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Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


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Il Foglio-La Stampa-Corriere della Sera Rassegna Stampa
06.01.2011 La strage dei copti: quando il rispetto verso l'islam diventa sottomisione alla violenza
Da Beirut, Il Cairo, Roma

Testata:Il Foglio-La Stampa-Corriere della Sera
Autore: La redazione del Foglio-Marina Verna-Antonio Ferrari-Luigi Ippolito
Titolo: «Parte da Beirut la reazione araba alla strage di Alessandria-Anche in Italia le più motivate e profonde sono le donne-Il Papa invii un messaggio di pace ai musulmani-Ma non vede chi sono le vere vittime del fanatismo»

Molto giusto chiedersi come fare per proteggere i cristiani colpiti dalla violenza nei paesi musulmani, aggiungiamo un 'era ora', anche se la stessa richiesta per la medesima  violenza nei confronti di israeliani/ebrei sembra interessare poco o nulla i media e le autorità religiose cristiane, che, anzi, solidarizzano abitualmente con i violenti.  Ciò detto, leggendo i giornali di oggi, non si può passare sotto silenzio l'acquiescenza, per non dire la sottomissione, verso l'interpretazione islamica dei fatti, che riguardino la strage di Alessandria o le conversioni all'islam. Sulla prima, Antonio Ferrari, ormai specializzatosi in "buonismo", riporta sul CORRIERE della SERA, di oggi, 06/01/2011, a pag.3, le incredibili dichiarazioni del grande imam sunnita Ahmed al Tayyeb, senza sentire il dovere di fargli una domanda, almeno una , che sia almeno dignitosa. Bene ha fatto Luigi Ippolito, nella stessa pagina, a porle lui, anche se sarebbe stato più interessante se fossero state rivolte allo stesso imam. Ma non è da meno la STAMPA, che per avere un'opinione sulle conversioni all'islam, interroga  il capo dell'Ucoii, Hamza Piccardo, il rappresentante in Italia dei Fratelli musulmani. Non che non sia interessante il suo parere, ma è scorretto non far sapere che Piccardo rappresenta la parte più estrema dell'islamismo italiano. Il quale formisce del Corano una versione edulcorata, inattendibile, buona per i gonzi.
Sul FOGLIO, invece, una analisi dei rapporti fra cristiani e islam da Beirut, accurata come sempre.
Ecco gli articoli:

Il Foglio- " Parte da Beirut la reazione araba alla strage di Alessandria "

Beirut. E’ dal Libano, dove i cristiani sono una forte comunità che teme sempre di più di finire sotto attacco, che arrivano le reazioni politiche più robuste all’attentato di Capodanno contro i copti egiziani. I leader libanesi, anche sunniti e sciiti, chiedono al mondo arabo di pensare a una strategia comune per proteggere i cristiani in tutta la regione. Amin Gemayel, da decenni alla testa del Kataeb, partito maronita, invita il rais egiziano Hosni Mubarak a organizzare un incontro di capi di stato e di governo arabi e musulmani in cui discutere la questione e definisce gli attacchi che hanno colpito i cristiani dall’Iraq all’Egitto “un genocidio”. Ad appoggiare la richiesta dell’ex presidente libanese, l’arcivescovo maronita Béchara Rai, che vorrebbe vedere i rais arabi sedersi al più presto attorno allo stesso tavolo per discutere la situazione dei cristiani del Levante. Non sono soltanto i maroniti a prendere posizione: il druso Walid Jumblatt chiede a Mubarak di lavorare affinché la partecipazione politica della minoranza religiosa, che rappresenta il 10 per cento della popolazione egiziana, aumenti. Su richiesta del presidente del Parlamento libanese, lo sciita Nabih Berri, l’Organizzazione per la conferenza islamica ha messo all’ordine del giorno per la prossima sessione, che si aprirà il 19 gennaio ad Abu Dhabi, la questione dei cristiani in medio oriente. Il Comitato libanese per il dialogo tra musulmani e cristiani spinge gli arabi a mettersi davanti alle proprie responsabilità, a fare autocritica, invece di incolpare elementi stranieri, come per esempio “il nemico israeliano”. Il riferimento non esplicito è alle milizie sciite di Hezbollah che hanno commentato i fatti di Alessandria per bocca di uno dei leader del partito, Naim Qassem, definendo l’azione contro i copti di Capodanno “una cospirazione sionista-americana”. I 23 morti di Alessandria hanno avuto un forte impatto sulla comunità cristiana libanese, che rappresenta circa il 40 per cento della popolazione. Le condizioni dei cristiani in Libano sono nettamente migliori rispetto a quelle dei correligionari in molti altri paesi della regione: la Costituzione garantisce la rappresentanza politica e stabilisce che il presidente della Repubblica sia cristiano. Tuttavia, secondo molti analisti, la crisi economica, l’instabilità politica e il progressivo rafforzarsi di gruppi musulmani nel paese ha negli ultimi decenni spinto molti cristiani a lasciare il Libano, anche se non è possibile verificare nei numeri questo esodo sotterraneo. L’ultimo censimento della popolazione, su basi settarie, è stato infatti portato a termine nel 1932. Non mancano i segnali dell’inasprimento nelle relazioni tra comunità religiose. Il ministro del Lavoro, il maronita Butros Harb, sta approfittando di queste ore di smarrimento per la comunità cristiana per spingere una proposta di legge controversa: il divieto ai cristiani di vendere terra ai musulmani per i prossimi 15 anni. La preoccupazione del ministro è diretta a sud, verso le terre e le roccaforti di Hezbollah, sul confine con Israele. Dopo la guerra del 2006, come aveva riportato anche il Foglio in un articolo pubblicato il 15 agosto 2007, sarebbe aumentato l’interesse di uomini d’affari sciiti per i terreni cristiani. Secondo esperti e osservatori dietro ai ripetuti acquisti ci sarebbe l’intento di Hezbollah di rendere più omogeneo, dal punto di vista settario e quindi anche politico, il territorio nel sud del paese che già in gran parte è controllato dal Partito di Dio e nel quale, anche secondo le Nazioni Unite, le milizie si starebbero riarmando pesantemente e nasconderebbero non meno di 50 mila razzi e missili pronti a colpire Israele. La marcata reazione di leader cristiani libanesi all’attacco di Capodanno arriva mentre al Cairo non diminuisce la protesta di piazza dei copti e di molti musulmani. Non c’è stata sera, dall’esplosione della bomba davanti alla chiesa dei due Santi di Alessandria, in cui i cristiani egiziani non siano scesi in piazza a dimostrare il proprio sdegno. Lina Attallah, del quotidiano al Masri al Youm, fa notare in un editoriale come sia la prima volta che le proteste della comunità sono dirette contro il regime e non contro i connazionali musulmani. E politici, attivisti e artisti islamici stanno organizzando manifestazioni di solidarietà contro l’azione terroristica. Su Facebook c’è chi ha rimpiazzato la propria fotografia con il disegno di una mezzaluna – simbolo dell’islam – che abbraccia una croce. La stessa immagine, su sfondo verde, era sulla bandiera della Rivoluzione egiziana del 1919, contro il dominio britannico. E proprio davanti alla statua di Saad Zaghloul, leader di quei moti, si terrà una vigilia interreligiosa domani, giorno del Natale ortodosso. Molti i musulmani che parteciperanno alle celebrazioni religiose, che però la chiesa copta ha limitato per timore di nuovi attacchi. L’importante reazione della popolazione in Egitto, stato in cui le manifestazioni di piazza non sono all’ordine del giorno, e quella dei politici in Libano non sono paragonabili a quanto accaduto nel passato in seguito ad azioni violente contro i cristiani. Per Amr Hamzawi, esperto del Carnegie Endowment for International Peace di Beirut, il maggior coinvolgimento politico e popolare è dovuto al fatto che azioni simili non si erano mai verificate con tali modalità – un’esplosione all’irachena – in un paese come l’Egitto, “che per molti era ormai libero dal terrorismo”. “Ora è chiaro che siamo davanti a un fenomeno regionale che deve essere subito affrontato. Non c’è soltanto la violenza, ma anche il fatto che i cristiani stiano progressivamente scappando da paesi come il Libano. La pericolosa prospettiva di un mondo arabo senza arabi cristiani crea una reazione. Per questo c’è maggior partecipazione alle proteste. I leader si aspettano che l’Egitto agisca e imponga il suo peso politico per la formulazione di una risposta efficace a livello regionale”.

La Stampa-Marina Verna: " Anche in Italia le più motivate e profonde sono le donne", 5 domande a a Hamza Piccardo, presidente Ucoii.


Hamza Piccardo       Il Corano           Simbolo dei Fratelli Musulmani

Quanti sono i convertiti italiani? «Non ci sono dati perché non esiste un registro nazionale delle conversioni. Queste avvengono in maniera diversa, e molti si decidono a cercare un documento che comprovi la loro conversione quando ne hanno bisogno, per fare il pellegrinaggio rituale alla Mecca o per sposarsi con una donna proveniente da un Paese che richiede la conversione all’Islam del fidanzato. Solo in questi casi vengono a dirlo. In assenza di dati certi, possiamo pensare che in Italia i convertiti siano introno ai 20 mila, al ritmo di 300-400 l’anno».

Chi sono? «La maggioranza ha tra i 30 e i 40 anni, c’è qualche ragazzo, più rari gli anziani. Persone di media cultura, ma anche gente semplice. Molte donne, per le quali il fatto scatenante in genere è la realtà culturale e spirituale del fidanzato o dello sposo, poi spesso diventano musulmane migliori dell’uomo, che ha un atteggiamento consuetudinario, mentre loro scrostano la consuetudine e vanno alla sostanza». C’è differenza tra il Nord e il Sud? «La gente del Sud è molto più vivace nell’estrinsecare la conversione, nel presentarsi al mondo come convertita, anche perché il pregiudizio antiislamico al Sud è minore che al Nord». Quanto peso ha il misticismo? «Quella del mistico è un tipologia particolare. Una parte importante delle conversioni avviene attraverso una confraternita, cioè un gruppo di musulmani che seguono, oltre alla preghiera e agli interdetti vari, anche una via di realizzazione spirituale consolidata attraverso l’insegnamento dei grandi maestri. Comunque, ogni credente un po’ di mistica deve averla».

E i radicali? «Questa è una frangia piccolissima. Di jhadisti in Italia non abbiamo ancora sentito parlare. Diverso è il caso dei salafiti. L’adesione alla cosiddetta Salafia è un tipica dei giovani che hanno un furore da neofita, vogliono essere i più puri e duri, ma poi col tempo si rendono conto che l’Islam è equilibrio, non ha bisogno di estremismo né radicalismo. Anzi, il Corano dice che rimarremo sulla buona strada finché rimarremo medi, equilibrati.

Corriere della Sera-Antonio Ferrari: " " Il Papa invii un messaggio di pace ai musulmani "


Ahmed al Tayyeb

«Spero che Sua Santità Benedetto XVI, che gode di un’autorità morale universale e che porta dunque una responsabilità di importanza straordinaria, decida di inviare un messaggio al mondo islamico. Un messaggio che possa ristabilire i ponti della fiducia e che dissipi le origini dei malintesi. Sarebbe un’iniziativa molto apprezzata» . Con la mano tesa ma anche con la convinzione che viene dal suo ruolo di capo spirituale della moschea di Al Azhar, culla teologica sunnita, dal Cairo il Grande imam Ahmed Al Tayyeb risponde al Pontefice attraverso questa intervista al Corriere della Sera. Con prudenza, coniugata alla ferrea volontà di cementare il dialogo e la collaborazione tra le religioni, Al Tayyeb indica quale può essere la strada per riprendere il cammino dopo il feroce e sanguinoso attentato di Alessandria d'Egitto contro la chiesa copta dei Due Santi. Chiesa copta che in queste ore si prepara al proprio Natale. Le sue parole, pronunciate a caldo dopo il discorso di Benedetto XVI all’Angelus di domenica 2 gennaio, hanno creato qualche equivoco. A volte si ascoltano dichiarazioni ma non se ne comprende appieno il senso. Ci vuole spiegare che cosa voleva dire con la sua dichiarazione? «Come lei sa, ho ascoltato le parole di Sua Santità sull’attentato di Alessandria, che è stato un crimine condannato da tutte le religioni e dagli uomini di buona fede del mondo intero. Ho sentito che il Papa ha chiesto protezione per i cristiani d’Egitto. Ora, temendo che le parole di Benedetto XVI possano creare una reazione politica negativa nell’Oriente in generale, e in Egitto in particolare, tengo a precisare tre cose: che i cristiani d’Oriente sono una componente essenziale delle loro società di appartenenza e una fonte di ricchezza della civilizzazione orientale e della tradizione arabo-islamica; che la loro protezione e la sicurezza sono garantite dai loro diritti di cittadini e, secondo la tradizione islamica, attraverso una lunga storia di vita comune basata sul rispetto dell’altro e sulla diversità religiosa e culturale; che queste azioni terroristiche non sono dirette soltanto contro i cristiani ma contro l'intero Egitto con l'obiettivo di destabilizzare il Paese e di attentare alla sua sicurezza e all'unità nazionale» . Conoscendola per averla incontrata più volte agli incontri interreligiosi organizzati dalla Comunità di Sant’Egidio, le chiedo che cosa si può fare per eliminare o almeno attenuare gli effetti di questa pericolosa atmosfera che si respira. «Io credo profondamente che la libertà religiosa, etnica e culturale sia una legge divina. Dio ha creato l’Uomo libero di scegliere e libero di decidere secondo coscienza. Di conseguenza non sta a noi, creature di Dio, imporre ai nostri fratelli umani una sola religione o un solo modo di vivere. Nonostante le nostre differenze, abbiamo tutti molti valori comuni: di giustizia, di bene, di compassione, di libertà. Dobbiamo quindi approfondire la mutua comprensione ed eliminare le fonti di pregiudizio e malinteso. Il rispetto dell'altro e del suo diritto alla diversità è una condizione indispensabile per quel dialogo costruttivo che possa riavvicinarci. Il grande saggio musulmano El Gazali diceva: "L'uomo più saggio è colui che conosce meglio le differenza tra gli uomini"» . Ma che cosa propone lei per cementare e quindi consolidare questo dialogo costruttivo? «Glielo ho detto prima con la domanda al Papa di un'iniziativa. Questa iniziativa, questo messaggio potrà aprire la via a un dialogo serio ed efficace tra le civiltà orientali e occidentali che ci spinga a rafforzare la pace e la sicurezza nel mondo» . Pensa che in Egitto le relazioni tra musulmani e cristiani si normalizzeranno in fretta? In altre parole, che la tensione di questi giorni svanirà? «Sì, senza alcun dubbio, perché credo sinceramente che la tragedia di Alessandria sia nata come un attentato diretto contro cristiani e musulmani, e quindi contro l'intero Egitto. Il popolo egiziano non ha mai vissuto, durante 14 secoli di vita comune, un conflitto interno per una ragione religiosa o razziale. Questi attentati hanno risvegliato la coscienza collettiva contro i comuni pericoli. Il popolo egiziano ha riaffermato la sua unità nazionale organizzando manifestazioni comuni e spontanee, sollevando, assieme, la croce e la mezzaluna. E'una dichiarazione di incrollabile volontà di vivere assieme. Un solo popolo in una patria eterna» .

Corriere della Sera-Luigi Ippolito: " Ma non vede chi sono le vere vittime del fanatismo "


dopo la strage davanti alla chiesa copta

Il Grande imam Ahmed Al Tayyeb è un uomo di fede che merita ascolto e rispetto. Ma nelle sue parole— quelle pronunciate il giorno dopo la strage di Alessandria e quelle ribadite oggi al Corriere— c’è qualcosa che stride. È la sua disposizione intellettuale di fondo, si potrebbe dire, che suscita perplessità: all’indomani della più grave strage di cristiani compiuta in Egitto in epoca recente si è sentito in dovere di rimbeccare il Papa che chiedeva protezione per i fedeli in Oriente; e anche adesso è lui che continua a chiedere al Vaticano un gesto distensivo verso i musulmani. Come se sull’altra sponda del Mediterraneo a essere minacciati fossero i seguaci del Corano. Come se la realtà non fosse quella di una comunità cristiana diventata bersaglio privilegiato dello stragismo degli adepti di Bin Laden, dall’Iraq alle rive del Nilo. Il Grande imam sembra prigioniero di uno schema mentale smentito dai fatti: a lui pare che la comunità arabo-musulmana sia perennemente vittima dei «crociati» e dell’Occidente e debba ricevere in qualche modo riparazione sempre e comunque. Mentre invece Al Tayyeb dovrebbe indirizzare le sue esortazioni a quanti dalla sua parte non garantiscono ai cristiani d’Oriente sicurezza e libertà, o a quanti, ancora numerosi, vedono nei cristiani un corpo estraneo da espungere con la violenza da quelle terre, come sta accadendo in Mesopotamia.

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