sabato 27 aprile 2024
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


Clicca qui






La Stampa-Corriere delal Sera-La Repubblica-Libero Rassegna Stampa
03.06.2010 Bene l'Italia all'Onu, Netanyahu alla Tv israeliana
Intervista a Margherita Boniver,Carlo Panella su Onu, Battistini e Stabile su Netanyahu

Testata:La Stampa-Corriere delal Sera-La Repubblica-Libero
Autore: Emanuele Novazio-Carlo Panella-Francesco Battistini-Alberto Stabile
Titolo: «Israele è una democrazia non ha bisogno di ispettori-Meglio mediare, e l'Italia boccia l'inchioesta Onu-L'accusa di Netanyahu, una nave di terroristi-Netanyahu difende il blitz, era una flottiglia di terroristi»

Il NO dell'Italia all'inchiesta internazionale, insieme a Usa e Olanda, fa onore alla politica estera di questo governo. La scelta di rispondere NO è stata giudicata dal PD " miopia politica ". E' la linea dalemiana che continua anche se alcuni dirigenti sono cambiati. Notiamo, preoccupati, il silenzio di "Sinistra per Israele", cha la poltrona prevalga su ogni altro interesse ?
Pubblichiamo l'opinione di Margherita Boniver, dalla STAMPA di oggi, 03/06/2010,di Emanuele Novazio, le dichiarazioni di Bibi Netanyahu nei due servizi di CORRIERE della SERA e REPUBBLICA, quest'ultimo firmato da Alberto Stabile, al quale dedichiamo qualche riga.

La Stampa-Emanuele Novazio: " Israele è una democrazia non ha bisogno di ispettori", intervista a Margherita Boniver

Margherita Boniver

Onorevole Margherita Boniver, parlamentare Pdl e presidente del Comitato Schengen, perché l’Italia è il solo Paese Ue ad aver votato contro la risoluzione del Consiglio dei diritti umani dell’Onu?
«Sono molto fiera della decisione italiana: è ferma e chiara, in un momento di confuzione dei Paesi Ue, incapaci di trovare una posizione comune. Il motivo fondamentale del nostro no è un ragionamento limpido: essendo Israele una consolidata e conclamata democrazia dal primo giorno della sua esistenza, sarà perfettamente in grado di fare un’inchiesta approfondita e trasparente sulla dinamica dei fatti che hanno portato alla tragedia della Marmara».
L’opposizione accusa il governo di aver rotto col giudizio di astensione degli altri grandi Paesi Ue.
«Non dobbiamo dar conto a nessuno delle nostre posizioni, in un momento in cui l’Unione europea non è stata in grado, ancora una volta, di esprimere una posizione comune. E ribadisco: Israele saprà far luce su un episodio oggetto di rammarico e condanna da parte anche del nostro governo».
Non ci sono ragioni più strategiche, dietro la decisione italiana?
«Il Consiglio dei diritti umani dell’Onu è un organismo pesantemente segnato da pregiudizi e parzialità nei confronti di Israele: in questo senso è la fotocopia della vecchia Commissione per i diritti umani che avrebbe dovuto riformare. L’Italia ha sempre assunto una posizione molto avanzata, al suo interno: lo si è visto l’anno scorso alla Conferenza «Durban 2», a Ginevra, diventata un vero e proprio palcoscenico anti-israeliano e antisemita grazie ad Ahmadinejad e sotto l’egida dell’Onu. Un altro tragico evento in cui gli imputati sono soltanto due: Israele, colpevole di ogni male sulla terra, e l’Occidente in generale. La decisione di ieri conferma che in sede Onu l’Italia è sempre stata in grado, se necessario, di distinguersi dai tanti pavidi europei».
L’Italia è accusata di essersi sbilanciata su Israele.
La politica italiana è chiara: partner privilegiato di Israele, e insieme il Paese europeo probabilmente più disponibile ad aiutar i palestinesi. 

Libero-Carlo Panella: " Meglio mediare, e l'Italia boccia l'inchioesta Onu"

