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La Stampa - Corriere della Sera Rassegna Stampa
01.09.2010 Gheddafi ha ragione quando predice l'islamizzazione dell'Europa
Mario Deaglio se ne accorge, Ian Buruma preferisce nascondere la testa sotto la sabbia

Testata:La Stampa - Corriere della Sera
Autore: Mario Deaglio - Stefano Montefiori
Titolo: «Ma sul futuro il Colonnello ha ragione - Gli islamici europei non ascoltano l’appello alle armi del Colonnello»

Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 01/09/2010, a pag. 1-33, l'editoriale di Mario Deaglio dal titolo " Ma sul futuro il Colonnello ha ragione ". Dal CORRIERE della SERA,a  pag. 6, l'intervista di Stefano Montefiori a Ian Buruma dal titolo " Gli islamici europei non ascoltano l’appello alle armi del Colonnello ".
Ecco i due articoli, preceduti dai nostri commenti:

La STAMPA - Mario Deaglio : " Ma sul futuro il Colonnello ha ragione "


Walter Laqueur, Gli ultimi giorni dell'Europa

Il commento di Mario Deaglio è interessante, apre uno spiraglio su un argomento considerato tabù in Europa, ossia la sua trasformazione in Eurabia. In questo senso Gheddafi ha ragione quando parla di islamizzazione dell'Europa.
Purtroppo Deaglio non va oltre. Sarebbe utile, invece, far conoscere ai lettori, le percentuali di Eurabia per i prossimi 40-50 anni. La demografia islamica non è un'invenzione da islamofobi, ma la realtà dei fatti.
In 40-50 anni l'Europa sarà a maggioranza islamica per via del maggiore tasso di natalità degli immigrati islamici rispetto alla popolazione europea.
A tal riguardo consigliamo la lettura del libro Gli ultimi giorni dell'Europa, di Walter Laqueur (autore consigliato anche nella rubrica 'Libri Raccomandati' di IC :
http://www.informazionecorretta.com/main.php?sez=300&cat=rubriche&b=30002&ord=author).
Walter Laqueur, storico nato in Europa (1921) e vissuto in Israele dal 1938 al 1953 prima di trasferirsi negli Stati Uniti, è considerato uno dei massimi studiosi della storia europea del XX secolo e si occupato, nei suoi molti libri, di fascismo, sionismo, terrorismo e antisemitismo.
Ecco l'articolo di Mario Deaglio:

