giovedi` 28 marzo 2024
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


Clicca qui






Il Foglio-La Repubblica-Libero Rassegna Stampa
24.10.2009 Iran, in attesa della conclusione, la farsa continua
Le opinioni di Carlo Panella, Yossi Melman, del Foglio

Testata:Il Foglio-La Repubblica-Libero
Autore: Vincenzo Nigro-Carlo Panella-
Titolo: «Beffare Obama a Teheran-Se l'Iran si fa beffe del mondo dobbiamo ringraziare Obama-La malattia di Khamenei scatena le opposte fazioni»

La farsa continua, l'Iran la tira per le lunghe, prendendo in giro le democrazie con la benedizione del presidente americano. Tre analisi oggi, 24/10/2009, sul FOGLIO, con un editoriale non firmato, su REPUBBLICA un'intervista di Vincenzo Nigro all'esperto israeliano Yossi Melman, su LIBERO l'analisi di Carlo Panella, accurata come sempre.

Il Foglio- " Beffare Obama a Teheran "

Formalmente hanno chiesto ancora qualche giorno in più per rispondere. Altro tempo. Ma tutti, ieri a Ginevra, hanno capito il senso della mossa degli ayatollah iraniani. Teheran si è presa gioco ancora una volta della comunità internazionale e, in particolare, del presidente americano Barack Obama. Dopo che Francia, Russia e America avevano firmato la bozza di accordo dell’Onu sulla gestione dell’uranio iraniano – in modo da farlo arricchire in Russia, sotto il controllo dell’Agenzia atomica – i rappresentanti del clero islamista di Teheran hanno fatto l’ennesima piroetta diplomatica, la stessa da sei anni a questa parte: si sono tirati indietro con un annuncio alla tv di stato di Teheran e, naturalmente, hanno preannunciato una ridicola controproposta – ora vorrebbero comprarsi l’uranio arricchito all’estero – che ha soltanto l’obiettivo di continuare a far fessi Obama & Co. I commenti delle cancellerie occidentali, dopo l’ottimismo mal riposto dei giorni scorsi, è stato unanime: “Disappointment”, hanno detto, “delusione”. In realtà non è che ci aspettassimo nulla di diverso, noi assaliti dalla realtà dell’11 settembre, ma chi credeva che i guai del mondo fossero tutta colpa dell’atteggiamento arrogante dell’America del passato e che sarebbe bastata l’aura magica, dolce e meravigliosa di Obama a trasformare i custodi della Rivoluzione islamista in mansueti agnellini dovrebbe finalmente aver capito che gli asini volano soltanto nelle favole. Un anno fa, Obama ha vinto le elezioni promettendo di calibrare la politica estera americana su un incontro diplomatico con gli iraniani come questo fallito ieri a Ginevra. A Obama hanno pure dato il Nobel per la Pace, per questo, un premio assegnato nel 2005 anche al capo dell’Aiea, Mohammed ElBaradei, che da più d’un lustro – consapevole o no – si fa beffare dagli iraniani. Obama è stato costretto a compromessi politici imbarazzanti per giungere all’appuntamento di ieri. Durante le manifestazioni di protesta a Teheran di quest’estate, ha cercato per giorni di non commentare i brogli elettorali, la repressione violenta e l’assassinio di Neda per non delegittimare il regime con cui voleva disperatamente trovare un accordo. Alla Casa Bianca sostengono che il rifiuto iraniano ora lo aiuterà a costruire un consenso internazionale a favore delle sanzioni economiche. Tradotto: le centrifughe nucleari funzionano a pieno regime, e noi abbiamo perso un altro anno.

La Repubblica-Vincenzo Nigro: " La malattia di Khamenei scatena le opposte fazioni "

Da tempo "l´iranologia" ha sostituito la "cremlinologia" fra le specializzazioni più misteriose nell´analisi delle relazioni internazionali. E, per chiare ragioni, alcuni tra i migliori analisti lavorano in Israele. Uno dei più informati è Yossi Melman, autore della "Sfinge di Teheran", dettagliata biografia di Mahmoud Ahmadinejad. Giornalista di Haaretz, Melman ha il vantaggio di essere in presa diretta con la leadership politica ma anche con gli apparati della sicurezza israeliana.
Melman, qual è il suo giudizio su questa fase del negoziato, su quello che succede a Vienna?
«Vedremo come sarà la loro risposta, di solito la tv iraniana esprime direttamente la volontà della leadership politica del paese. Ma la risposta arriverà in una settimana e dunque a Teheran le discussioni andranno avanti. C´è un grosso dibattito all´interno della leadership iraniana sulla risposta da dare all´Occidente e innanzitutto agli Stati Uniti. Le condizioni di salute di Khamenei, che non sono delle migliori anche se le voci sulla sua morte erano false, hanno influenzato il ruolo che la Guida suprema gioca nell´equilibrare le varie fazioni all´interno del potere iraniano. Khamenei sembra diventato prigioniero di un gioco fra conservatori e super-conservatori, mentre prima il suo ruolo era di mediatore fra conservatori e riformisti».
Ma lei crede che davvero l´Iran possa rifiutare anche questo piano che sembrava aver proposto? E può farlo dopo che Usa, Russia e Aiea lo hanno approvato?
«Il vero schiaffo l´Iran lo darebbe alla Russia, perché i russi sono i veri architetti di questo piano per l´arricchimento all´estero dell´uranio necessario a scopi medici. Non è chiaro a noi israeliani quali siano i veri accordi fra Obama e i russi, ovvero se davvero Mosca sia disposta a sanzioni più dure in cambio dell´apparente rinuncia allo scudo anti-missile nell´Europa orientale».
In Israele ci sono commenti molto duri all´eventualità di questo accordo.
«Il governo israeliano teme che questo sia la "luce verde" definitiva all´Iran all´arricchimento dell´uranio, o meglio una legittimazione definitiva dei piani nucleari del regime. Qui il governo non lo dice apertamente, ma molti in Israele credono che Obama sia debole in politica estera, e in particolare sull´Iran. Per questo sono molto sospettosi del negoziato di Vienna e di tutto quanto possa rilegittimare l´Iran».

Libero-Carlo Panella: " Se l'Iran si fa beffe del mondo dobbiamo ringraziare Obama "

Complici il presidente Usa Barack Obama e l’Onu di El Baradei, l’Iran trionfa e prende in giro tutto il mondo. Il no all’accordo di Vienna subito pronunciato dagli oltranzisti e ripreso dalla televisione di Teheran, poi la correzzione, il balletto di dichiarazioni, prima negative, poi vaghe, infine il rimando alla prossima settimana spiegano tutto delle intenzioni iraniane e altrettanto della irresponsabile ignavia del nuovo presidente Usa e del suo collega di premio Nobel per la pace, El Baradei. Il compromesso siglato a Vienna, infatti, non impedisce affatto al’Iran di procedere all’arricchimento dell’uranio sino al 90% indispensabile per la bomba atomica. Ne allunga solo i tempi. L’ipotesi si basa sul presupposto –privo di ogni verifica- che l’Iran disponga solo di 1.500 chili di uranio; stabilisce quindi che 1.000 vengano affidati alla Russia per arricchirli al 20% e poi restituiti a Teheran che potrà però fare quel che vuole con la restante disponibilità, e comunque procedere in un secondo tempo a centrifugare l’uranio arricchito all’estero, per portarlo al 90%. L’unico vantaggio del compromesso era politico, perché siglando quest’intesa l’Iran accetterebbe in qualche modo una supervisione internazionale al suo programma nucleare e dovrebbe inventarsi un qualche marchingegno per dimostrare di non avere altre disponibilità di uranio. Ma questo è quanto gli ayatollah non vogliono, come ha subito dichiarato il vicepresidente del parlamento Bonhar, che ha rifiutato l’accordo di “perché viola l’autonomia dell’Iran in campo energetico”. Non era necessario essere un esperto diplomatico per predire questo scenario: bastava capire che le umiliazioni che la delegazione iraniana ha inflitto alla Francia –rifiutando addirittura la sua presenza al tavolo negoziale- aveva lo scopo ribadire una sprezzante supremazia politica, unita a una volontà di umiliare Sarkozy (molto rigido e coerente, a differenza di Obama, nei confronti di Teheran), vero nodo della partita. Naturalmente, però, l’Iran sa bene che Obama si è messo in un vicolo cieco, che non può abbandonare il tavolo di trattative, che deve ad ogni costo dimostrare che il suo dialogo era produttivo ed è l’unica strada da percorrere. Sa soprattutto che Obama non può ora fare il viso dell’arme, perché significherebbe ammettere che lui ha avuto torto marcio e che invece George W. Bush aveva visto giusto nel diffidare del gioco delle tre tavolette degli ayatollah. Ecco allora che il negoziatore iraniano già parla di una controproposta da Teheran, e questa avrà bisogno di giorni, poi ci sarà una nuova mediazione, poi anche questa verrà rifiutata e il tutto disegnerà un demente gioco dell’oca, in cui sempre si torna al punto di partenza. Questo, nella certezza che comunque Obama non farà –per il momento- quel che Bush ha invece fatto da subito: un irrigidimento delle sanzioni e l’aperta, dichiarata minaccia di distruggere tutti i siti nucleari e missilistici degli ayatollah. Non lo farà, perché ha sbagliato anche tutte le mosse nei confronti di Mosca, rinunciando senza trattative il progetto di scudo spaziale in Europa orientale e rimanendo così sprovvisto di una formidabile arma di pressione. Se solo non fosse un dilettante tanto spericolato, quanto sprovveduto, Obama avrebbe ora potuto contrattare con Mevdev una politica dura di sanzioni anti iraniane, in cambio, appunto dell’abbandono del progetto di scudo. Castratosi da solo su due tavoli di trattativa, Obama e la sua politica estera, la sua svolta rispetto a Bush appaiono solo un mix di dilettantismo e di cinismo senza fondo. Infatti, per ingraziarsi Teheran, ha abbandonato al suo destino l’opposizione iraniana dell’Onda Verde e ora non batte ciglio di fronte alle forche che lavorano a pieno ritmo a Teheran (5, sono gli oppositori condannati a morte, molti altri sono stati uccisi in carcere per le spicce). Un percorso imbelle che si colloca perfettamente nella tradizione “pacifista” dei presidenti democratici come Jimmy Carter e che probabilmente avrà un esito simile. Vistosi umiliato su tutti i fronti, alla fine, non è escluso che Obama tenti la sua “Baia dei porci”, la sua avventura militare improvvisata, violenta e –Dio non voglia- fallimentare. Naturalmente tenendosi ben stretto il suo ridicolo Nobel per la pace.

 


lettere@ilfoglio.it
rubrica.lettere@repubblica.it
lettere@libero-news.eu

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT