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Corriere della Sera - La Repubblica Rassegna Stampa
14.08.2010 Il nucleare iraniano non si ferma, grazie all'aiuto della Russia
Obama non ha niente da dire? Cronache e commenti di Guido Olimpio, Franco Venturini, Fabio Scuto

Testata:Corriere della Sera - La Repubblica
Autore: Guido Olimpio - Franco Venturini - Fabio Scuto
Titolo: «Iran, Mosca annuncia: La centrale nucleare operativa il 21 agosto - 'Israele pronta a colpire le centrali' scenari di guerra in un dossier segreto»

Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 14/08/2010, a pag. 18, l'articolo di Guido Olimpio dal titolo " Iran, Mosca annuncia: La centrale nucleare operativa il 21 agosto ", a pag. 49, l'articolo di Franco Venturini dal titolo " Putin e l'atomo 'pacifico'. Così resiste l'asse con l'Iran ". Da REPUBBLICA, a pag. 13, l'articolo di Fabio Scuto dal titolo " 'Israele pronta a colpire le centrali' scenari di guerra in un dossier segreto ".
Ecco i tre articoli:

CORRIERE della SERA - Guido Olimpio : " Iran, Mosca annuncia: La centrale nucleare operativa il 21 agosto "

La realizzazione della centrale iraniana di Bushehr è stata come una lunga marcia. La prima pietra l’hanno posata i tedeschi della Siemens quasi 40 anni fa, l’ultima — in senso simbolico — la sistemeranno i russi tra pochi giorni. Il 21 agosto inizierà il trasferimento all’interno del combustibile nucleare, un processo che dovrebbe essere concluso entro «due o tre settimane». Poi Bushehr dovrebbe essere pronta. «E’ un passo irreversibile», ha spiegato un portavoce russo nel precisare le scadenze. «Alla metà di settembre sarà operativa», ha promesso Alì Salehi, il capo del programma nucleare iraniano.

Segnato da ritardi, problemi tecnici, rinvii e pressioni il progetto sembrava non chiudersi mai. I russi, nel 1995, avevano accettato di riprendere il programma tedesco ma lo avevano poi rallentato. Mosca aiutava sotto il profilo tecnico gli iraniani — grazie anche ad ricco contratto —, però, al tempo stesso, usava l’intesa come leva sul partner. Un modo per avere una moneta di scambio con i mullah e accontentare i paesi occidentali — Usa e Israele in testa — preoccupati per la presenza della centrale.

Il completamento di Bu - shehr, secondo alcuni esperti, ha tuttavia un impatto relativo sul programma atomico con fini militari. Queste ricerche sono condotte in altri impianti, tutti ben protetti e spesso nascosti in bunker. Un piano che oggi è al centro del contenzioso tra l’Iran e la comunità internazionale. Il regime nega di voler arrivare alla Bomba e ribadisce che i suoi intenti sono pacifici. L’Occidente non la pensa così e sospetta che i mullah puntino alla produzione di ordigni da montare su missili a medio e lungo raggio.

Per arginare l’attività iraniana, l’Onu ha adottato diversi pacchetti di sanzioni. Le ultime hanno avuto qualche effetto sul settore economico e petrolifero. L’Iran — per ammissione dei suoi dirigenti — ha accusato il colpo, però non si è arreso. E gli speciali team, legati ai pasdaran come al ministero della Difesa, continuano nella ricerca di tecnologia proibita. Pochi giorni fa, le autorità canadesi hanno incriminato un iraniano accusato di aver spedito a Dubai — classico punto di transito verso l’Iran — materiale suscettibile di impiego nucleare.

Altri inviati — di alto livello — hanno invece lanciato missioni esplorative in Estremo Oriente (Sud Corea, Cina) per concludere nuove intese in campo energetico. In questo modo Teheran cerca di alleggerire la pressione dell’embargo e al tempo stesso prova a dividere lo schieramento pro-sanzioni.

Forte anche l’impegno in campo militare, con i mullah impegnati nell’acquisizione — e produzione — di mezzi adatti ad un conflitto asimmetrico. Armi che non possono competere con quelle di Israele e Stati Uniti ma che tuttavia sono in grado di rendere la vita difficile a chi volesse attaccare la Repubblica Islamica. Ecco i minisottomarini, i motoscafi veloci come il «Bladerunner 51» arrivato nel Paese in modo rocambolesco — lo hanno trafugato dal Sud Africa — ed altri battelli ideali per attacchi a sciami nelle «strette» acque del Golfo Persico.

Ma è davvero così concreto il rischio di un blitz sull’Iran? La rivista americana «The Atlantic», con una serie di interviste ad esperti e politici — compreso il premier israeliano Netanyahu —, ritiene di sì. Entro un anno, lo Stato ebraico potrebbe lanciare l’attacco anche senza avere il consenso americano. Gerusalemme ritiene che con le incursioni aeree sui siti il programma iraniano subirà un rallentamento tra i tre e i cinque anni. Non tutti gli analisti sono però d’accordo con questa previsione e ritengono che l’opzione militare nasconda troppe incognite. Nel dubbio, gli iraniani si preparano al peggio. E solo pochi giorni fa hanno annunciato di aver acquisito in due paesi dell’Europa dell’Est alcuni esemplari del missile anti-aereo S300. Un sistema d’arma che sarà installato proprio a difesa degli impianti atomici. Teheran li aveva chiesti a Mosca ma il Cremlino dopo un accordo iniziale ha tergiversato cedendo alle richieste di Washington e Gerusalemme. Così i mullah si sono rivolti altrove. Ed hanno ottenuto ciò che volevano.

CORRIERE della SERA - Franco Venturini : " Putin e l'atomo 'pacifico'. Così resiste l'asse con l'Iran "

La prima fornitura di combustibile nucleare russo alla centrale iraniana di Bushehr, annunciata ieri da Mosca per il 21 agosto, va tenuta distinta dal contenzioso che oppone Teheran all’Occidente (e non solo) sulla questione dell’arricchimento dell’uranio e del forte sospetto che l’Iran voglia dotarsi di armamenti atomici.

A Bushehr — un progetto avviato dallo Scià e poi affidato a Mosca nella metà degli anni Novanta — si produrrà soltanto energia elettrica, e l’uranio arriverà dal l a Russia dove poi tornerà dopo essere stato utilizzato. Nulla a che fare con le centrifughe di Natanz.

E tuttavia la nascita formale (per quella effettiva ci vorranno altri mesi) della prima centrale nucleare iraniana non è fatta per piacere a chi contava sulle sanzioni da poco decise per isolare ulteriormente Ahmadinejad e tentare di indurlo a intavolare serie trattative. Perché, allora, Mosca compie questa mossa dopo aver essa stessa votato le sanzioni all’Onu?

Le motivazioni sono soprattutto due. Primo, la Russia conserva in Iran interessi economici sostanziosi, e l’arrivo del carburante a Bushehr può essere un gesto di conciliazione proprio verso Ahmadinejad che aveva tacitamente minacciato il business del Cremlino dopo il voto in Consiglio di sicurezza (peraltro Mosca ha poi criticato le sanzioni aggiuntive di Usa e Europa).

Secondo, un segnale agli Stati Uniti non fa mai male. Per dire che Mosca resta contraria all’uso della forza contro l’Iran, ma anche per motivi molto diversi come lo sviluppo del nuovo «scudo» anti-balistico di Obama e le difficoltà che la ratifica dell’ultimo trattato di disarmo Usa-Russia comincia a incontrare nel Senato di Washington.

Un po’ come accade per lo schieramento in Abkhazia dei missili S-300, anti-aerei e dunque difensivi. Se Mosca consegnasse gli S-300 all’Iran, che resta teoricamente passibile di bombardamento, allora sì che la sfida russa all’Occidente diventerebbe esplicita e foriera di tormenta. Ma questo il Cremlino, mentre lancia segnali di fumo da Bushehr o dall’Abkhazia, si guarda bene dal farlo

La REPUBBLICA - Fabio Scuto : " 'Israele pronta a colpire le centrali' scenari di guerra in un dossier segreto "


Bibi Netanyahu

GERUSALEMME - È una notte fredda della primavera del 2011. A Gerusalemme il consigliere per sicurezza nazionale israeliano Uzi Arad e il ministro della Difesa Ehud Barak sono al telefono con le loro controparti a Washington: il generale James Jones e capo del Pentagono Robert Gates. Li stanno informando che il loro primo ministro Benjamin Netanyahu ha appena ordinato a diversi squadroni di caccia F-15 e F-16 e altri jet della Forza aerea israeliana di volare verso est, verso l´Iran - forse attraversando i cieli dell´Arabia Saudita, magari infilando lo stretto corridoio aereo fra Siria e Turchia, e eventualmente attraversando lo spazio aereo iracheno anche se affollato di aerei americani - per distruggere i siti nucleari iraniani.
Questo lo scenario che Atlantic Monthly, il periodico americano edito a Boston sempre ben informato sul Medio Oriente, descrive nella sua cover story di settembre, le cui anticipazioni sono state riprese dalla stampa israeliana. Basato su decine di interviste a esponenti politici israeliani e utilizzando fonti militari «coperte», The Atlantic scrive che Israele potrebbe attaccare entro un anno se l´Iran non dovesse collaborare con l´Aiea e svelare le vere intenzioni del suo programma nucleare, ma soprattutto se l´Amministrazione di Barack Obama non riuscirà a convincere l´attuale leadership israeliana che gli Stati Uniti sono pronti a fermare l´Iran anche con la forza se necessario. Le probabilità di un attacco preventivo israeliano hanno ormai superato il 50 per cento, e Israele potrebbe anche non chiedere il famoso «semaforo verde» agli Stati Uniti, o addirittura dare un paio di falsi allarme pre-attacco, in modo da impedire a Washington di cercare di bloccare l´operazione.
I raid dei caccia con la Stella di David potrebbero includere il bombardamento degli impianti nucleari di Natanz, Qom, Isfahan, e forse anche il reattore russo che entrerà in funzione il prossimo 21 agosto a Bushehr.
Certo è che le ripercussioni di questi raid sono meno chiare, nonostante le infinite discussioni e simulazioni diverse, fra gli strateghi americani e l´intelligence Usa non c´è una visione comune. Molti ritengono che i bombardamenti potrebbero solo ritardare di qualche anno il programma nucleare degli ayatollah iraniani. Opinione espressa a Repubblica anche da esperti come il professor Ely Karmon, direttore del dipartimento di counter-terrorism dell´università di Herzilya e uno dei massimi esperti di Iran in Israele. Ma negli ambienti militari le previsioni sono invece molto più ottimistiche, specie alla luce dei precedenti successi nelle operazioni contro i reattori iracheni e siriani.
In ogni caso gli Stati Uniti non si farebbero trovare con i fianchi scoperti. I piani di un eventuale attacco americano all´Iran sono pronti - come ha spiegato l´ammiraglio Mike Mullen, capo di Stato maggiore della Difesa americano - proprio per dare alla Casa Bianca un ampio ventaglio di opzioni se il pressing diplomatico e le sanzioni non dovessero dare un risultato entro i tempi stabiliti. In aprile gli Usa hanno trasferito nella base aerea nell´isola di Diego Garcia nel Pacifico 387 bombe ad alto potenziale e alla fine di giugno 12 navi da guerra guidate dalla portaerei Harry Truman - normalmente di stanza nel Mediterraneo - hanno traversato il canale di Suez e ora incrociano al largo dell´Oman. Sono salite a tre le squadre navali d´attacco operative nell´area del Golfo Persico, completando così il dispositivo per eventuali bombardamenti sui siti nucleari iraniani.
I risultati dei raid sui siti nuclerari potrebbero però essere disastrosi. E´ probabile infatti che i caccia israeliani non avranno molto tempo da perdere nei cieli dell´Iran, gli Hezbollah libanesi - fedeli alleati di Teheran - non staranno a guardare e avvieranno ritorsioni; gli F-15 saranno necessari lì, sul fronte nord d´Israele. Se l´operazione dovesse essere unilaterale potrebbe gettare le relazioni fra Gerusalemme e Washington in una crisi senza precedenti, ma soprattutto scatenare una guerra regionale su larga scala, con ripercussioni economiche per il mondo intero, per non parlare del costo di vite umane. Non passa giorno senza che gli ayatollah iraniani annuncino la messa in funzione di nuovi armamenti: le batterie di missili-antimissile S - 300 trafugati dalla Bielorussia, la consegna alla marina di 4 mini - sommergibili che si vanno a unire agli altri 11 già attivi, l´ammodernamento dei tre sottomarini di classe Kilo comprati anni fa dalla Russia, la prossima consegna di motovedette - le velocissime Bladerunner 51 - armate di lanciamissili. Un modo per annunciare che l´Iran in caso di attacco è pronto non solo a ritorsioni gravi contro singoli Paesi ma è anche nelle condizioni di bloccare per mesi lo stretto di Hormuz, dove passa il 40 per cento del petrolio destinato all´Occidente.
Il problema è rappresentato dal calendario. Il segretario di Stato Usa Hillary Clinton ha detto questa settimana al New Yok Times: «Il problema non è quando né come (attaccare) ma se farlo, al momento pensiamo che quel che stiamo facendo ha il miglior potenziale per modificare il comportamento iraniano». Svelando così tutte le cautele americane sugli sviluppi di questa crisi.
Certo il tempo corre veloce e la scadenza del 31 dicembre - data da Obama all´Iran per chiarire le sue vere intenzioni e collaborare senza trucchi con l´Aiea - si avvicina rapidamente, ma Teheran con la sua tattica dilatoria potrebbe andare avanti ancora mesi. Invece per il premier Netanyahu «la linea rossa» passerà il 31 dicembre prossimo, convinto che il nucleare iraniano sia per Israele una minaccia grave come la Shoah. Netanyahu è anche convinto che la Bomba rafforzerà l´Iran su scala regionale nei confronti degli altri Paesi nella regione, metterà a repentaglio la sopravvivenza del suo Paese e renderà gli altri paesi arabi (cioè la Siria) riluttanti a una possibile pace con Israele. Due serie simulazioni di raid sono già state provate: l´ultima lo scorso aprile quando i caccia israeliani in formazione d´attacco sono partiti dalle basi nel deserto del Negev, sono arrivati fino allo stretto di Gibilterra e tornati indietro: è la stessa distanza che separa Israele dall´Iran.
Nei cieli, nelle acque del Golfo e sul terreno, tutto sembra pronto perché l´opzione militare se scelta possa attivata rapidamente. A Gerusalemme i «tentennamenti» americani sull´Iran sono visti con un filo di amara ironia.
Non è un caso che la t-shirt più venduta questa estate in Israele raffigura un caccia F-16 in volo con la scritta in inglese che recita: «America Don´t Worry, Israel is behind You».

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