "jihad" contro il regime, e non a unirsi alle dimostrazioni pacifiche. Saggiamente, la maggioranza dei musulmani li ha ignorati, protestando ostentatamente fianco a fianco con i cristiani d'Egitto. Tuttavia, agitare l'isteria anticristiana (o antisciita) resta una strategia plausibile di al-Qaeda.

L'estremismo ha radici profonde in Egitto. Il numero due di al-Qaeda, il fervente ideologo Ayman al'Zawarhiri, un tempo guidava la jihad islamica egiziana e, nonostante gli anni in esilio, ha cercato di ridare slancio al movimento islamico nel suo paese. Nel corso degli anni, ha attaccato chiunque abbia cercato di prendere il timone dell'Islam in Egitto, compresi i Fratelli musulmani.

La società dei Fratelli musulmani non è più un portatore di estremismo. Nata nel 1928 come veicolo dell'anticolonialismo, ha contribuito attivamente alle lotte contro gli inglesi, gli americani e il giogo comunista. Il suo potenziale rivoluzionario è stato forgiato in un grande fermento intellettuale, prima dai suoi fondatori egiziani e poi dagli ideologi pakistani, che hanno scritto di un mondo islamico regolato dalla sharia. Ma negli ultimi quarant'anni, i Fratelli hanno cercato di partecipare ai processi democratici, ripudiando la jihad violenta. Al-Qaeda li accusa di essersi svenduti all'Occidente.

Nelle prossime settimane, se l'instabilità dovesse perdurare, al-Qaeda avvierà certamente una campagna di omicidi contro i leader dei Fratelli musulmani, per negare che abbiano titolo per parlare a nome dell'Islam. Sono tattiche che al-Qaeda ha già usato in passato in altri paesi musulmani. L'altro obiettivo sarà screditare il nuovo regime, attraverso l'assassinio dei principali funzionari del governo e dell'esercito. Si prospettano anche attacchi contro obiettivi cristiani. Il fine sarà costringere l'esercito a insediare al potere un altro autocrate e usare questa figura come paracolpi per erodere la credibilità del movimento democratico.

Il popolo egiziano ha dimostrato un coraggio incredibile per arrivare al punto in cui si trova adesso, ma la rivoluzione non è finita. Al-Qaeda sa che il suo peggior nemico è un movimento democratico responsabile. Il suo obiettivo ideologico sarà mettere in cima all'agenda politica egiziana l'imposizione dell'Islam, anziché la creazione di una democrazia giusta e praticabile. L'Egitto e l'Occidente devono evitare questa trappola.

A tal fine, l'Egitto ha bisogno di un sostegno economico e finanziario immediato per far ripartire l'economia e tenere in carreggiata il movimento democratico. L'Occidente deve anche spingere con decisione Israele ad aiutare l'Egitto riavviando il processo di pace con i palestinesi. Sarebbe tragico se il mondo occidentale agisse troppo lentamente, dando ad al-Qaeda e agli altri gruppi estremisti spazio sufficiente per creare un nuovo tipo di caos.

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