Carlo Panella

Il “no” dell’Italia al Consiglio dei Diritti Umani dell’Onu (pieno di paesi che calpestano i diritti umani) ad una commissione d’inchiesta internazionale sui fatti di domenica scorsa,ha un significato preciso e coraggioso. Assumendo questa posizione, il nostro governo, accanto a quello degli Usa e dell’Olanda (unici altri “no”) si propone come mediatore tra Israele e Turchia. La pavida astensione degli altri paesi Ue significa che al solito l’Europa si defila che non esiste. Ieri poi, Barack Obama ha telefonato al premier turco Tayyp Erdogan, per esprimergli cordoglio per le vittime turche dell’attacco israeliano. Da quel che si è compreso dagli stringati comunicati ufficiali, Erdogan ha nel corso del colloquio ha espresso anche una preoccupazione interessante: «Israele rischia di perdere l’unico paese amico nella regione». Rischio vero, che Erdogan ovviamente attribuisce ad Israele, mentre è nei fatti la sua decisione, presa ormai due anni fa, di abbandonare la tradizionale, strettissima alleanza tra Turchia e Israele e proporsi come paese guida dell’”area ottomana”. Una scelta che ha portato la Turchia ad una scabrosa apertura nei confronti dell’Iran di Ahmadinejad e della Siria di Beshir al Assad e ad assumere posizioni di fiancheggiamento addirittura nei confronti di Hamas, tanto che la provocatoria flottiglia capeggiata dalla Mavi Marmara che voleva violare il blocco israeliano a Gaza, è stata apertamente sponsorizzata dalla Turchia. Ma il livello di tensione che questa scelta ha innescato, sembra preoccupare lo stesso Erdogan, che ora pare - il condizionale è d’obbligo - ricordarsi di essere pur sempre alla guida di un paese Nato,stretto alleato degli Usa. In direzione di una correzione delle sue posizioni oltranziste sembra andare anche un comunicato in cui il governo turco si è detto pronto a normalizzare i rapporti con Israele se questi revocherà il blocco di Gaza, aggiungendo una frase indicativa: «È tempo che la rabbia lasci il posto alla calma» (anche se va detto che sinora Erdogan ha mostrato solo la sua “rabbia” e ha fatto di tutto per incendiare ulteriormente il quadro regionale). Comunque sia, Obama ha ora l’occasione per dimostrare di sapere esercitare leadership e pare che abbia iniziato a farlo nel corso della telefonata di ieri con una frase che costituisce una non piccola “tirata d’orecchie” ad Erdogan: «È importante trovare modi migliori per fornire aiuti umanitari alla popolazione di Gaza, senza mettere in pericolo la sicurezza di Israele». Critica diretta all’ap - poggio che Erdogan ha dato alla flottiglia di pseudo pacifisti che Obama, con evidenza, ritiene abbia invece «messo in pericolo la sicurezza di Israele», pur criticando l’esito disastroso del blitz israeliano. Molto dipende dunque ora dalla capacità di Obama di giocare tutte le tante pressioni che gli Usa possono esercitare sulla Turchia per avviare una de-escalation che permetta, decantati gli animi, la ripresa di negoziati tra Israele e Abu Mazen. Una partita in cui anche l’Italia può giocare un ruolo di rilievo.

Corriere della Sera-Francesco Battistini: " L'accusa di Netanyahu, una nave di terroristi "

È finita come il voto sul rapporto Goldstone, quello sui crimini di guerra a Gaza. E come decine d’altre volte a Ginevra: il mondo contro Israele, gli Usa, l’Italia e pochi amici a difenderlo. La richiesta turca di un’inchiesta internazionale sulla strage della nave Marmara, presentata ieri al Consiglio dei diritti dell’uomo dell’Onu, ha ricevuto 32 sì su 47 votanti. Londra e Parigi si sono astenute. E solo l’amministrazione Obama, il governo Berlusconi e l’Olanda hanno detto no, motivandolo col fatto che «Israele è uno Stato democratico e perfettamente in grado di condurre un’inchiesta credibile e indipendente» (Maurizio Massari, portavoce della Farnesina). La mossa italiana, legata anche al fatto che l’Ue fosse divisa, è criticata dall’opposizione (Pd: «Miopia politica»; Italia dei Valori: «Scelta ingiusta e vigliacca») e non piace ai palestinesi: «È stato terrorismo di Stato», ha tuonato Abu Mazen a Betlemme, in una standing ovation dedicata «al coraggio degli amici turchi». In realtà, il presidente dell’Anp non ha alcuna voglia di forzare sull’incidente: «Spero che Israele impari la lezione e accetti il processo di pace», è la sua apertura. Con l’indiscrezione che una delegazione di Ramallah potrebbe andare per la prima volta a Gaza e riallacciare un dialogo con Hamas, in testa il miliardario palestinese Munib al-Masri, storico arafattiano e famoso per la sfarzosa villa palladiana che s’è costruito sopra Nablus. Dietro al vetro A destra, la prima foto degli attivisti fermati durante il blitz mentre arrivano in autobus all’aeroporto israeliano Ben Gurion dove un aereo turco è in attesa di portarli a casa ( Afp/J. Guez). Qui a fianco, il premier israeliano Netanyahu ieri in un intervento tv

Dietro molti toni duri, qualche spiraglio. E mentre il premier turco Erdogan avverte Obama che «Israele sta perdendo il suo unico amico in Medio Oriente», annunciando vie legali per l’affronto armato, mentre Netanyahu richiama i familiari dei suoi diplomatici in Turchia, ricordando che quella «non era una Love Boat» e che «l’Iran continua a rifornire Hamas di missili destinati a colpire le periferie di Tel Aviv e Gerusalemme», ecco il ministro degli Esteri di Ankara, Davutoglu, riaprire pure lui: «È tempo che la rabbia lasci posto alla calma». Il nodo Gaza resta centrale: l’Egitto spalanca per qualche giorno il valico di Rafah, come fa quando la temperatura è troppo alta, ma Netanyahu chiude a ogni ipotesi di togliere il blocco navale, «è come lasciare che nel Mediterraneo ci sia un porto iraniano». Alla Knesset, quando ricompare la deputata araba Hanin Zouabi, arrestata dopo la sparatoria in mare, una collega del Likud s’avventa su di lei: «Traditrice! Vattene a vivere a Gaza!». La violenza è un virus. O per dirla con Ehud Barak, il ministro che ieri s’è compiaciuto coi militari del blitz: «Qui non siamo in Europa. Siamo in Medio Oriente. Dove non c’è pietà per i più deboli. E dove, se non ti difendi, non ti danno un’altra chance».

