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La Stampa-Libero Rassegna Stampa
25.09.2010 Ahmadinejad all'Onu, tra insulti e minacce
La cronaca di Maurizio Molinari, il commento di Carlo Panella

Testata:La Stampa-Libero
Autore: Maurizio Molinari-Carlo Panella
Titolo: «Caro Obama non fare il cowboy- Forse Obama si è accorto che Ahmadinejad lo sta prendendo in giro»

Il discorso di Ahmadinejad all'Onu è su tutti i giornali, oggi, 25/09/2010. Riprendiamo la cronaca di Maurizio Molinari dalla STAMPA. con un titolo più adatto ad un musical di Broadway che non ad un articolo serio ed accurato.
Da LIBERO, il commento di Carlo Panella.

La Stampa- Maurizio Molinari: " Caro Obama non fare il cowboy"

Abito grigio e volto sorridente Mahmoud Ahmadinejad arriva puntuale all’incontro con i giornalisti al piano rialzato del Warwick Hotel sulla 54° Strada, l’unico albergo di Manhattan disposto ad offrirgli una sala. Il presidente della Repubblica Islamica è raggiante per poter disporre di un podio da cui parlare «direttamente ai cittadini di New York e agli americani». Per quasi 180 minuti picchia duro contro Barack Obama, il governo americano e il capitalismo accomunati dall’«essere decadenti, dire il falso, celare le verità, nuocendo a questo popolo nel quale ho molti amici».
Nei confronti di Obama è sprezzante: «Smettila di fare il cowboy, continui a ripetere di avere tutte le opzioni sul tavolo contro il nostro nucleare, bene, allora tienitele lì e vediamo cosa ci farai». Ovvero, neanche la minaccia di attacco militare ci fa paura. Pochi minuti prima proprio Obama, parlando alla Bbc in lingua persiana, ha definito «offensive e odiose» le parole dette il giorno prima da Ahmadinejad all'Onu sugli attacchi dell’11 settembre che sarebbero stati «organizzati dal governo Usa per celare la crisi economica». Ma Ahmadinejad rilancia in avanti e quando un reporter gli chiede se «vuole chiedere scusa ai newyorchesi per averli offesi» la risposta è: «Non c’è nulla per cui mi devo scusare, porre la questione sulla vera origine dell’11 settembre significa spianare la strada al ritiro delle truppe dall’Iraq e dall’Afghanistan, il vostro governo dovrebbe ringraziarmi».
Se ciò non avviene, incalza il leader iraniano, è perché gli Stati Uniti sono guidati da «governanti decadenti», portatori di un «capitalismo fallito come il marxismo» e responsabili di «15 milioni di poveri e 50 milioni di senza tetto» nonché intenti ad «impedire l’avvento di un nuovo ordine internazionale basato sui diritti umani, la giustizia e l’eguaglianza». Se dai microfoni della Bbc Obama si rivolge al popolo iraniano per imputare al regime degli ayatollah «scelte errate» che ne aumentano l’isolamento internazionale, dal podio del Warwick Hotel Ahmadinejad ribatte suggerendo agli americani di «aprire gli occhi su cosa fa chi vi guida, sostenendo l’oppressione dei popoli, conducendo guerre in Iraq e Afghanistan in cui sono già morte centinaia di migliaia di persone e celando la verità».
I reporter lo bersagliano di quesiti roventi ma Ahmadinejad non fa passi indietro sulla distruzione di Israele, dilagando nelle risposte: «I giornalisti americani mi fanno sempre le stesse domande perché evidentemente sono i loro direttori a imporglielo, seguendo le indicazioni del Dipartimento di Stato, mi chiedo quale tipo di dialogo potremmo avere se i media in questo Paese fossero più liberi». L’intento è stabilire un dialogo diretto con gli americani sfidando Obama in casa propria. «Ogni volta che vengo qui incontro molti americani che la pensano come me sull’11 settembre e sono molto grato ai poliziotti di New York per la cura con cui mi consentono di muovermi» dice.
E’ da quando parlò alla Columbia University nel 2007 che Ahmadinejad si mostra convinto di poter far proseliti in America ma se in questa occasione si spinge fino a paragonare Obama alla decadenza del capitalismo è nell’evidente convinzione di avere a che fare con una Casa Bianca assai debole. E’ per questo che rilancia la disponibilità a negoziare sul nucleare con Usa e Ue come se fosse una cosa da nulla: «Ci rivedremo in ottobre, parliamo sempre con tutti, lo abbiamo fatto anche qui a New York, il problema sono invece gli americani che hanno unilateralmente interrotto il dialogo con noi».
È stata eseguita in Virginia con un’iniezione letale la condanna a morte di Teresa Lewis. La donna di 41 anni è morta alle 21.13 di ieri sera, ha reso noto il «Richmond Times-Dispatch». Molte le proteste e gli appelli in tutto il mondo in difesa della donna, che aveva un quoziente intellettuale considerato al limite del ritardo mentale. Il presidente iraniano Ahmadinejad, durante una conferenza stampa, ha ribadito ieri quanto già espresso nel discorso all’Onu: «Come mai per Sakineh si è mobilitato tutto il mondo e per Teresa Lewis nessuno ha levato la minima protesta?». «Le sentenze sono simili - ha aggiunto - Se è sbagliato dovrebbe essere sbagliato ovunque».

Libero- Carlo Panella: " Forse Obama si è accorto che Ahmadinejad lo sta prendendo in giro "

La sensazione piena di un presidente degli Stati Uniti che unisce una inedita debolezza con una straordinaria confusione che Barack Obama ha dato col suo discorso nell’assemblea dell’Onu, è stata subito con- fermata dal discorso del presidente iraniano Ahmadinejad.
Questi, ha colto al balzo l’occasione di un avversario non solo remissivo, ma anche privo di strategia, che continuava ad «aprire la porta» ai dirigenti di Teheran (come hanno titolato tutti i media mondiali) nonostante il rifiuto netto di ogni concessio- ne, e ha sfregiato, irriso, insultato gli Stati Uniti davanti ai rappresentanti di tutti i paesi del mondo accusandoli semplicemente di “avere orchestrato gli attentati dell’11 settembre 2001”.
Esempio perfetto – e reiterato - dei dividendi che produce la strategia del dialogo che Obama ha disastrosamente svi- luppato da un anno e mezzo a questa par- te. Un’accusa così delirante e irricevibile che la delegazione americana all’Onu si è alzata ed è uscita dall’aula mentre Ahmadinejad parlava (assieme a pochi Paesi europei, tra cui l’Italia).
Naturalmente, Obama ha dovu- to rispondere in prima persona alla provo- cazione, ma ha deciso di farlo – ennesimo errore - in tono minore, facendosi intervista- re dalla trasmissione in Farsi della BBC in cui ha definito quelle accuse «odiose, imper- donabili e offensive».
Il dramma è che Oba- ma, come ha spiegato il vicepresidente Joe Biden, non ha affatto un “Piano B” nel caso fallissero, come sono palesemente falliti, i tentativi di impedire all’Iran di dotarsi di una bomba atomica.
Quindi, temporeggia, passa di trattativa in trattativa; la prossima inizierà tra poche set- timane e si basa sull’illusione che l’Iran mo- dificherà la sua posizione intransigente a se- guito delle sanzioni votate dall’Onu.
Ma così non sarà.
Le sanzioni infatti – come sempre - sono ben poco efficaci, anche perché Paesi come la Cina e la confinante Turchia, pale- semente (e quasi dichiaratamente), non solo non le aiutano, ma aiutano l’Iran ad eluder- le. Quindi, la nuova tornata di colloqui, ser- virà solo a Ahmadinejad per prendere altro tempo per proseguire indisturbato il suo programma verso l’armamento nucleare e per sviluppare la sua politica di destabilizzazione del Medio Oriente.
Le 4 tonnellate di potente esplosivo militare T4 provenienti dall’Iran e destinate ad Hezbollah ed Hamas sequestrate dalla Guardia di Finanza a Gioia Tauro ne sono ennesima prova. Ma tutto questo, Obama, non vuole saperlo. Se no, dovrebbe smettere di “dialogare” e iniziare a pensare a fare sul serio contro gli ayatollah.

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