La visita del colonnello Gheddafi, con le sue modalità a dir poco insolite, ha presentato elementi di forte sgradevolezza e ha impressionato l’opinione pubblica per quello che è stato percepito come un forte accento antieuropeo e anticristiano. Occorre però distinguere gli elementi soggettivi di questa sgradevolezza, legati alla fondamentale incompatibilità del personaggio con l’opinione pubblica italiana ed europea, dagli elementi oggettivi. E qui, purtroppo, occorre prendere atto di un’amara verità: quando parla del futuro dell’Europa e dell’Africa, il colonnello ha sostanzialmente ragione.
Dietro al suo discorso ci sono cifre non confutabili. Nelle più recenti statistiche demografiche delle Nazioni Unite, la popolazione dell’Europa nel suo complesso è valutata a circa 730 milioni, Russia compresa (circa 450 se si considera soltanto l’Europa Occidentale); gli abitanti dell’Africa «nera», ossia dell’Africa sub sahariana sono circa 860 milioni. C’è quindi poco più di un africano «nero» per ogni europeo, mentre sessant’anni fa c’erano quasi tre europei per ogni africano. Intorno al 2030, secondo proiezioni statistiche attendibili, gli africani «neri» per ogni europeo saranno quasi due.
La popolazione africana «nera» cresce infatti di oltre 20 milioni l’anno e per conseguenza raggiungerà il miliardo nel 2017, nel 2020 sarà attorno a un miliardo e 80 milioni, nel 2030, in un’ipotesi media di crescita, circa 1300 milioni. La popolazione europea rimarrà stazionaria fino al 2020 e comincerà a perdere oltre un milione di persone l’anno dopo quella data. Queste cifre già lasciano supporre che la popolazione dell’Africa sub-sahariana sia, dal nostro punto di vista, incredibilmente giovane, e le cose stanno effettivamente così: circa il 60 per cento degli africani «neri» ha meno di 25 anni mentre appena l’8 per cento ne ha più di 65; in Europa i dati corrispondenti sono pari a circa la metà per i giovani - che sono quindi il 30 per cento del totale - e circa il doppio per gli anziani, pari al 16 per cento del totale. Questo divario è destinato a peggiorare in maniera abbastanza sensibile nei prossimi due o tre quinquenni.
Questi sono i dati difficili da digerire - specie se vengono raccontati con semplici allusioni da parte di qualcuno che usa un tono che comunque a noi sembra stravagante o addirittura sprezzante, se l’oratore è offensivo con le donne e arrogante con la nostra religione - ma vanno digeriti. In confronto a noi gli africani «neri» sono mediamente poverissimi, vivono in una realtà in cui spesso è presente la guerra, sono assillati dall’Aids, in buona parte soffrono la fame, hanno un reddito per abitante (per quello che può valere questa misura) stimato attorno agli 800 - 1500 dollari contro i 30-40 mila dollari degli europei. Il lettore si ponga nei panni di un capofamiglia africano che ha a cura l’avvenire dei suoi figli: prende i suoi risparmi e a quello che ritiene più in gamba procura un posto su un autobus incredibilmente stipato sul quale le valigie di cartone sono un lusso.
L’autobus si incammina per le piste della savana che, per i capricci della geografia, in due casi su tre finiscono in Libia evitando sia le catene montuose sia i deserti più duri. E qui entra in scena il colonnello Gheddafi del quale si può correttamente dire che, dal punto di vista degli africani, detiene le chiavi del Paradiso europeo; e molto sgarbatamente e molto duramente chiede agli europei di pagarlo per tenere chiusa la porta. Gheddafi ha fatto un riferimento alle «invasioni barbariche» che non è troppo scorretto: i barbari che si presentavano alle porte dell’Impero Romano circa 1700 anni fa solo raramente avevano propositi bellicosi, assai più spesso erano affamati. E per tenerli lontani i Romani quanto potevano facevano affidamento su popolazioni-cuscinetto; Gheddafi propone la Libia per questo ruolo.
Per dire «no» a Gheddafi non bastano le parole, è necessaria una proposta alternativa. Questo governo non sembra certo averla, come non sembra averla l’intera classe politica europea; e bisogna ricordare che qualsiasi proposta alternativa ha un prezzo. Tale prezzo potrebbe essere inizialmente molto elevato, specie se si prevedono iniziative che comportino forti investimenti in Africa, magari con prospettive di mutuo vantaggio economico futuro dell’Africa e dell’Europa.
L’opinione pubblica europea dovrebbe convincersi che, in qualche modo, il prezzo va pagato e che le condizioni di calma alle frontiere meridionali non dureranno in eterno. E potrebbe anche concludere che, tutto sommato, i cinque miliardi chiesti dal colonnello sono ragionevoli: dopotutto si prende lui l’incarico di respingere i possibili migranti mentre noi siamo liberi di guardare dall’altra parte, seguire con grande attenzione le vicende del calcio, uno sport in cui i neri sono guardati con sospetto anche quando hanno un passaporto italiano, e continuare a parlare dei princìpi che hanno fatto grande l’Europa, in nome dei quali il resto del mondo dovrebbe continuare a trattarci con rispetto.

CORRIERE della SERA - Stefano Montefiori : " Gli islamici europei non ascoltano l’appello alle armi del Colonnello "


Ian Buruma

Ian Buruma preferisce nascondere la testa sotto la sabbia, come scrive Stefano Montefiori, Buruma : " giudica poco preoccupante lo show di Gheddafi a Roma. Almeno quanto al rischio reale di una islamizzazione più o meno strisciante dell'Europa ". In base a quli dati Buruma può sostenere le sue tesi?
Buruma, nel corso dell'intervista dichiara : "
La minoranza islamica in Europa è innanzitutto europea. Il tentativo dei terroristi di radicalizzarla e di farne la quinta colonna di una conquista del continente non è mai riuscito (..)La questione della convivenza tra europei da più generazioni e immigrati musulmani è naturalmente fondamentale, ma mi sembra poco serio pensare davvero a un’Europa islamizzata ".
La trasformazione dell'Europa in Eurabia non è dovuta tanto alla conversione dei cristiani, quanto alla moltiplicazione degli islamici. Secondo le percentuali fornite da Walter Laqueur nel suo libro Gli ultimi giorni dell'Europa, entro 40-50 i musulmani supereranno i cristiani in Europa, basta considerare i diversi tassi di natalità degli immigrati islamici e degli europei.
D'altro canto, sono gli islamici stessi a dire nei loro discorsi, che vinceranno la guerra contro l'Occidente grazie alla demografia più che alle armi. La popolazione europea diventerà a maggioranza islamica, per questo sarà Eurabia, sottovalutare dati e statistiche non invertirà questo processo.
Ecco l'intervista:

PARIGI — Torna tra gli islamici il sogno di un Grande Califfato che arrivi a lambire l’Europa fino a occuparla tutta?

«Torna forse nella mente di Gheddafi, ma sono molto scettico sulla presa delle sue dichiarazioni all'interno della minoranza musulmana europea». Lo storico e saggista Ian Buruma, 58 anni, autore tra gli altri di «Occidentalismo. L'Occidente agli occhi dei suoi nemici» (Einaudi), giudica poco preoccupante lo show di Gheddafi a Roma. Almeno quanto al rischio reale di una islamizzazione più o meno strisciante dell'Europa.

Dall’opera della scrittrice Bat Ye’or alla teoria dello «scontro di civiltà», il tema dell’Eurabia, un continente arrendevole che rischia di cedere la sua identità all’Islam rampante, è stato a lungo centrale, soprattutto dopo l’11 settembre. Oriana Fallaci lo ha usato come monito, per scuotere coscienze distratte di fronte all’ondata fondamentalista. Ora Gheddafi lo rievoca come destino ineluttabile.

«Neanche nei momenti più duri degli attentati terroristici di Madrid e Londra la comunità islamica europea si è lasciata incantare dalla chiamata alle armi. Nei momenti cruciali della tensione internazionale, già ai tempi della prima Guerra del Golfo, si è sempre fatta allusione alla possibilità di una sollevazione dei musulmani… Che non è mai avvenuta. La minoranza islamica in Europa è innanzitutto europea. Il tentativo dei terroristi di radicalizzarla e di farne la quinta colonna di una conquista del continente non è mai riuscito».

Esistono comunque gravi difficoltà di integrazione, dalle periferie britanniche a quelle italiane. Gheddafi rilancia una visione in cui esistono due realtà inconciliabili e una, quella islamica, è destinata a prevalere alla fine sull’altra.

«La questione della convivenza tra europei da più generazioni e immigrati musulmani è naturalmente fondamentale, ma mi sembra poco serio pensare davvero a un’Europa islamizzata. Siamo lontanissimi da uno scenario simile. La maggioranza dei musulmani lotta per integrarsi, e solo una infima minoranza di cristiani ha scelto di convertirsi all’Islam. E questo nonostante l’azione di Al Qaeda che — nelle intenzioni dei terroristi — avrebbe dovuto sconvolgere il continente fino a portarlo a una sorta di guerra civile».

Nei suoi messaggi Osama Bin Laden ha più volte ricordato l’epoca d’oro in cui l’Andalusia era musulmana.

«Appunto, mi sembra lo stesso genere di farneticazioni. Nelle realtà che conosco meglio, in Gran Bretagna o in Francia, la maggioranza degli immigrati pachistani o maghrebini interpreta l’Islam in senso identitario, e questo sicuramente può essere oggetto di riflessioni, ma la componente autenticamente religiosa non è così importante. Gheddafi può regalare il Corano, ma la laicità in Europa è un valore largamente diffuso, anche tra i musulmani. Gli europei convertiti all’Islam fanno notizia ma restano numericamente pochissimi. Il problema sono le frange violente, minoritarie ma pericolose. La priorità è la lotta al terrorismo, non certo a una islamizzazione di massa che non sussiste nei fatti».

La visita di Gheddafi a Roma ha suscitato in Italia forti polemiche, voci critiche si sono levate dai vescovi e anche dall’interno del partito di maggioranza.

«Condivido la perplessità sul passato e lo stile attuale di Gheddafi, e anche sull’opportunità di tributargli un’ accoglienza così calorosa . Il Gheddafi che assolda le hostess e pronostica una conversione epocale mi fa sorridere. Il Gheddafi coinvolto nell’attentato di Lockerbie mi preoccupa molto di più, e la giusta voglia italiana ed europea di aiutare la Libia a entrare nella comunità internazionale non dovrebbe permettere al dittatore di Tripoli qualsiasi mancanza di rispetto».

Le sortite di Gheddafi sono solo folkloristiche o ubbidiscono a calcoli meno strampalati di quello che appare?

«Credo che sia un leader politico molto abile del difendere il suo enorme potere e nel curare i suoi interessi economici. Certi atteggiamenti possono essere importanti a fini interni. Poi, l’Italia, come altri Paesi europei, ha tutto da guadagnare da un buon rapporto con la Libia. Questo spiega le visite di Stato e l’accondiscendenza verso i capricci del leader. Occorre però chiedersi quale sia un prezzo ragionevole da pagare, e non è solo una questione di immagine. L’idea di Gheddafi di una Eurabia musulmana non è seria, il terrorismo rivoluzionario islamico, purtroppo, sì».

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