La Repubblica-Alberto Stabile: " Netanyahu difende il blitz, era una flottiglia di terroristi "

Pubblichiamo questa cronaca di Stabile per segnalare la sua totale indifferenza alla prigionia, e alle sofferenze di una crudeltà inaudita, del soldato Gilad Shalit, citatocome "causa" dell'embargo. Che invece impedisce a Gaza di diventare un porto iraniano.

GERUSALEMME - Il blocco di Gaza sarà mantenuto perché, dice Benjamin Netanyahu in un discorso televisivo alla nazione, se Israele rinunciasse all´embargo il porto di Gaza si trasformerebbe in un «porto iraniano». Vale a dire in un concentrato di minacce che le milizie di Hamas, rafforzate dall´appoggio del regime di Teheran, sono in grado di portare innanzitutto contro la popolazione israeliana.
Nessuna scusa. Nessuna autocritica. E nessun ripensamento strategico. Non soltanto il premier israeliano ha difeso l´operato delle truppe speciali mandate all´arrembaggio della nave «Marmara», truppe di cui s´è detto «orgoglioso», ma ha accusato i critici della sanguinosa operazione contro il convoglio umanitario d´aver lanciato «un attacco internazionale d´ipocrisia» contro Israele.
Netanyahu non ha offerto alcun argomento diverso da quelli messi in campo in questi giorni dai dirigenti israeliani. Parafrasando il titolo di un vecchio telefilm americano degli anni Settanta il premier ha detto che la nave «Marmara» non era una «Love boat», la barca dell´amore, ma una «barca di odio, una flottiglia di fiancheggiatori di terroristi». Il loro obiettivo non era portare aiuti umanitari alla popolazione di Gaza, ma spezzare l´embargo. Israele, quindi, non aveva altra scelta che intraprendere quella che ha definito un´azione di «autodifesa». Quanto al futuro, dal discorso di Netanyahu non trapela alcuna intenzione di allentare il cordone sanitario stretto sulla striscia di Gaza da quasi quattro anni, quanti ne sono trascorsi dal rapimento del soldato Shalit, perché «se il blocco venisse forzato a Gaza arriverebbero decine, centinaia di altre navi e si costituirebbe là un porto iraniano che rappresenterebbe una minaccia non soltanto per Israele ma anche per l´Europa».
Chiusura totale, dunque, non soltanto alle critiche, ma anche allo spiraglio aperto ieri dal ministro degli Esteri turco Ahmet Davotoglu, il quale ha subordinato la ripresa di normali relazioni con Israele alla fine dell´embargo. «E´ tempo di sostituire la calma alla rabbia», ha detto il capo della diplomazia turca esprimendo un´opinione certamente influenzata dal fatto che la Turchia si considera parte in causa. E tuttavia si tratta di un´opinione non isolata. Anche il premier britannico, David Cameron, dopo aver definito l´arrembaggio notturno contro il convoglio umanitario «totalmente inaccettabile», ha in sostanza messo una pietra sopra al blocco di Gaza che ha detto Cameron ai Comuni, ha soltanto rafforza il dominio di Hamas sulla striscia. E non basta. L´Egitto, dopo aver di fatto sostenuto e rafforzato l´embargo contro la Striscia, ha deciso di aprire il valico di Rafah «a tempo indeterminato», permettendo il passaggio di persone, di beni umanitari e, per la prima volta, di generatori elettrici. I capi di Hamas si sono compiaciuti della decisione presa da Mubarak.
La crisi innescata dallo scontro con gli attivisti della flottiglia Free Gaza, svela, dunque, il fattore principale che l´ha provocata e lo mette in discussione: l´embargo che da quasi quattro anni attanaglia la Striscia. Resta aperto il capitolo delle responsabilità della strage. Il presidente palestinese Abu Mzzen ha elogiato la Turchia per essersi esposta ed opposta al «terrorismo di stato» israeliano.
Resta il fatto che altre situazioni ad alto rischio, come quella che ha portato allo scontro di lunedì notte, potranno presentarsi nell´immediato futuro. Un altra nave di aiuti diretti a Gaza, la «Rachel Corrie», con a bordo 15 attivisti irlandesi tra cui un Premio Nobel, è in arrivo tra stanotte e domani più o meno nelle stesse acque dove è stata attaccata la nave «Marmara». Che farà Netanyahu?

Per inviare la propria opinione a Stampa,Libero Corriere della Sera, Repubblica, cliccare sulle e-mail sottostanti.

 


lettere@lastampa.it
lettere@corriere.it
rubrica.lettere@repubblica.it
lettere@libero-news.eu

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT