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Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


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Il Foglio-Corriere della Sera Rassegna Stampa
20.11.2009 D'Alema: Ma chi è la signora ? è quella che siederà sulla poltrona che volevi tu
Cronache e commenti del Foglio, Luigi Offeddu

Testata:Il Foglio-Corriere della Sera
Autore: La redazione del Foglio-Luigi Offeddu
Titolo: «L'Europa socialista preferisce una baronessa inglese a D'Alema-L'ornitologo poeta e la baronesa elogiata dai gay»

Massimo D'Alema non ce l'ha fatta. Una buona notizia, forse l'Europa è un po' meglio di quanto spesso la giudichiamo. A sconfitta avvenuta, il nostro si giustifica affermando che il solo fatto di essere candidato era un onore, bravo lui, il paragone dell volpe all'uva è d'obbligo. Pericolo scampato, dunque, il nostro commento è affidato a Ugo Volli nella cartolina da Eurabia di oggi, 20/11/2009, una data fausta.
Riprendiamo due cronache, dal FOGLIO e dal CORRIERE della SERA. Grande imbarazzo sui giornali fiancheggiatori, che sottolineano in coro l'onore della candidatura, alleviando il dolore per la trombatura.

Il Foglio- " L'Europa socialista preferisce una baronessa inglese a D'Alema "

 

Cartherine Ashton, a lei la poltrona che voleva D'Alema

Bruxelles. L’Unione europea ieri ha scelto un primo presidente stabile di basso profilo, il premier belga Herman Van Rompuy, rinunciando alla candidatura forte di Tony Blair. Anche Massimo D’Alema è stato eliminato dalla corsa per diventare Alto rappresentante per la politica estera, dopo che gli è stata preferita una baronessa britannica. A differenza del governo di centrodestra del Cav., al Vertice straordinario sulle nomine dell’Ue nessun governo socialista ha sostenuto D’Alema – ha spiegato Martin Schulz – il capo dei socialisti all’Europarlamento, che aveva lanciato la candidatura. Né lo spagnolo José Luis Rodriguez Zapatero, né il britannico Gordon Brown, né il portoghese José Socrates, né l’ungherese Gordon Bajnai, né l’austriaco Werner Faymann, né lo slovacco Robert Fico. I leader socialisti hanno optato per la laburista britannica Catherine Ashton, commissaria al Commercio internazionale dal curriculum scialbo: l’unico ruolo politico di rilievo della baronessa di Hupholland, prima di essere inviata a Bruxelles un anno fa senza mai essere eletta, è stato leader laburista nella Camera dei Lords. Brown ha così rinunciato alla candidatura di Blair a presidente del Consiglio europeo, osteggiata da francesi e tedeschi, che però non hanno pronunciato un “no” pubblico. Quando i capi di stato e di governo dei 27 si sono seduti a tavola hanno incoronato il premier belga Van Rompuy, il cui principale atout è la scarsa esperienza internazionale. Sconosciuto anche nella metà francofona del suo paese, Van Rompuy ha buone doti di mediatore e il merito di aver salvato il Belgio da una crisi istituzionale durata quasi due anni, diventando premier solo undici mesi fa. La sorpresa di un’Europa ambiziosa non è arrivata, al termine del vertice straordinario sulle nomine introdotte dal trattato di Lisbona. Con il premier belga, Herman Van Rompuy, come primo presidente stabile del Consiglio europeo, e la britannica Catherine Ashton al posto di Alto rappresentante, l’Ue ha scelto due personalità di basso profilo con poteri limitati. Non Tony Blair, avversato dalla sua famiglia politica – il Partito del socialismo europeo (Pse) – per la guerra in Iraq e le sue politiche economiche liberali. Nemmeno il francese Nicolas Sarkozy e la tedesca Angela Merkel volevano un leader forte che avrebbe rischiato di fare loro ombra. Eppure la candidatura Blair è stata l’unica a consentire un po’ di dibattito aperto in un processo che è sembrato più un conclave pontificio che la nomina democratica e trasparente promessa dal trattato di Lisbona. Solo ieri sono venute alla luce le posizioni dello sconosciuto Van Rompuy sulla Turchia: “Non è parte dell’Europa e non sarà mai parte dell’Europa”, aveva detto Van Rompuy nel 2004, durante un dibattito parlamentare. “I valori universali che sono in vigore in Europa, e che sono anche i valori fondamentali della cristianità, perderanno vigore”. Del nuovo presidente del Consiglio europeo, che sarà il volto dell’Ue, non si sa quasi nulla. Di Blair, della sua storia e delle sue idee, invece, si sapeva tutto. Sul suo nome si sono scontrati due modelli di Europa: quella franco-tedesca-belga- lussemburghese che spera di sopravvivere attaccandosi all’eurocentrismo, e una nuova Europa che vuole partecipare al nuovo ordine mondiale. Alla fine della l u n g a campagna elettorale, p e r s i n o gli opinion maker più antiblairiani – come il giornale francese Liberation – hanno riconosciuto che dership forte per discutere “da pari” con Stati Uniti, Cina e Russia. Nessun leader è stato in grado di fare un nome più autorevole di Blair. E nessuno ha avuto il coraggio di dirgli pubblicamente “no”, preferendo l’espediente istituzionale di limitare i poteri del presidente del Consiglio europeo. Sin dall’inizio, Blair aveva chiarito che non avrebbe accettato di essere un “chairman”: un coordinatore come sarà Van Rompuy. Il trattato di Lisbona voleva rendere l’Ue più forte nel mondo ma con due “europigmei” – come li ha definiti l’Economist – gli analisti ritengono che l’Europa sia condannata all’irrilevanza globale. La candidatura di D’Alema, come quella di Blair, è stata sabotata dal Pse. “Sapevamo da otto giorni che c’era un problema tra i socialisti” su D’Alema, ha svelato al Foglio una fonte diplomatica svedese che ha condotto la trattativa. Il passato comunista, le sue posizioni anti-americane e anti-israeliane, il suo inglese imperfetto hanno allarmato i leader del Pse. Ma la lunga e confusa lista di candidati socialisti alternativi era composta di personalità vecchie anagraficamente o politicamente. Solo i laburisti britannici avrebbero potuto esprimere un Alto rappresentante di peso con David Miliband o Peter Mandelson. Accettando il compromesso sulla scialba Ashton, il premier Gordon Brown ha deciso di tenere a Londra il ministro degli Esteri e l’anima nera del New Labour in vista delle elezioni del 2010 e per rilanciare il partito in caso sconfitta. Martin Schulz, il leader dei socialisti all’Europarlamento che aveva lanciato D’Alema, si giustifica attaccando il “non fattivo attivismo del governo italiano”. In realtà, il Cav. ha fatto il possibile. Semmai “dovremmo cominciare a interrogarsi sui socialisti europei e sul peso degli italiani nel Pse”, dice al Foglio una fonte diplomatica italiana.

Corriere della Sera- Luigi Offeddu: " L'ornitologo poeta e la baronesa elogiata dai gay "


D'Alema alla notizia della trombatura

BRUXELLES — Han vinto due sconosciuti, facile dirlo. Sconosciu­to Herman Van Rompuy, a 62 anni? Fosse per lui, sarebbe forse un com­plimento. Infatti, «ho avuto incari­chi importanti, ma non sono uno importante, io»: dichiarazione del­le scorse settimane, quando già era quotato come possibile presidente Ue. E anche ieri sera, spettinatissi­mo e quasi imbarazzato: «L’Europa deve giocare un ruolo importante... Non ho sollecitato io la mia nomi­na ». Eppure, se un anno fa il re Al­berto II non l’avesse chiamato co­me primo ministro a rianimare il governo belga, fra scandali e zuffe fiammingo-vallone il Paese si sa­rebbe forse spaccato in due. Come ha detto Nicolas Sarkozy, questo fiammingo «è un uomo che nel suo passato non ha fatto che mettere d’accordo le persone intorno a lui». Sconosciuta Cathy, baronessa Ashton di Upholland? Forse per il gran pubblico, non certo per il ma­rito.

E la conosce, lui, non solo per­ché è suo marito. Ma perché è Pe­ter Kellner, re britannico dei son­daggi, il geniaccio di «YouGov», portale Internet divenuto un riflet­tore acceso sulle tendenze della po­­litica, che solo nel 2007 ha incassa­to 6,3 milioni di euro in profitti net­ti per aver capito dove soffiava il vento. Se è vero quel che si diceva qualche giorno fa a Bruxelles (e pe­rò nessuno ci credeva), mister Kell­ner ha azzeccato anche il vento di quassù. In certi suoi sondaggi riser­vati fatti sulla corsa per le nomine Ue, il nome di Cathy Ashton in Kell­ner, di anni 53, sarebbe stato infatti in testa: non per simpatie persona­li, ma perché sostenuto dal nume­ro due del governo britannico, lord Peter Mandelson. Il lord telefona spesso da Londra alla baronessa la­burista, per dar consigli: la cerca nel suo ufficio di commissaria Ue al Mercato, lo stesso ufficio in cui se­deva lui, un anno fa. Anche allora si disse, come oggi si dice, che lei sa­peva poco del nuovo incarico: «Al mattino mi ha telefonato Gordon: 'Piglia il treno per Bruxelles'». Una corsa sotto la Manica «e alla sera ero a Bruxelles». Ma essendo lei una «fast learner», una che impara in fretta, ha recuperato.

«Non so quanto il mio posto qui sia sicuro, però mi piacerebbe rima­nere... » sospirò l’anno scorso. Infat­ti è rimasta, anzi ora salirà più in alto: e con lei, salgono finalmente anche le «quote rosa» tanto invoca­te da decine di eurodeputate.

Detto questo, i due «sconosciu­ti » (ma: «Attenti a quei due», dice­va un vecchio telefilm) hanno in co­mune anche altro. Come la folta prole: 4 figli ha Van Rompuy con la moglie Geertrui, mentre la barones­sa e consorte vivono con 2 figli e 3 figliastri («Ho una casa più grande di altri perché ho tanti figli, ma pa­go di tasca mia la casa e i miei viag­gi per il lavoro» quasi ogni weekend torna da Bruxelles a Lon­dra,
ndr ). La baronessa laburista ha fatto poi sempre politica, ma anche battaglie per i diritti umani: ad esempio per gli handicappati o per le famiglie omosessuali («donna as­solutamente fantastica» la defini­scono le associazioni britanniche dei gay). Mentre Van Rompuy, cat­tolico e democristiano, è un econo­mista ma si è anche laureato in Filo­sofia all’Università cattolica di Lova­nio e non vive soltanto di politica: ornitologo per passione e per pas­sione doppia tifoso della squadra dell’Anderlecht, quando non ne può più delle baruffe fiammin­go- vallone si ritira a pregare (o a scrivere gli adorati versetti di gusto giapponese «haiku») nell’abbazia di Affligem, celebre per la birra che produce fin dal 1074. Dei due «sco­nosciuti », dell’uno e dell’altra, si è detto che non fanno ombra a nessu­no, che proprio per questo sono sta­ti scelti. Sarà. Ma Peter Kellner, re Alberto e anche i monaci birrai di Affligem, forse la pensano diversa­mente.

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