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Il Giornale - La Stampa - Corriere della Sera Rassegna Stampa
11.04.2010 Emergency smascherata: trovate armi e munizioni in un suo ospedale afghano
Franco Frattini prende le distanze dall'Ong di Gino Strada

Testata:Il Giornale - La Stampa - Corriere della Sera
Autore: Fausto Biloslavo - Maurizio Caprara - Fabio Poletti
Titolo: «Il giallo dei medici italiani arrestati in Afghanistan - Frattini prudente: Nessun legame con la Cooperazione - E’ una manovra per farci fuori Diamo fastidio a Kabul e Roma»

Tutti i quotidiani italiani di questa mattina, 11/04/2010, riportano la notizia dell'arresto di nove operatori (tre dei quali italiani) di Emergency.
Ciò che conta sono i fatti, armi trovate nell'ospedale
di Lashkar-Gah in Afghanistan dimostrano il legame di Emergency con i talebani afghani.
Come riportato nell'articolo di Maurizio Caprara che segue, Franco Frattini : "
ribadisce la linea di assoluto rigore contro qualsiasi attività di sostegno diretto o indiretto al terrorismo» e riconferma «alto riconoscimento» al «personale civile e militare» impegnato in Afghanistan. Poi il ministero ha fatto sapere che i tre italiani «in stato di fermo» lavorano in una struttura «non riconducibile né direttamente né indirettamente alle attività finanziate dalla Cooperazione italiana". Il governo si dissocia dall'operato di Emergency.
Quasi tutti i quotidiani hanno intervistato Gino Strada, dando molto rilievo alle sue difese.Strada sostiene che l'intera faccenda sia una manovra per contrastare Emergency, ma le sue argomentazioni sono basate solo su illazioni personali, non su prove concrete. L'arresto dei nove operatori è dovuto al ritrovamento di armi, munizioni e due cinture esplosive nel deposito dell'ospedale di Emergency. Sostenere, come fa Gino Strada, che si tratti di un imbroglio non è una difesa sufficiente.

Riportiamo dal GIORNALE di oggi, a pag. 15, l'articolo di Fausto Biloslavo dal titolo " Il giallo dei medici italiani arrestati in Afghanistan ". Dal CORRIERE della SERA, a pag. 14, l'articolo di Maurizio Caprara dal titolo " Frattini prudente: Nessun legame con la Cooperazione ". Dalla STAMPA, a pag. 3, l'intervista di Fabio Poletti a Gino Strada dal titolo " E’ una manovra per farci fuori Diamo fastidio a Kabul e Roma ".

Il GIORNALE - Fausto Biloslavo : " Il giallo dei medici italiani arrestati in Afghanistan "

Tre italiani dell'ospedale di Emergency a Lashkar Ghah, nel sud dell'Afghanistan, sono stati arrestati. L'accusa è pesantissima: favoreggiamento nel complotto per uccidere il governatore della provincia di Helmand. Uno dei tre è il medico dell'organizzazione non governativa Marco Garatti. Un altro è l'infermiere capo dell'ospedale di Lashkar Ghah, Matteo Dell'Aira. Il terzo arrestato Matteo Pagani, non è un sanitario, bensì il responsabile della logistica.
L'incredibile vicenda, tinta di giallo, inizia con un'irruzione delle forze di sicurezza afghane nell'ospedale di Emergency nel capoluogo di Helmand. All'esterno le truppe britanniche della missione Isaf hanno «cordonato» l'area, come si dice in gergo militare, per garantire la sicurezza. «Questa operazione - ha assicurato all'agenzia Ansa il generale canadese Eric Trembley, portavoce della missione Nato - è stata realizzata dalle forze di sicurezza afghane. Consiglio di rivolgersi a loro o all'ambasciata d'Italia per conoscerne i particolari». L'Isaf avrebbe garantito solo l'appoggio esterno, ma la situazione non è chiarissima.
In realtà gli inglesi sarebbero stati coinvolti anche nel fermo dei tre italiani di Emergency. Quando Maso Notarianni, direttore di Peacereporter, costola d'informazione dell'Ong milanese, ha chiamato al cellulare uno dei volontari ha risposto un militare di sua maestà britannica. «Così si è qualificato, in perfetto inglese - spiega il portavoce di Emergency a il Giornale -. Mi ha anche assicurato che i tre italiani stavano bene, ma non ha voluto farmi parlare con loro».
La polizia afghana e agenti dell'Nds, il servizio segreto di Kabul, sostengono di avere trovato in uno sgabuzzino o deposito dell'ospedale armi, munizioni e due cinture esplosive. Daud Ahmadi, portavoce del governatore di Helmand, Gulab Mangal, ha sostenuto in una conferenza stampa che l'arsenale serviva a far fuori il suo capo. Il piano era complesso, come spiega Ahmadi raggiunto telefonicamente da Il Giornale: «Un terrorista in arrivo dal Pakistan avrebbe dovuto colpire il governatore possibilmente in un luogo pubblico di Lashkar Ghah. Se il primo attacco fosse fallito, Mangal sarebbe sicuramente andato a visitare i feriti nell'ospedale di Emergency. A quel punto scattava il secondo attacco con le cinture esplosive nascoste all'interno». Lo stesso governatore, molto vicino agli inglesi, ha ammesso: «Avrebbero agito in città e l'obiettivo ero io». Oltre agli italiani sono stati arrestati sei afghani. Uno di questi è il traduttore del personale sanitario di Emergency. Se il piano fosse andato in porto i talebani avrebbero pagato 500mila dollari, secondo le autorità afghane. I servizi di Kabul tenevano d'occhio da un mese uno degli arrestati. Lo hanno preso prima dell'irruzione e sarebbe stato lui a confessare dov'era nascosto il piccolo arsenale ed il coinvolgimento degli altri fermati. Ahmadi ha confermato al Giornale che «gli italiani sono accusati di favoreggiamento. Marco (Garatti, il medico di Emergency) è collaborativo e sta rispondendo alle domande».
Veterano dell'Afghanistan ha vissuto il rapimento di Gabriele Torsello, che è stato preso in ostaggio dopo aver lasciato l'ospedale di Emergency a Lashkar Ghah. Garatti era in prima linea anche durante il sequestro dell'inviato di Repubblica Daniele Mastrogiacomo, che aveva portato all'arresto e poi al rilascio di Ramatullah Hanefi, responsabile logistico dell'ospedale di Emergency. Chi conosce il medico dell'Ong fondata da Gino Strada difficilmente può credere che sia coinvolto in un complotto dei talebani. L'altro fermato, l'infermiere Dell'Aira, faceva inviperire la Nato con i suoi racconti da Lashkar Ghah pubblicati sul sito di Peace reporter: vi denunciava le vittime civili della grande offensiva americana e afghana a Marja, nella stessa provincia di Helmand. Ma da questo al terrorismo ce ne vuole. «Nessuno dei nostri ha nascosto armi o è coinvolto in attentati. È completamente assurdo accusarli di complotto - sbotta Notarianni -. Negli ospedali di Emergency è vietato portare armi. Le lasciano fuori anche i soldati della Nato. Questo è un sequestro, non un fermo. Spero che tutto si risolva velocemente con un immediato rilascio». Oggi a Lashkar Ghah è atteso l'ambasciatore italiano a Kabul, Claudio Gaentzer, che cercherà di sbrogliare l'intricata matassa.

CORRIERE della SERA - Maurizio Caprara : " Frattini prudente: Nessun legame con la Cooperazione "


Franco Frattini

ROMA— L’ambasciatore d’Italia a Kabul Claudio Glaentzer si è messo in moto da ieri per essere ricevuto stamattina dalle autorità dell’Helmand, la provincia nella quale sono stati arrestati i tre italiani di Emergency nell’ospedale di Lashkar Gah. Per capire come si svilupperà questo caso, una delle indicazioni utili arriverà da un aspetto a prima vista marginale: il momento in cui la diplomazia italiana potrà incontrare i connazionali catturati in un’operazione anti-terrorismo. Se sarà oggi o domani, significa che gli accertamenti sono considerati dagli inquirenti a buon punto e il procedimento può prendere un binario meno imprevedibile; qualora l’attesa si allungasse potrebbe voler dire che chi indaga ritiene di avere prove troppo forti per permettere contatti con estranei oppure cerca elementi a sostegno di una tesi ancora molto da dimostrare. Con le incognite di una verifica affidata al servizio segreto di un Paese nel quale lo Stato di diritto è in gran parte da costruire. Pochi commenti in pubblico. Presa di distanze preventiva. La Repubblica italiana ieri si è attenuta a questi due criteri dopo la notizia della cattura dei tre, presentati dal portavoce della provincia dell’Helmand Daoud Ahmadi come componenti di un gruppo di nove persone pagate dai talebani per uccidere il governatore Gulab Mangal. Prima la Farnesina ha informato che il ministro degli Esteri Franco Frattini segue il caso, che il governo «ribadisce la linea di assoluto rigore contro qualsiasi attività di sostegno diretto o indiretto al terrorismo» e riconferma «alto riconoscimento» al «personale civile e militare» impegnato in Afghanistan. Poi il ministero ha fatto sapere che i tre italiani «in stato di fermo» lavorano in una struttura «non riconducibile né direttamente né indirettamente alle attività finanziate dalla Cooperazione italiana». E’ stata una definizione non condivisa da Gino Strada, il fondatore di Emergency, secondo il quale le accuse afghane ai tre sono «assurde»: «E’ vero che il nostro progetto non è finanziato dalla Cooperazione, ma ha ricevuto la "conformità" del ministero degli Esteri, termine tecnico per dire che la Farnesina riconosce quel progetto e lo avalla, quindi non è vero che si possono tirare fuori». Paolo Ferrero, Rifondazione, ha dichiarato che Frattini deve chiedere il rilascio dei tre. Oliviero Diliberto, Comunisti italiani, ha affermato che il governo «ha il dovere» di aiutare Emergency e ha attribuito al ministro «ipocrisia». Polemica che può estendersi o no, a seconda degli sviluppi. Stando a una fonte diplomatica, ai fermi dei tre avrebbero partecipato, oltre alla National security afghana, alcuni stranieri in armi a contratto, contractors. Lashkar Gah è zona dei militari britannici, però sulle scelte importanti contano quelli americani. Servizi, Stati, generali: saranno in parecchi a occuparsi oggi dei tre italiani.

La STAMPA - Fabio Poletti : " E’ una manovra per farci fuori Diamo fastidio a Kabul e Roma "


Gino Strada

A Gino Strada, il fondatore di Emergency, non basta l’intero vocabolario per spiegare ciò che prova: «Quelle contro di noi sono accuse ridicole. Sono pura fantascienza. Un castello di infamie incredibili. E’ come se dicessero che hanno dovuto fermare don Ciotti perché voleva assassinare il Papa. E il mio amico don Ciotti mi scusi se lo tiro in mezzo... E’ una cosa che non sta né in cielo né in terra. Il governo italiano farebbe bene a impegnarsi di più per risolvere questa situazione vergognosa. Non può tirarsene fuori. Ma per ora non sembra che stia spingendo sull’acceleratore».
Gino Strada, le autorità afghane sostengono di aver trovato materiale compromettente nel vostro ospedale di Lashkar-Gah. Come lo spiega?
«Emergency è una struttura neutrale. Non abbiamo armi. Curiamo chiunque ne abbia bisogno senza guardare in faccia nessuno. Operiamo in zone difficili. Qualcuno mi convinca che ci sono medici italiani che rischiano la vita per anni in zone di guerra e poi si inventano un attentato contro il neogovernatore della regione. Ma per favore...».
E se le armi le avesse introdotte il vostro personale afghano? Può escluderlo?
«I nostri ospedali non sono fortini militari. Non ci sono le misure di sicurezza degli avamposti militari. Io non lo so come siano finite lì quelle armi, se effettivamente c’erano. Non credo che in Italia sia difficile entrare in un ospedale con una pistola o con mezzo chilo di esplosivo. Ma il punto non è questo».
Qual è, allora?
«Quello che è successo è solo una intimidazione contro Emergency. L’ennesimo attacco che subiamo. La nostra neutralità dà fastidio a troppi. Abbiamo denunciato più volte il clima in Afghanistan. Dalle operazioni militari che colpiscono in modo indiscriminato i civili, allo strapotere e alle connivenze delle autorità locali, spesso composte da narcotrafficanti che non tollerano il lavoro di Emergency, coperte e protette dagli eserciti occidentali. Noi siamo conosciuti da dieci anni in Afghanistan. Queste accuse contro di noi sono ridicole».
Teme che sia una manovra per far fuori Emergency?
«Mi sembra evidente. Diamo fastidio. Non nascondiamo la realtà di quello che vediamo. Curiamo tutti. E in cambio, attorno ai nostri ospedali, i militari creano barriere e posti di blocco per impedire alla popolazione civile di venire da noi».
Accusa il governo afghano?
«Ce l’ho ovviamente con quel governo sostenuto pure dall’Italia. Ma pure con le forze militari occidentali dell’Isaf che hanno partecipato a questa manovra contro di noi. Mi sembra chiaro che stanno tutti cooperando per mandarci via. Vogliono che ce ne andiamo. Vogliono che Emergency si levi di mezzo».
Accusa anche l’Italia?
«Il governo italiano partecipa attivamente all’occupazione militare dell’Afghanistan. Ognuno tiri le conclusioni».
Il ministro Frattini ha assicurato che la Farnesina è attivamente impegnata...
«Mi ha chiamato, ci siamo parlati. Il nostro governo ha tutti gli strumenti per intervenire. Se intenda farlo davvero non lo so. Il governo italiano in Afghanistan conta come il due di picche quando la briscola è fiori. L’Italia dovrebbe proteggere attivamente i suoi concittadini anche se sono all’estero impegnati in missione umanitarie. Non mi sembra che per ora stia spingendo sull’acceleratore. Mi aspetto un sussulto di dignità nazionale che non vedo ancora».
Si aspetta un intervento del premier Berlusconi?
«Lascio a chiunque la risposta su quale dovrebbe essere l’atteggiamento delle istituzioni in certe situazioni».
Dalla Farnesina dicono in un comunicato che i fermati «lavorano per una struttura umanitaria non riconducibile ad attività finanziate dalla cooperazione italiana». Come lo spiega?
«Il governo non faccia giri di parole per tirarsi fuori. E’ vero che non siamo finanziati direttamente dalla Cooperazione ma abbiamo la conformità del ministero degli Esteri. La Farnesina riconosce il nostro progetto e lo avalla. Siamo Emergency, non ci siamo improvvisati dieci minuti fa».
Che cosa può succedere ora?
«Noi da soli non possiamo opporci. Abbiamo poche alternative, se non andarcene dall’Afghanistan. Ci stiamo ragionando in queste ore. Poi se la vedano loro quello che succederà tra la popolazione e le autorità afghane, tra i civili e gli eserciti di occupazione. Se la veda anche il governo italiano quello che succederà».

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